Negli anni della gioventù era considerato uno dei portieri italiani più promettenti della sua generazione. Nato a Roma il 27 aprile 1969, Valerio Fiori è un longilineo (un metro e 85 centimetri per 75 chilogrammi) che si forma alla scuola italiana degli estremi difensori. Molto bravo nell'occupare bene la porta, al cui interno sa muoversi con agilità e reattività, ha il suo limite nelle uscite, dove è spesso insicuro.
Il percorso nelle Giovanili lo vede passare nel Montesacro Lazio e nella Lodigiani, con cui nella stagione 1985/86 fa l'esordio in Serie C2, preludio all'ingresso nel Settore Giovanile biancoceleste nel 1986/87, quando, a 17 anni, entra nella Primavera dell'Aquila, che in quella stagione milita in Serie B.
"I parenti venivano ad applaudirmi nella formazione 'Primavera', - ricorderà Fiori a 'Il Corriere della Sera' nel 1995 - i miei maestri si chiamavano Corradini, Morrone, Santececca. Poi possono cambiare gli indirizzi, ma sempre per amore del calcio".
Gli ritagliano attorno il ruolo del predestinato e lui fa di tutto per mantenere le attese. L'impatto del portiere ad alti livelli è del resto devastante: proprio nel 1986/87 Fiori si laurea con i compagni Campione d'Italia Primavera, senza dubbio un bel biglietto da visita. Ci giocano altri elementi che diventeranno famosi: gli attaccanti Giampaolo Saurini e Antonio Rizzolo e il centrocampista offensivo Oberdan Biagioni.
Nella stagione successiva è già aggregato alla Prima squadra come secondo portiere. L'8 gennaio 1989, con Beppe Materazzi in panchina, fa il suo esordio in Serie A all'età di 19 anni. Ed è subito un debutto complicato: la Lazio gioca infatti al Comunale di Firenze contro la Fiorentina e perde 3-0, subendo 3 goal da Borgonovo, Salvatori e Roberto Baggio.
Ma già la settimana seguente Fiori vive da titolare il suo primo derby capitolino: i biancocelesti si impongono 1-0 grazie a un goal di un altro giovane, Paolo Di Canio, e alle parate di Fiori, che dice di no in un paio di occasioni a Rudi Völler e, aiutato anche dalla traversa, mantiene inviolata la propria porta all'Olimpico.
Nel 1989/90, la stagione che precede i Mondiali di Italia '90, Valerio diventa il portiere titolare della Lazio scalzando Orsi. Ragazzo serio e senza grilli per la testa, è anche fra i pochi calciatori che studiano all'Università. È il momento più alto della sua carriera, che lo porta anche a giocare con l'Italia Under 21 di Cesare Maldini, con cui colleziona 4 presenze nel biennio 1989-90. "È il portiere del futuro", dicono in tanti, e le qualità il ragazzo le ha.
"Ho esordito molto giovane con la Lazio - ricorda a 'Centotrentuno.com' nel 2020 - all'epoca eravamo io e Peruzzi i due portieri emergenti in una piazza come Roma che, col senno di poi, posso dire è la più difficile dove poterti affermare, dall'una e dall'altra parte. Ero considerato un talento, per come ero partito posso dire oggi che potevo fare di più".
Fra i tanti compagni di squadra, anche 'Gazza' Gascoigne, sul quale non mancano gli aneddoti.
Wikipedia"Una volta, durante la conferenza stampa con Zoff, si presentò a parlare con i giornalisti in accappatoio. In un'altra occasione andavamo in trasferta e c'era una galleria. Prima della galleria si spogliò completamente, all'uscita era seduto nudo accanto a Zoff".
Quando le pressioni e gli obiettivi della Lazio aumentano, Fiori incappa in alcuni errori in serie, soprattutto nelle uscite, basse o alte che siano. Spesso la palla gli sfugge dalle mani, propiziando in tal modo i goal degli avversari. La Gialappa's Band a 'Mai Dire Goal' lo ribattezza 'Saponetta', un soprannome che gli resterà attaccato fino al termine della carriera.
"La Gialappa's all'epoca fece una strage - ricorda Fiori - il fatto è che poi il soprannome ti rimane addosso e non te lo togli più. Anni dopo mi ha creato un po' di problemi. Ma sono anche diventato amico di uno del trio e l'ho invitato alla festa dei miei 40 anni".
Dopo un Lazio-Ascoli 1-1 del 16 febbraio 1992 e un'uscita fuori tempo all'89' che porta al pareggio ospite, la situazione per Valerio si fa pesante. Gli ultras lo contestano apertamente, il tecnico Dino Zoff inizialmente lo difende. Anche nel 1992/93, la prima stagione con Sergio Cragnotti alla presidenza del club, parte titolare, poi però ecco di nuovo altri errori. Il 6 dicembre 1992 gli costa caro quello con il Pescara.
In un clima di forti tensioni fra due tifoserie che non si amano, un suo errore propizia il provvisorio 2-2 degli abruzzesi: su botta centrale di Dunga, respinge male centralmente, sulla palla piomba Allegri che firma il 2-2. La Lazio alla fine vince 3-2, ma sul portiere di Montesacro piovono grandi critiche, tanto che Zoff decide di relegarlo in panchina e di riportare nel ruolo di titolare Fernando Orsi.
"Con Nando siamo tutt'oggi molto amici - rivela Valerio - sono il padrino di uno dei suoi figli".
La goccia che fa definitivamente traboccare il vaso è la 'papera' nella gara di andata dei quarti di finale di Coppa Italia contro il Torino, che si gioca a Roma il 28 gennaio 1993. Zoff, che si sta affidando a Orsi in campionato, dà fiducia a Fiori in Coppa. Il confronto vede i biancocelesti condurre 2-1, quando l'arbitro fischia un calcio di punizione per il Torino da oltre 25 metri. È l'88', Fiori piazza la barriera, ma Scifo calcia sopra quest'ultima: la traiettoria è centrale e il tiro appare non irresistibile, il pallone passa però sotto le mani di Fiori e si insacca alle sue spalle: 2-2.
Qualche giorno dopo, al 'Maestrelli' di Tor di Quinto, dove la Lazio si allenava, gli ultras inferociti gli urlano di tutto e cercano persino di scavalcare le reti di recinzione per aggredirlo. All'improvviso il "portiere del futuro" non c'è più, rinnegato dal mondo che lo aveva lanciato e contestato con durezza dai suoi stessi tifosi. Nonostante un contratto che scade nel 1995, la società decide che quello sarà il suo ultimo anno in biancoceleste.
InternetCosì nell'estate del 1993, dopo 130 presenze con la maglia biancoceleste in tutte le competizioni, Valerio Fiori è messo sul mercato e si trasferisce al Cagliari. Il presidente Massimo Cellino lo sceglie per il dopo-Ielpo, e sborsa 2 miliardi e mezzo di Lire nelle casse della società capitolina. In Sardegna il portiere si ritrova, disputando due stagioni molto positive, in particolare la prima, che lo vede per la prima volta protagonista anche in Coppa UEFA.
Sotto la guida di Bruno Giorgi, gli isolani sono autori di una magica cavalcata fino alle semifinali, venendo eliminati soltanto al ritorno delle semifinali al Meazza dall'Inter, dopo essersi imposti 3-2 in rimonta nel match di andata al Sant'Elia. Fra le imprese l'eliminazione di squadre come Trabzonspor, Malines e Juventus, in partite nelle quali Fiori è fra i protagonisti con parate di altissimo livello.
"Ricordo la prima trasferta europea in Turchia con pernottamento in un albergo inimmaginabile e uno stadio di Trebisonda che sembrava un'arena, - dice a 'Centotrentuno.com' - ma anche la gara di Malines con un clima incredibile, e il campo ghiacciato che rendeva quasi impossibile stare in piedi. Poi le due gare con la Juventus, nelle quali ho fatto grandi parate, in particolare a Torino. Loro erano una grande squadra, abituata a vincere, a differenza nostra. Per me il ritorno fu anche ricco di emozioni. Il rigore su Ravanelli? Non c'era, non l'ho toccato, con il VAR non l'avrebbero dato".
Baggio spiazza Fiori ma colpisce il palo, poi si avvicina Matteoli e parla al portiere romano.
"Francamente non ricordo cosa mi disse in quella circostanza Gianfranco, - afferma - ero troppo contento per il rigore fallito. Dovrei chiederlo a lui".
Il Cagliari, anche grazie a Fiori, si impone 2-1 in trasferta, dopo aver vinto 1-0 al Sant'Elia, e accede alle semifinali.
"Peccato per la gara di Milano persa 3-0 con l'Inter, - dice Fiori - avremmo meritato di giocare la finale. La stagione 1993/94 fu comunque per me molto positiva, anche in campionato ci salvammo bene. Personalmente mi tolsi una grande soddisfazione personale nella gara interna contro la Lazio, quando giocai molto bene e vincemmo 4-1".
Sono per lui gli anni del riscatto. Dopo due salvezze consecutive, la terza stagione, complice alcuni problemi fisici, non va altrettanto bene.
"Rimasi fuori quasi un mese, e feci prestazioni altalenanti. Anche questo fece sì che il presidente Cellino decidesse che per me l'avventura al Cagliari era da considerarsi conclusa in quella stagione. Era un personaggio con le idee chiare, sapeva il fatto suo e fece un ottimo lavoro a Cagliari. Ma quando maturava un'idea, era impossibile convincerlo del contrario".
Fiori chiude l'avventura in Sardegna nel 1996 con 99 presenze complessive e la consapevolezza di esser riuscito ad entrare nella storia rossoblù. Dopo essersi alternato nel 1995/96 con Beniamino Abate, l'anno seguente approda al Cesena, in Serie B.
"Io sarei rimasto a Cagliari, volentieri, ho fatto in tempo a vedere nascere in Sardegna i miei figli gemelli Emanuele e Daniele, ma poi ho dovuto trovarmi un'altra sistemazione".
In Romagna incappa in un'altra stagione negativa, caratterizzata da nuovi problemi fisici e papere, che gli fanno perdere il posto da titolare in favore di Sardini. A fine campionato la squadra bianconera retrocede addirittura in C1. Ma nel 1997/98 Fiori fa ritorno in Serie A, diventando il vice-Toldo nella Fiorentina di Malesani. Colleziona in tutto 4 presenze, una in campionato e 3 in Coppa Italia.
Nel 1998 va quindi al Piacenza, squadra con cui disputa l'ultima stagione da titolare: fa ancora diversi errori e nel finale di stagione è rimpiazzato da Marcon. Nel 1999 si concretizza tuttavia per Valerio una proposta irrinunciabile: il Milan di Zaccheroni cerca infatti un terzo portiere esperto ed affidabile. Il portiere romano intraprende la nuova esperienza con entusiasmo, benché gli spazi siano per lui praticamente ridotti all'osso.
La svolta dell'avventura in rossonero arriva con l'approdo sulla panchina del club di Carlo Ancelotti nel 2002. Per il Milan si apre infatti un nuovo ciclo vincente e per Fiori, ormai avviato vero la fine della sua carriera, arrivano in serie i titoli che non aveva conquistato quando giocava da titolare. Valerio, dall'alto della sua esperienza, si ritaglia un ruolo fondamentale di uomo spogliatoio: è essenziale nella crescita di Abbiati prima e Dida poi.
In rossonero resta 9 stagioni, fino al 2008, collezionando appena 2 presenze: una in campionato a Piacenza nel 2003 (pochi giorni prima rispetto alla finale di Manchester), gara che termina 4-2 per gli emiliani, con i rossoneri imbottiti di giovani della Primavera e seconde linee, e una in Coppa Italia contro la Sampdoria, giocata al Meazza e terminata 1-0, il 18 dicembre 2003, per complessivi 145 minuti. Qualcuno si è spinto a calcolare quanto l'estremo difensore ha guadagnato per ogni minuto in cui è sceso in campo col Milan: considerando che al portiere sono andati in tutto circa 10 milioni di euro, risulta che Fiori ha guadagnato circa 69 mila euro ogni minuto disputato.
Da riserva di lusso vince praticamente tutto: uno Scudetto, due Champions League, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, due Supercoppe europee e una Coppa del Mondo per club. Avendo molto tempo libero, contemporaneamente completa i suoi studi e si laurea in Giurisprudenza presso l'Università La Sapienza di Roma, per poi diventare un avvocato.
"Al Milan vinsi tutto senza giocare - ricorda a 'Centotrentuno.com' nella Primavera 2020 - Per me fu un periodo di grandi vittorie, quelle erano squadre formate da giocatori di livello elevatissimo. Dei fuoriclasse e grandi campioni, tecnicamente e umanamente. I nostri avversari erano molto forti, forse superiori a noi quando vincemmo l'ultima Champions. Ma per vincere non basta solo la qualità, servono anche altre doti e il Milan ce le aveva tutte".
Nel giugno del 2008, a 39 anni, Valerio Fiori si ritira ufficialmente dal calcio giocato. Divenuto preparatore dei portieri, resta in questo ruolo in rossonero fino al 2016. Poi fa due parentesi all'estero: la prima in Cina, allo Shenzhen, quindi in Spagna, con il Deportivo La Coruña, esperienze che lo vedono nello staff di Clarence Seedorf, suo ex compagno di squadra a Milano.
Due anni più tardi, tuttavia, richiamato dai suoi ex compagni Gennaro Gattuso e Paolo Maldini, firma nuovamente con il Milan sempre da preparatore dei portieri. Nell'agosto 2020 è invece diventato, lavorando ancora con Gattuso, il preparatore dei portieri del Napoli e ha allenato quotidianamente Ospina e Meret mentre successivamente ha collaborato con un altro ex compagni, Andriy Shevchenko, nella sua breve esperienza sulla panchina del Genoa. Dopo tanti anni, quel soprannome ironico datogli dalla Gialappa's ai tempi della Lazio, che da calciatore gli aveva causato imbarazzo e problemi, appare soltanto un lontano ricordo. Anche se tanti tifosi lo ricorderanno sempre bonariamente come il mitico 'Saponetta'.