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Cristian Pasquato, il 'nuovo Del Piero' che è finito in Serie D

Le etichette, soprattutto quelle importanti, rischiano sempre di risultare ingombranti per un calciatore, chiamato a soddisfare le attese sorte sul suo conto: c'è chi ci riesce, accompagnato da coloro che invece non sopportano le pressioni e cedono il passo ad una carriera diversa da quella che ci si aspettava.

Cristian Pasquato fa parte di quest'ultimo gruppo: nel suo caso l'etichetta era quella di 'nuovo Del Piero', risultato dei colpi offerti nelle giovanili della Juventus di cui era la stella indiscussa tra il 2003 e il 2008. Ne sa qualcosa la Primavera dell'Inter, sconfitta in finale di Supercoppa Italiana dai pari età bianconeri: decisiva una punizione del ragazzo padovano, pezzo forte di un repertorio da fare invidia ai coetanei.

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Lo status di predestinato raggiunge però il picco qualche mese prima, l'11 maggio 2008. Penultima giornata di campionato, la Juventus ospita un Catania a caccia di punti per la salvezza: sono gli etnei a passare in vantaggio con Martinez, ripresi allo scadere da un tocco ravvicinato di Del Piero che evita la sconfitta interna di 'Madama' e obbliga i siciliani ad un'ulteriore sofferenza all'ultimo turno con la Roma, nel match che poi avrebbe regalato la permanenza in Serie A.

Una delle tante giornate perfette per Del Piero, sostituito al 90' da Claudio Ranieri che concede la gioia dell'esordio al 18enne Pasquato: c'è chi pensa ad un passaggio di consegne tra il campione navigato e il ragazzino dal futuro assicurato, copione che però sarà brutalmente smentito da una serie di cessioni in prestito che freneranno il processo di crescita del classe 1989.

La Juventus, almeno inizialmente, crede in Pasquato e nel suo enorme talento, tanto che rifiuta ogni offerta per il trasferimento a titolo definitivo: Empoli e Triestina non si rivelano le piazze giuste per l'esplosione tanto attesa, e il ritorno alla casa madre nel 2010 sembra l'inizio di una nuova storia. Pasquato fa in tempo a raccogliere un'altra presenza nei preliminari estivi di Europa League con Delneri in panchina, ma il suo avvenire è già scritto: come un pacco postale viene spedito in lungo e in largo senza trovare pace e un posto al sole nel calcio che conta.

La svolta sembra arrivare nel 2012 con l' Udinese che lo preleva in comproprietà, pratica di mercato in vigore all'epoca: nemmeno in Friuli c'è spazio per Pasquato, ceduto qualche ora dopo in prestito al Bologna e, un anno più tardi, al Padova. L'aria di casa è parzialmente rigenerante, al netto del terzultimo posto e della retrocessione che sanno di ennesimo fallimento. Con risultati del genere è improbabile che la Juventus faccia suo l'intero cartellino, ma il colpo di scena è puntualmente servito: nel giugno 2014 i campioni d'Italia sborsano 1,5 milioni per riportarlo a casa, ma di chance in prima squadra non vi è l'ombra.

Cristian PasquatoGetty Images

Prendono così corpo gli ennesimi prestiti: Pescara, Livorno, ancora Pescara e  Krylya Sovetov Samara, club russo con cui non riesce ad evitare la retrocessione. La 'strana' avventura juventina finisce definitivamente nel 2017 con il passaggio al Legia Varsavia: bastano appena 250mila euro per sancire l'approdo in Polonia, dove oltre alle valigie porta anche i rimpianti .

"La Juventus? E' il grande rimpianto della mia carriera.  Feci tutto il ritiro con Conte e le cose andarono molto bene. Giocai qualche amichevole da titolare, ma da un giorno all’altro mi ritrovai a essere la sesta scelta.  Io amo la Juve e farei carte false per tornarci. Ma su di me non è mai stato fatto un progetto serio e l’etichetta di nuovo Del Piero non mi ha aiutato. Peccato".

Eventi inaspettati e scelte sbagliate gli hanno sbarrato la strada del successo in Serie A, categoria vissuta con l'assillo di dover fare bene a tutti i costi per rispettare quanto di buono si diceva sul suo conto.

"Cosa mi è mancato? La testa e un po’ di fortuna. Nel 2011-2012 la prima gara saltò per lo sciopero dell’Associazione dei calciatori. Con l’Udinese avrei dovuto partire dall’inizio. Ma il destino ha voluto così e ho accettato di andare al Lecce. Un errore".

Cristian PasquatoGetty

A Varsavia vive una prima stagione tutto sommato positiva con la conquista del 'double' nazionale, seguita da una seconda trascorsa da separato in casa. Situazione insostenibile per Pasquato che, nell'ottobre 2019, compie una scelta di vita firmando con i dilettanti del Campodarsego: tante categorie di differenza con quelli che avrebbero dovuto rappresentare i suoi standard, ma poco male.

E' qui, infatti, che Pasquato ritrova la voglia di giocare a calcio, un calcio lontano dalle prime pagine dei giornali ma oasi felice e posto perfetto per riordinare i pezzi attraverso i piccoli svaghi di una semplice quotidianità: la sua esperienza si rivela utile al Campodarsego che, al momento dello scoppio della pandemia, stazionava al primo posto del girone C di Serie D, quanto basta per festeggiare la prima storica promozione in C . Gioia annullata dalla mancata presentazione della domanda d'iscrizione che ha fatto ripiombare il club tra i dilettanti.

"La scorsa estate mi stavo allenando qui con i ragazzi, ma volevo rimanere tra i professionisti -  ha ammesso Pasquato ai microfoni di 'gianlucadimarzio.com' -  Non si è concretizzato nulla e così – un po’ glielo dovevo – ho firmato con questa società umile ma ambiziosa che mi ha fatto sentire da subito in famiglia. Prima dello stop andavamo agli allenamenti due ore prima e finivamo due ore dopo. Per una partita a calcio tennis, o fare aperitivo e giocare a carte. E il giovedì sera ci si fermava sempre a mangiare in una baracca lì al campo. Con presidente, dirigenza e tifosi".

Quindi l'avventura al Gubbio e il trasferimento al Trento, con cui si è tolto la soddisfazione di segnare non uno ma ben due goal proprio contro la Juventus U23 in Serie C.

Il 23 dicembre 2022 Trento-Juve Next Gen è stata decisa da Pasquato: calcio piazzato al minuto 94 e 2-1 per i padroni di casa, che ringraziano la vecchia conoscenza bianconera.

E' difficile dire come si sarebbe evoluta la carriera di Pasquato se solo Madama avesse puntato su di lui, una cosa però è certa: le etichette, a volte, è meglio evitarle. Per il bene del ricevente, per il bene del calcio.

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