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Cristante Biraghi Caprari PescaraGetty Images

Il disastro del Pescara 2016/17, la peggiore della Serie A a 20 squadre

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Il 30 agosto del 2016 è un giorno piuttosto strano nella storia recente della Serie A. Due giorni prima si è giocata la seconda giornata e le sorprese hanno sovrastato le certezze. Basta dare uno sguardo alla classifica per rendersene conto: le due genovesi a punteggio pieno dopo un paio di giornate, il Milan già inciampato per la prima volta, l'Inter di Frank de Boer capace di portarsi a casa appena un punto su sei disponibili.

E poi il Pescara, appena promosso dalla Serie B, che di punti ne ha quattro. Tre di questi gli sono appena stati concessi nonostante sul campo non se li sia meritati. Quel 30 agosto è il giorno della sentenza del “caso Ragusa”, ovvero l'attaccante del Sassuolo acquistato pochi giorni prima dal Cesena e inserito nella rosa dei 25 senza far pervenire la comunicazione alla Lega. Un'irregolarità costata il ko a tavolino agli emiliani e valsa una vittoria insperata e postuma per gli abruzzesi. E così la squadra di Massimo Oddo si è ritrovata catapultata nell'altissima classifica: quattro punti in 180 minuti, roba che nemmeno nei sogni più belli.

Salto in avanti di qualche mese. Doloroso, impietoso. Il Pescara, in pratica, si è fermato lì e non si è quasi più mosso. Chiudendo all'ultimissimo posto e diventando, tecnicamente, la peggior squadra della Serie A a 20 squadre. 18 punti racimolati, un paio di vittorie sul campo più quella a tavolino di Reggio Emilia, una serie di batoste quasi infinita. Senza Ragusa, i punti finali sarebbero appena 15: nessuno mai è riuscito a far peggio.

Un disastro in piena regola, il manuale perfetto su come gettare al vento una stagione potenzialmente promettente. Un ruolino di marcia che si accompagna a quello di altre sventurate partecipanti alla Serie A: il Napoli 1997/98, il leggendario Ancona 2003/04, o ancora il Lecce 1993/94, la massima icona delle retrocesse con ignominia.

  • Pescara Napoli 2016Getty Images

    LA GRANDE ILLUSIONE

    Eppure, all'inizio, pare che quel Pescara possa davvero essere la sorpresa del 2016/17. Gioca sulle ali dell'entusiasmo, intanto. Solo pochi mesi prima ha conquistato una promozione inattesa, rifacendosi con gli interessi della doppia finale persa (con due pareggi) un anno prima contro il Bologna. La scena di Oddo che va a consolare Serse Cosmi in panchina, dopo aver appena infranto il sogno Serie A del suo Trapani, non l'ha scordata nessuno.

    E poi il mercato è stato tutto sommato interessante. Il Pescara ha reclutato una vecchia gloria come Alberto Aquilani, tornato in Italia dopo aver giocato con lo Sporting. E sempre da Lisbona, ma dal Benfica, è arrivato l'ex rossonero Bryan Cristante. Certo, se n'è andato al Milan Gianluca Lapadula, in quei mesi oggetto del desiderio di tutte le grandi italiane. E che in rosa manchi un vero centravanti è sotto gli occhi di tutti. Però c'è fiducia che altri giovani possano prendere il suo posto: c'è la coppia Caprari-Verre, già insieme qualche anno prima alla Roma, c'è il francese Bahebeck, prelevato dal PSG, e c'è Cristiano Biraghi, che l'Inter ha accettato di lasciar andare a titolo definitivo dopo una serie di prestiti.

    “Che voto do al mercato del Pescara? 10 – dice l'allenatore in conferenza stampa una volta chiusa la finestra estiva – Io do 10 al mercato del Pescara, perché sono arrivati tutti i giocatori. E quindi va bene così”.

    Le parole di Oddo arrivano dopo le prime due giornate di Serie A. 180 minuti che hanno mostrato un gioco a tratti brillante e portato un punticino che, miracolosamente, s'è moltiplicato come pani e pesci. L'ottimismo del tecnico è giustificato non tanto dall'episodio del Sassuolo, quanto dalla partita d'esordio. Contro il Napoli di Milik, di Koulibaly, di Insigne e di Mertens finisce 2-2, ma per un tempo buono il Pescara è strepitoso. In campo con un 4-3-2-1, e con Caprari punta mobile, la neopromossa dà spettacolo. Gioca con leggiadria, è rapida, passa in vantaggio con Benali e raddoppia con lo stesso Caprari. Poi, alla lunga, si palesa la maggior qualità napoletana: Mertens entra dalla panchina, segna due volte e addio sogni di gloria. Anche se alla fine i giocatori di casa vanno sotto la curva ad esultare, come se avessero vinto.

    “Abbiamo giocato alla pari – dirà Oddo dopo la partita – Abbiamo subìto poco contro una grande squadra e potevamo vincere. Peccato. Ora dobbiamo convincere tutti quelli che ci vedono già in B: io so già che siamo forti”.
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  • Pescara Empoli 2016Getty Images

    LE PRIME CADUTE

    Ci mette un po', il Pescara, a mostrarsi veramente per com'è: inadatto alla Serie A. Alla terza ospita l'Inter, gioca bene, sogna la vittoria con Bahebeck e viene riportato a terra da una doppietta di Icardi (1-2). E pure in seguito le cose vanno maluccio, sì, ma com'è normale per una neopromossa. Tanto che i punti messi in cascina dopo otto giornate sono sette, anche se tre di questi, come già ricordato, sono arrivati in una situazione particolare. Certo, Oddo comincia a brontolare. Specialmente dopo l'1-1 interno contro la Sampdoria del 15 ottobre: Campagnaro segna un'autorete e poi pareggia nella porta giusta, mentre Caprari si fa respingere un calcio di rigore da Viviano, mancando l'opportunità della prima vittoria sul campo.

    “Siamo una squadra innovativa – scherza amaramente l'allenatore dopo quella partita – Ci facciamo goal da soli, li segniamo, sbagliamo i rigori... È una bella cosa per il calcio”.

    Morale della favola: il castello di carte crolla ben presto. Dall'1-3 di Udine del 23 ottobre al 2-3 in casa della Roma del 27 novembre, il Pescara trascorre un mese di sole sconfitte. A volte onorevoli, come quella dell'Olimpico o lo 0-1 di San Siro contro il Milan, e a volte imbarazzanti come lo 0-4 casalingo nello scontro salvezza contro l'Empoli. L'ultimo posto non è già una realtà certificata, ma solo perché c'è chi – Palermo e Crotone – sta facendo peggio. Ma la strada verso la salvezza comincia già ad apparire ardua e piena zeppa di insidie.

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  • Pescara Roma 2017Getty Images

    "A NOI CE SEGNA TUTTI"

    “A voi ve segna Totti, a noi ce segna tutti”.

    Trasportate a Pescara il memorabile striscione esposto nel 2004 dai tifosi dell'Ancona e il concetto non farà una grinza. Contro il Pescara segnano davvero tutti, o quasi. Anche Marco Parolo, un centrocampista, che il 5 febbraio del 2017 vive il pomeriggio più surreale della propria carriera. La Lazio si reca all'Adriatico, naturalmente vince, ma la cosa particolare è lo fa esagerando: 6-2. E di queste sei reti, quattro sono proprio di Parolo.

    “Ho preso pallone, maglietta e pantaloncini – scherza l'ex parmense dopo la gara – Credo che ci farò un quadro”.

    A Pescara, invece, c'è poco da scherzare. Anche perché, a un certo punto, gli abruzzesi sono la peggior squadra d'Europa per risultati. E poi perché il robusto mercato invernale, tutto improntato a garantire alla rosa un'iniezione d'esperienza, non sta dando i frutti sperati. Nonostante l'inserimento di vecchi draghi della Serie A come Cesare Bovo, Guglielmo Stendardo, Alberto Gilardino e Sulley Muntari, la situazione non muta di una virgola. Così come serve a poco lo scontato cambio in panchina: via Oddo, riecco Zdenek Zeman, il profeta del calcio champagne che nel 2011/12 portò il Pescara di Immobile, Insigne e Verratti sulle prime pagine nazionali.

    Realisticamente sarà difficile salvarsi – mette le mani avanti il boemo – Io voglio provare a far divertire la gente, anche se se essendo ultimi abbiamo dei limiti. Non voglio che il Pescara sia la squadra peggiore d'Europa”.

    Zdenek impone una scossa parziale e il Pescara devasta per 5-0 il Genoa, provocando al contempo l'esonero di Ivan Juric. Ma ancora una volta, così come il 2-2 contro il Napoli, non è che un fuoco di paglia: le successive quattro sconfitte di fila non lasciano scampo, l'1-1 interno contro il Milan – con tanto di clamorosa papera di Donnarumma – è un apostrofo d'onore in un libro degli orrori. E il 23 aprile, puntuale, la retrocessione si concretizza matematicamente: la Roma di Luciano Spalletti e Momo Salah passeggia all'Adriatico (1-4) e la squadra di Zeman diventa la prima in Europa a scendere in Serie B.

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  • NUMERI IMPIETOSI

    Da lì alla conclusione di una stagione disgraziata, l'unica soddisfazione è un 2-0 interno al Palermo, a sua volta costretto a ripartire dalla Serie B. Lo firmano Robert Muric e Alexandru Mitrita, due dei non moltissimi – almeno per gli standard odierni – stranieri della rosa. Ma è un successo che non evita la dura contestazione da parte del tifo di casa, che prende di mira il presidente Sebastiani e pure Zeman.

    Alla fine, quella versione sgangherata del Pescara chiude con 27 sconfitte in 38 partite e 18 punti messi in cascina. Tre dei quali, sempre bene ricordarlo, piovuti dal cielo. C'è chi, in termini assoluti, nella Serie A a 20 squadre avrebbe pure collezionato numeri inferiori: il Venezia e il Legnano a cavallo degli anni cinquanta. Con il piccolo particolare che i punti per vittoria a quei tempi erano due, non tre. Insomma: con 38 giornate a disposizione, nessuno ha fatto peggio del Pescara 2016/17.

    L'anno prossimo in Serie B sarà diverso. Ripartiamo dalle cose buone”.

    Ecco, il problema è questo: nemmeno l'auspicio di Zeman dopo la matematica retrocessione si trasforma in realtà. La stagione successiva non va altrettanto male, ma quasi: il boemo viene esonerato a marzo e il Pescara chiude sedicesimo, con un margine di soli quattro punti sui playout. Dodici mesi più tardi perderà la semifinale playoff. Dopo altri dodici mesi dovrà davvero disputare i playout, vincendoli contro il Perugia. Ma nel 2021 il crollo in C diverrà effettivo. Un abisso da cui, ancora oggi, gli abruzzesi non sono riusciti a tirarsi fuori.

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