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Joaquin BetisGetty

Dai trasferimenti punitivi ai goal decisivi: Joaquin, una vita per il Betis

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Nobiltà contro proletariato. Betis contro Siviglia non è un semplice derby. È il Gran Derbi. un’opposizione forte sin dalle origini. Da quando il Siviglia rifiutò il figlio di un’operaio, facendo nascere il Betis. Da quanto Antunez passò dai biancoverdi ai rivali, vincendo la Liga. Ferendo nell’orgoglio la tifoseria. Quella stessa che ha sempre cercato un simbolo in cui identificarsi. In quest'epoca lo ha trovato nell’ex Fiorentina Joaquín. Capitano e leggenda del Betis. 41 anni compiuti, ma una seconda giovinezza vissuta fino al ritiro del 19 aprile 2023.

20 anni di carriera e non sentirli. Dalla prima presenza nel 2000 alle successive oltre 400, che lo hanno portato a diventare il secondo calciatore con più presenze nella storia del Betis (e il terzo con più gettoni nel campionato spagnolo).

Nonostante nove lunghi anni passati lontano dal Sanchez Pizjuán, ovvero casa sua. Dal 2006 al 2015, ha vissuto parentesi con Valencia, Málaga e Fiorentina. Sempre, comunque, da protagonista. E da betico, vivendo il Gran Derbi da tifoso, prima di tornare ad essere protagonista.

Con i rivali cittadini, in realtà, Joaquín non ha una grande affinità. Ha vinto il Gran Derbi solo 4 volte su 23 totali, soltanto una in trasferta. Senza mai riuscire ad essere decisivo, almeno fino al 3 settembre 2018. Quando ha vissuto una delle notti più belle della sua carriera. Un derby al Villamarín che non si sbloccava, fisso sullo 0-0, alla terza giornata di un campionato ancora tutto da scrivere.

Il capitano del Betis aveva saltato le prime due partite contro Levante e Alavés per un problema al polpaccio, senza di lui la squadra non aveva né vinto né segnato. Setién decise di farlo partire dalla panchina, nonostante i dubbi della vigilia sulle sue condizioni fisiche. Gli servivano le sue motivazioni, le sue parole per motivare i giocatori al fischio d'inizio.

"Sapete cosa ci giochiamo oggi, vero? 55mila anime che ci supportano, 90 minuti, qualsiasi dettaglio, con attitudine, lottiamo, iniziamo i primi minuti forte. Vincere! Vincere! Vincere!".

Poi, al 75’, lo lanciò nella mischia. Esordio stagionale. E che esordio. Cinque minuti dopo il suo ingresso in campo, sbucò sul secondo palo alle spalle della difesa sul cross di Mandi da destra, insaccando di testa. Facendo impazzire tutto il popolo del Betis, che non vinceva un Derbi casa da 12 anni.

A 37 anni, divenne il giocatore più anziano a segnare nella partita più importante della città di Siviglia. Un goal che gli mancava da 16 anni. Un goal che sembrava scritto e previsto da Setién , il quale gli aveva annunciato che lo avrebbe portato per fargli giocare gli ultimi minuti qualora la partita fosse ancora in situazione di parità. Detto, fatto. Dopo il goal la corsa di Joaquín è verso la panchina, verso il suo allenatore: un abbraccio intenso. “E per poco non ci siamo baciati” ha ammesso il tecnico.

“Sono un privilegiato per essere nato betico , per essere cresciuto qui e per capire cosa significano queste partite. Il supporto, il rispetto e il tifo di queste persone sono incredibili. So di poter lasciare il calcio felice perché questa gente mi ha dato tutto”.

Detto da uno che ha portato la Copa del Rey vinta con il Betis all’altare del suo matrimonio, probabilmente, vale addirittura di più. Il suo addio nel 2006 generò contestazioni e grande stupore. L’allora presidente Manuel Ruiz de Lopera , noto in Spagna anche per essere stato condannato a causa di azioni illegali a livello fiscale, non ci stava. Joaquín voleva andare al Valencia , con cui aveva già un accordo, ma il presidente lo costrinse ad andare in prestito all’Albacete, il giorno prima della prima giornata di Liga. E in calendario c’era Betis-Valencia.

“Mi disse che non c’era differenza andare da una parte o dall’altra, visto che entrambe le squadre erano vestite di bianco”.

Joaquin FC Valencia 28082006Getty Images

In realtà una differenza c’era e anche sostanziale: il Valencia era terzo in Liga, l’ Albacete tredicesimo nella seconda divisione. Eppure c’era una clausola nel contratto nel quale il club poteva obbligare Joaquín ad andare in una squadra piuttosto che in un’altra. Con tanto di ultimatum: presentarsi ad Albacete entro 24 ore.

“Quando arrivai le persone erano stupite, mi portarono dei regali. Andai negli uffici del club, non c’era nessuno. Una guardia di sicurezza certificò che ero arrivato, poi tornai indietro”.

Pochi giorni dopo, riuscì ad arrivare a Valencia. Fu presentato davanti a quasi 20mila tifosi in visibilio, criticò il comportamento autoritario di Ruiz de Lopera. Per nove anni fu lontano dal Betis, lo affrontò per 8 volte da avversario segnando anche 4 reti. Poi il ritorno nel 2015, dopo due anni alla Fiorentina, ancora una volta sul gong del mercato.

Ancora una volta con 20mila tifosi ad accoglierlo, però stavolta al Villamarín, in casa sua. Tornato per non andarsene mai più, fino a fine carriera. E vincolarsi ancora di più al biancoverde, tanto da acquistare azioni del club per oltre un milione di euro. Il quarto maggior azionista.

Nel 2022, diciassette anni dopo il primo, ecco un altro trionfo in Coppa del Re e il rinnovo, scadenza 2023. Non andata oltre. Giocatore, capitano, proprietario, showman - la sua ironia travolgente ha conquistato tutti in Spagna e non solo, basta una ricerca su YouTube per capirlo. Soprattutto, betico. Fino in fondo.

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