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Vladimir Jugovic, l'elegante centrocampista che diede la Champions League alla Juventus

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Centrocampista elegante e dotato di qualità tecniche di alto livello, Vladimir Jugovic abbinava a questo visione di gioco, freddezza nelle decisioni e un'abilità innata negli inserimenti offensivi, che gli consentiva spesso di essere un giocatore letale anche in zona goal.

Nella sua carriera vissuta ad alti livelli, vince due volte la Champions League e 2 volte la Coppa Intercontinentale, in entrambi i casi la prima con la Stella Rossa, la seconda con la Juventus. I tifosi bianconeri non più giovanissimi legano a lui il ricordo più bello: la conquista del trofeo continentale nel 1996 grazie alla trasformazione del rigore decisivo nella finalissima di Roma contro l'Ajax.

In Italia ha giocato e vinto anche con Sampdoria e Lazio, militando pure nell'Inter. I rimpianti più grandi li vive in Nazionale, visto che a causa delle guerre nei Balcani è privato della possibilità di rappresentare la Jugoslavia nei suoi anni migliori.

GLI ESORDI E L'EXPLOIT CON IL RAD BELGRADO

Vladimir Jugovic nasce a Tstenik, nel cuore della Serbia, allora Jugoslavia, il 30 agosto 1969. Inizia a giocare a 12 anni per una piccola squadra, poi, dopo 6 mesi, palla alla Stella Rossa, con cui fa tutta la trafila nel Settore giovanile fino ad arrivare alla Prima squadra. 

Nonostante sia un centrocampista di talento, l'inizio di carriera per 'Vlade' non è tutto rosa e fiori. Nelle formazioni giovanili deve misurarsi spesso con ragazzi più grandi di lui, e questo gli permetterà di sviluppare la freddezza e la rapidità nelle giocate che lo contraddistingueranno una volta diventato professionista. A 16 anni, nel 1986, fa il suo debutto in Prima squadra in una partita amichevole. A 18 deve assolvere l'obbligo del servizio di leva per la Jugoslavia, e soltanto quando torna, nel 1989, può debuttare in gara ufficiale.

Ma l'allenatore biancorosso, Dragoslav Sekularac, proprio non lo vede e non gli concede spazio. Così Jugovic prende una decisione sofferta ma che si rivelerà determinante per il prosieguo della sua carriera: nel 1990 passa infatti in prestito al Rad Belgrado, dove trova un allenatore che invece gli dà spazio e fiducia. Negli ultimi 6 mesi della stagione 1989/90 si verifica così l'esplosione di Jugovic, autore di 7 goal in 16 presenze.

Crvena Zvezda 1991/92Wikipedia

LE GRANDI VITTORIE CON LA STELLA ROSSA

La Stella Rossa non può pensare minimamente di privarsi di un grande talento come Vlade e così nell'estate del 1990 la mezzala fa ritorno alla casa madre per vivere una stagione da protagonista, che lo vede con i suoi compagni e il nuovo tecnico, Ljupko Petrovic, vincere la Coppa dei Campioni.

'Vlade' è uno dei pilastri dei biancorossi, con cui disputa tutte le 9 gare nella cavalcata fino alla finale di Bari con il Marsiglia, nella quale non è comunque fra i rigoristi designati e assiste da spettatore ai tiri dal dischetto che premiano la sua squadra. In campionato, invece, si conferma, realizzando altre 7 reti.

Jugovic resta alla Stella Rossa anche nel 1991/92, l'anno della sua consacrazione. Nonostante la guerra nei Balcani sia già esplosa, la squadra di Belgrado completa il suo percorso internazionale e vince a Tokyo l'8 dicembre 1991 la Coppa Intercontinentale, superando 3-0 i cileni del Colo Colo.

Il grande artefice di quel trionfo è proprio 'Vlade', che, nonostante la sua squadra resti in 10 uomini per l'espulsione di Savicevic, indirizza la partita con una spettacolare doppietta che gli vale la Toyota messa in palio per il miglior giocatore della partita.

"A Tokyo - affermerà anni dopo - ho capito che avrei davvero potuto farcela nel difficile mondo del calcio".

LO SBARCO IN ITALIA CON LA SAMPDORIA

La guerra entra nella sua fase più dura e anche Jugovic, come molti compagni di Nazionale, dopo essere stati privati della partecipazione ad Eruo '92, lascia la Jugoslavia e si trasferisce in Serie A alla Sampdoria di Paolo Mantovani. Il grande presidente doriano ancora una volta ci vede giusto.

L'impatto di Vlade è infatti devastante: sotto la sapiente guida di Sven-Goran Eriksson, infatti, Jugovic vive una stagione da 35 presenze e 10 goal (33 gare e 9 reti in campionato, 2 presenze e un goal in Coppa Italia) dimostrandosi un giocatore perfetto, con le sue qualità, per il calcio italiano.

La seconda stagione sotto la Lanterna è meno brillante a livello personale (33 presenze e 6 goal in tutte le competizioni) ma più esaltante a livello di squadra, visto che gli consente di alzare la prima Coppa Italia della sua carriera. Nella doppia finale, dopo lo 0-0 dell'andata, al ritorno i blucerchiati dilagano sull'Ancona con un roboante 6-1.

Il terzo anno porta in dote 32 presenze e 5 goal, ma 'Vlade' in blucerchiato non è più un titolarissimo e accusa qualche problema fisico. Sulla sua qualità però non ci sono dubbi e, infatti, a fine anno si concretizza il passaggio all'ambiziosa Juventus, che investe 8 miliardi di Lire per il suo cartellino e dalla Sampdoria preleva insieme a lui anche l'esperto Pietro Vierchowod e Attilio Lombardo.

Monaco-Juve JugovicGetty

PILASTRO DELLA JUVE DI LIPPI E IL RIGORE DI ROMA

I bianconeri scudettati di Lippi, che a centrocampo hanno già giocatori come Conte, Paulo Sousa e Deschamps, aggiungono al loro motore anche Jugovic, e si accorgono subito che il serbo è in grado di rendersi prezioso nel recupero palla e di essere letale quando si offende. 

Il nuovo arrivato dà un contributo essenziale nel cammino europeo della Vecchia Signora, capace di spazzare via prima nella fase a gironi Borussia Dortmund, Steaua Bucarest e Glasgow Rangers, poi il Real Madrid ai quarti. In semifinale, poi, contro il Nantes, nel match di andata che si disputa al Delle Alpi di Torino il 3 aprile 1996, Vialli apre le danze ed è proprio Jugovic a mettere in cassaforte il risultato con una bomba dalla distanza.

Il k.o. per 3-2 nella sfida di ritorno è indolore, e tutto si decide nella finale di Roma, il 22 maggio 1996, che mette di fronte Madama ai Campioni d'Europa in carica dell'Ajax. La tensione è altissima, e al goal iniziale di Ravanelli al 13' da posizione defilata risponde Litmanen nei minuti finali della prima frazione. Il punteggio non cambia più, e si va ai calci di rigore.

Ferrara, Pessotto e Padovano trasformano dal dischetto, mentre fra gli olandesi Davids si fa neutralizzare il proprio tiro da Peruzzi, bravo a respingere. Litmanen e Scholten non falliscono, ma tutto si decide nel 4° turno di battuta. Peruzzi ipnotizza Silooy, che gli calcia addosso. Per i bianconeri si presenta alla battuta lui, 'Vlade', che mentre si avvicina a raccogliere il pallone per piazzarlo sul dischetto abbozza un sorriso.

È sicuro il serbo, non può fallire. E così sarà: nonostante Van de Sar, il portiere dell'Ajax, sia un cliente scomodo dagli 11 metri, il centrocampista della Juventus calcia forte e teso nell'angolino basso alla sinistra, l'estremo difensore intuisce la direzione, si allunga ma non può arrivarci. È la trasformazione del definitivo 5-3, che regala alla Vecchia Signora la 2ª Champions League/Coppa dei Campioni della sua storia. 

"Del tiro dal dischetto di Roma, se ci penso, sento ancora le stesse sensazioni di allora. - rivela in un'intervista con Danilo Crepaldi per 'Radio Black&White 1897' - Era l’ultimo, quello che valeva la Coppa. Quel goal mi ha permesso di entrare nella storia di un club glorioso come la Juventus e di vincere la seconda Coppa Campioni".

"Se cambierei qualcosa di quella notte? Mi gusterei maggiormente il successo. Subito dopo la finale di Roma andai a giocare con la mia Nazionale invece di festeggiare con i compagni".

In campionato la squadra assiste al successo del Milan di Capello, ma Jugovic si toglie comunque la soddisfazione di far goal al debutto in Serie A contro la Cremonese. È il 27 agosto 1995 e Vlade ci mette 17 minuti, il tempo per inserirsi e punire Turci, il portiere avversario, con un diagonale chirurgico. In totale nel 1995/96 realizza 4 goal (3 in campionato, uno in Champions e uno in Coppa Italia) in 35 presenze.

Nel secondo anno a Torino, che è quello dell'arrivo di Zinedine Zidane, Jugovic si conferma, risultando spesso un giocatore chiave nelle sfide che contano: aggiunge al suo ricco palmarés la 2ª Coppa Intercontinentale della sua carriera (1-0 sul River Plate il 26 novembre 1996) e a febbraio la Supercoppa europea (1-6 e 3-1 sul PSG). A fine anno la Vecchia Signora vince anche il suo 24° Scudetto nell'anno del centenario.

Fra tutte le gare giocate da Jugovic, ne resta scolpita una su tutte: il roboante 6-1 inflitto dai bianconeri al Milan al Meazza il 6 aprile 1997, gara nella quale il serbo è uno dei mattatori con una doppietta che lo fa entrare ancora di più nel cuore dei suoi tifosi. La stagione potrebbe chiudersi in maniera trionfale, ma alla finale di Champions League il 28 maggio 1997 la squadra arriva in condizioni non ottimali dal punto di vista fisico e il Borussia Dortmund infligge alla Vecchia Signora una dura sconfitta per 3-1. 

Jugovic mette insieme 42 presenze e 6 goal in tutte le competizioni disputate, ma la sua avventura all'ombra della Mole si esaurisce lì: la Lazio di Cragnotti ne acquista il cartellino per 4 milioni di euro attuali e lo porta a Roma, dove ritrova il suo vecchio allenatore, Sven-Goran Eriksson. 

Vladimir Jugovic Juventus Champions LeagueGetty Images

LAZIO, ATLETICO MADRID E INTER

Ceduti due elementi importanti come Winter e Di Matteo, è proprio Eriksson a chiedere al patron l'acquisto di Jugovic, che rappresenta il pezzo pregiato del calciomercato estivo dell'Aquila assieme a Roberto Mancini. Presto 'Vlade' si guadagna nella capitale il soprannome di 'Mezzasquadra' in virtù dell'intelligenza tattica che gli permette di guidare con maestria i compagni.

La sua esperienza nella capitale durerà una sola stagione, ma sarà molto intensa: Jugovic guida una mediana che annovera Venturin in regia, Fuser sulla fascia destra, Nedved a sinistra e il 'Mancio' a fare da raccordo sulla trequarti con l'attacco. L'ex Stella Rossa è grande protagonista in Coppa Italia, competizione nella quale segna due rigori pesanti nel cammino verso la finale.

Il primo nel Derby della Befana, il 6 gennaio 1997, quando dal dischetto spiazza Konsel sotto la Sud firmando il 2-0 nella gara che termina 4-1 per i biancocelesti. Non contento, al ritorno, sempre sotto la Sud, l'arbitro assegna un altro penalty fra le proteste giallorosse per un doppio fuorigioco non segnalato.

Sul dischetto che scotta va ancora lui, l'uomo che ha deciso la finale di Champions League di Roma, e l'esito è lo stesso: rete, con tiro forte sotto la traversa. Si qualifica la Lazio, che poi in semifinale ha la meglio anche sulla ex squadra di 'Vlade', la Juventus. Nella doppia finale l'avversario è il Milan di Capello.

Nell'andata di Milano, l'8 aprile 1998, i rossoneri vincono di misura grazie ad un goal di Weah. Al ritorno il 29 aprile allo Stadio Olimpico le cose vanno diversamente: dopo il provvisorio vantaggio di Albertini, Gottardi pareggia e Jugovic segna ancora su rigore, battendo stavolta Sebastiano Rossi con un tiro preciso a fil di palo. È il goal del 2-1, che seguito dal terzo siglato da Nesta, consegnerà la Coppa ai baincocelesti.

Jugovic sogna di far doppietta vincendo la Coppa UEFA, competizione nella quale il serbo è il migliore in campo nella semifinale di andata contro l'Atletico Madrid. Ai Colchoneros realizza la rete dello 0-1 al Calderón, la sua unica su azione in quell'anno, che in virtù del pareggio per 0-0 nel ritorno di Roma spiana all'Aquila la strada della finale. 

A Parigi, tuttavia, il 6 maggio al Parco dei Prinicipi, l'Inter di Simoni e del 'Fenomeno' Ronaldo è troppo forte e schianta la squadra di Eriksson, travolta con un perentorio 3-0. La stagione di 'Vlade' è comunque positiva: su 55 partite disputate dalla Lazio, lui ne ha giocate 42, segnando 6 goal.

Nell'estate del 1998 Cragnotti vuole a tutti costi un centravanti in grado di far fare il salto di qualità alla squadra: il nome è quello di Christian Vieri, fresco Pichichi nella Liga spagnola. Per arrivare al bomber il patron sacrifica sull'altare del calciomercato proprio Vladimir Jugovic, che saluta la capitale dopo una sola stagione e raggiunge Madrid. Ma i tifosi laziali lo ricordano ancora oggi con affetto.

I Colchoneros sono guidati da Arrigo Sacchi, ma per Jugovic il 1998/99 è una stagione sfortunata fitta di infortuni. Mette insieme 23 presenze e 5 goal in tutte le competizioni, ma non riesce a incidere e ad evitare l'esonero del Profeta di Fusignano a metà febbraio.  

Quella in Spagna è per il centrocampista una toccata e fuga: prova a rilanciarsi in Italia con l'Inter, con cui in due anni, dal 1999 al 2001 colleziona in tutto 49 presenze e 3 goal, regala gli ultimi lampi di classe e perde due finali, quella di Coppa Italia (2-1 Lazio e 0-0) e quella di Supercoppa italiana (sconfitta 4-3 ancora con la Lazio) entrambe giocate nel 2000.

"Mi dispiace perché negli anni in nerazzurro avevo un infortunio che non mi ha permesso di esprimermi al meglio. - ha dichiarato in un'intervista a 'FCInternews.it' - Comunque è sempre una grande società, una delle più grandi d’Europa. È un onore averne preso parte. Sono stato due anni, Moratti con me si è sempre comportato da grande signore".

Jugovic InterGetty Images

SFORTUNATO IN NAZIONALE

Se la carriera di club è stata ricca di titoli per Jugovic, altrettanto non può dirsi di quella in Nazionale. Troppo giovane per poter essere convocato ai Mondiali di Italia '90, esordisce con la Jugoslavia l'8 agosto 1991 nell'amichevole vinta 1-0 ad Aosta contro la Cecoslovacchia. Ma le guerre balcaniche non gli consentono di potersi esprimere anche con la maglia dei plavi negli anni migliori della sua carriera calcistica.

Dopo 4 presenze e un goal, realizzato nelle Qualificazioni ad Euro '92 contro le Far Fær Øer, subisce con i compagni la squalifica dalle competizioni internazionali della Jugoslavia. 

Tornerà a giocare per la Jugoslavia, da intendersi però come unione di Serbia e Montenegro, soltanto alla fine del 1994, ma il ritorno in gare ufficiali dei plavi arriva soltanto nelle Qualificazioni ai Mondiali di Francia '98.

Questa è l'unica edizione del torneo disputata da Jugovic, che nel 2000 gioca anche gli Europei (4 presenze in entrambe le competizioni). In lui resterà sempre l'amarezza per non aver potuto vedere all'opera quella grande squadra che sarebbe stata la Jugoslavia nella prima metà degli anni Novanta.

"A causa dell'Embargo - ha sottolineato in un'intervista al quotidiano 'Novosti' - non ci è stato permesso di giocare per 3 anni dopo il 1992. Abbiamo sofferto per questo, che ha fatto sì che nel 1998 ci restasse un'unica occasione per vincere".

"Riguardo a Francia '98, tutti in Serbia parlano sempre del rigore sbagliato di Mijatovic, ma prima mi viene in mente il fatto che abbiamo permesso ai tedeschi di pareggiare dopo il 2-0. Se li avessimo battuti, il nostro avversario nella fase a eliminazione diretta sarebbe stato il Messico, la strada davanti a noi sarebbe stata più aperta e avremmo potuto realisticamente fare qualcosa come i croati, che sono arrivati in semifinale".

"Ma la radice del problema risiede in qualcos'altro. Non sono dispiaciuto per l'errore di Mijatovic contro l'Olanda, in una partita in cui i centimetri hanno fatto la differenza e ci hanno impedito di fare un'impresa che sarebbe rimasta nella storia. Rimpiango soltanto che per le sanzioni al mio Paese, alla mia generazione sia stato impedito di competere a livello internazionale nei suoi anni migliori. Ma non possiamo farci niente, non potevamo scegliere quando nascere".

Jugovic veste comunque la maglia della Jugoslavia fino al 2002, totalizzando 41 presenze e 3 goal nei due differenti periodi. 

GLI ULTIMI ANNI DA GIOCATORE 

Nell'estate del 2001 il centrocampista classe 1969 si trasferisce al Monaco a costo zero, tentando il rilancio in terra francese. Ma i malanni fisici ormai non gli danno tregua. Disputa appena 25 gare segnando un goal in due anni, preludio all'inevitabile declino, vissuto fra l'Austria con l'Admira Wacker Mödling e la Germania con l'LR Ahlen. 

A 35 anni decide di appendere le scarpette al chiodo, ponendo fine ad una carriera straordinaria.

COSA FA OGGI JUGOVIC

Dopo il ritiro, Jugovic ha scelto di non intraprendere la carriera da allenatore. Diventato procuratore sportivo, svolge un lavoro di scouting per i giovani talenti serbi. Oltre a questo fa l'opinionista calcistico per alcune televisioni del suo Paese.

"Ho avuto una carriera stressante e il lavoro di allenatore è proprio così. - ha spiegato in un'intervista a 'Novosti' - Ne ho avuto abbastanza. Sono felice in questo modo, mi godo la vita e non me ne pento. E sono molto contento di vedere quali successi in panchina stanno ottenendo i miei ex compagni di squadra Slavisa Jokanovic, Sinisa Mihajlovic, Ljubinko Drulovic".

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