Nel 1979 i dirigenti della Juventus richiamano a Torino Marocchino con la volontà di farlo diventare prima o poi il vice Causio e quindi arrivare a rilevare il campione leccese. Con una precauzione: assieme a lui tengono in rosa anche Pierino Fanna. Ad entrambi viene dato spazio, ma nessuno dei due, alla fine, si rivelerà all'altezza del vecchio Barone.
Alto un metro e 86 centimetri per 80 chilogrammi di peso forma, pian piano Domenico riesce comunque a mettere in evidenza quelle che sono le sue qualità. L'esordio assoluto arriva in Coppa delle Coppe, il 19 settembre 1979 contro gli ungheresi del Raba Vasas Eto sconfitti 2-0 a Torino. Marocchino rileva tavola dopo 10 minuti del secondo tempo.
In campionato bisogna invece attendere il 7 ottobre, giorno in cui Marocchino con la maglia numero 7 sulle spalle, parte titolare a San Siro contro il Milan, che si impone con il punteggio di 2-1. È solo l'inizio di un'avventura lunga quattro anni che lo porterà a vincere 2 Scudetti e una Coppa Italia con la Vecchia Signora e ad affermarsi come uno dei giocatori più talentuosi del panorama nazionale in quegli anni.
La prima stagione è interlocutoria per l'ala vercellese, che va a segno 2 volte in 23 presenze in campionato punendo la Roma a dicembre (vittoria per 2-0) e l'Udinese a febbraio con un inserimento centrale di potenza da metà campo e un'azione conclusa aggirando il portiere avversario e depositando il pallone in fondo alla rete (successo esterno per 1-3), e aggiunge 3 presenze in Coppa Italia e 6 in Coppa delle Coppe.
L'Inter di Bersellini a vincere lo Scudetto, mentre i bianconeri che devono accontentarsi del 2° posto e sono eliminati in semifinale sia in Europa, sia in Coppa Italia. I due anni successivi, tuttavia, saranno anche i migliori della carriera calcistica di Marocchino e molto positivi per la Juventus.
Nel 1980/81 i bianconeri vincono il loro 19° Scudetto precedendo di 2 punti la Roma di Liedholm, non senza polemiche per il celebre goal annullato a Turone. Marocchino è fra i protagonisti, visto che colleziona ben 5 goal in 24 presenze in quella che sul piano delle cifre è la sua miglior annata in carriera.
Trapattoni lo schiera da ala destra, ala sinistra, mezzapunta e persino seconda punta, ottenendo sempre un elevato rendimento. Quando il vercellese va a segno la Juventus vince: succede all'andata e al ritorno con l'Udinese (successi per 4-0 e 0-2) e al Comunale con il Brescia (2-0), il Perugia (2-1) e il Catanzaro (3-0). Alle prestazioni in campionato si aggiungono 6 partite in Coppa Italia.
"Il primo Scudetto lo abbiamo vinto al Comunale all’ultima giornata contro la Fiorentina - ricorderà in un'intervista del 2010 al 'Guerin Sportivo' -. Segnò Cabrini con un sinistro volante, ma il merito fu mio che gli feci un assist perfetto. Fu un’azione caparbia, la palla sembrava persa. La recuperai, la difesi e poi crossai al centro dell’area. Ma la cosa più bella la feci a fine partita".
"Fatta la doccia, me ne andai da solo nello spogliatoio del mio primo provino e mi fumai una fantastica Marlboro, con la mente leggera nel ricordo di quel giorno di dieci anni prima".
"All'inizio - prosegue Marocchino nel suo racconto - non andavamo bene. Brady ancora non si era integrato. La squadra era un po' leggerina in avanti e Trapattoni pensò a me. Ma non solo per una questione di peso e centimetri. Gli facevo comodo tatticamente. Nel senso che io ero in grado di fare tutti e tre i ruoli dell’attacco. Anche la punta centrale, perché ero capace di difendere il pallone".
"E poi c’è un’altra cosa: andavo a pressare. Mi venne così, d’istinto, fu una mia iniziativa. Ricordo che il Trap, tempo dopo, disse: 'Il pressing lo abbiamo fatto per la prima volta con Marocchino'. In quell'anno del primo Scudetto, quando iniziò a farmi giocare titolare, ebbi l'illuminazione: andavo a dormire un’oretta nel pomeriggio e iniziai a scalare le sigarette".
Alla fine le prestazioni di grido consentono a Marocchino di relegare in panchina un campione come il vecchio 'Barone' Franco Causio.
"Causio era un’istituzione e un professionista esemplare - dirà Marocchino al 'GS' -. Con me si comportò molto bene. Certo, l’aver perso il posto lo stizzì parecchio. Ma già l’anno prima avevo fatto diverse partite. Spesso giocavo a sinistra, con lo stesso Causio. C’era anche Fanna, uno che batteva i corner allo stesso modo, sia di destro che di sinistro, bravissimo ragazzo, oltretutto".
Per Marocco, cui vengono dati tre soprannomi, il 1981/82 sarà l'anno della consacrazione, che segnerà anche l'apice della sua carriera a soli 25 anni.
"Mi chiamavano "Mecu", ovvero "Domenico"in piemontese, poi "Marocco" e "Pennellone", il soprannome che mi aveva dato Brera e non mi dispiaceva affatto", ricorderà nell'intervista con 'TelenovaMS' del 2022.
Marocchino gioca da titolare con grande regolarità e totalizza 29 presenze e un goal in Serie A (ancora all'Udinese, sua vittima preferita, nella goleada per 1-5 della terzultima giornata), 4 presenze e una rete in Coppa Italia (a Cava de' Tirreni nel girone iniziale contro la Cavese) e 4 presenze e un goal nel suo primo anno in Coppa dei Campioni (nella sconfitta per 3-1 in Belgio contro l'Anderlecht, andata degli ottavi di finale).
"Nel campionato 1981/82 ho segnato meno - dirà - solo un goal, ma ho giocato con più continuità. È stato il mio campionato perfetto. Non mi era mai successo prima di avere così tanta consapevolezza nei miei mezzi e la piena fiducia dell’ambiente".
Il 1982/83 sarà tuttavia il quarto e ultimo anno per Marocchino con la Juventus da professionista. L'ala piemontese aggiunge una Coppa Italia al suo palmarès, vinta il 22 giugno 1983 dopo aver superato per 3-0 ai supplementari, nella finale di ritorno, giocata interamente da Domenico, i rivali del Verona di Bagnoli, vittoriosi 2-0 al Bentegodi.
"Marocco" partecipa a quella cavalcata con 9 presenze e un goal al Cibali contro il Catania, cui si aggiungono 22 presenze e una rete nell'ultima giornata di campionato (4-2 sul Genoa per Madama), e 9 apparizioni, inclusa la finale di Atene, nell'amara Coppa dei Campioni persa 1-0 con l'Amburgo.
Sicuramente la delusione calcistica più cocente per Marocchino, entrato in campo al 56', a risultato già sfavorevole, al posto di Paolo Rossi.
"Perdemmo perché giocai soltanto mezzora (ride). Un po’ mi dispiace, perché credevo di partire titolare. A ogni modo i motivi veri sono tre - sosterrà -. Primo: ci ha danneggiato il fatto di essere arrivati alla finale imbattuti. Non eravamo abituati alla sconfitta. Secondo: passarono troppi giorni tra l’ultima di campionato e la finale, ci ammosciammo. Terzo: facemmo una partita blanda, mentre quella era una gara da prendere a morsi. Ci voleva uno rabbioso, uno come Furino, che peraltro rimase fuori".
Per colui che era stato una pedina fondamentale dei successi bianconeri in quegli anni, proprio la finale di Atene segna il cambio di orizzonte della società, che a causa dei tanti vizi decide alla fine di privarsene.
"Succede che sul volo di ritorno mi capita una copia di un giornale. In prima pagina c’erano delle foto, tra cui la mia, con una croce sopra. Come dire: questi saranno ceduti. Vado dal dottor Giuliano. 'Sono tutte illazioni', fa lui. Bugia: mi avevano già venduto... Fu l'unica volta in cui mi arrabbiai un po' con la società".
Il suo congedo dalla Juventus è così proprio la finale di ritorno della Coppa Italia vinta sul Verona.
"Era diventata l’unico traguardo rimasto. Mi feci male, un risentimento muscolare. Boniperti mi lasciò andare in vacanza in anticipo. Me ne stavo bello per i fatti miei, quando arrivò una telefonata dalla sede. 'Torna che devi giocare la finale'. Pensai che fossero tutti impazziti. Ero fermo, malandato, non stavo in piedi e dovevo giocare? Oltretutto, dopo che all’andata il Verona aveva vinto 2-0".
"Boniperti mi disse di non preoccuparmi: 'Ti marcherà Marangon, lo conosci. Lui ti viene addosso, tu lo scansi con un braccio e parti'. Feci una scommessa con il presidente. Il doppio del prezzo in caso di vittoria. L’accordo era che avrei giocato il primo tempo. Per cui, nell’intervallo, io mi metto una sigaretta in bocca e inizio a spogliarmi. Arriva Trapattoni e mi tratta malissimo: 'Devi tornare in campo'. 'Non ci penso nemmeno', dico io. Mi convinse Cabrini. E vincemmo la Coppa...".
La gara del Comunale è l'ultima di 137 presenze e 12 goal (9 in Serie A, 2 in Coppa Italia e uno in Coppa dei Campioni) con l'amata maglia bianconera sulle spalle. Con il trasferimento alla Sampdoria del presidente Mantovani inizierà infatti per Domenico un rapido e imprevedibile declino.
Gli anni d'oro alla Juventus gli erano valsi anche la chiamata in azzurro da parte del Ct. Enzo Bearzot. Il 5 dicembre 1981 Marocchino disputa a Napoli la gara di qualificazione ai Mondiali '82 vinta 1-0 sul Lussemburgo. Suo l'assist in avvio di gara per il colpo di testa vincente di Pruzzo.
Ma il ragazzo non sarà confermato nei successivi impegni e perderà definitivamente il treno della Nazionale maggiore.
"L'unica volta in Nazionale mi sentivo soffocare - rivelerà -. Chiamavo gli amici a Torino e chiedevo: 'Ma secondo voi posso scappare?'...".
La partita del San Paolo resterà così per lui anche l'unica giocata con la Nazionale.