Fra i segreti del Grande Milan di Silvio Berlusconi c'era Ariedo Braida, professione dirigente e uomo mercato. È stato lui, assieme ad Adriano Galliani, il dirigente che ha messo a segno i grandi colpi rossoneri, dai tre olandesi a Kakà, sempre lui quello che prima degli altri si accorse del grande talento di Francesco Totti e nel 1988, quando il futuro capitano della Roma aveva soltanto 11 anni, provò a strapparlo alla Roma.
I PRIMI ANNI DIETRO LA SCRIVANIA
Nato a Precenicco, in Friuli-Venezia Giulia, il 21 aprile 1946, Ariedo Braida era stato da calciatore un buon attaccante, con 14 reti realizzate in Serie A con le maglie di Brescia, Varese e Cesena. Senza voler togliere nulla al calciatore, tuttavia, la grande notorietà e il prestigio Braida l'ha raggiunta nella successiva carriera da dirigente, che lo ha visto mettere a segno, assieme ad Adriano Galliani, alcuni dei colpi di mercato più importanti della storia del calcio italiano.
Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo nel 1981, passa nello stesso anno dietro la scrivania diventando il Direttore sportivo del Monza, che milita in Serie C1. Con i brianzoli vive subito il passaggio in B della squadra e costruisce uno dei vivai più floridi del calcio italiano negli anni Ottanta, prima di passare all'Udinese di Lamberto Mazza nel 1984, con cui svolge sempre il ruolo di D.s. in Serie A.
IL PASSAGGIO AL MILAN: 3 DECENNI DI GRANDI COLPI
La svolta nella carriera da dirigente di Braida arriva però con il passaggio nel 1986 al Milan, che progetta una rifondazione dopo l'avvento alla presidenza di Silvio Berlusconi. Con i rossoneri l'ex attaccante assume la carica di Direttore Generale e ha il compito di concludere gli acquisti che nei progetti del Cavaliere dovranno portare la squadra a dominare il calcio mondiale.
Braida si cala subito nella parte, e nei suoi 27 anni di permanenza nel club, di cui 16 come Direttore generale e 11 come Direttore sportivo, porterà a indossare la maglia rossonera tanti campioni e diversi futuri Pallone d'Oro. Agisce sempre in sinergia con l'Amministratore delegato Adriano Galliani, lasciando spesso a lui la luce dei riflettori, e badando più al concreto che alla ribalta mediatica.
Ma dietro ai grandi colpi del Diavolo c'è sempre la sua firma. È lui, ad esempio, a portare a Milanello i tre fuoriclasse olandesi Gullit, Van Basten e Rijkaard, in rigoroso ordine cronologico. I primi acquisti sono quelli di Van Basten e Gullit. Il Cigno di Utrecht, che sembrava destinato a indossare la maglia della Fiorentina, è prelevato con un blitz ad Amsterdam e strappato all'Ajax a parametro UEFA (pagando 2 milioni di Franchi svizzeri, pari a circa un miliardo e 750 milioni) dopo avergli fatto firmare un pre-contratto già nell'estate 1986.
Un'operazione incredibile, alla luce del valore dell'attaccante, possibile perché lo stesso Van Basten era finito sotto i ferri per rimuovere alcune schegge ossee dalla caviglia sinistra e avesse problemi alla destra (tant'è vero che in Italia dovrà fermarsi quasi subito).
"È l'acquisto di cui vado più fiero, - ammetterà Braida a 'Il Corriere della Sera' in un'intervista del 2014 - perché Marco è il giocatore più amato dai tifosi del Milan".
Oltre al suo arrivo, Braida curò anche l'acquisto di Gullit, che proprio nel 1987 vinse il Pallone d'Oro. A raccontare come andarono le cose è lo stesso Ruud nel suo libro 'Non guardare la palla'.
"Quando il PSV incontrò il Milan in occasione del Trofeo Gamper a Barcellona, nell'estate 1986, io giocavo in difesa. - rivela - Evidentemente feci una certa impressione, perché dopo la partita il Direttore generale della squadra italiana, Ariedo Braida, venne a cercarmi nello spogliatoio. 'La prossima stagione, tu, vieni al Milan? Vieni al Milan?'. Naturalmente fui lusingato. 'Sì, sì', risposi, e nei mesi successivi ci parlammo regolarmente, finché Braida e il presidente del club, Silvio Berlusconi, non fecero un’offerta ufficiale al PSV. Hans Kraay Sr., l’allenatore, non voleva lasciarmi andare, ma il consiglio di amministrazione accettò il trasferimento per 16,5 milioni di fiorini (pari a 7,5 milioni di euro), una cifra record a quei tempi".
Dei tre olandesi, però, il più difficile da prendere fu sicuramente Frank Rijkaard, che arrivò al Milan nell'estate 1988, reduce da un prestito in Spagna al Real Saragozza ma di proprietà dei portoghesi dello Sporting. Per prenderlo il friulano dovrà ricorrere a un'espediente, e l'episodio passerà alla storia come il 'caso mutande'.
"È stato in assoluto l'affare più complicato della mia carriera.- assicurerà il dirigente in un'intervista a 'Il Corriere della Sera' del 2014 - Io e Galliani eravamo allo stadio di Lisbona per le firme. I tifosi, furiosi e contrari alla sua partenza, cercarono di entrare negli uffici. Buttarono giù una porta. Allora misi il contratto nelle mutande per tenerlo al sicuro".

Negli anni successivi arrivano altri grandi campioni: da Zvonimir Boban a Jean-Pierre Papin, passando per Dejan Savicevic. Proprio l'acquisto di 'Zorro' fu un'altra brillante operazione di mercato condotta da Braida.
Reduce da una squalifica per la famosa ginocchiata al poliziotto al Maksimir, il centrocampista approda in Italia nell'estate del 1991. Braida batte sul tempo i tedeschi del Bayern Monaco, e pur non potendo tesserare il giocatore per il tetto limite di tre stranieri in rosa, lo acquista e lo gira in prestito al Bari per una stagione.
Il 1995 è invece l'anno dell'approdo al Milan di George Weah. Il liberiano è un altro dei capolavori di Braida. Il D.g. del Milan lo prende dal PSG per 11 miliardi di Lire, nonostante lo scetticismo iniziale di Fabio Capello per l'operazione.
"La prima volta che l’ho visto arrivare dissi… 'Ma chi abbiamo preso? Sembra un cameriere!' ", ammetterà Don Fabio, raccontando quanto espresse ai suoi collaboratori quando l'attaccante liberiano approdò a Milanello.
E invece ancora una volta Braida ci aveva visto giusto: in rossonero quello che divenne a suon di goal spettacolari un beniamino dei tifosi, vincerà due Scudetti e il Pallone d'Oro. Qualche anno dopo, un altro colpo da sogno realizzato dal D.g., che da buon ex attaccante, evidentemente di punte si intende, è l'acquisto dalla Dinamo Kiev di Andriy Shevchenko. Da lui fortemente voluto, anche di fronte alle resistenze dell'amico Adriano Galliani, e soffiato a Barcellona e Real Madrid.
"Con Adriano non siamo mai andati insieme a vedere un giocatore che volevamo prendere. - ha raccontato in un'intervista a 'Radio24' del 2016 - L’unica volta è capitata con Shevchenko. Siamo andati a Kiev a vedere una partita di Champions League. Sheva non toccò palla, fece pochissimo e allora Adriano mi chiese se ero sicuro di volerlo comprare a quelle cifre, ovvero 41 miliardi. Io gli risposi di stare tranquillo, perché l’avevo visionato più volte. Alla fine lo abbiamo acquistato ed è diventato il secondo miglior marcatore rossonero di tutti i tempi dopo Nordhal".
L'ultimo dei Palloni d'Oro portati a Milanello da Braida è stato il brasiliano Ricardo Kakà, che arrivò in Italia dal San Paolo nel 2003 per 8 milioni e mezzo di euro. Sul giocatore c'era anche la Juventus con Luciano Moggi, ma i rossoneri, grazie alla segnalazione di Leonardo e alla rapidità di azione del dirigente friulano, bruciano la concorrenza dei bianconeri e si assicurano un campione che in rossonero solleverà la Champions League, 2 Supercoppe europee e un Mondiale per club.
"Kakà era semisconosciuto, - dichiarerà l'allora D.s. del Milan a 'Il Corriere della Sera' - lo abbiamo comprato quando il Chelsea stava per soffiarcelo".
"Io uno con quel nome in Italia non l'avrei mai preso", fu invece la reazione dell'allora D.g. bianconero, che evidentemente non l'aveva presa benissimo.
PinterestRIMPIANTI E FLOP
Nei 28 anni di Braida al Milan, naturalmente, non mancano i grandi rimpianti. Il più grande, il colpo che più di tutti avrebbe voluto fare ma non è riuscito a realizzare, è stato sicuramente quello di Francesco Totti, che il D.g. provò a strappare alla Roma e a portare in rossonero già all'età di 11 anni.
L'ex numero 10 racconta con dovizia di dettagli la vicenda, presente anche nella serie tv 'Speravo de morì prima', nell'autobiografia 'Un Capitano', scritta assieme al giornalista Paolo Condò:
"È l'estate del 1988, quando Ariedo Braida bussa alla porta di via Vetulonia. La visita, annunciata da una telefonata soltanto poche ore prima, mette tutta la famiglia sottosopra. Braida è il direttore generale del Milan campione d'Italia. Il fatto che voglia vederci testimonia ovviamente il suo interesse per me".
"[...] Cari signori Totti, il presidente Berlusconi sta facendo grandi investimenti per riportare il Milan fra le squadre migliori del mondo [...] Contiamo numerosi osservatori a Roma e tutti ci hanno segnalato le grandi qualità di vostro figlio Francesco. Saremmo felice se si unisse a noi, trasferendosi a Milano. Lui ha potenzialità enormi, nessun club può aiutarlo a svilupparle meglio del Milan".
"[...] Concluso il discorso, è il momento della mossa a sensazione. Braida estrae dalla borsa che ha portato con sé una maglietta rossonera della mia taglia e mi invita a prenderla. Aspetto un cenno di assenso da parte di mia mamma, poi mi alzo e la raccolgo dalle sue mani".
"Accenna appena al fatto che è pronto un assegno per sostenere le spese di viaggio della famiglia per venirmi a trovare, ma la cifra lascia a bocca aperta: centocinquanta milioni, a quanto poi ho saputo gli stessi offerti dal Milan alla Lodigiani. Quando gli stringo la mano per salutarlo, mi invita ad alzare lo sguardo perché ce l'ho fisso a terra: 'Un giorno i tuoi occhi potrebbero dominare San Siro, tienili belli alti, ragazzo'[...]".
"La risposta comunque è no, e viene recapitata un paio di giorni dopo. 'Siamo una famiglia molto unita, dividerci non è nei nostri programmi. Non così presto almeno'".
Getty ImagesNon se ne farà nulla, Braida proverà poi a convincere Totti a venire al Milan anche più avanti, quando sarà già un giocatore professionista, ma 'Il Pupone' resterà sempre alla Roma. Fra i due, comunque, il rapporto sarà sempre cordiale e amichevole. Tanto che il dirigente, quando il numero 10 si ritira, si schiera dalla sua parte:
"Mi è bastato vederlo una volta di persona per capire che aveva talento - ha dichiarato Braida nel 2019 a 'Calciomercato.com' - Non era scontato che arrivasse così in alto, ma sicuramente aveva grandi qualità. Gli spiegai che avevamo entusiasmo e un grande progetto. Portai anche una maglia del Milan per fargli dire di sì, era un modo per creare contatto e simpatia. È stato il primo a non voler venire. Lo capisco, è legato alle sue origini come lo sono io. Al Milan sicuramente avrebbe vinto qualche coppa in più, gliel’ho detto più volte anche a lui, ridendo".
"Più avanti ci abbiamo riprovato, ma non ha mai voluto lasciare la Roma. La sua conferenza di addio? Francesco si è sentito escluso e frustrato. La passione è il motore del mondo, se la togliamo, il calcio finisce. Da qualche parte, evidentemente, vivono solo di numeri e non di sentimenti".
Un secondo rimpianto è costituito dal caso Patrick Vieira. A scoprirlo giovanissimo nel Cannes fu proprio Braida, che lo porterà a Milanello nel 1995 a 19 anni. Capello però gli concede poco spazio (soltanto 2 presenze) e così il centrocampista francese l'anno seguente vola a Londra in forza all'Arsenal, dove scriverà la storia e diventerà una stella a livello mondiale.
Anche i flop, in mezzo ai grandi acquisti, non sono mancati. Il primo è sicuramente Claudio Borghi, pagato 3 miliardi e mezzo per prenderlo dall'Argentinos Jr., più di Van Basten, ma poi rivelatosi una delusione nonostante fosse un pallino del presidente Berlusconi.
Verso metà anni Novanta, poi, le delusioni si moltiplicano. Dell'estate 1996 è la scelta di prendere dal Bordeaux Cristophe Dugarry anziché Zinedine Zidane, mentre l'anno seguente deluderanno profondamente le attese i tre olandesi Reiziger, Bogarde e Kluivert, tentativo mal riuscito di ricreare un ciclo 'orange' in rossonero. A detta del dirigente, tuttavia, l'acquisto che personalmente ha rappresentato la maggior delusione è il francese Ibrahim Ba, che pareva destinato ad una carriera da stella mondiale e invece conobbe un repentino declino.
"Era il testimonial Nike per il Mondiale del 1998. - ricorderà Braida a 'Il Corriere dello Sport' - Io e Capello eravamo convinti che potesse fare cose importanti”.
IL DOPO MILAN: DAL BARCELLONA ALLA CREMONESE
Chiuso il rapporto con il Milan nel 2013, nel luglio 2014 Braida si accorda con la Sampdoria per tornare a ricoprire l'incarico di Direttore generale. Ma il cambio di proprietà a settembre porta ad una repentina separazione delle parti.
Così il 12 febbraio 2015 diventa il nuovo Direttore sportivo del Barcellona, per cui si occupa principalmente delle trattative con i club stranieri. Ma il club catalano non è soddisfatto del suo operato e lo licenzia il 12 agosto 2019.
Braida però non si ritiene soddisfatto della liquidazione corrisposta e decide di denunciare i blaugrana per 'licenziamento senza giusta causa'.
"Non mi hanno dato la responsabilità, hanno incaricato altri di questo lavoro. - ha spiegato in un'intervista con 'Marca' dell'ottobre 2020 - Studiavo giocatori e ho suggerito alcuni nomi come Haaland, del Borussia Dortmund, quando ancora giocava per il Rosenborg. Ma dal club mi hanno detto di no, che non aveva il profilo da Barça. Dall'Italia ho suggerito anche altri nomi, come Barella, che ora è all'Inter, o Zaniolo della Roma. Ma se non hai la responsabilità di effettuare l'affare perché è stata data ad altri, non puoi fare nulla. Mi hanno messo da parte".
Memore dell'esperienza negativa, Braida è così tornato in Italia, ripartendo dal basso: il 1° dicembre 2020 è diventato Direttore generale della Cremonese, in Serie B, sposando pienamente il percorso di crescita e sviluppo del club lombardo.
