Walter CasagrandeGetty

Walter Casagrande, dalla Serie A all'inferno: "Ho avuto 4 overdose, vedevo i diavoli ovunque"

Era bello, alto, con lunghi capelli ricci, andatura ciondolante e un look giovanile che lo faceva sembrare all'apparenza più una rockstar che un centravanti. Walter Junior Casagrande, nato a San Paolo il 15 aprile del 1963, però, sul campo di calcio ci sapeva fare, eccome.

Gran controllo di palla, tecnica sublime, e quella stazza fisica (un metro e 91 centimetri per 85 chilogrammi) che, pur rendendolo un po' macchinoso nello stretto, gli consentiva di essere micidiale sui colpi di testa e sulle sponde, difficilmente marcabile dai difensori in area di rigore, e molto pericoloso quando poteva sprigionare la sua potenza in progressione.

Molto amato dai tifosi di tutte le squadre in cui ha giocato, è stato un'icona del calcio degli anni '80 e della prima metà degli anni '90 del XX secolo.

L'articolo prosegue qui sotto

LA DEMOCRACIA CORINTHIANA E I SUCCESSI CON SOCRATES

Gli inizi della sua carriera calcistica lo vedono formarsi nell'Academia del Corinthians, con cui debutta in Prima squadra a soli 17 anni nel 1980. Fra il 1982 e il 1985, in un Brasile sotto il regime militare, l'attaccante di San Paolo è stato fra i protagonisti di quell'esperimento di autogestione calcistica, unico nel suo genere, che passerà alla storia con il nome di 'Democracia Corinthiana', la quale aveva in Socrates, leader indiscusso di quella squadra, il suo ispiratore.

Il Corinthians autogestito, fra lo scetticismo generale, vince 2 volte di seguito il Campionato paulista nel 1982 e nel 1983. Casagrande cresce come calciatore e come uomo sotto quel contesto e sviluppa una grande amicizia con 'El Doctor', raccontata nel suo secondo libro 'Socrate e Casagrande, una storia d'amore'. Walter gioca nel Corinthians dal 1980 al 1986, con due brevi parentesi al Caidense nel 1981 e al San Paolo nel 1984 e totalizza complessivamente 256 partite segnando 102 goal. I suoi anni d'oro sono il 1982, nel quale si laurea capocannoniere, e il 1985.

BRASILE, GIOIE E DOLORI

I goal segnati, nonostante la giovane età, nel 1982, rendono Casagrande a 19 anni il principale candidato a vestire la maglia n°9 del Brasile ai Mondiali di Spagna. Fin da subito si capisce però che la sua vita fuori dal terreno di gioco strizza l'occhio agli eccessi e ciò porta naturalmente il Ct. della Selecão, Telé Santana, ad escluderlo dai convocati per la manifestazione iridata. 

La maglia n°9 del Brasile la indossa Serginho. Che dimostra tutti i suoi limiti in una squadra stellare, e sarà una delle cause dell'incredibile eliminazione dei verdeoro, estromessi dall'Italia di Bearzot in un torneo in cui partivano come grandi favoriti. Con Casagrande al centro dell'attacco, forse, le cose potevano andare diversamente.

Per debuttare con la camiseta della Seleçao, Walter deve aspettare altri 3 anni. Nel 1985, infatti, i suoi goal convincono il selezionatore Telé Santana a dargli una seconda possibilità. In coppia con Careca, Casagrande esplode, segna e si guadagna la convocazione per Messico '86. Qui parte titolare, ma arriva in condizioni fisiche non ottimali, e dopo le prime gare in cui non brilla, è relegato in panchina. Chiude la sua esperienza con la Nazionale con 19 presenze e 8 goal.

Socrates Wladimir Casagrande Corinthians DemocraciaReprodução

IL PORTO E LA COPPA DEI CAMPIONI

Dopo i Mondiali Casagrande è pronto a sbarcare in Europa. Walter firma con il Porto, ma la sua stagione sarà fortemente condizionata dagli infortuni. Colleziona 6 presenze e una rete in campionato, e le gioie più grandi arrivano nella Coppa dei Campioni vinta dai Dragoni sul Bayern Monaco. Casagrande gioca i quarti di finale contro i danesi del Brondby, ma nella gara di ritorno si frattura la tibia. Recupera per andare in panchina nella finale contro i bavaresi. Il tacco di Madjer e Juary portano al trionfo i lusitani. Anche Casagrande è campione d'Europa.

L'ASCOLI E IL RAPPORTO CON ROZZI

In un calcio molto diverso da quello di oggi, negli Anni '80 del secolo scorso, poteva accadere anche che l'attaccante del Brasile reduce dalla vittoria della Coppa dei Campioni andasse a giocare in una piccola realtà come l'Ascoli di Costantino Rozzi. Walter è attratto dal calcio italiano, decide di seguire il connazionale Careca, che si trasferisce al Napoli per 4 miliardi di Lire, e accetta l'offerta del patron dei marchigiani, che mette sul piatto un miliardo di Lire per portarlo al Del Duca.

Alla presentazione ufficiale tutti restano basiti per il suo look: capelli lunghi, barba, occhiali scuri, jeans sdruciti e tracolla di cuoio. Il nuovo acquisto sembra appena uscito da una Comune hippie. Le perplessità sono tante, ma Casagrande, una volta sceso in campo, le spazza via tutte. Castagner lo schiera subito in coppia con Scarafoni, e lo fa debuttare in Serie A il 13 settembre 1987 (Ascoli-Roma 1-1). La prima rete la firma contro l'Empoli un mese dopo, l'11 ottobre, in casa contro l'Empoli.

I bianconeri si salvano al fotofinish e Casagrande, che per tutti diventa 'Casão', dà il suo contributo con 6 goal in 27 presenze. Il più bello contro la Fiorentina prima di Natale.

"Palleggio e goal dalla linea di fondo, - ricorda al 'Resto del Carlino' - spalle alla porta. Quasi impossibile”.

In quattro stagioni al Del Duca, fra Serie A e Serie B, Casagrande segna 38 reti in 96 presenze. Con Greco è il miglior marcatore all-time del club in Serie A a quota 16 goal.

"Ad Ascoli - sottolinea Casagrande a 'Sport Mediaset' - ero davvero un idolo e lo sono tuttora: la città era piccola e stupenda. Sono stato benissimo, ai piedi delle montagne e vicino alle spiagge. Ho solo bei ricordi. Avevo un ottimo rapporto col presidente Rozzi. Nei quattro anni insieme ci furono anche discussioni: era esplosivo".

"Una volta, - racconta l'attaccante - quando la squadra andava male, rilasciò un’intervista nella quale attaccava soprattutto me perché ero considerato il migliore della squadra e quindi la responsabilità era mia. Allora lo incontrai e gli dissi: 'Se vuoi giocare metti la maglietta e gioca, anche se io non so costruire stadi e palazzi come te'. La prese bene: fu fantastico vivere quattro anni con lui, è stato uno dei migliori presidenti che abbia avuto. Il mio rapporto con i tifosi era ottimo. Noi ce la mettevamo tutta sempre e davamo il massimo anche se la squadra non era molto forte, loro vedevano il mio impegno".

Walter Junior Casagrande Ascoli

IL TORINO E L'IMPRESA DEL BERNABEU

Nell'estate 1991, voluto da Luciano Moggi, Walter Junior Casagrande sbarca così al Torino per 5 miliardi e 200 milioni di Lire. La squadra, guidata da Emiliano Mondonico, ha in rosa giocatori come Scifo, Martin Vazquez, Cravero, Lentini, Annoni, Pasquale Bruno, Marchegiani e un giovanissimo Christian Vieri, è protagonista di una grande stagione in Italia e in Europa. Anche grazie ai goal di Casagrande, che entra da subito in simbiosi con i tifosi, la squadra si piazza al 3° posto in Serie A dietro a Milan e Juventus e in Europa dà spettacolo con il Genoa.

Il centravanti brasiliano sigla 6 reti in 26 presenze in campionato e 6 goal in Coppa UEFA, trascinando il Torino alla finalissima. Il momento in assoluto più esaltante 'Casão' lo vive nella prima settimana di aprile del 1992. Nella memoria collettiva resta la rete del 2-1 nella sconfitta con il Real Madrid al Bernabeu nella semifinale di andata. I granata vinceranno infatti 2-0 al ritorno al Delle Alpi e grazie al guizzo del loro attaccante si guadagnano il diritto a disputare la finale contro l'Ajax di Van Gaal.

"La stagione 1991/92 è stata fantastica. - afferma in un'intervista dell'aprile 2020 a 'La Gazzetta dello Sport' - Eravamo tutti amici, uno spogliatoio unico, un rapporto con Mondonico e i suoi collaboratori costruito sul rispetto. Pensi che, ancora oggi, ci sentiamo spesso in chat con i miei ex compagni e la signora Clara, la figlia del mister. Non ci siamo mai lasciati. Mister Mondonico non l'ho mai dimenticato, il suo ricordo in me è sempre vivo. Abbiamo avuto anche discussioni, ma erano divergenze solo sul modo di giocare. Ma con lui poi finiva tutto subito. Era fantastico".

"Al Bernabeu fu durissima, contro 90 mila tifosi che ci provocavano di continuo. - assicura - Perdemmo 2-1, ma tornammo a casa con la certezza che al ritorno li avremmo impallinati. Infatti andò così... Entrai in campo concentrato, volevo il goal al Bernabeu e arrivò: Policano calciò in maniera fantastica quella palla non trattenuta da Buyo. Io fui rapido nel pensare, ero sicuro che il portiere avrebbe fatto un errore. Ero lì, e lo punii subito".

Dopo la rete in Coppa, con una doppietta nel Derby della Mole Casagrande colpisce ancora, spegnendo le speranze Scudetto dei bianconeri di Trapattoni.

"Il goal al Bernabeu è stato certamente indimenticabile, ma i goal che ho fatto alla Juve li considero più importanti di quello al Real. - assicura - La doppietta nel derby di qualche giorno dopo, ad esempio, fu un’altra cosa, una goduria. Ancora oggi tifo Toro. Lo scriva: sarò granata per sempre. Lo dicono tutti, è proprio così: si resta del Toro tutta la vita".

Casagrande firma 2 goal anche nella finale di andata di Coppa UEFA al Delle Alpi, ma i suoi sforzi non basteranno: il match si conclude 2-2, al ritorno l'Ajax pareggia 0-0 ad Amsterdam con 3 pali colpiti dai granata (uno proprio su colpo di testa del brasiliano) e i Lancieri possono sollevare al cielo la coppa. Casagrande resta al Torino un altro anno, giusto in tempo per giocare anche in coppia con Pato Aguilera e vincere una Coppa Italia, prima di salutare l'Italia e far ritorno in Brasile dopo 19 goal totali in 69 presenze con la maglia granata.

Galeria ComentaristasDivulgação

CHIUSURA IN BRASILE, OGGI LA TV

Tornato in Brasile non ha più quell'entusiasmo che il calcio italiano gli aveva dato. Casagrande gioca con il Flamengo e di nuovo con il Corinthians, prima di due brevi esperienze con Paulista e São Francisco, preludio del ritiro nel 1996. Inizia a fare l'opinionista televisivo e la seconda voce per l'emittente 'Rede Globo', ruolo che ricopre ancora oggi.

'CASAGRANDE E I SUOI DEMONI'

Soltanto nel 2013, parecchi anni dopo il ritiro, esce la sua autobiografia, dove Casagrande si mette completamente a nudo, raccontando dei demoni, travestiti da dipendenze, che ha dovuto affrontare nel corso della sua carriera.

Droghe, alcol, di tutto e di più. A cominciare da quando giocava ancora in Brasile al Corinthians: "A quei tempi, però, ci andavo ancora piano: solo qualche canna e qualche preparato di cocaina".

Il vero crollo, però, arriva dopo il ritiro. Questi i passaggi più significativi della sua autobiografia, che si intitola appunto 'Casagrande e i suoi demoni'.

"Mi sentivo tremendamente vuoto e cercavo rifugio nella droga. In una sola sera ero capace di sniffare tre grammi di cocaina e poi iniettarmi una dose di eroina, fumarmi una canna e bermi una bottiglia di tequila. Per anni ho giocato alla roulette russa, copiando quella spinta all'autodistruzione che vedevo nei miei miti del rock, da Jim Morrison a Janis Joplin e Jimi Hendrix"
Ho avuto 4 overdose, in seguito alle quali ho deciso di ricoverarmi. In clinica ci sono rimasto un anno, è stato difficile, ma sono rinato"

Quasi rinato. Nel 2007 l'ultima follia.

La mia casa era invasa. Scappai, presi la macchina, cercai un albergo, ma quando entrai in camera i demoni erano anche lì. Allora scappai di nuovo. So solo che mi addormentai al volante e mi risvegliai in ospedale. La mia macchina aveva capottato, finendo addosso ad altre cinque. E io ero vivo per miracolo"

L'infarto nel 2015 è l'ennesima battaglia vinta con la morte. Quasi normale, per uno come lui, che ha sempre vissuto una vita al limite.

Pubblicità