Pubblicità
Pubblicità
Borgonovo GFXGOAL

Stefano Borgonovo, dai goal spettacolari e i trionfi col Milan alla maledetta SLA

Pubblicità
"Io, se potessi, scenderei in campo adesso, su un prato o all'oratorio. Perché io amo il calcio" - Stefano Borgonovo, Firenze, 8 ottobre 2008

Aveva grande talento, doti tecniche importanti e in area di rigore si muoveva con rapidità e intelligenza, sorretto da un fiuto del goal non comune. Stefano Borgonovo, come lui ha sempre amato definirsi, era "un attaccante nato". Fin da giovane ha rincorso il sogno di diventare un calciatore ad alti livelli e di indossare un giorno la maglia della Nazionale.

Il calcio era la sua gioia e nel calcio il centravanti di Giussano ha trovato la sua collocazione nel Mondo. Segnando goal belli e pesanti, fin dai tempi in cui era un giovane di belle speranze nel Como. Poi Sambenedettese, Fiorentina, in cui compone con Roberto Baggio una delle coppie d'attacco più belle del calcio italiano, la 'B2', il Milan di Sacchi, dove, nonostante l'elevata concorrenza e un grave infortunio al ginocchio, è decisivo nel cammino verso la conquista della Coppa dei Campioni.

Ancora il ritorno a Firenze, senza più il suo gemello, e le esperienze con Pescara, Brescia e Udinese, squadra con cui si ritira a 32 anni. L'amore per il calcio lo porta però qualche anno dopo a insegnarlo ai ragazzi. Stefano parte ancora una volta dal Como, dove nel nuovo millennio inizia con i Pulcini e poi guida gli Allievi e la Primavera, prima che "La Stronza", la maledetta SLA, lo colpisca e cambi per sempre la sua vita.

L'INCONTRO CON TRAPATTONI E L'APPRODO AL COMO

Stefano Borgonovo nasce a Giussano, in Brianza, il 17 marzo 1964 e il pallone diventa presto il suo compagno preferito di giochi. Sogna di essere Cruijff ed è un grande tifoso della Juventus. Inizia a giocare a calcio in oratorio e a 10 anni ha un primo incontro importante, quello con Giovanni Trapattoni, da lui raccontato nel libro 'Attaccante nato', da lui dettato al giornalista Alessandro Alciato.

"Avevo 10 anni, era il 1974 - ricorderà -, stavo giocando in oratorio e come ogni volta fissavo un palazzone, il più alto di tutti, coperto di piastrelle marroni lucide, impossibile non vederlo. All’ultimo piano c’era un appartamento con una terrazza enorme. Per tutti noi bambini era il Regno di Camillo, un commerciante della zona (vendeva articoli di alta qualità per la casa), sosia di Totò ma soprattutto amico di giocatori e allenatori famosi".
"Il Milan in trasferta a Giussano passava sempre da lassù. Anche Gianni Rivera insieme con Romeo Benetti, acqua di colonia mischiata al sangue, e noi li spiavamo col binocolo. Un sabato arrivò il Trap, Camillo per la prima e unica volta nella sua vita gli diede un ordine: 'Io preparo il pranzo, intanto tu guarda giù. Non noti niente di particolare?' ".
"Sì, bravino quel bambino", risponde il Trap.
"È Stefano Borgonovo".
"Scendo un attimo a conoscerlo".
"Me lo sono trovato davanti, più curioso lui di me. Il più grande di tutti davanti ad un sognatore in miniatura".
"Stefano, facciamo qualche palleggio insieme?".
"Va bene Trap".
"Lo chiamavo così, con il diminutivo. Siamo arrivati a cento senza mai far cadere il pallone".
"Ora usa questa pallina da tennis, se ne fai almeno dieci credo che tu abbia buone possibilità di diventare un calciatore", gli dice Trapattoni.
"Mi sono fermato a cinquanta, ma ero avvantaggiato. A tennis io ci giocavo con i piedi. Non male, malissimo".
"Bravo Stefano, lunedì vai a fare un provino con il Milan - lo incalza il Trap -. Da adesso in poi non ti perderò più di vista, ti seguirò sempre".

Il provino è superato brillantemente, ma per volere di sua madre, Borgonovo indosserà la maglia rossonera soltanto 15 anni più tardi, nel 1989.

"È successo, eravamo in ventidue, dovevamo giocare contro bambini che il Milan aveva già scelto - racconta ancora Stefano nel suo libro -. Sono entrato in campo nel secondo tempo, perdevamo 0-3, ho segnato tre goal, mi hanno preso. O meglio, mi avrebbero, perché non avevamo fatto i conti con la mamma: 'Stefano, tu non ci vai. Sei buono per lo Zecchino d'Oro, non per andare fuori casa a fare il calciatore. Da qui tu non ti muovi''. Forse in quel momento aveva ragione lei, alla lunga però ho vinto io".

Ma Stefano ha una passione, far goal, e tanto talento, ed è chiaro a molti che sarà soltanto questione di tempo l'approdo in una squadra professionistica. Dopo Trapattoni si accorge di lui anche Mino Favini, Responsabile del Settore Giovanile del Como e colui che diventerà il più grande scopritore di talenti calcistici italiani, che lo porta in riva al Lago dalla sua Giussano all'età di 13 anni.

"Con Stefano ci siamo conosciuti a 13 anni, quando siamo entrati nel Settore giovanile del Como - racconta a 'Como Tv' il suo compagno di squadra, Luca Fusi - scelti da una persona competente come Mino Favini, che poi sarebbe stato la guida per noi in questo periodo. Stefano è stato anche quello con cui ho affrontato le prime esperienze di vincere o perdere in una società importante come il Como, fino ad arrivare poi alla soglia della Prima squadra".

L'ESORDIO E I PRIMI GOAL

Borgonovo, l'attaccante nato, ci mette poco a mostrare la sua stoffa. Segna tanti goal in tutte le categorie e nei primi anni Ottanta è ormai pronto, seppur ancora molto giovane, al grande balzo in Prima squadra. Che avverrà a 17 anni, pochi giorni prima del compimento della maggiore età, nel corso della stagione 1981/82.

"14 marzo 1982, Como-Ascoli 1-2. Pippo Marchioro era già un ricordo, la sua panchina saltata in aria a inizio stagione: esonerato senza possibilità di ritorno - ricorda con precisione Borgonovo nel libro 'Attaccante nato' -. Al suo posto la società aveva scelto Seghedoni, che cercava di salvare il salvabile mentre io facevo il fenomeno al piano di sotto, nella Squadra Primavera, quella dei giovani troppo vecchi per pensare a divertirsi e dei vecchi troppo giovani per pensare ai soldi. Sospesi fra il sorriso e il conto in banca".
"Un limbo che mi faceva stare bene, con la maglia numero 9 sulle spalle e controllato a vista da Mino Favini, la persona a cui devo tutto, l'allenatore che mi ha fatto crescere trattandomi sempre come un figlio. Favini guidava la Primavera, Seghedoni la formazione di Serie A. Giocavo nel Como dei piccoli, volevo quello dei grandi, intanto facevo goal in campionato e anche in Coppa Italia".
"La telefonata che mi ha allungato la vita è arrivata un pomeriggio, a casa mia, mentre ero in camera a non fare niente. Ha risposto mia madre: 'Ste, è per te'. 'Chi è?'. 'Mister Seghedoni, ti vuole parlare' ".
"Sono scattato sull'attenti: 'Buongiorno, mister'. 'Ciao bocia'. Cioè ragazzo, detto da emiliano doc, all'apparenza scorbutico, con un vocione che mi metteva paura: sembrava Shrek, solo non era verde".
"Ciao bocia, ho saputo dei 2 goal che hai segnato a Zingonia contro l'Atalanta..."
"Sì, mister, è andata bene".
"Senti un po', bocia, quel ragazzo che gioca con il numero 10, bravo con il pallone e bravissimo nel dribbling...".
"Chi, Donadoni?"
"Si bocia, Donadoni, come ha giocato?".
"Non ha giocato mister, è stato convocato in Prima squadra".
"Bene, Stefano, e tu come lui. Domani vieni ad allenarti con noi, perché Egidio Calloni sta male. Domenica contro la Roma potresti giocare al suo posto, capito bocia?".
"Avevo capito, ma rischiavo il collasso dall'emozione. 'Oh, bocia. Bociaaaa. Vabbè, ci vediamo domani pomeriggio al campo'. Ci sono andato. Eccome se l'ho fatto. E quando sono arrivato, come tutti i giorni per cambiarmi, sono entrato nello spogliatoio della Primavera. Il mio, quello che conoscevo meglio. Ero in mutande, è entrato Seghedoni: 'Bocia, bocia, dove sei? Perché ti cambi qui? Prendi la roba e vai subito nello spogliatoio della squadra di Serie A".
"Fu così per tutta la settimana. Fra allenamenti, partitelle, articoli sui giornali e telefonate a casa per sentire se stavo bene. Shrek aveva fatto capire a tutta l'Italia che contro la Roma avrebbe esordito il centravanti della squadra Primavera del Como. Stefano Borgonovo, io".

Poi però, arriva per Stefano l'amara sorpresa.

"Mi ha fregato il sabato, cioè la vigilia, quando si mettono a posto gli ultimi dettagli prima della partita... [...] Ho salutato mio padre, che come sempre - da quando avevo 9 anni - mi aveva accompagnato, e ho raggiunto i miei nuovi compagni: 'Buongiorno a tutti' ".
"Bocia..."
"Buongiorno, mister".
"Buongiorno un par di palle, che c***o ci fai qui? Hai chiesto ai giocatori professionisti se un bocia del c***o come te può entrare e sedersi in mezzo a loro?".

Borgonovo presto si accorge che la situazione era cambiata e l'esordio tanto sognato era rinviato.

"C'è da dire che Seghedoni non era esattamente un lord inglese. Non capivo se stesse scherzando, se fosse una specie di rituale di iniziazione per sognatori ad un passo dalla Serie A. Ho cercato lo sguardo di Silvano Fontolan, un fratello maggiore non di sangue ma di campo, ho capito al volo: Seghedoni era serissimo, me ne dovevo andare. E mentre uscivo, ad alta voce continuava ad infierire: 'Pensa te questo segaiolo del c***o. Chi ti credi di essere? Il tuo posto è la Primavera, vacci e non ti far più vedere' ".
"Quanta ignoranza - commenta Stefano -. Parlava talmente forte che hanno sentito tutti, compreso Favini, che si è avvicinato e mi ha fatto l'unica domanda possibile. 'Cos'è successo?'. 'E che ne so, è impazzito'. Dal nervoso mi sono messo a piangere".
"Aspetta Ste, ci vado a parlare io".
"È tornato dopo cinque minuti: 'Seghedoni ha detto che non sei più convocato, che oggi pomeriggio devi venire con me e giocare con la Primavera contro la Sampdoria'. Senza motivo. 'Però Ste, adesso ti fermi e guardi l'allenamento di rifinitura della Prima squadra, e solo dopo ce ne andremo' ".

Borgonovo va in campo così con la Primavera.

"Contro la Sampdoria sono sceso in campo incazzatissimo, non avrei voluto essere lì, non capivo. Mi avevano promesso la Roma e la Serie A, poi si erano rimangiati la parola. Non si fa così. Ogni pallone che toccavo era un messaggio che lanciavo a chi mi aveva escluso, a chi mi aveva usato come un giocattolo. 1-0: goal di Borgonovo. 2-0: goal di Borgonovo. 3-0: goal di Borgonovo".
"È stato un attimo dopo il terzo che ho sentito una voce molto familiare. Arrivava da lontano, eppure era impossibile non riconoscerla, scambiarla per quella di qualcun altro. Inconfondibile, era proprio la sua, il ruggito di Seghedoni: 'Bocia, bociaaaaa'. Si era arrampicato fino alla casa del custode per vedere la partita, senza farsi notare fino a quel momento. Era sempre stato lì, ma nessuno se n'era accorto: 'Bocia, bociaaaaa'. Ho alzato lo sguardo e lui ha alzato il pollice".
"Ok bocia, bravo".
"Un attaccante deve vivere d'istinto, e in quel momento mi sentivo molto attaccante. Ho fatto un bel respiro, il mio braccio destro dal basso si è mosso verso l'alto, io ho pensato una sola cosa e l'ho pure urlata. In modo che nessuno fraintendesse, che tutti cogliessero il senso esatto di quella parola: 'V********o!' ".

Favini non crede ai suoi occhi e decide allora di sostituire Stefano.

"Ma sei diventato matto? Adesso ti sostituisco. Arbitro, cambio!".
"Per la prima volta in sette anni l'ho visto arrabbiato con me. Mi ha portato nello spogliatoio e non è stato tenero. Mi ha sfondato. Poi mi ha accompagnato fuori e la prima persona che abbiamo incontrato è stata Seghedoni. [...] Ero pronto ad un'altra predica, niente prete e tante bestemmie. E invece no".
"Bravo bocia".
"Come?"
"Hai reagito con grande personalità. Il carattere che hai tirato fuori oggi è una grande cosa, non tutti ne sarebbero stati capaci. Hai le qualità tecniche, il fiuto del goal, le palle, cioè tutto per fare il calciatore di alto livello. Stasera vieni in ritiro con noi e questa volta non ti caccio".
"Qualche ora prima l'avrei voluto ammazzare, in quel momento era il miglior allenatore al mondo. Uno Special One pre Mourinho. La settimana successiva mi ha fatto giocare la prima partita in Serie A. Avevo 17 anni, il capitano di quel Como era Adriano Lombardi".

Quel giorno, il 14 marzo 1982, Stefano subentra ad Occhipinti negli ultimi 13 minuti e inizia così la sua carriera da calciatore professionista. Anche se di strada dovrà farne ancora tanta. Intanto conosce Chantal, la ragazza che cinque anni più tardi diventerà sua moglie.

Alla fine del campionato 1981/82 il Como retrocede in Serie B, e nel 1982/83 il giovane attaccante è impiegato con maggiore frequenza dal nuovo tecnico dei lariani, Tarcisio Burgnich. Le presenze sono 17, con un goal, il primo fra i grandi, che realizza fuori casa contro la Pistoiese (1-1) il 29 maggio 1983.

Nel 1983/84, ancora in Serie B, Borgonovo colleziona 16 presenze e 2 reti nel campionato che riporta i lariani nel massimo campionato.

LA STAGIONE ALLA SAMBENEDETTESE

Per Stefano e gli altri giovani della rosa, tuttavia, in Serie A non c'è spazio. Nell'estate del 1984 Borgonovo viene così mandato in prestito alla Sambenedettese,che milita in Serie B ed è capitanata da Gigi Cagni.

Ma il centravanti dimostra ancora una volta di saper superare gli ostacoli che gli vengono posti di fronte e con 13 goal in 38 presenze complessive in rossoblù dimostra di meritare il grande salto da titolare. Della stagione a San Benedetto del Tronto, chiusa con un 9° posto finale, gli resta impressa la sfida della prima fase della Coppa Italia giocata il 9 settembre 1984 al Comunale di Torino contro la Juventus di una sua vecchia conoscenza, Giovanni Trapattoni.

Ne nasce un altro curioso aneddoto prima del fischio d'inizio.

"Al primo turno di Coppa Italia dovevamo giocare a Torino - racconta Stefano nel libro 'Attaccante nato' -, contro la Juventus allenata da Trapattoni. Eravamo tutti ottimisti perché Michel Platini aveva la febbre, e quando un angelo si ammala, il sogno diventa possibile. Lui rischia di cadere dalla nuvola, tu di prendere il suo posto".
"Sono arrivato allo Stadio comunale, camminavo nel lungo corridoio verso gli spogliatoi, in lontananza ho visto due persone che aspettavano proprio me: il Trap con al suo fianco Platini. La mente e il braccio, il genio e la sua fotocopia".
"Stefano, quel giorno a Giussano ci avevo visto giusto. A proposito, lo conosci questo signore vicino a me? Sa tutti di noi, gli ho raccontato la nostra storia".
"Sì mister, certo che lo conosco: è il vostro nuovo massaggiatore, vero?"
"A Platini è scappato un sorriso, massima espressione di felicità concessa ad un francese in vacanza in Italia".
"... [...] A proposito, ti va di fare due palleggi come quella volta?"
"Mister, non si offenda, ma preferirei farli con lui, con il massaggiatore"
"E così è stato, dieci secondi da solo con il re, da raccontare agli amici. Poi, Platini, con la febbre, è andato a cambiarsi, è sceso in campo e ha fatto quattro goal (Stefano ne ricorda uno in più, ndr). Uno dietro l'altro. E dire che stava male, che non sarebbe neppure dovuto essere lì".

La Juventus vince 5-0, con tripletta del numero 10 francese a chiudere i giochi. I bianconeri, che vincono il girone, passano il turno assieme al Cagliari. La Sambenedettese di Borgonovo, invece, ultima ed eliminata, potrà concentrarsi sul campionato.

IL RITORNO IN SERIE A CON I LARIANI

I 13 goal in Serie B con la Sambenedettese convincono il Como a riprendere con sé Borgonovo, che diventa così titolare in Serie A nella stagione 1985/86.

Il centravanti di Giussano si ripete nel massimo campionato, dove indossa la maglia azzurra numero 9 dell'iconica divisa con lo sponsor Mita sul petto: arrivano 10 reti in 29 presenze, che consentono alla squadra lariana, guidata prima da Marchesi poi da Clagluna, di salvarsi, e 3 goal in 10 presenze in Coppa Italia, competizione in cui i lombardi sono ugualmente protagonisti.

"Con Stefano abbiamo fatto esperienza prima in Serie B e poi in Serie A - racconta Luca Fusi a 'Como Tv' -, dove con i suoi goal siamo arrivati ad una salvezza più che meritata. La cosa che mi rimane impressa è che sia io, sia Stefano, avevamo dei fisici un po' mingherlini a quei tempi e allora lunedì dovevamo andare a Orsenigo per fare un allenamento in più e trainare una slitta carica di pesi per cercare di irrobustire il fisico".
"Borgonovo era uno che voleva sempre far goal e vincere, e questo gli ha permesso di fare una grande carriera calcistica. Era sempre piacevole vedere come si muoveva come giocatore, perché era un attaccante intelligente. Avere soddisfazioni con questa maglia era per noi la cosa più importante".

Fra le sue 13 reti spiccano le doppiette a Lecce e Udinese e i goal pesanti al Sinigaglia contro Inter (1-0 Como) e Milan (1-1). In Coppa Italia i lariani eliminano Juventus e Verona (doppietta decisiva di Borgonovo nel match di ritorno in casa) e si qualificano per le semifinali contro la Sampdoria. Le prestazioni di Stefano sono esaltanti, tanto da attirare su di sé le attenzioni delle grandi squadre.

"Tre giorni prima della partita fu organizzato un test contro una squadra di Dilettanti - racconta nel libro 'Attaccante nato' -, un allenamento a pochi chilometri da casa, tanto per cambiare aria e abitudini. Avversari modesti e goal in serie, qualcuno anche mio: erano perle su un campo di patate".
"Alla fine, rientrato nello spogliatoio, la prima persona che incontrai fu Sandro Vitali, il nostro direttore sportivo. Stranamente agitato, con un sudore ingiustificato, perché il tempo era buono ma non faceva poi così caldo. C'era qualcosa che non andava, non capivo se fosse solo stanco o avesse qualche problema. Non poteva essere colpa di quello che aveva visto pochi minuti prima, non era successo niente di speciale. Anzi, una noia mortale per chi era stato costretto a guardare. C'erano pochi spettatori, nessuno pagante".
"Signor Vitali ma che cos'ha, si sente poco bene?"
"Niente, non mi dava retta. 'Oh, signor Vitali!'. Ancora niente, poi una mezza frase. 'Senti, Stefano, vai a fare la doccia'. Era l'unica opzione possibile per un calciatore dentro uno spogliatoio, l'ho pensato ma non gliel'ho detto. Stavo per eseguire il suo ordine, poi ha cambiato idea. Un solo cenno, mi ha fatto segno di seguirlo, insieme siamo usciti dove nessuno ci poteva sentire: 'Signor Vitali, così mi fa preoccupare...' ".
"Stefano..."
"Mi dica".
"Tra poco arriva il presidente del Milan, Silvio Berlusconi".
"A Cinisello Balsamo. Nel pomeriggio di un giovedì qualunque. Alla fine di un'amichevole del Como contro degli sconosciuti. 'E, se posso chiederlo, quale sarebbe il motivo?' "
"Stefano il motivo sei tu..."
"Ma se mi sta per comprare la Juventus..."
"Ne ero certo, il mio futuro sarebbe stato a Torino. Merito dei 10 goal in Serie A nel campionato appena finito. Avevo 22 anni, di attaccanti come me non ce n'erano molti in giro, se n'era accorto anche Gianni Agnelli, che pochi giorni prima mi aveva voluto parlare".
"Era stato di poche parole in verità, diciamo che non ci aveva girato intorno: 'Borgonovo, verrebbe alla Juve?' ".
"Sì avvocato".
"Fine della conversazione, ci eravamo messi d'accordo in quattro secondi. Ecco perché quella visita di Berlusconi mi sembrava incredibile. 'Ma signor Vitali, ne è proprio sicuro?' "
"Sicurissimo Stefano, ti vuole conoscere, vuole parlarti guardandoti negli occhi".
"Sapeva del mio colloquio con Agnelli, era evidente".
"Vuole parlarti da solo, i tuoi compagni sanno già che devono lavarsi in fretta e poi lasciare libero lo spogliatoio. E adesso la vai a fare o no questa benedetta doccia, non vorrai mica presentarti in accappatoio?".
"Volo".
"Cinque minuti dopo ero tirato a lucido, come nuovo [...]".
"Stefano, ti presento il presidente del Milan, il signor Berlusconi".
"Ci fossero state le campane, sarebbero suonate. Mi sono alzato dalla panca e mi sono avvicinato, non gli ho riso in faccia per miracolo. Porco c***o, per un attimo mi è sembrato di essere dentro la telenovelas Dallas. Era uguale a John Ross Ewing Junior, per tutti J.R., il protagonista assoluto della serie. Due gocce d'acqua, tanto che volevo chiedergli dove avesse lasciato Sue Ellen".
"Si è presentato da me con un passo deciso, si vedeva che già allora aveva una marcia in più. Il problema era quel capello posato sulla testa, da cowboy texano. Gli regalava altri 20 centimetri di altezza. Mi è arrivato vicinissimo, mi ha fissato negli ma il primo a parlare sono stato io: 'Buongiorno presidente, è venuto a cavallo?'. Vitali ha iniziato a barcollare... [...] Berlusconi ha continuato a fissarmi, l'ha presa benissimo".
"È scoppiato a ridere, poi ha risposto: 'Non ho il cavallo, ma sono qui perché voglio farti capire dove ho intenzione di portarti. Galoppando, ovviamente'. Cribbio non l'ha detto, ma l'ho pensato io. Tante volte. Cribbio, cribbio, cribbio. Che figura di merda che avevo rischiato di fare".
"E dove mi vuole portare presidente?"
"In cima al mondo Stefano, in cima al Mondo".
"Grazie presidente".
"Grazie a te, Stefano, e ti aspetto al Milan".
"Così è stato. Mi ha fatto una promessa e l'ha mantenuta, mentre io non ho mantenuto quella con l'Avvocato".

Borgonovo poi determina sul campo la doppia sfida di Coppa Italia contro la Sampdoria, e il suo nel match di ritorno del Sinigaglia sarebbe il goal che regala al Como una storica finale, se non fosse che la gara viene sospesa nei tempi supplementari dopo un rigore fischiato in favore degli ospiti e un oggetto che lanciato dagli spalti colpisce l'arbitro e provoca lo 0-2 a tavolino.

Il Milan a fine stagione paga 4 miliardi di Lire al Como per assicurarsi il centravanti, ma lo lascia in riva al Lago per altre due annate, meno positive a causa di problemi fisici, con 6 goal totali in 35 presenze. Dopo 16 goal in 116 gare con la Prima squadra dei lariani, e tanti ricordi indelebili, Stefano, che i tifosi del Como chiamano 'Borgogol', saluta i lariani nell'estate 1988.

FRA MILAN E FIORENTINA: NASCE LA B2

Per la stagione 1988/89 il Milan gira in prestito l'attaccante di Giussano alla Fiorentina di Sven Goran Eriksson. Firenze sarà un'altra tappa fondamentale della carriera di Stefano, che qui conosce Roberto Baggio, colui che diventerà in poco tempo il suo gemello del goal e l'amico più grande.

Un solo anno insieme è bastato per essere inseparabili, in viola e per sempre. I due segnano ventinove goal in campionato, quattordici Stefano e quindici Roberto, e in campo si può dire che dialoghino fra loro ad occhi chiusi. Basta uno sguardo ai due per capirsi, e per gli avversari sono spesso dolori. Nasce la 'B2', una delle coppie offensive più belle del calcio italiano.

Due partite restano scolpite nell'immaginario collettivo dei tifosi viola. La prima è datata 15 gennaio 1989, quando al Franchi si gioca Fiorentina-Juventus. La B2 mette in crisi i rivali storici, guidati da Zoff, e va a segno con Baggio su rigore, ma i bianconeri pareggiano con il folletto Rui Barros.

Tutto sembra portare al pari, ma al 90' Baggio pennella un cross in area da corner, in mezzo all'area sbuca Stefano che di testa, in tuffo, mette dentro alle spalle di Tacconi e manda in estasi i tifosi della Fiorentina.

Importante e bella anche la doppietta nel rocambolesco 4-3 con cui i toscani infliggono all'Inter di Trapattoni la prima sconfitta della stagione. Sul 3-2 per l'Inter, Borgonovo firma una doppietta che regala il prezioso successo alla Fiorentina. Il secondo goal, in particolare, arriva intercettando un retropassaggio sbagliato di Bergomi a Zenga.

Il 2 aprile 1989, poi, va a segno in rovesciata nel Derby toscano che vede i viola prevalere 3-0 sul Pisa. I viola chiuderanno una stagione magica con il 7° posto che varrà la qualificazione alla Coppa UEFA grazie allo spareggio poi vinto con la Roma.

"Io e Roberto eravamo due giocatori tecnicamente dotati - dirà Stefano in una vecchia intervista -, quindi veloci sul breve, e riuscivamo a mettere in difficoltà le difese avversarie con scambi stretti e ottima tecnica individuale".

Conteggiando anche la Coppa Italia, le reti di Borgonovo in viola nel 1988/89 sono in totale 16 in 35 presenze. La magia, purtroppo per i tifosi gigliati, dura soltanto una stagione: nel 1989, infatti, nonostante le richieste di Stefano, il Milan lo reclama con sé.

Stefano Borgonovo-

Approdato in rossonero, le aspettative per la squadra di Sacchi e per gli stessi giocatori sono molto alte. Borgonovo parte molto bene, segnando subito alla prima giornata contro il Cesena, sconfitto 3-0 al Meazza.

"A due minuti dalla fine Maldini si inventò un gran cross, sul mio taglio verso il primo palo. Ho pensato solo una cosa: 'Adesso faccio goal' ", scriverà sul suo libro 'Attaccante nato'.

Aggiunge un assist per il 2-1 di Massaro contro l'Udinese alla quarta giornata, ma poi, chiuso da Van Basten e Massaro, finisce in panchina e rimedia un grave infortunio al ginocchio che lo costringe ad operarsi e a star lontano dai campi per alcuni mesi.

Se in campionato aggiunge un altro goal nel 4-0 dell'ultima giornata sul Bari, chiudendo con 13 presenze, 2 reti e un assist, riesce comunque a lasciare il segno nella Coppa dei Campioni, che disputa per la prima (e unica) volta in carriera.

Stefano risolve la sfida di ritorno in Finlandia sull'HJK Helsinki nel primo turno ed è decisivo nella doppia sfida di semifinale con il Bayern Monaco. Nella gara di andata si procura il calcio di rigore poi trasformato da Van Basten (1-0 per il Milan), mentre al ritorno, nel clima ostile di Monaco di Baviera, quando i tedeschi avanti 2-0, con un delizioso pallonetto su Aumann dopo una fuga in velocità in contropiede realizza nei tempi supplementari la rete del 2-1, che, grazie alla regola dei goal in trasferta, porta i rossoneri nella finalissima di Vienna.

Sarà il suo canto del cigno con il Milan, in una stagione che oltre alla Coppa dei Campioni (1-0 con goal di Rijkaard al Benfica nella finale che vedrà dalla panchina) arricchirà comunque il suo palmarès con la Supercoppa Europea (contro il Barcellona) e la Coppa Intercontinentale (contro il Nacional de Medellin), entrambi trofei conquistati dalla squadra durante il periodo di convalescenza dall'infortunio. Altre 2 reti in 4 gare arrivano invece in Coppa Italia, dove i rossoneri perdono però la doppia finale con la Juventus. Borgonovo si procura anche il rigore, contestatissimo per una palla non restituita, di Bergamo, che trasformato da Baresi, porterà i rossoneri in semifinale ed elimina l'Atalanta, provocando vibranti proteste.

"Io non mi ero accorto di niente, perché ero coricato in area di rigore - scriverà Stefano in 'Attaccante nato' -. Quando mi sono rialzato, tentare di segnare mi è sembrata la cosa più naturale da fare. Mi ero perso la parte fondamentale della storia. A quel punto sì, mi sono sentito un ladro".

Al Milan stringe grandi amicizie, soprattutto con Maldini e Ancelotti, Sacchi vorrebbe tenerlo ma a fine stagione il Milan lo cede nuovamente alla Fiorentina, questa volta a titolo definitivo, visto che il nuovo presidente dei Viola, Mario Cecchi Gori, versa 8 miliardi di Lire, il doppio di quanto il Diavolo lo aveva pagato al Como, per riportarlo in Toscana. Borgonovo, però, non si pentirà mai di quell'esperienza in rossonero, anzi.

"È stata la scelta giusta - farà scrivere nel suo libro - perché Berlusconi, almeno sul campo di calcio, mi ha trasformato in un immortale. I miei goal resteranno".

LA MAGLIA AZZURRA E I MONDIALI MANCATI

Le prestazioni con i club di Stefano gli hanno permesso naturalmente nei suoi anni d'oro di vestire anche la maglia della Nazionale italiana, anche se il suo rapporto con l'azzurro non sarà particolarmente fortunato.

Le prime esperienze arrivano con l'Under 21 di Azeglio Vicini, con cui colleziona 3 presenze e un goal nel biennio 1985/86. La rete, pesante, è quella che il 12 marzo 1986 consente agli Azzurrini di pareggiare 1-1 fuori casa con la Svezia nei quarti di finale degli Europei di categoria. La Nazionale giovanile arriverà fino alla finale, poi sconfitta dalla Spagna.

Nel 1986, quando si capisce che Paolo Rossi non sta bene, è in lizza anche per una possibile chiamata della Nazionale maggiore per i Mondiali di Messico 1986.

"Alla fine della stagione 1985/86 stavo facendo grandi cose al Como, se ne sono accorti tutti, compreso Bearzot. Una sera mi ha chiamato a casa, senza parlare troppo, ma quello che mi ha detto mi è bastato: 'Guarda che voglio portarti al Mondiale in Messico al posto di Paolo Rossi. Quindi continua a sorprendermi'. Pablito stava male, le ginocchia lo facevano soffrire, il suo dolore sarebbe stata la mia gioia. Ho riattaccato e non ho pensato ad altro, solo alla maglia azzurra. Aspettavo la convocazione, mi eccitavo. Goal, attesa e ancora goal. Fino a Como-Milan, con un brivido addosso nel riscaldamento: 'In tribuna c'è Bearzot, è qui per te'. I miei compagni l'avevano visto, non hanno tenuto il segreto. Ho segnato anche quel giorno, il Commissario tecnico e sceso negli spogliatoi e mi ha fatto i complimenti".
"Avanti così Stefano e sappi che sto per scegliere".
"Il campionato stava finendo, nel giro di qualche settimana avrebbe dovuto comunicare la lista dei convocati. Prima si avvertono i diretti interessati, poi i giornali e le televisioni. È squillato il telefono, ha risposto la sua voce inconfondibile".
"Ciao Stefano".
"Buonasera, Mister".
"C'era qualcosa che non andava. Il tono era troppo formale per uno che mi stava per dare una notizia così bella. Senti, Stefano, mi dispiace di averti illuso, però non posso portarti in Messico. Tu continui ad essere uno degli attaccanti italiani più in forma, il fatto è che sto subendo delle pressioni".
"Capisco".
"Al Mondiale viene Rossi, è molto più popolare di te".
"Ma..."
"Così vuole la Federazione. Mi dispiace Stefano, mi dispiace tanto".

Borgonovo gioca anche 2 partite con l'Italia Olimpica, mentre per l'esordio in Nazionale A bisogna aspettare la stagione accanto a Roberto Baggio a Firenze. Il 2 febbraio 1989 Azeglio Vicini lo fa esordire nell'amichevole vinta 1-0 sulla Danimarca. Borgonovo fa altre 2 apparizioni, sempre in amichevole, con Austria e Romania, ma alla fine, anche questa volta, non sarà inserito fra i convocati di Italia '90. Stavolta il Ct. gli preferirà Totò Schillaci.

"Mi dispiace per Stefano e Pierluigi", dichiara alla stampa il Commissario tecnico romagnolo il giorno in cui vengono diramate le convocazioni.

"Arridaje", avrà pensato Borgonovo, che chiuderà con 3 presenze senza reti la breve avventura con la Nazionale maggiore. In uno dei ritiri con la Nazionale, Stefano incontra nuovamente Seghedoni, il colorito allenatore che lo aveva fatto esordire in Serie A.

"Sette anni dopo il mio esordio, ero in ritiro con la Nazionale a Varese. A un certo punto, a tradimento, un signore enorme mi ha chiamato. 'Bocia, bociaaaa. Cosa ti avevo detto?'. Incredibile, era lui, ci sono andato incontro, l'ho abbracciato. 'Mister, ma cosa ci fa qui?'. 'Stefano, alleno il Varese'. Mi ha preso sottobraccio, con grande affetto. 'Vieni, ti presento alla mia squadra'. Mi ha portato nello spogliatoio e ha raccontato a tutti la nostra storia, senza dimenticare neanche un particolare. È piaciuta, hanno ascoltato in silenzio, soprattutto i giovani, che erano in grado di comprenderla meglio".

IL RITORNO A FIRENZE E GLI ULTIMI ANNI

Orgoglioso, tenace e combattivo, Stefano non si rassegna ad un ruolo da comprimario in una grande squadra. Privo però del suo 'gemello' Roby Baggio, acquistato fra le polemiche dalla Juventus, Borgonovo nei suoi due anni ulteriori con la maglia viola non riesce a ripetere le prestazioni del 1988/89, complice anche un ginocchio che fa i capricci e non gli permette più di avere l'esplosività dei primi anni.

Mette insieme altre 42 presenze e 7 goal, che portano il suo bilancio con la Fiorentina a 23 reti in 77 gare. Trasferitosi nel 1992 al Pescara, trova l'ambiente giusto che gli consente di dimostrare le sue qualità. Con gli abruzzesi Stefano segna 9 goal in 28 presenze in Serie A, non sufficienti tuttavia a salvare la squadra di Galeone, che a fine anno retrocede in Serie B, più 2 reti in una gara di Coppa Italia.

Spiccano le prestazioni del centravanti nel 2-2 col Torino e nel successo per 3-0 all'Adriatico col Napoli (doppietta), ma il suo goal più bello lo firma nella storica vittoria per 5-1 in casa contro la Juventus. Il risultato è sull'1-1, quando al 49', su calcio d'angolo dalla destra di Allegri, Borgonovo si coordina in acrobazia e in rovesciata fa rimbalzare il pallone sul terreno e lo manda ad infilarsi nell'angolo alto alla destra di Peruzzi.

Inizia con gli abruzzesi anche la stagione 1993/94 in Serie B, ma dopo altre 2 reti in 7 gare nel torneo cadetto (13 goal in 36 match il bilancio col Pescara) passa all'Udinese per riassaporare la Serie A. Con l'Udinese in lotta per la salvezza, in Primavera inizia a segnare con regolarità: apre le danze con un bel colpo di testa su cross del polacco Kozminski nel 2-2 interno con la Lazio, si ripete con Atalanta (1-1), Milan (2-2 a San Siro da ex) e Cremonese (doppietta nel 3-3 dello Zini), ma alla fine i friulani si piazzano sedicesimi e vanno in Serie B.

Stefano passa in prestito al Brescia di Lucescu nel 1994/95, e in un'annata disastrosa per le Rondinelle, mette insieme 14 gare senza goal e retrocede di nuovo nel campionato cadetto. Torna all'Udinese, nel frattempo promossa nuovamente in Serie A, e le sue 7 partite del 1995/96 sono anche le ultime da calciatore di 'Borgogol' in una carriera da 82 goal in 323 gare con i club, di cui 47 in 204 partite in Serie A e 18 in 73 presenze in Serie B.

Stefano Borgonovo Roberto Baggio Demetrio Albertini Franco Baresi Paolo MaldiniGetty

STEFANO ALLENATORE E LA MALEDETTA SLA

Dopo essersi dedicato alla sua bella famiglia, Borgonovo nel nuovo millennio torna nel Mondo del calcio da allenatore dei più giovani nel suo Como, un ruolo che gli piace particolarmente.Guida i Giovanissimi, gli Allievi e la Primavera assieme all'ex Inter, Marco Barollo. Sembra l'inizio di una seconda vita nel calcio, ma all'improvviso, un giorno del 2005, tutto cambia.

Sta allenando i ragazzi, quando si rende conto che qualcosa non va. Non riesce più a pronunciare in modo fluido alcune consonanti. Prima la la "r", poi la "t" e dopo la "f". Stefano dentro di sé è preoccupato e si interroga sulle cause. Pensa ad un po' di stress, ad un dente che gli era stato rotto con una gomitata quando giocava e non aveva sistemato.

Un giorno di settembre del 2005, fatica terribilmente a parlare alla squadra schierata in cerchio attorno a lui.

"Io che avevo giocato con Roberto Baggio e Marco Van Basten, in quel momento non capivo. Parlavo e facevo fatica, un maratoneta al quarantaduesimo chilometro, eppure non mi ero mosso dal punto di partenza. Fermo, prigioniero di me stesso, e di un baco del sistema".

Poi i problemi a deglutire il cibo, che lo costringono a mangiare solo liquidi, un corpo che diventa progressivamente sempre più rigido. Sarà sua moglie Chantal, non senza fatica, a convincerlo a fare dei controlli. Intanto continua ad allenare i giovani ma capisce che il suo corpo non risponde più ai suoi comandi. Alla fine dopo due ricoveri e tanti esami arriva il responso degli specialisti: è SLA, Sclerosi laterale amiotrofica, anche chiamata 'Malattia di Lou Gehrig', dal nome del giocatore di baseball cui per primo fu diagnosticata.

L'ex centravanti ha una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria. Inizialmente Borgonovo non ci crede, non vuole prendere in considerazione un'evento che sconvolga così la sua vita. Lui che era stato un campione di calcio.

Pian piano, però, le sue condizioni peggiorano. Una sera cade durante l'allenamento e ha bisogno che lo rialzino. Lui che si era sempre rialzato da solo. Prende coscienza della 'Stronza', come lui la definisce, ma inizialmente ha paura di farsi vedere in un involucro più debole e si chiude in se stesso, isolandosi da tutto e tutti.

I medici gli danno un anno, lui però è un attaccante e, sorretto dall'amore della sua splendida famiglia, la moglie Chantal e i suoi quattro figli, Andrea, Alessandra, Benedetta e Gaia, affronta l'inferno della malattia con grande coraggio e amore per la vita. Impara a parlare attraverso un sintetizzatore vocale, poi la SLA aggredisce i polmoni e deve essere tracheotomizzato e collegato ad un respiratore artificiale.

Ma Stefano, come faceva in campo, non si arrende. Si attacca alla vita con tutte le forze che ha, vince le sue paure, e pur costretto dalla paralisi su un letto e su una sedie a rotelle quando deve spostarsi, torna in campo per farla conoscere e raccogliere fondi per la ricerca con la Fondazione che porta il suo nome.

Sostenuto sempre dalla sua famiglia, decide di far conoscere la malattia, di renderla pubblica e rivedere gli amici e ricevere il loro calore. Le sue condizioni si stabilizzano per un po' e nel 2008 decide di tornare in campo, di mostrarsi alle telecamere in carrozzina per un grande progetto: raccogliere fondi per la ricerca.

Il 28 ottobre Fiorentina e Milan, rinforzate dalle Vecchie glorie, organizzano al Franchi una gara benefica. Ci sono tutti, la sua famiglia e gli amici di tante battaglie sul campo. C'è soprattutto Baggio, che non può giocare per i problemi al ginocchio e si prende cura dell'amico.

Spinto in carrozzina proprio da Roberto, Borgonovo fa il suo ingresso in uno Stadio Franchi con 30 mila spettatori venuti per lui. La B2 sfila per un'ultima volta sul prato dello Stadio che l'aveva consacrata: Stefano porta sopra la carrozzina la maglia numero 9, Baggio indossa la 10.

Stefano sorride, tanto. È felice ed emozionato. "La Stronza" può mangiarsi il suo corpo, non di certo la sua mente e la sua anima. I due, in un clima di grande commozione, vanno sotto la Fiesole, che li acclama.

Stefano commenta attraverso il sintetizzatore vocale ogni fase della partita, che non può fare che da contorno a tutto il resto. Dopo il primo tempo, riesce a convincere Baggio a calciare il rigore contro Mareggini che con la maglia della Juventus non aveva voluto battere nel 1991. Baggio lo calcia, segna, torna dall'amico ma poi col sorriso lo avverte:

"Non farmi più di questi scherzi, altrimenti ti buco le ruote della carrozzina".
"Ti voglio bene, Roberto", dice Stefano attraverso il computer. E poi, rivolgendosi a tutti i presenti: "Grazie Firenze".

A quella serata, ne seguiranno altre in altri Stadi d'Italia. Stefano e la sua famiglia raccolgono fondi per la ricerca e tengono testa alla malattia per ben 8 anni. Ma all'improvviso il 28 giugno del 2013, la SLA se lo porta via per sempre. Borgonovo ha soltanto 49 anni.

Ai funerali una folla di seimila persone si reca spontaneamente a Giussano, il suo paese natale, per rendergli l'ultimo saluto. Ci sono tutti gli amici e i rappresentati del mondo del calcio.

Il vuoto è grande, ma 'La Stronza' è stata a suo modo messa in fuorigioco. La memoria del campione e dell'uomo restano indelebili, come l'insegnamento che ha lasciato a tutti con il suo esempio straordinario. La moglie Chantal e i suoi figli portano avanti il progetto da lui intrapreso e continuano a impegnarsi per sostenere la ricerca.

Stefano, attaccante nato, non si è mai arreso, nella vita come sul campo di calcio. Mettendo sempre tanto amore in tutto quello che faceva.

"Il pensiero corre a quegli anni passati insieme nella Fiorentina. E a quando dalla Viola siamo andati tutti e due in Nazionale- gli scrive il suo amico Roberto Baggio nella commovente lettera di addio -. Giovani, spensierati, con tutta una carriera davanti. Il nostro sogno che si stava avverando. Forse non te l’ho mai detto: mandarti in goal con un assist e vedere nei tuoi occhi un’infinita felicità erano allora la mia gioia più grande. È il ricordo di quella felicità che oggi, caro Stefano, riesce a compensare il dolore per la notizia della tua morte".
"Caro Stefano, l’impresa più bella che sei riuscito a costruire negli anni è stata quella di trasformare il veleno della malattia in medicina per gli altri. Ciao amico mio, onorerò per sempre la tua persona".
Pubblicità
0