Nelle 9 volte in cui l'Italia del calcio è arrivata a una fase finale diun Campionato europeo,soltanto in due occasioni è poi riuscita a vincere il trofeo: oltre ad Euro 2020, l'edizione casalinga del 1968 - oltre che per il successo della squadra guidata da Valcareggi - sarà ricordata perle tante peculiarità che l'hanno caratterizzata,dalla monetina decisiva nella sfida con l'Unione Sovietica, alla ripetizione della finale con la Jugoslavia.
GoalL'Italia e il trionfo agli Europei del 1968: dalla monetina con l'URSS alla ripetizione con la Jugoslavia
GLI ANTEFATTI
Idisastrosi Mondiali del 1966 in Inghilterra,culminati conl'eliminazione ad opera della Corea del Nord nella fase a gironi,avevano portato ad una rivoluzione nella Federcalcio oltre che nella stessa Nazionale. ViaGiuseppe Pasquale,il presidente che aveva trasformato i club calcistici in società senza fini di lucro, e al suo posto al vertice della Federazione approdaArtemio Franchi,che saràuno dei più grandi artefici della crescita del calcio italianodalla fine degli anni Sessanta fino quasi alla fine degli anni Settanta.
Franchi innova a 360° la gestione della Nazionale di calcio. In primo luogo insieme a Ridolfi, Barassi e Baccanicrea il Centro Tecnico di Coverciano,che oltre ad ospitare da quel momento in poii ritiri degli Azzurri,diventerà una vera e propriaUniversità del Calcio italiano,visto che sarà il luogo dove si svolgeranno anche i corsi degli allenatori e avrà sede tutto il sapere in materia calcistica. Sotto la sua presidenza (dal 1967 al 1976 e dal 1978 al 1980) la FIGC si ammoderna e diventa una Federazione al passo con i tempi, colmando il gap con le altre grandi Federazioni del calcio internazionale.
La panchina della Nazionale è affidata allaCommissione tecnica composta dal 'Mago' Helenio Herrera e da Ferruccio Valcareggi,che durerà per circa un anno, incaricata di riportare in azzurro 'il calcio all'italiana' tutto difesa e contropiede, dopo il flop di Edmondo Fabbri. Ma dal giugno del 1967 il condottiero della Grande Inter lascia, dopo appena 4 gare, per concentrarsi sul lavoro con i nerazzurri. E'Zio Uccio',come sarà chiamato,diventerà il selezionatore unico.
LE QUALIFICAZIONI: ITALIA IN SCIOLTEZZA AI QUARTI
L'Italia, desiderosa di riscatto, è inserita nelGruppo 6 di qualificazione con Romania, Svizzera e Cipro,sulla carta nulla di proibitivo. E così sarà. Ma le insidie, per gli Azzurri, arriveranno a torneo in corso. Inizialmente Herrera chiama il blocco della sua Inter, con poche eccezioni: Bianchi e Juliano del Napoli, Depaoli della Juventus. Viene escluso Gigi Riva, il bomber del Cagliari, acclamato a gran voce dei tifosi.
Senza di lui l'Italia batte 3-1 la Romania a Napoli (doppietta di Mazzola e rete di Depaoli) e 2-0 fuori casa Cipro (goal di Domenghini e Facchetti). La svolta arriva il 27 marzo 1967: il 'Mago', convinto da Valcareggi, si decide apuntare su Riva, che gioca con un inedito numero 9 nell'amichevole con il Portogallo.La partita è però amichevole solo sulla carta, visto che Eusebio porta in vantaggio i lusitani e al 59' l'azzurro, che vuole il pareggio a tutti i costi, si lancia su una palla in profondità per anticipare Americo, ma quest'ultimo, con un'uscita spericolata, gli frana addosso egli frattura il perone sinistro, costringendolo a un lungo stop.
È il primo grave infortunio riportato in Nazionale da 'Rombo di Tuono', chetornerà a giocare con l'Italia soltanto dopo oltre 7 mesi,stentando un po' a ritrovare la miglior condizione.
"Fare l'attaccante oggi è semplice,- dirà Riva molti anni dopo -se l'ultimo uomo commette fallo su di te viene espulso, una volta invece l'ultimo uomo ti mandava dritto in clinica".
Al posto di Riva entra Cappellini, che firma anche l'1-1, ma Valcareggi, che dopo quella partita viene 'abbandonato' da Herrera, avrebbe preferito perdere piuttosto che privarsi per tanto tempo di un giocatore come Gigi. Da lì in avanti per il Ct. sarà allora unacontinua ricerca di chi può prendere il posto del forte attaccante di Leggiunoquando quest'ultimo non è disponibile.
Anche perché la qualificazione dell'Italia alla fase finale del torneo continentale, che deve essere ancora assegnata, non è mai realmente in discussione. Una rete di Bertini vale il successo più importante a Bucarest con la Romania il 25 giugno 1967, poiRiva, che non indosserà più il numero 9,torna in grande stile e a Cosenza segna una tripletta nel rotondo 5-0 su Cipro. La doppietta di 'Rombo di Tuono' vale il 2-2 a Berna con la Svizzera, poi travolta 4-0 all'Amsicora, lo stadio del Cagliari, dove Gigi trovail 6° sigillo in tre gare.
Il bomber di Leggiuno sembra recuperato al meglio, ma c'è un nemico infimo che è pronto a tormentare la sua stagione: si chiamapubalgia,e lo costringerà afermarsi in anticipo, a marzo, rinunciando alle ultime partite della stagione col Cagliari e in Nazionale.
- PubblicitàPubblicità
BULGARIA DOLCE E AMARA
Dominato il girone eliminatoriocon 11 punti, 5 in più della Romania, l'ultimo ostacolo fra l'Italia di Valcareggi e la fase finale si chiamaBulgaria.L'avversaria degli Azzurri nei quarti di finale è una squadra temibile, eha in Georgi Asparuhov il giocatore più talentuoso.Gli Azzurri, orfani di Riva, un po' si preoccupano, ma il Commissario tecnico toscano indovina la scelta del sostituto di 'Rombo di Tuono': affida infattiuna maglia a Pierino Prati, emergente bomber del Milan,che dimostrerà che la fiducia nei suoi confronti è stata ben riposta.
Si va così in Bulgaria, il 6 aprile 1968, per disputare la gara di andata allo Stadion Levski di Sofia, in un clima particolarmente ostile, con il pubblico che incita dal primo all'ultimo minuto i propri beniamini. Asparuhov, detto 'Gundi', parte forte e viene messo giù in area da Bercellino. Kotkov trasforma e la Bulgaria si trova in vantaggio. Gli Azzurri faticano ma sono anche sfortunati, visto cheal 24' un terribile scontro con Yakimov,sul quale era intervenuto in chiusura,la carriera di capitan Armando Picchi viene stroncata.
Lo schianto porta il libero dell'Inter in stato confusionale. Ripresa conoscenza negli spogliatoi, in un'epoca che non ammette sostituzioni se non quella del portiere,chiede di rientrare e si mette all'ala destra, senza di fatto mai toccar palla,anche perché, ma lo si scoprirà soltanto dopo,aveva il bacino fratturato.Come se non bastasse il trauma per quanto accaduto,Prati colpisce due volte il palo.La porta avversaria sembra stregata.
Si va a riposo con la Bulgaria in vantaggio 1-0 e l'Italia di fatto con l'uomo in meno. Valcareggi prova però a fare ordine e decide di cambiare Albertosi, che ha preso un colpo allo stomaco, conLido Vieri.Al 60'un'autorete di Penev riporta il match in parità,ma l'1-1 ha l'effetto di far scatenare gli avversari, che si riversano in attacco con furia agonistica.DermendjieveYetchevportano il punteggio sul 3-1 per i padroni di casa e per la squadra di Valcareggi è notte fonda.
Ma in campo per gli Azzurri c'è un giovane mai domo: è proprioil debuttante Prati, detto 'La Peste',chetrova il suo primo goal in Nazionale all'83' e fissa il risultato sul 3-2per la Bulgaria. Una sconfitta, certo, ma ribaltabile nella gara di ritorno in Italia. E così sarà.
Il 20 aprile 1968, allo Stadio San Paolo di Napoli, va in scena il primo capolavoro dell'Europeo della Nazionale. Valcareggi, ancora privo di Riva, conferma al suo posto Prati, e schiera Castano al posto di Picchi nel ruolo di libero el'esordiente Dino Zoff in porta. A centrocampo manca anche Bertini, rimpiazzato dal granata Ferrini. Al 14'Prati,ancora lui, conuno spettacolare colpo di testa in tuffotrafigge Simeonov.
Gli Azzurri passano in vantaggio, tuttavia Asparuhov c'è e Zoff deve metterci una pezza in più di un'occasione. In campo si soffre, almeno fino al 55':Domenghini indovina il calcio di punizione dalla distanza,la palla lambisce la parte interna del palo e si insacca alle spalle del portiere. È il 2-0, che l'Italia difende con le unghie e con i denti fino al fischio finale, e che consente alla squadra di Valcareggi dipassare il turno e qualificarsi alla fase finale.
LA BATTAGLIA CON L'URSS E LA MONETINA VINCENTE
Conquistata la qualificazione, il presidente federale Artemio Franchi riesce a ottenere anchel'organizzazione della fase finale in Italiain occasione dei70 anni della FIGC.Il torneo si gioca in tre città: oltre a Roma, anche Napoli e Firenze. Un'opportunità unica per gli Azzurri, che però si ritrovano abbinati in semifinale allacorazzata URSS,la squadra che quattro anni prima li aveva estromessi dal torneo, mentrel'altra semifinale vede sfidarsi Jugoslavia e Inghilterra.
La prima grande sorpresa la si ha quando Valcareggi inserisce il nome di Riva fra quelli dei 22 convocati per le ultime due gare. Una scelta coraggiosa quella del Ct., che non gli risparmiò le critiche di una parte dei tifosi per aver portato un giocatore fuori condizione e afflitto da problemi fisici.
I numeri di magliavengono assegnatiin rigoroso ordine alfabetico,e vanno dal n°1 sulle spalle di Enrico Albertosi, alnumero 22 di Dino Zoff.Il giovane attaccante Pietro Anastasi ha la 2, la 9 va a Domenghini, mentre capitan Facchetti indossa addirittura la 10. Per Riva c'è l'inedita numero 17, Rivera prende la 18 e Prati la 16.
Riva, pur aggregato al gruppo, non è ancora pronto a rientrare, e la pubalgia lo costringe a dare forfait anche nella delicatissimasemifinale con i sovietici,che ai quarti hanno ribaltato al ritorno con un secco 3-0 il k.o. per 2-0 rimediato nel primo match contro l'Ungheria. Avanti con Prati, dunque, al cospetto dei75 mila spettatori ufficiali, 100 mila ufficiosi,chela sera del 5 giugno 1968affollano gli spalti delloStadio San Paolo di Napoli.
I giocatori azzurri e gli stessi tifosi si rendono subito conto che l'URSS è avversario di ben altra levatura rispetto ai precedenti che l'Italia aveva incontrato nel suo cammino. I sovietici si dimostrano molto forti soprattutto a livello fisico e atletico.
Su tutti si rivela un avversario insuperabileil difensore centrale e capitano Scesternev,dotato di personalità e prestanza fisica. Le sensazioni, poi, fin dall'inizio, non sono positive. Passano appena 3 minuti, infatti, quandosi fa male Gianni Rivera a seguito di uno scontro con Valentin Afonin. Un bel problema, visto che, come era accaduto già contro la Bulgaria, Valcareggi non può fare sostituzioni e c'è di fatto ancora tutta la partita da giocare.
Il fantasista rossonero deve stringere i denti e sistemarsi all'ala destra, come si usava ai tempi, senza poter dare un contributo decente alla squadra, che praticamente si ritrova in inferiorità numerica. Gli Azzurri provano comunque a rendersi pericolosi con alcuni spunti di Mazzola e Prati, fra i più intraprendenti, che sono nell'occasione limitati dagli avversari.
L'occasione più ghiotta è un palo colpito dal generoso Domenghini, che come al solito si dà un gran da fare con la sua instancabile corsa avanti e indietro. I tempi regolamentari si chiudono sullo 0-0 e la partita prosegue ai supplementari. Al 102' la situazione per l'Italia diventa ancora più critica quandoanche il difensore Bercellino si infortuna al ginocchio.Proprio Domenghini si sacrifica nel ruolo di terzino sinistro, e gli Azzurri sono chiamati a resistere per due tempi di pura sofferenza, con l'URSS alla ricerca del goal vittoria.
Quest'ultimo tuttavia non arriva eanche i supplementari terminano sul punteggio di 0-0.Non sono ancora stati introdotti i calci di rigore, e la ripetizione della gara è prevista solo per la finale. Così a decidere chi andrà in finale degli Europei fra Italia e URSS èla monetina.Un metodo considerato assolutamente democratico, ovvero quello delsorteggio, per di più segreto.
Su come andarono realmente le cose sono state raccontate tante storie, alcune delle quali sono diventate delle leggende metropolitane, come quella che vuole che i sovietici siano stati delle vittime sacrificali della situazione che si era determinata quella sera. La verità, probabilmente, è invece cheper una notte la fortuna ha baciato gli Azzurri.
In un clima di silenzio surreale, con il pubblico del San Paolo ammutolito in attesa di conoscere il verdetto finale,l'arbitro tedesco occidentale Tschenscher convoca i due capitani, Giacinto Facchetti e Albert Shesternev per l'URSS.I tre si dirigono insime verso il sottopassaggio del San Paolo, per recarsi nello stanzino dell'arbitro, dove è effettuato il sorteggio. Il direttore di gara estrae dal taschinouna moneta, dal valore di 5 Franchi svizzeri,e chiede a Facchetti di scegliere.
L'azzurro dice testa, mentre Shesternev fa un cenno con il capo per dire che accetta croce. Quindi si procede al lancio della monetina. Sono attimi di grande tensione, e quando l'arbitro non riesce a raccogliere la moneta al volo, i due giocatori per poco non sbattono l'uno contro l'altro nel tentativo di raccogliere l'oggetto che deciderà le sorti delle due squadre e che è finito sotto una panca. Con enorme sorpresa, però, si accorgono chela moneta si è incagliata in posizione verticale nella fessura che separa due mattonelle.
Ergoil lancio è da ripetere.Stavolta procede tutto secondo copione. E quando Tschenscher mostra la moneta ai due capitani, il volto di Facchetti è quello della gioia. Intanto sugli spalti la tensione si taglia a fette. Sono infatti trascorsi una decina di minuti, e ancora non si sa nulla di ufficiale."Ma cosa starà succedendo?",si domandano tutti i tifosi che affollano il San Paolo.
All'improvvisoun grido squarcia il grande silenzio.
"Sì, testa!".
È Facchetti che, percorsi di corsa gli scalini del sottopassaggio del San Paolo, corre in campo ad esultare, seguito da tutti gli Azzurri, che chiusi nel loro spogliatoio, sentono distintamente la voce del capitano. Non ci sono più dubbi:l'Italia è in finale degli Europei, la monetina ha scelto la Nazionale di Valcareggi.
"Con il capitano sovietico- racconterà il condottiero azzurro -siamo scesi negli spogliatoi, accompagnati da due dirigenti di entrambe le squadre. L'arbitro tirò fuori una vecchia moneta e chiamai 'testa'.Uscì 'testa' e l'Italia si qualificò per la finale.Feci di corsa le scale verso lo stadio dove gli oltre 70 mila spettatori aspettavano con il fiato sospeso di conoscere l'esito.La mia gioia fu il segnale che si poteva fare festa per la vittoria dell'Italia".
Tutti festeggiano, sugli spalti i tifosi ringraziano San Gennaro. Sul prato i giocatori urlano di gioia come impazziti, al termine di una partita stoica. Tranne uno, che appare stranamente molto tranquillo. ÈTarcisio Burgnich,che al contrario dei suoi compagni, è composto e sereno, quasi si aspettasse che l'Italia avrebbe vinto il sorteggio.
"La realtà è che ero tranquillo.- rivelerà il difensore a Facchetti, suo compagno di squadra anche nell'Inter e grande amico -Con la fortuna che hai, potevi solamente vincere".
A ricordare quei momenti sarà ancheil portiere azzurro Dino Zoff.
"È stato speciale per me perché giocavo nel Napoli in quel periodo e giocavamo a Napoli. Siamo rimasti in dieci uomini dopo cinque minuti perché Rivera si è infortunato. A quel tempo non c'erano sostituzioni, quindiabbiamo dovuto giocare praticamente tutta la gara in dieci. Ci siamo concentrati molto sulla difesa. È stato un grande successo superare tutti i turni di qualificazione e arrivare in finale, anche se con il lancio di una monetina".
- PubblicitàPubblicità
CAMPIONI D'EUROPA: È BUONA LA SECONDA
Con una partita che per difficoltà può essere paragonata soltanto, in tempi più recenti, a Italia-Olanda del 2000, curiosamente anche quella una semifinale europea, decisa in questo caso ai rigori, 32 anni prima l'Italia di Valcareggi raggiungeva per la prima volta nella sua storia la finale di un Campionato europeo. La sua avversaria l'8 giugno, allo Stadio Olimpico di Roma, sede della finale, sarebbe statala Jugoslavia di Rajko Mitic, capace diestromettere l'Inghilterra campione del Mondoin semifinale grazie alfuoriclasse Dzajic,che diventa inevitabilmente il pericolo numero uno per la difesa azzurra.
Era quella, è bene ricordarlo,la 'Grande Jugoslavia',una squadra che univai talenti di Serbia, Montenegro, Croazia, Slovenia, Macedonia e Bosnia-Erzegovina.Un vero 'Dream Team', capace di esaltarsi e di battere chiunque quando in giornata. Per l'Italia di Valcareggi l'8 giugno 1968 il compito non è semplice, tanto più che gli Azzurri sono reduci da una massacrante semifinale contro l'URSS. Con Riva ancora ai box per i problemi di pubalgia, il Commissario tecnico toscano decide comunque di apportare alcune variazioni rispetto alla squadra reduce dalle fatiche di Napoli.
In porta è confermato Zoff,con Albertosi relegato a 'dodicesimo' dopo l'infortunio patito a Sofia con la Bulgaria, mentre in difesa trova spazio al posto di Bercellinol'interista Guarneri. Le novità non mancano nemmeno negli altri reparti: stupisce la scelta del sostituto dell'infortunato Rivera, che ricade sul suocompagno di squadra e amico Giovanni Lodetti,mentre in attacco, fuori anche Mazzola,debutta il giovane attaccante siciliano del Varese, Pietro Anastasi,che agisce in coppia con Prati. Nella Jugoslavia mancail centrocampista Ivica Osim.
La sera dell'8 giugnol'Olimpico è stracolmo: 85 mila spettatorisognano l'Italia campione d'Europa. In campo però le cose vanno molto diversamente: la Jugoslavia nel primo tempo domina in lungo e in largo, dettando legge soprattutto a centrocampo.Al 39' il fenomeno Dzajic sblocca il risultatoe sembra che la Coppa Henri Delaunay possa prendere la strada di Belgrado.
Nella ripresa la partita 'si apre':gli slavi potrebbero tranquillamente raddoppiare, ma sprecano più volte con lo stesso Dzajic e Musemic, mentre l'Italia, con Prati e Anastasi, pur ben controllati dalla difesa avversaria, inizia a rendersi insidiosa in contropiede. I plavi commettono l'errore di specchiarsi su stessi e al 78' vengono puniti: con l'ultima goccia di energia che ha in corpoDomenghini tira fuori dal cilindro un'altra rasoiata vincentesu calcio di punizione dalla distanza concesso dall'arbitro per fallo su Lodetti. È l'1-1, e gli Azzurri lo difendono strenuamente anche nel corso dei tempi supplementari.
A differenza della gara contro l'URSS, per la finale è prevista la ripetizione del match:Italia-Jugoslavia si rigioca dunque a Roma lunedì 10 giugno 1968. Secondo molti, il suo capolavoro Ferruccio Valcareggi lo compie nei due giorni che intercorrono fra la prima e la seconda finale. La notizia più importante, per il Ct. e per l'Italia, è cheGigi Riva è finalmente recuperato.
Non gioca una gara da fine marzo ma è pur sempre 'Rombo di Tuono', e Valcareggi lo sa bene. Mentre in tutto il Mondo si levano con sempre maggior forza i movimenti di protesta che porteranno nel giro di alcuni mesi a grandi cambiamenti socio-culturali, il Ct. azzurro la sua rivoluzione la attua nella formazione, di cui cambia ben 5/11. Oltre al bomber del Cagliari, che parte in attacco in coppia con Anastasi, con un turnover ante litteram inserisceRosato per CastanoeSalvadore per Ferrini in difesa, De Sisti per LodettieMazzola per Juliano a centrocampo.
Fin dai primi minuti gli slavi si accorgono che rispetto alla gara di andata sarà un'altra partita. Riva, che pure non può essere al meglio, vuole ricambiare la fiducia del Ct. ed è un incubo per i difensori avversari, che non sanno come arginarlo. Il bomber azzurro, che porta sulle spalle un inedito numero 17, mette subito a dura prova la solidità della retroguardia slava quando, con una sponda di testa, serve Anastasi: il siciliano tenta la semirovesciata acrobatica e mette a lato di poco.
Seguono alcuni minuti in cui 'Rombo di Tuono' si prende la scena. Prende la mira dalla distanza, ma il suo sinistro è rimpallato. Non si arrende e calcia nuovamente in porta da fuori area, costringendo Pantelic alla deviazione in angolo. La Jugoslavia è in affanno e capitolaal 12':un tiro di Domenghini si trasforma in un assist involontario perRiva, che sfugge alla trappola del fuorigioco e, in una frazione di secondo, controlla con il destro e con il sinistro insacca alle spalle di Pantelic.
Nonostante le proteste di alcuni giocatori slavi, che contestano la posizione di partenza dell'attaccante, l'arbitro, lo spagnolo Ortiz de Mendibil, correttamente convalida (come, in assenza di moviola, dimostreranno molti anni dopo le ricostruzioni televisive). L'Italia è in vantaggio e il bomber di Leggiuno, che alla causa azzurra aveva sacrificato una gamba, non nasconde l'euforia nella sua esultanza. La Jugoslavia prova a reagire, ma Zoff fa buona guardia, e poco oltre la mezzora, gli Azzurri chiudono i giochi: su assist di De Sisti, Anastasi, con una spettacolare girata volante, fissa il punteggio sul 2-0.
"Non ricordo come stoppai la palla,- dirà il siciliano di quella giocata -ricordo solo il passaggio di De Sisti e il tiro al volo che s’insacca,feci tutto d’istinto, con l’incoscienza di un ragazzo di vent’anni".
Nella ripresa gli Azzurri controllano bene il doppio vantaggio, eal fischio finale, in un misto di commozione e gioia, all'Olimpico esplode la festa. Per la prima volta nella sua storia, l'Italia è Campione d'Europa, 30 anni dopo aver conquistato il suo secondo titolo mondiale.Facchetti solleva al cielo la Coppa Henry Delaunay,poi i festeggiamenti la fanno da padrone e si spostano rapidamente dallo stadio alle vie della capitale, che acclama i propri eroi. I giocatori sono portati in auto alla cena ufficiale in un grande albergo di Via Veneto. In tutta la penisola anche chi ha seguito la partita in tv (la Rai fa registrare un boom di ascolti) festeggia nelle case.
"Quando mi infortunai con il Portogallo mi operarono nel reparto di ortopedia dell’università di Roma.- racconterà Gigi Riva -Trascorsi in quel luogo buona parte della degenza e dalla finestra della mia stanzavidi i cortei, gli scontri fra studenti e polizia, le feste. Ero incuriosito,avevo 23 anni e mezzo e quella che stava sconvolgendo l’Italia era la mia generazione".
"Nella finale il goal mi caricò. Nella ripresa, però, pagai la mancanza di allenamento. Mi ritrovai solo davanti al portiere per il possibile 3-0, ma calciai alto.Non avevo più energie, ero sfinito, ma allora non si facevano le sostituzioni.Fu bellissima la festa dello stadio, migliaia di accendini accesi per fare luce,sembrava un concerto rock. In programma, dopo la partita, c’era una festain un albergo in pieno centro di Roma, ma riuscimmo a raggiungerlo solo all’alba".
"Mi ritrovai in auto con Albertosi,i tifosi ci riconobbero e non ci fecero passare,- ricorderà ancora Gigi Riva -poi guidammo a passo d’uomo e arrivammoin albergo alle 4 del mattino. Avevo fame, mi cucinai una bistecca,dopo appena 3 ore di sonno andai di corsa all’aeroporto per tornare a casa. Arrivai a Fiumicino, non so nemmeno io come. Quella vittoria ci fece diventare Cavalieri.Fummoricevuti dal presidente della Repubblica, Saragat,una cosa emozionante per un ragazzo come io ero allora".
"Però mi vergognavo di quella carica, forse perché ancora suggestionato dal ricordo di un personaggio della mia Leggiuno. Era un professore, ma tutti lo chiamavano il Cavaliere, io ero piccolo e guardavo quasi intimorito quel signore austero.Consegnai l’attestato a mia sorella Lucia. Non l’ho più visto. E non ho più visto le foto e le cassette di quelle partite,conservo tutto in due bauli, nell'archivio creato dalle mie sorelle".
La maglia di quella sera, però, 'Rombo di Tuono' la tiene gelosamente con sé.
"Non sono un collezionista di maglie, mala 17 che Valcareggi mi diede agli Europei del '68, quando mi convocò nonostante la pubalgia, l'ho tenuta con me.- rivelerà a 'Il Sole 24 Ore' -Nella seconda finale con la Jugoslavia, mi disse:'Vai in campo e gioca finché puoi'.Feci il primo goal e fu una notte bellissima".
Anche il Ct. Ferruccio Valcareggi, il primo a vincere con la Nazionale dopo il grande Vittorio Pozzo, come i suoi ragazzi fatica a contenere la gioia per la grande impresa.
"La mia idea è che azzeccai la scelta di cambiare 5 uomini.- dirà -I nuovi diedero un'iniezione di freschezza,di energia e anche di carattere, dopo le polemiche che si erano create tra chi voleva i cambiamenti e chi no".
Due anni dopo, in Messico, solo il grande Brasile di Pelé gli avrebbe impedito di fare il bis e di laurearsi anche campione del Mondo dopo lo storico trionfo di Roma.