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Eintracht FrancoforteGetty Images

Götze, Kolo Muani, filosofia e tifosi: i segreti dell'Eintracht Francoforte, per la prima volta agli ottavi di Champions League

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L’Eintracht Francoforte è agli ottavi di finale della Champions League. Può risultare sorprendente, forse, ma in realtà non lo è. Perché si parla di una squadra che lo scorso maggio ha vinto l’Europa League, che ha intrapreso un percorso di crescita che in sei anni l’ha portata dalla salvezza allo spareggio contro il Norimberga fino all’essere tra le migliori sedici d’Europa alla prima partecipazione all’edizione moderna, 62 anni dopo la prima e unica apparizione in Coppa dei Campioni — quando arrivò fino alla finale di Glasgow, persa col Real Madrid in un clamoroso 7-3.

Il tutto senza avere grossi budget alle spalle, cedendo quasi in ogni sessione di mercato i propri migliori giocatori, ma sempre sostituendoli con nuovi talenti che in Bundesliga hanno trovato terreno fertile per sviluppare le proprie doti. Una squadra che potremmo definire “di passaggio”, che forse non sarà mai vista da tutti un punto d’arrivo - non avendo la possibilità di dispensare ricchi stipendi - ma che sa valorizzare come poche altre le risorse a propria disposizione.

A Francoforte sono cambiati i dirigenti, gli allenatori, i giocatori. Non è mai cambiata la filosofia, così come il supporto al club da parte di una delle tifoserie più calde d’Europa, che dà spettacolo con coreografie da urlo e cori al Waldstadion nei match casalinghi. Per non parlare delle trasferte: ricordate i 35mila al Camp Nou di Barcellona in Europa League? Ecco, le altre avversarie che che si sono trovate davanti l’Eintracht hanno trovato sotterfugi ed espedienti per far sì che ciò non si verificasse di nuovo.

  • Sebastien Haller EIntracht Frankfurt

    CAMBIARE PER MIGLIORARE

    Norimberga, 23 maggio 2016. Seferovic segna al Max-Morlock-Stadion il goal che evita il crollo. NikoKovac compie un mezzo capolavoro portando alla salvezza una squadra stanca e sfibrata, alla ricerca di nuova verve. Il croato era arrivato in emergenza, chiamato dall’Ad Fredi Bobic alla guida di un club che rischiava di dover ripartire da zero per l’ennesima volta nel giro di pochi anni: cinque stagioni in Zweite a cavallo del 2000, poi la retrocessione del 2011. Un saliscendi inusuale per chi in bacheca ha anche un titolo tedesco (1959), varie coppe nazionali (l’ultima nel 1988) e una Coppa UEFA (1980). Non in Germania, dove la mala gestione finanziaria e tecnica viene quasi sempre punita dal campo.

    Viceversa, il merito spessissimo viene premiato. Dall’arrivo di Kovac, l’Eintracht ha iniziato un percorso che lo ha portato a disputare due finali di Dfb-Pokal: prima la sconfitta nel 2017 contro il Borussia Dortmund, poi la vittoria l’anno successivo contro il Bayern Monaco. Proprio la squadra che in quell’anno ha strappato il croato dalla panchina di Francoforte per portarlo nei propri ranghi. Nell’Assia non l’hanno presa come un reset, ma come un’opportunità per evolversi. Hanno puntato su Adi Hütter, allenatore dello Young Boys, e sulla sua idea di calcio offensivo e spavaldo.

    L’Eintracht è diventata una macchina da goal, sospinta dal tridente delle meraviglie composto da Ante Rebic, Luka Jovic e Seb Haller, più Kostic a scorrazzare su e giù per la sua fascia sinistra. Semifinale di Europa League, persa ai rigori col Chelsea di Sarri. L’anno dopo, sparito il tridente: nuova ripartenza da zero. Kostic diventa l’uomo centrale nel progetto, André Silva il nuovo goleador: inizia a rilento, ma la società e l’allenatore lo aspettano. Ha portato quasi 40 gol in 12 mesi e oltre 20 milioni nelle casse.

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  • 20220517 Oliver Glasner Makoto HasebeGetty Images

    IL RESET DEL 2021

    Addio, nuova ripartenza. Il 2021 è l’anno del nuovo reset. In panchina arriva OliverGlasner dal Wolfsburg, che aveva appena conquistato la Champions proprio nel testa a testa con l’Eintracht. Ha lasciato lì la chance di allenare nella massima competizione europea per cogliere l’opportunità di una nuova sfida in cui intravedeva enormi margini, spinto anche da dissidi interni con i piani alti nel club della Volkswagen.

    La svolta tecnica però è solo l’output di una rivoluzione che parte dall’alto: vanno via due dirigenti storici come Fredi Bobic e il direttore sportivo Bruno Hübner, viene promosso il capo scout Ben Manga e dal Lipsia arriva Markus Krösche.

    La squadra costruita un anno fa tira i remi in barca in campionato, ma trionfa in Europa League. Sulle ali dello slogan "nel cuore dell'Europa". Una bomba che quasi sembra esplodere in mano alla dirigenza, che pensava ad un percorso a lungo termine e d’improvviso deve allestire una squadra per la Champions League.

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  • Eintracht Frankfurt Kolo MuaniGetty Images

    TALENTO DA SCOPRIRE

    La costruzione della rosa per la verità era già iniziata da gennaio, quando l’Eintracht ha annunciato i primi arrivi a parametro zero: l’ex Genoano Jérome Onguéné per dare profondità alla difesa, il talentuoso Marcel Wenig dal Bayern Monaco, la promessa Faride Alidou dall’Amburgo. Soprattutto, un ragazzo inseguito a lungo dalla dirigenza e finalmente agguantato in inverno, garantendoselo a zero alla scadenza di contratto con il Nantes: si chiama Randal Kolo Muani e oggi è probabilmente una delle più grandi scoperte di questa stagione.

    La sua stagione è iniziata da comprimario, ma già all’esordio in Bundesliga nel secondo tempo contro il Bayern Monaco ha mostrato lampi di velocità e tecnica che hanno convinto Glasner a schierarlo subito da titolare. Oggi il classe 1998 è insostituibile nel ruolo di prima punta. Segna e fa segnare: è il miglior assistman della Bundesliga (7) e una delle sue 6 reti è stata il destro di potenza e precisione che ha ammutolito l’Alvalade di Lisbona decretando l’1-2 sullo Sporting che ha permesso di raggiungere gli ottavi.

    “Può migliorare ancora tantissimo sotto porta, ha ancora tanto potenziale: gli manca la calma per concludere meglio, ma ci stiamo lavorando” ha detto Glasner proprio prima del match.

    Non è solo il neo-nazionale francese però a rubare l’occhio ai tifosi — e probabilmente anche agli scout di mezza Europa, che a Francoforte trovano sempre nuovi spunti per il mercato dei top club internazionali. Il centrale classe 1999 Evan Ndicka è cercato da mezza Europa, per citarne uno. Il prossimo che porterà oro nelle casse può essere il danese Jesper Lindstrøm, trequartista classe 2000 dotato di tocco sopraffino e tecnica purissima. Ma non possono non essere menzionati il trequartista giapponese Daichi Kamada, top scorer quest’anno con già 12 goal all’attivo (record personale) e Djibril Sow, cervello e cuore del centrocampo.

    Tra i migliori in campo nel match decisivo di Lisbona c’è stato anche Luca Pellegrini, arrivato dalla Juventus in prestito contestualmente alla cessione di Filip Kostic, che ha fatto il percorso inverso. Si sta rivelando il suo sostituto ideale, ammesso che di sostituzione si possa parlare: si spesso è alternato con il pariruolo Lenz, anche a causa di qualche acciacco, ma la sua intraprendenza ha fatto levare applausi dalle tribune del Waldstadion in più di un’occasione. Il classe 1999 è arrivato con l’ambizione di ritagliarsi un ruolo da protagonista e ci sta riuscendo.

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  • Mario Götze Frankfurt 01102022Getty

    GÖTZE, SECONDA GIOVINEZZA

    L’uomo simbolo del club però non può non essere Mario Götze. In estate è tornato in Germania, a 30 anni, dopo il biennio passato in Eredivisie con il PSV Eindhoven dell’attuale tecnico del Benfica Roger Schmidt. I 24 mesi in Olanda hanno restituito un giocatore rigenerato dal puto di vista fisico e mentale al calcio tedesco. L’addio al Borussia Dortmund nel 2020 a parametro zero sembrava l’inizio di un viale del tramonto, imboccato già nel suo ultimo periodo al Bayern e causato da problemi di salute, anche mentali.

    Il match-winner del Mondiale 2014 sembrava esser rimasto a quella notte del Maracanã, il punto più alto e irraggiungibile di una carriera che gli ha dato tutto forse troppo presto. Quando l’Eintracht in estate ha annunciato il suo tesseramento, più di qualcuno ha alzato un sopracciglio chiedendosi se valesse ancora la pena puntare su di lui. Le incognite erano soprattutto fisiche, ma il lavoro specifico che Götze ha svolto in estate lo ha riportato in forma smagliante.

    A smentirle ci stanno pensando i numeri: ha saltato solo una partita, contro il Tottenham, per una brutta contusione alla caviglia. É il quarto giocatore di movimento con più minuti di tutta la rosa dell’Eintracht e il primo per chilometri percorsi in Bundesliga (11° assoluto).

    “Spero di essere l’ultimo pezzo del puzzle” aveva detto al suo arrivo a Francoforte, “di aiutare i giovani a crescere. Posso essere decisivo nell’ultimo terzo di campo, creando spazi nelle difese chiuse. Questo è un club che negli ultimi anni si è imposto sul panorama internazionale”.

    Finora ci sta riuscendo: il suo gioco a due tocchi e la sua tecnica superiore, oltre alla capacità di esser sempre lucido negli scambi nello stretto e nella gestione della palla, ha dato velocità e fluidità all’attacco di Glasner. Dubbi fugati. L’Eintracht sa di potersi appoggiare sulle sue spalle larghe, che hanno sopportato pressioni e aspettative: Mario le ha dimenticate, ha voltato pagina. Oggi si gode un posto agli ottavi di finale di Champions League, da protagonista e da uomo simbolo di una squadra che non vuol fermarsi più.

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