
"Veni, vidi, vici (Venni, vidi, vinsi)".
La celebre frase che il biografo e storico greco Plutarco attribuisce al condottiero romano Caio Giulio Cesare nelle sue 'Vite parallele', potrebbe essere stata pronunciata tranquillamente da Sebastián Abreu Gallo, per tutti semplicemente Abreu, per la rapidità delle sue vittorie rispetto a un periodo di permanenza mediamente breve nelle squadre con cui ha giocato.
Il centravanti uruguayano, nella sua 'folle' carriera, ha indossato la maglia di 29 club di 3 continenti (Sud e Nord America e Europa) e 11 Paesi diversi (Uruguay, Argentina, Spagna, Brasile, Messico, Israele, Grecia, Ecuador, Paraguay, El Salvador e Cile), primato mondiale per il quale è stato insignito nell'aprile del 2018 (quando di squadre ne aveva rappresentate 26) del Guinness World Record.
L'aver cambiato tante maglie in poco tempo non gli ha impedito di risultare spesso decisivo e di vincere parecchio, pur non raggiungendo mai le vette assolute dei grandi campioni. Poco male, perché l'alternanza di successi e goal prestigiosi a periodi difficili non farà altro che alimentare il mito del 'Loco', soprannome datogli da due compagni di squadra ai tempi del San Lorenzo, quando si presenta negli spogliatoi della squadra argentina ballando la Cumbia, una danza popolare colombiana.
Anche se all'epoca, parliamo del 1996, essere definito 'Matto' non piaceva affatto all'attaccante, che dava a quel nomignolo un accezione negativa, presto proprio quel soprannome sarebbe diventato il suo marchio di fabbrica ovunque, nei club e in Nazionale, e avrebbe inquadrato alla perfezione i suoi atteggiamenti spesso sopra le righe dentro e fuori dal campo.
IL GIOVANE ABREU: DAL BASKET AL CALCIO
Sebastián Abreu nasce a Minas, capitale del Dipartimento di Lavalleja, in Uruguay, a circa 200 chilometri dalla capitale Montevideo, il 17 ottobre 1976. Fin da giovane si contraddistingue per la sua vivacità e creatività. Nello sport, anche grazie ad un'altezza superiore a quella di molti suoi coetanei e ad una notevole elevazione, eccelle sia nel basket che nel calcio e pratica anche il volley.
Suo papà, che è stato un calciatore dilettante, lo sottopone ad allenamenti volti a migliorare il suo terzo tempo cestistico, e questa qualità gli tornerà molto utile anche quando opterà in maniera esclusiva per la palla a scacchi. Oltre a praticare tanto sport, Abreu, a conferma della sua vivacità anche intellettiva, a 14 anni trova il tempo di prendere la macchina da scrivere e collaborare con il Diario Serrano, il quotidiano di Minas, la sua città natale, oltre ad aiutare i suoi genitori nella rivendita di tappeti di famiglia.
Da giovane l'uruguayano sembra destinato a una luminosa carriera nel basket. In una partita di un torneo giovanile realizza la bellezza di 53 punti, venendo nominato MVP. Allora compie la prima delle tante 'locure' che lo contraddistingueranno: messosi davanti alla fida macchina da scrivere, a corredo del solito pezzo che manda al giornale, si autointervista e si firma.
Facile immaginare il volto del direttore, che non la prende benissimo. Messe da parte le velleità giornalistiche, Abreu si concentra allora sullo sport, continuando a praticare parallelamente calcio, dove gioca da centravanti, in virtù della sua stazza, ma soprattutto nel basket, disciplina in cui è impiegato da ala grande o pivot e dove in molti credono possa sfondare.
InternetNel 1992 è convocato nella Selezione Under 16 dell'Uruguaydi pallacanestro che prepara un importante torneo giovanile in Bolivia. Abreu è uno dei punti di forza della squadra. Una sera però, durante il ritiro, alla vigilia della diramazione della lista definitiva dei convocati, ai ragazzi della Celeste è concessa qualche ora di svago in più, con il rientro in albergo fissato per le ore 22.00. Abreu e un suo compagno non si preoccupano delle raccomandazioni e decidono di intrattenersi nella sala giochi di un piccolo pub che si trova accanto all'albergo sforando alla grande il coprifuoco.
Quando tornano in hotel a notte inoltrata, trovano ad attenderli i dirigenti e lo staff della squadra. Dopo tutto sono ragazzi minorenni, così, anche per un senso di responsabilità verso i genitori che a loro li avevano affidati, si decide di punire il promotore dell'insubordinazione. Abreu è individuato come responsabile, viene escluso dall'aereo per la Bolivia e fatte le valigie fa ritorno a casa.
Quella 'sanzione' cambierà di fatto la sua vita. Da quel momento infatti l'uruguayano decide di optare definitivamente per il calcio.
"Da ragazzo ho persino giocato con le Rappresentative cestistiche giovanili. - ha confermato nel 2010 Abreu ai microfoni di 'Esporte Espetacular', programma di 'Rede Globo' che va in onda la domenica mattina - Ma ho lasciato il basket per il calcio.Ancora oggi quando sono in Uruguay mi diverto a giocare un po' a basket con i miei amici".
Nel calcio 'El Loco' aveva iniziato con il club giovanile del Plaza Rivera, della sua città natale, passando poi alla Filarmonica, la squadra di famiglia gestita da suo zio Rubén. Nel 1987, all'età di 10 anni, si era trasferito al più prestigioso National Mines Club, con cui nel 1992 aveva realizzato il suo primo goal 'certificato' contro i Las Delicias.
Nel gennaio del 1993, pochi mesi dopo la delusione avuta nel basket, arriva la svolta: il Ct. della Nazionale Under 17 di calcio, Rudi Rodríguez lo convoca per il SudamericanoUnder 17 che si gioca in Colombia. Abreu è una riserva di quella squadra, ma quando viene chiamato in causa, nella partita con la Bolivia fanalino di coda del girone, risponde presente. Entra dopo il primo tempo, segna una doppietta nel 6-0 complessivo della Celeste e propizia un altro goal.
InternetUNA CARRIERA LOCA: DALL'ESORDIO AL GOAL A 43 ANNI
Dopo un'asta di calciomercato con Peñarol, Nacional Montevideo e Danubio, il Defensor Sporting si aggiudica le prestazioni dell'attaccante, che tuttavia sperava nell'approdo nel Nacional, squadra per la quale fa il tifo. Alla fine del 1994 è già in Prima squadra e l'esordio nel massimo campionato uruguayano arriva il 4 giugno 1995 contro il Liverpool di Montevideo.
Tradito dall'emozione, nel tentativo di intercettare una palla aerea nella propria area di porta, il centravanti salta clamorosamente a vuoto e commette un fallo di mano plateale. Rigore e vittoria per 2-1 del Liverpool. Ma Abreu si riscatterà con gli interessi, iniziando a segnare a raffica. Nel 1996 realizza 6 goal in Copa Libertadores, torneo che vede il Defensor uscire agli ottavi contro l'Universidad de Chile.
Grazie al suo exploit internazionale, nello stesso anno passa nel campionato argentino con il San Lorenzo de Almagro, che investe per lui l'equivalente di 350 mila euro attuali. Grazie al suo metro e 93 centimetri di altezza, sa rendersi utile per la squadra e al contempo finalizzare il gioco.
In un anno, fra Apertura e Clausura, segna 26 reti e si guadagna il soprannome che si porterà per sempre appresso.Nel 1997 affronta da avversario anche il Boca Juniors di Diego Armando Maradona e riesce a farsi dare la maglia del Pibe de Oro. Per non farsela rubare dai suoi compagni, la nasconde negli spogliatoi in un armadio della Bombonera, salvo poi avere difficoltà a recuperarla.
"Un magazziniere - ricorda - mi afferrò per le gambe e la presi con una scopa".
È l'ultimo, fra i giocatori attualmente in attività, ad aver giocato contro l'ex numero 10 del Napoli. A procurargli fama internazionale è tuttavia ancora una volta un errore: sbaglia infatti un goal già fatto a porta vuota contro il River Plate, e questo lo rende famoso anche in Europa. Nel 1998 va così a giocare in Spagna: il suo cartellino è acquistato dal Deportivo La Coruña per 5 milioni di euro attuali.
InternetL'impatto è strepitoso, perché il 4 gennaio all'85' segna il goal del 2-1 che regala al Depor la vittoria per 2-1 sullo Sporting Gijón. Si ripete 10 giorni più tardi dando alla squadra la vittoria in Copa del Rey contro l'Osasuna. Ma nel resto della stagione segna appena altre 2 reti, contro Barcellona e Oviedo, distinguendosi solamente per due buone prestazioni al Riazor contro i catalani e il Real Madrid.
L'esperienza è comunque utile al giocatore uruguayano sotto il profilo dell'apprendimento. Dalla conoscenza con il bizzarro brasiliano Djalminha sviluppa l'amore per la cavadinha, il rigore a scavetto, che gli regalerà gioie indimenticabili ma anche momenti difficili da superare.
"Ci sono tre regole - gli diceva Djalminha - devi osservare il portiere, correre veloce verso il pallone e sopratutto giocartela con parsimonia. Ma questa è solo teoria. Ciò che conta è la tua personalità, la tua intuizione, la tua emozione".
A segnare la fine della prima avventura spagnola è una sua 'locura'. Nella gara contro il Maiorca, con il suo marcatore diretto a un metro di distanza, l'attaccante finge infatti un infortunio. È il preludio a una lunga serie di prestiti, che lo vedranno girovagare per 6 anni fra Brasile, Messico, Argentina e Uruguay. Abreu gioca così assieme al giovane Ronaldinho nel Gremio, poi 3 anni in forza ai messicani del Tecos in due periodi diversi, di nuovo San Lorenzo, finalmente il Nacional, la sua squadra del cuore, e di nuovo Messico con Cruz Azul e America. Dal 2004 al giugno 2005 c'è il primo ritorno al Nacional, quindi ancora Messico con le maglie di Dorados, Monterrey, San Luis e Tigres. Poi il River Plate (2 volte in periodi diversi) e una breve esperienza in Israele nell'estate 2008 con il Beitar Gerusalemme.
Per 'El Loco' sono anni di successi ma non privi di problemi e accadimenti negativi. Vince 5 campionati uruguayani con il Nacional (Clausura 2001, Uruguayo 2001, Apertura 2003, Apertura 2004, Uruguayo 2005), 2 titoli argentini (il Clausura 2001 con il San Lorenzo e il Clausura 2008 con il River) e si laurea per 4 volte capocannoniere della Liga messicana (Verano 2000, Verano 2002, Apertura 2005, Clausura 2006).
Nel 2005 il Nacional e il Defensor Sporting sono primi in classifica con 41 punti, e devono giocarsi il titolo allo spareggio. Il Defensor Sporting, però, si rifiuta di scendere in campo in polemica per un calcio di rigore 'generoso' assegnato al Nacional durante il quinto minuto di recupero dell’ultima giornata contro il Rocha. Quel rigore se l'era procurato proprio Abreu e lo aveva poi trasformato con la cavadinha, lo scavetto, quando si era ben oltre il 51’ del secondo tempo con il risultato fermo sul 2-2.
@loco13comTutti i trionfi hanno un comune denominatore: il numero 13 sulle sue spalle, per il quale Abreu nutre una vera e propria venerazione. Quello è infatti il numero che al Nacional portava il suo idolo, Fabian O'Neill, che giocò anche in Italia con le maglie di Cagliari, Juventus e Perugia. L'attaccante ne è letteralmente ossessionato, visto che abita al civico 13, le ultime cifre del suo cellulare sono l'1 e il 3 e anche la targa della sua auto termina con il 13.
È un sudamericano unico, 'El Loco', perché, a differenza della stragrande maggioranza dei latinoamericani, non teme la superstizione. Solo in casi straordinari porta numeri diversi, sempre e comunque in barba al pensare comune: il 31 al Deportivo, il 17 all'America e addirittura il 113 al debutto con il Nacional.
Nel 2002, quando gioca per i messicani del Cruz Azul, vive il momento peggiore della sua vita e della sua carriera. È infatti protagonista di un brutto incidente stradale, in cui perde la vita un suo caro amico. L'auto da lui condotta esce fuori strada per colpa dell'asfalto bagnato, ma qualche giornale lo accusa dell'accaduto.
"Ho imparato a convivere con quel dolore. - Dirà più volte - Ho preso una pozzanghera in curva, la macchina ha sbandato e ho perso il controllo. Questi sono i veri drammi, non una partita. A volte vado vicino alla bandierina del calcio d'angolo e grido: 'Arriva lo tsunami dell'area di rigore!". E si cagano tutti dalle risate, compresi gli avversari".
Non mancano i litigi con i compagni, gli allenatori e i tifosi per un uomo che non è disposto a scendere a compromessi. Nel 2009 ritorna in Europa, riscattandosi nella sua esperienza di 6 mesi alla Real Sociedad, con cui realizza 11 goal in 18 presenze in Segunda División. Di lui si ricorda in particolare una tripletta allo Xerez, la squadra che vince il campionato. A volerlo a San Sebastian è Juan Manuel Lillo, l'attuale vice di Pep Guardiola al Manchester City.
Ma c'è un problema: il numero 13 è del portiere di riserva. Abreu sceglie allora il 18, cui applica però una piccola riga bianca verticale, che divide il numero 8 in due metà che sono due 3. L'anno seguente va in Grecia all'Aris Salonicco, un'esperienza non positiva anche se anche in questo caso iniziata con un gran goal di testa contro lo Skoda Xanthi al 90', con cui consegna la vittoria ai suoi.
InternetMa presto sorgono delle incomprensioni e a fine stagione c'è l'ennesimo trasferimento, stavolta al Botafogo, in Brasile. È amore a prima vista: Abreu eredita infatti la divisa numero 13 che fu dell'idolo del club, Zagallo, il quale si dice entusiasta che la indossi il 'Loco'.
Con i nero-bianchi l'uruguayano vive probabilmente la miglior esperienza della sua carriera: 24 i goal in 50 presenze, con la vittoria del campionato carioca 2010 che lo consegna alla storia del club. Il goal decisivo lo segna naturalmente lui dal dischetto: ancora una cavadinha, il suo marchio di fabbrica, con la palla che picchia sulla parte interna della traversa e si insacca.
Sempre durante la sua permanenza con il club di Rio de Janeiro, l'attaccante si batte contro il razzismo, scendendo in campo con due scarpe di colore diverso (una bianca e una nera). Un altro momento clou della sua carriera lo vive nel febbraio 2011 nel derby contro il Fluminense. Il Botafogo perde 2-1, ma l'arbitro concede un rigore ai nero-bianchi. Sul dischetto va l'uruguayano, che calcia con lo scavetto, ma il portiere del Tricolor carioca, Diego Cavalieri, resta immobile al centro della porta e neutralizza il tiro senza difficoltà. Abreu viene irriso dai tifosi avversari e criticato dai suoi tifosi.
Ma la sorte è dalla sua parte: 3 minuti dopo c'è un nuovo rigore. Il portiere avversario stavolta si tuffa, mentre Abreu ha l'ardire di calciare nuovamente la sua cavadinha: avrà ragione lui, e grazie al suo goal il Botafogo pareggia 2-2. Lasciato il club di Rio nel 2012, va in prestito al Figueirense per un breve periodo e continua a cambiar maglia con una frequenza impressionante.
Gioca in patria per 2 volte ancora con il Nacional e con il Central Español, in Argentina con il Rosario Central, in Ecuador con l'Aucas, in Cile con il Puerto Montt, l'Audax Italiano e il Magallanes, in Paraguay con il Sol de America, a El Salvador con il Santa Tecla, squadra con cui conquista il suo ultimo titolo, e in Brasile con il Bangu.
Nel 2018 arriva per lui il riconoscimento ufficiale per il primato mondiale, ma anche la contestazione dei tifosi dell'Audax Italiano, cui, in tutta risposta, 'El Loco' lancia un tavolino sugli spalti. Dal 2019 'El Loco' ricopre le duplici vesti di allenatore-giocatore, ruolo che svolge prima con il Santa Tecla, poi in Uruguay con il Boston River.
A settembre 2020 per il centravanti la soddisfazione di andare in goal di testa a 43 anni nel Derby contro il Danubio. Una rete pesante, che regala alla rojiverde un punto pesante. Il precedente goal Abreu l'aveva segnato un anno prima, il 19 settembre 2019.
L'11 giugno 2021, Abreu decide di concludere la sua carriera con la sfida contro il Liverpool di Montevideo all'età di 44 anni:
"Questo venerdì lascio l'attività professionistica, contro il Liverpool cala il sipario. Questo è il momento giusto. Dopo 26 anni ho preso una decisione dopo averci riflettuto abbastanza. Sono in prima divisione, la squadra vive un buon momento".
'El Loco' ha appeso le scarpe al chiodo, ma solo per qualche mese: a inizio settembre l’Olimpia de Minas, la squadra della città in cui è nato, ha comunicato la decisione di Abreu di tornare in campo. Il 23 settembre 2021 è arrivato il debutto, con tanto di fascia di capitano al braccio e goal decisivo al 93' contro il Barrio Olimpico.
"Ho mantenuto la promessa fatta alla mia cara Olimpia de Minas. E cosa c'è di meglio che con un goal al 93'! Serata emozionante, che bello tornare alle origini" ha scritto sui social Abreu.
Per Abreu ora c'è la panchina del Paysandù e un percorso di allenatore, intrapreso qualche anno fa, che prosegue. Avrà definitivamente deciso di appendere gli scarpini al chiodo o sarà solamente un pausa momentanea? Dal 'Loco' è lecito attendersi tutto.
GettyL'URUGUAY E LA CAVADINHA AI MONDIALI
I maggiori successi, Abreu li ha conquistati tuttavia con la sua Nazionale, l'Uruguay, con cui ha debuttato il 17 luglio 1996 contro la Cina in amichevole. Partecipa ai Mondiali 2002 ma quelli che lo consegnaranno per sempre alla storia sono quelli del 2010. La squadra di Tabarez arriva ai quarti di finale e si gioca il passaggio alle semifinali contro il Ghana. Nei tempi regolamentari gli africani passano a condurre con Muntari, ma una rete di Forlan ristabilisce la parità.
Si va dunque ai supplementari per decidere chi passerà il turno. Il Ghana sfiora il colpaccio, ma un colpo di testa di Dominic Adiyiah viene parato sulla riga di porta da Luis Suarez. L'attaccante è espulso dall'arbitro, e in 10 contro 11 le cose si mettono male per la Celeste del Maestro Tabarez. Asamoah Gyan si incarica della trasformazione del rigore, ma incredibilmente colpisce la traversa. Anche nei supplementari il punteggio non si sblocca e a decidere tutto sono allora i calci di rigore.
Qui, mentre Adiyiah sbaglia nuovamente il suo tentativo, neutralizzato da Muslera, Abreu ha l'occasione che aspettava. Insiste con Tabarez perché venga inserito come 5° rigorista. Quando arriva il suo turno, 'El Loco' sa benissimo cosa fare. Lasciando tutti con il fiato sospeso, sorprende il portiere avversario Kingson calciando con lo scavetto. Tabarez e i compagni non osano guardare. Poi la palla scavalca il portiere e per tutti esplode la gioia per la semifinale conquistata grazie a colui che con un goal al Costa Rica di testa nello spareggio aveva condotto la squadra ai Mondiali.
"Sono i ricordi più felici della mia carriera", affermerà.
Grazie alla cavadinha 'El Loco' lasciava il suo segno indelebile nella storia dei Mondiali. La sua avventura con la Celeste sarebbe terminata nel novembre del 2011, non prima di aver conquistato anche una Copa America nel 2011. Grazie ai suoi 26 goal in 69 presenze, il centravanti di Minas è a tutt'oggi il sesto cannoniere all-time nella storia dell'Uruguay. Non male per chi da giovane pensava di potersi affermare nella pallacanestro.
