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Fabio Capello, il calciatore: un 'geometra' dai piedi buoni con il vizio del goal

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Se tanti ricordano la carriera da allenatore di Fabio Capello, sono molti di meno coloro che conoscono cos'ha fatto uno dei tecnici italiani più vincenti di sempre quando era un calciatore di talento. 

A livello di club nel suo palmarès figurano 4 Scudetti (3 vinti con la Juventus, uno con il Milan) e 2 Coppe Italia (una con la Roma e una col Milan), mentre in Nazionale il momento più bello arriva nel 1973, quando un suo goal a Wembley propizia la prima vittoria azzurra nel tempio del calcio inglese.

DA PIERIS ALLA SERIE A CON LA SPAL

Fabio Capello nasce a Pieris, frazione del Comune di San Canzian d'Isonzo, in Provincia di Gorizia, il 18 giugno 1946. Sua madre è Evelina Tortul (1920-2017), suo padre Guerrino Capello (1915-1983). Quest'ultimo fa il maestro di scuola elementare ed era stato interno sinistro di buon livello nel Pieris tra il 1935 e il 1947, arrivando anche alla Serie C. Negli anni della Seconda guerra mondiale aveva conosciuto sulla propria pelle l'orrore dei campi di sterminio, venendo deportato addirittura in sei lager.

Ha anche una sorella maggiore, Bianca, che da adulta si trasferirà poi a Mestre. È inoltre nipote d'arte, perché suo zio materno, Mario Tortul (1931-2008) aveva giocato con Sampdoria, Triestina e Padova, e aveva persino debuttato in Nazionale nel 1956. 

La famiglia Capello, quando lui ha tre anni, si trasferisce dal centro storico, via Corsili, vicino al Municipio. Fabio inizia a giocare a calcio nelle Giovanili della squadra del suo paese, il Pieris, e la sua giornata è tutta casa, scuola e pallone. Lo chiamano 'El Tato' perché è il più piccolino di tutti e papà Guerrino non gli fa sconti: lo trattiene al campo anche dopo gli allenamenti per un supplemento di lavoro. Guerrino impartisce a suo figlio un'educazione ferrea, e anche a scuola, quando sbaglia, non esita a rimproverarlo.

A 12 anni Fabio è già magro e alto e inizia a fare provini con società importanti. Assieme a papà Guerrino, che decide di proporlo alla SPAL, si sobbarca un viaggio in corriera prima e in littorina poi molto lungo per raggiungere Ferrara. Capello svolge regolarmente il provino sotto gli occhi del 'Commendator' Paolo Mazza, che al termine parla con suo padre.

"Suo figlio ha discrete qualità, se continua viene con noi alla SPAL. D’accordo?"

"D'accordo", risponde papà Guerrino, per il quale una parola data vale più di una firma. 

"Me la dà allora la sua parola?", chiede Mazza.

"Va bene presidente, ha la mia parola".

Fabio Capello SPAL Serie AGetty Images

La voce di un ragazzo di grandi prospettive nativo di Pieris corre, e a Guerrino arrivano offerte da parte di tutte le principali società del Triveneto, che sono puntualmente respinte. Fabio ha già testa, piedi buoni, visione di gioco e sapienti geometrie, caratteristiche che gli consentono di esprimersi al meglio in quel momento come mezzala destra (gioca con la maglia numero 8 delle Giovanili del Pieris) ma che in prospettiva lo rendono un potenziale regista di centrocampo.

Fra coloro che apprendono del suo talento c'è anche Gipo Viani, ufficialmente Direttore sportivo del Milan, grande talent scout ed ex allenatore rossonero. Viani si reca a casa dei Capello perché vuole a tutti i costi Fabio. Senonché proprio in quell'estate del 1962, dopo la fallimentare spedizione dell'Italia in Cile ai Mondiali, Mazza, che era stato uno dei due allenatori della Selezione azzurra, aveva deciso di riprendere in mano le sorti della SPAL e di portare a Ferrara la promessa friulana, all'epoca sedicenne.

Quando arriva Viani, papà Guerrino stappa una bottiglia di rosso e, seppur con gentilezza, non illude il dirigente dei rossoneri, che avevano appena vinto lo Scudetto.

"Mi dispiace - gli dice - lei è arrivato secondo. Ho già dato la mia parola alla SPAL".

Viani non è uno che si arrende facilmente e fa un lungo discorso a Guerrino sulle possibilità che avrebbe Fabio trasferendosi a Milanello, dove può crescere nel calcio e negli studi. Ma Guerrino è inamovibile e alla fine il dirigente del Milan sbotta:

"Insomma, faccia qualcosa, dica a Mazza che quel giorno era confuso, che non era in sé. Che aveva bevuto...".

Per Guerrino, uomo tutto d'un pezzo è troppo, e accompagna alla porta l'illustre ospite.

"Gli ho dato la mia parola", gli ripete.

Il Milan può attendere e Capello approda alle Giovanili della SPAL per 2 milioni di Lire, che vengono versate dal club emiliano nelle casse del Pieris. Il secondo anno a Ferrara, Capello è allenato da Giovan Battista Fabbri, ex mezzala, che cerca di accrescerne e migliorarne le qualità. Accade poi che nella stagione 1963/64 la Prima squadra, allenata da Giacomo Blason, sia in difficoltà e navighi in zona retrocessione.

SPAL 1966/67 Serie AWikipedia

A fine marzo l'allenatore è esonerato e viene promosso al suo posto proprio G.B. Fabbri, che non esita ad affidarsi ai suoi ragazzi della Primavera per provare a raddrizzare l'annata negativa. Fra i giocatori su cui decide di puntare c'è anche Fabio Capello, che frequenta ancora l'Istituto per geometri, ma intanto il 29 marzo 1963 diventa un giocatore professionista debuttando in Serie A. 

La SPAL perde 3-1 contro la Sampdoria a Genova ma scopre un calciatore dal sicuro avvenire. Colleziona quell'anno 4 presenze, con la squadra che non può evitare la discesa in Serie B. Ma l'anno successivo, la squadra, rafforzata con l'acquisto di Osvaldo Bagnoli, ottiene l'immediata risalita, piazzandosi al 3° posto dietro Brescia e Napoli. Capello dà il suo apporto con 9 presenze. 

A scuola ottiene il diploma di geometra e in uno dei suoi viaggi in corriera conosce Laura Ghisi, la ragazza che diventerà sua moglie. Nel 1965/66, al ritorno in Serie A, Fabio è un titolare indiscusso dei biancazzurri, di cui diventa anche il rigorista per le grandi qualità mentali, a dispetto dei suoi 19 anni. Totalizza 20 presenze e un goal su azione, il suo primo nel massimo campionato, nel k.o. per 4-2 contro il Napoli. 

Le cose sembrano andare bene per lui e per la SPAL, ma la sorte è dietro l'angolo e ci si mette di mezzo nel 1966/67. A 20 anni, infatti, Capello è afflitto da problemi seri ad un ginocchio. Salta metà della stagione e la sua assenza si fa sentire sulla squadra, che precipita nelle zone basse della classifica. Il centrocampista friulano non può evitare la retrocessione in Serie B, che diventa ufficiale dopo una sconfitta con la Fiorentina il 30 aprile.

Roma Serie A 1968/69Wikipedia

GLI ANNI ALLA ROMA

Con la discesa in B del club emiliano, le strade di Capello e della SPAL si separano: dopo 54 presenze totali e 4 reti con la maglia biancazzurra, il centrocampista friulano è ceduto da Mazza alla Roma. A caldeggiarne l'acquisto al presidente giallorosso Evangelisti è Luigi Brunella, terzino della squadra che si laureò campione d’Italia nel 1941-42. Il numero uno dei capitolini, nonostante i problemi fisici che in quel momento limitavano il ragazzo, sborsa 260 milioni per portarlo alla Roma.

Prova a inserirsi l'Inter di Helenio Herrera, che offre di più, ma il patron del club biancazzurro non si rimangia la sua parola, esattamente come aveva fatto qualche anno prima Guerrino, il papà di Fabio, con lui. La SPAL incassa una cifra 130 volte superiore a quella che aveva speso per assicurarselo da giovane.

Capello approda a Roma assieme ad altri giovani talenti: Giuliano Taccola e il terzino Pelagalli. Il colpo di copertina è però il brasiliano Jair, che arriva dall'Inter. In panchina siede 'Il Mago di Turi', Oronzo Pugliese. Capello parte come punto fermo nel centrocampo giallorosso e con lui in campo e i goal di Taccola la squadra vola a sorpresa in vetta alla classifica di Serie A.

Il giocatore friulano si toglie anche la soddisfazione di realizzare il goal decisivo col quale i giallorossi battono la Juventus. Ma gli annosi problemi al ginocchio che si porta dietro da Ferrara lo costringono a fermarsi nuovamente e a saltare il resto della stagione. Il primo anno nella capitale è così deludente, con 11 presenze e un goal. Senza il suo uomo di maggior talento in mezzo al campo, la Roma precipita e chiude il torneo 1967/68 a metà classifica.

La situazione cambia con l'arrivo di Helenio Herrera in panchina nell'estate del 1968. 'Il Mago' trasforma Capello in regista classico e il friulano diventa il faro del centrocampo giallorosso. Segna nuovamente alla Juventus e realizza pure due doppiette nella primavera del 1969 contro Vicenza e Atalanta. Per tutti Fabio diventa 'il geometra', in virtù della sua capacità di tessere il gioco e del suo titolo di studio. 

Fabio Capello Roma Serie A

Nella stagione che da molti è ricordata per la tragica morte di Giuliano Taccola, i giallorossi chiudono all'8° posto in campionato e vincono la Coppa Italia, primo titolo della carriera di Capello, precedendo il Cagliari di Scopigno nel girone finale. Capello mette insieme 33 presenze e 10 goal (25 e 6 reti in Serie A) in quello che rappresenta l'anno della consacrazione definitiva e nella sfida decisiva contro il Foggia, in Coppa Italia, sigla una storica doppietta: il primo goal è un gran sinistro dal limite dell'area, il secondo, che arriva a inizio ripresa, un tap-in da distanza ravvicinata su respinta corta del portiere.

"Fabio era un ragioniere del centrocampo - dirà Fausto Landini, una delle promesse di quella Roma - aveva piedi perfetti e un carattere forte che ne fece un leader da subito, nonostante la giovane età. Scen­deva sempre in campo per vince­re, e per stimolare i compagni non esitava a discutere con loro durante la partita. Fuori, natu­ralmente, tornava il ragazzo più tranquillo di questo mondo".

Il 1969/70 è molto felice sotto il profilo della vita privata ed è segnato dal matrimonio con Laura, che gli darà due figli: Pierfilippo ed Edoardo. Sotto il profilo puramente calcistico il terzo anno nella capitale è caratterizzato per Fabio dal debutto nelle Coppe europee, esattamente in Coppa delle Coppe.

La Roma elimina i nordirlandesi dell'Ards FC, gli olandesi del PSV Eindhoven, i turchi del Göztepe e sono necessarie 3 partite, chiuse tutte in parità, e il sorteggio (allora non esistevano i rigori), perché i giallorossi escano fuori in semifinale contro i polacchi del Gornik, con Capello a segno 2 volte nel confronto.

"Capello era un giocatore completo - sottolineerà anni dopo Helenio Herrera - si vedeva che avrebbe fatto carriera, per il senso geometrico del gioco, ma anche per il carattere. Disciplinato, serio, 'normale', cioè senza grilli pericolosi per la testa, e molto intelligente anche fuori dal campo. In più, sinceramente appassionato a ciò che faceva".

In campionato la Lupa chiude con un nuovo piazzamento a metà classifica, ma quanto dimostrato dal centrocampista friulano non passa inosservato.

Fabio Capello Juventus Serie A 1975/76Wikipedia

GLI ANNI D'ORO ALLA JUVENTUS

Capello è ormai un pilastro della Roma, dove in tre stagioni ha totalizzato 18 reti in 84 presenze, e conta oltre 100 presenze complessive in Serie A. Si capisce allora perché su di lui metta gli occhi Giampiero Boniperti, presidente e autentico 'Deus ex Machina' della Juventus. 

È l'estate che segue i Mondiali messicani del 1970 e il nuovo presidente della Roma, Alvaro Marchini, con una mossa di calciomercato che farà molto discutere i tifosi, decide di lasciar partire i gioielli Fabio Capello, Luciano Spinosi e Fausto Landini per indossare la maglia bianconera, in cambio di 600 milioni di Lire e i cartellini di Viganò, Bob Vieri, Zigoni e Del Sol.

In città esplode la protesta contro la società giallorossa, ma Capello e compagni approdano a Torino alla corte di Armando Picchi, giovane tecnico bianconero. A Torino il regista friulano diventa uno dei leader della giovane squadra bianconera, che nelle sue fila annovera anche futuri campioni come Franco Causio, Roberto Bettega, Antonello Cuccureddu, Pietro Anastasi e Beppe Furino.

Nel 1970/71 la Juventus lotta per le posizioni di vertice in campionato ma incide molto la grave malattia che colpisce l'allenatore Picchi. Al suo posto subentra Cestmír Vycpálek, che porta i bianconeri in finale di Coppa delle Coppe contro il Leeds United. Capello segna una delle 2 reti del 2-2 dell'andata a Torino, ma l'1-1 del ritorno in Inghilterra assegna il trofeo ai Peacocks.

Il 1971/72 porta in dote il primo storico Scudetto della carriera di Capello, condito dal record personale di marcature in campionato (9 reti, non poche per un centrocampista). I bianconeri, nonostante la malattia di Bettega, prevalgono di una lunghezza su Milan e Torino nella volata a tre.

L'anno seguente lo vede perdere con il n°10 sulle spalle la Coppa dei Campioni nella finale di Atene contro l'Ajax e quella di Coppa Italia contro il Milan. La squadra, che è stata rinforzata con gli arrivi, fra gli altri, di Dino Zoff e del 'vecchio' bomber José Altafini, è però protagonista di un grande finale di campionato, che culmina con un altro Scudetto, vinto questa volta sfruttando il clamoroso scivolone del Milan a Verona.

"Il regista è, diciamo, il cervello in campo, - dichiara alla rivista 'Hurrà Juventus' - l'uomo che fa da raccordo fra attacco e difesa, che filtra insomma i palloni provenienti dalle retrovie, e li rielabora, puliti, per gli avanti; salvo portarsi egli stesso indietro o verso l'area avversaria e tentare il tiro a rete".

Il 1973/74 porta un'altra dolorosa sconfitta nella Coppa Intercontinentale con l'Independiente e un 2° posto finale in campionato. Vycpálek saluta e a guidare i bianconeri nel 1974/75 è Carlo Parola, il cui arrivo porta in dote a Capello il terzo Scudetto juventino e l'esplosione di giovani come Gaetano Scirea, Claudio Gentile ed Oscar Damiani.  La Juventus vince il duello col Napoli, ma l'anno seguente deve ingoiare il boccone amaro del sorpasso del Torino.

Italy Haiti World Cup 1974Getty Images

CAPELLO IN NAZIONALE: L'EROE DI WEMBLEY

Negli anni bianconeri per Capello arriva anche la gioia della Nazionale italiana. Il friulano, che aveva giocato anche alcune gare con l'Italia B, è chiamato da Ferruccio Valcareggi per agire da regista di centrocampo titolare nel ritorno dei quarti di finale di Euro '72 contro il Belgio di Van Himst, dato il calo di rendimento di 'Picchio' De Sisti e la lunga squalifica che sta costringendo ai box Gianni Rivera.

L’esordio non è fortunato (i Diavoli Rossi si impongono 2-1), ma Capello convince anche il il Commissario Tecnico a puntare su di lui ed entra definitivamente nel giro azzurro. Con il ritorno di Gianni Rivera, dimostra di poter coesistere perfettamente in mezzo al campo con il giocatore del Milan e dà il suo apporto alla squadra che nel 1973 batte Inghilterra e Brasile e stabilisce un lungo record di imbattibilità del proprio portiere, Dino Zoff.

La serata più bella per Capello è quella del 14 novembre 1973, quando con il goal della vittoria a Wembley, nel tempio del calcio inglese, regala agli Azzurri la prima storica affermazione in casa dei Tre Leoni. Il ricordo più brutto, invece, sono i Mondiali del 1974, che segnano un clamoroso fallimento per l'Italia, che si presenta al via fra le favorite e invece esce già al primo turno.

"È uno dei ricordi più amari dell'intera carriera. - affermerà Capello - Quel Mondiale speravo di vincerlo, anche per dare una gioia ai nostri emi­granti in Germania. Invece una pessi­ma condizione atletica e il peso del pronostico ci misero fuori causa".

Il flop tedesco porta la Federazione ad operare una rivoluzione. In panchina arriva il nuovo Ct. Fulvio Bernardini, che conferma il centrocampista friulano. Capello fa da chioccia ai giovani emergenti inseriti nel gruppo dal Commissario tecnico e gioca la sua ultima partita in azzurro il 22 dicembre 1976 contro il Portogallo (gara amichevole persa 2-1). 

Fabio Capello Milan Serie A 1976/77Wikipedia

IL MILAN E LO SCUDETTO DELLA STELLA

Al vertice del suo successo come calciatore e appena compiuti i 30 anni, Fabio Capello è protagonista nel 1976 di un altro discusso scambio di calciomercato. Sulla panchina della Juventus arriva infatti Giovanni Trapattoni, giovane tecnico emergente che l'anno prima aveva ottenuto un 3° posto con il Milan. L'allenatore lombardo vuole un organico da battaglia, e ottiene subito Boninsegna per Anastasi.

Ma non basta, perché le lamentele di Capello sul gioco bianconero che arrivano dal ritiro della Nazionale, inducono il club piemontese a voltare pagina: via Capello, ceduto al Milan in cambio di un mediano molto fisico come Romeo Benetti, che nel frattempo aveva litigato con Rivera per la fascia da capitano. 

Si consuma così, non senza polemiche, l'addio di Capello alla maglia bianconera, per approdare in quel Milan che lo voleva già quando era soltanto un giovane talento. Ritrova Rivera, con cui torna a comporre la coppia di interni di centrocampo che già si era vista in azzurro. Ma la prima stagione con Marchioro in panchina è deludente: è provvidenziale il ritorno di Rocco per rimettere in piedi la situazione. A fine anno il Milan vince la Coppa Italia battendo 2-0 in finale l'Inter nel derby. Per il giocatore friulano è la seconda in bacheca, nonostante non scenda in campo nella sfida decisiva.

Con l'arrivo di Nils Liedholm Capello mantiene il posto da titolare nel centrocampo rossonero, con la squadra che coglie un 4° posto finale in campionato nel 1977/78 e si qualifica per la Coppa UEFA. L'esplosione di Buriani e gli arrivi dei giovani De Vecchi e Novellino dal Perugia segnano però il suo declino come calciatore. Le ultime due stagioni in rossonero, anche a causa dei problemi fisici, lo vedono infatti come riserva, ma gli permettono di vincer lo Scudetto della stella nel 1978/79 (8 presenze).

La maglia del Milan, con cui colleziona 9 goal in 87 presenze, resta l'ultima della sua carriera da calciatore. Al termine del 1979/80, con la squadra retrocessa in Serie B dalla giustizia sportiva per lo Scandalo del Totonero, Capello decide di ritirarsi all'età di 34 anni. Per intraprendere, appena due anni più tardi, con la guida della Primavera rossonera, una carriera ancor più di successo come allenatore.

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