Thiago Alcantara chased by Marco Parolo Italy Spain friendly 24032016Getty

Umiltà e dedizione, ecco come Parolo ha conquistato Conte

"Conte ci sta martellando sugli irlandesi fin dal dopo gara con la Svezia". Sincero e divertente, rilassato anche se quel goal non è arrivato per un soffio contro Ibra e compagni. Marco Parolo, probabilmente, resterà in panchina nella sfida dell'Italia contro l'Irlanda ma nei prossimi giorni, come da ordini di Antonio Conte, continuerà a lavorare duro in vista degli ottavi. Perché è da lui e perché questo da lui si aspetta il c.t. azzurro, che lo ha scelto non a caso.

A un osservatore superficiale verrebbe da chiedersi anche perché sia arrivata la chiamata: 40 presenze in una Lazio tutto fuorché brillante. Una stagione in cui i biancocelesti non hanno quasi mai fornito prestazioni significative, eppure Parolo – assieme a Candreva – la convocazione se l'è guadagnata a suon di sacrifici.

Citare la mancata concorrenza sarebbe una malignità per giunta andata fuori moda dal match con il Belgio in poi. Perché se al nostro commissario tecnico piacciono “i Giaccherini” piacciono – eccome – “i Parolo” che uniscono a forza e dedizione anche la capacità di orchestrare la manovra, specie in una squadra che proprio in quello continua ad avere le maggiori difficoltà, viste le assenze.

Concentrazione e concretezza in mezzo al campo sono forse le caratteristiche in cui un po' Conte anche si rivede ma senza fare voli pindarici e paragoni arditi, Parolo è semplicemente fondamentale nel reparto metodista azzurro. Forse, o anche soprattutto, perché si bilancia perfettamente con l'altro mezzo interno del 3-5-2 contiano, proprio Giaccherini: meno spinta del tallese ma più duttilità in fase d'impostazione, a dare una mano a De Rossi o a Thiago Motta.

E se il centrocampista di Gallarate è importante in campo, probabilmente lo è anche fuori. Dare l'anima per il gruppo, partita dopo partita ma anche allenamento dopo allenamento non può che ispirare. A maggior ragione se l'esempio arriva da un elemento che magari non fa parte dei cosiddetti “senatori” ma che è in Azzurro dal 2011 e che 22 presenze con la maglia della Nazionale le ha già raccolte, Mondiali inclusi. Un ragazzo che forse anche perché alla consacrazione, e in generale tra i grandi, ci è arrivato un po' più tardi, è consapevole delle sue responsabilità o che forse è semplicemente fatto così: con tanta umiltà respinge il paragone con Marco Tardelli, preferendo parole più caute come orgoglio per il paragone e ispirazione al modello, ma senza scadere nella falsa modestia. Perché le critiche, a lui e alla squadra lo caricheranno anche ma sa rispondere a tono e difendere i compagni quando deve, perché: "Se una rete come quella di Eder l'avesse segnata Cristiano Ronaldo, ne staremmo ancora a parlare".

Ma in Marco c'è anche tanta coscienza del fatto che se Conte lo terrà fuori nella sfida all'Eire è perché si aspetta molto da lui in quella del Saint-Denis mercoledì prossimo; allora testa bassa e lavoro duro. Cosa più facile per lui che le distrazioni (come i social network) le mette al bando per indole, autodefinendosi anti-personaggio ma ritenendolo un vantaggio, una soluzione semmai, non certo un problema. Perché schivare le critiche (e le opportunità per riceverle) non è sempre codardia, non lo è mai se si risponde come fa lui con le prestazioni, al di là dei risultati per quanto anacronistico oggi giorno. L'ha fatto per tutta la stagione alla Lazio, continua a farlo con questa sorprendente Italia: cuore e determinazione affiancate alla qualità. Probabilmente la ricetta migliore per far innamorare uno come Conte. 

I giornalisti di Goal sono muniti di Samsung Galaxy S7 e Gear 360
Pubblicità