Il personaggio sembra tratto direttamente dalla scenografia di una commedia sportiva italiana degli anni Settanta-Ottanta del Secolo scorso. Fisico imponente, con un metro e 85 di altezza per 85 chilogrammi di peso forma, ha lunghi capelli mossi che gli scendono ben oltre le spalle, lo sguardo magnetico da vero 'figo' e il sorriso di chi la sa lunga, in grado di mandare k.o. qualsiasi esponente del gentil sesso.
Renato Portaluppi, noto in Brasile come Renato Gaucho, oltre al calcio, che da brasiliano concepisce come puro divertimento, ama perdutamente le donne, oltre alle belle auto e alla vita notturna. Tecnicamente e atleticamente molto dotato, ha lunghe leve e gioca da ala destra offensiva, e gli piace dribblare per il puro gusto della giocata. Gioca sempre con i calzettoni abbassati "perché così chi mi deve marcare capisce che non ho paura di niente".
Difetti? Non tollera gli schemi rigidi ed è scarsamente propenso al sacrificio per i compagni. Caratterialmente, poi, è tutto un programma: orgoglioso e fiero di sé oltre misura, è egoista ed egocentrico, e per questo motivo spesso entra in contrasto con avversari, compagni di squadra e arbitri, che non esita a mandare a quel Paese.
TALENTO PRECOCE AL GREMIO
Nato a Guaporé, nello Stato del Rio Grande do Sul, nella parte Nord Orientale del Brasile, il 9 settembre 1962, Renato è il classico ragazzo brasiliano che negli anni Settanta e negli anni Ottanta adora le spiagge, dove lo si vede spesso giocare a 'futevolei', ovvero a calcio-tennis, e le belle donne.
Terzo di 13 figli, la morte prematura del papà muratore lo costringe a lavorare fin da giovane. A 13 anni fa il panettiere, ma presto il calcio diventa la sua fortuna. Cresce calcisticamente nelle Giovanili dell'Esportivo , club della sua regione d'origine, ma presto, nel 1982, sbarca in un top club come il Gremio. Ed è di fatto subito boom: l'anno seguente, infatti, trionfa da protagonista in Copa Libertadores, dove con la squadra di Porto Alegre supera il Peñarol nella doppia finale, e soprattutto a fine anno in Coppa Intercontinentale. In Giappone i brasiliani travolgono 2-1 i tedeschi dell'Amburgo, guidati da Magath e castigatori della Juventus di Trapattoni in Coppa dei Campioni.
Renato è in stato di grazia, fa ammattire con i suoi dribbling e le sue progressioni i difensori tedeschi e sigla la doppietta che regala ai supplementari ai brasiliani il titolo di campioni del Mondo per club. Forse motivato dal premio che spetta al miglior giocatore della gara, una Toyota messa in palio dallo sponsor, il talento brasiliano dà spettacolo a soli 21 anni. Il primo goal lo vede andare a segno dopo aver saltato in dribbling due avversari, mentre la rete del definitivo 2-1 è un colpo di testa perentorio su cross di Tarciso.
La stella di Renato, attorno al quale il Ct. del Brasile Telé Santana pensa di costruire la nuova Seleçao dopo la cocente delusione dei Mondiali 1982, quando i verdeoro sono eliminati dall'Italia, vittoriosa 3-2 nello storico confronto del Sarriá di Barcellona, brilla anche negli anni successivi. Con il Gremio, di cui diventa una leggenda, nel 1984 è inserito nella top 11 del campionato brasiliano, e nel 1985 e nel 1986 vince il torneo statale, ma è con il passaggio al Flamengo che il mito dell'ala brasiliana tocca l'apice.
ReproduçãoDAL FLAMENGO A BIDONE ALLA ROMA
Con i rubronegri, infatti, Renato conquista il campionato brasiliano nel 1987 a pari merito con lo Sport Recife (titolo poi revocato alla squadra di Rio) ed è premiato con la 'Bola de Ouro', il pallone d'oro riservato al miglior giocatore del campionato. Nell'estate del 1988 diventa così obiettivo di calciomercato di diverse grandi squadre. Potrebbe aggiudicarselo il River Plate, che per il suo cartellino offre più di tutti, ma è la Roma di Dino Viola alla fine a convincere il calciatore e a spuntarla già a fine maggio con 2,7 milioni di dollari (poco meno di 4 miliardi e mezzo di vecchie Lire), centomila dollari in meno di quanto proposto dagli argentini.
Renato è chiamato a non far rimpiangere Boniek ed è attratto dall'idea di confrontarsi con quello che ai tempi è il campionato più bello e più difficile al Mondo, e con tutti i migliori campioni del pianeta. L'arrivo è da star assoluta. Dopo un lungo viaggio aereo intercontinentale, il brasiliano atterra a Trigoria in elicottero alle 14.34 del 29 giugno. Dopo pochi minuti si materializza sul campo un ragazzo che porta gli occhiali da sole, jeans bianchi e naturalmente la maglia della Roma.
"Vedendolo atterrare pensammo: qui è arrivato un fenomeno. - rivela Bruno Conti, suo compagno di squadra che ha assistito alla scena, in un'intervista a 'Dribbling' su 'Rai Sport' - Si parlava di Renato Portaluppi come di un giocatore straordinario e quell’arrivo in elicottero fece clamore. Infatti un po' tutti dissero: è arrivato uno che trascinerà la Roma, un grande campione ".
Il brasiliano è accolto da 2 mila tifosi giallorossi festanti, accorsi lì per lui, e parte anche il coro: "Con Renato Portaluppi so' finiti i tempi cupi!". Ma non si lascia intenerire e va via senza neanche un palleggio, troppo stanco per dare spettacolo.
Viola, il numero uno della Lupa, però non ha dubbi.
"Renato è il primo rinforzo giallorosso di questa stagione, - dichiara a 'La Stampa' - la pietra miliare per un nuovo gioco. Basta con il gioco atletico, soltanto agonistico. Il calcio è bello per la fantasia, la classe, e Renato ne è uno dei massimi rappresentanti. Con un torello come Rizzitelli vicino e un altro grosso acquisto, la Roma sarà di nuovo grandissima. Sarà la nostra stella, come Gullit per il Milan, con la differenza che lui è bravo quanto Maradona".
Anche il tecnico giallorosso Nils Liedholm stravede per lui.
"È il Gullit bianco", assicura il Barone.
Lo stesso giocatore non si tira indietro.
"Tutti mi dicono che bisogna avere paura del Milan, ma io non temo nessuno. - afferma - Rispetto tutti i miei avversari, ma sono abituato a vincere e a superare tutti gli ostacoli, e così voglio fare anche a Roma. Giocherò in una squadra da Scudetto perché so di avere compagni di squadra molto forti. Il Napoli ha Careca ed Alemão, ma io non temo i nomi, come non temo le chiacchiere sul mio conto".
Persino il 'Guerin sportivo' applaude il colpo con una storica copertina, con una sua foto in grande e un gioco di parole: "Re nato".
WikipediaCon l'arrivo dell'altro brasiliano Andrade, e di Rizzitelli in attacco, cui si aggiunge successivamente Daniele Massaro, i tifosi sognano in grande. La stagione, viste le Olimpiadi di Seul, si apre con la Coppa Italia a fine agosto. Liedholm schiera subito Renato titolare in una squadra super offensiva che gioca con il 4-3-3 e vede Völler e Rizzitelli a completare il reparto.
I risultati sono positivi ma emergono in maniera evidente i problemi di equilibrio. La Roma, inserita nel 5° Girone eliminatorio, supera 3-1 il Prato al debutto, con il grande acquisto che sigla la rete del provvisorio 2-0. Renato si ripete nel successo 3-2 contro l'Empoli, ma il 28 agosto, nella trasferta di Monza, incappa in una prima sconfitta per 2-1. La qualificazione non è comunque in dubbio, con i giallorossi che superano poi Como e Piacenza nei successivi due impegni.
Contro gli emiliani Renato segna il definitivo 5-2 nel finale (3° goal dell'avventura capitolina) e i giallorossi passano come primi con 8 punti, ma nonostante i 14 goal segnati, i 7 goal subiti in 5 gare inducono Liedholm a ripensamenti tattici. La Roma passa al 4-4-2 già nel successivo girone a tre di Coppa che la vede protagonista in negativo con 2 sconfitte con Pisa e Ancona (senza Renato) e un'unica vittoria sul pescara (4-1 con il brasiliano che subentra a gara in corso).
Quando inizia il campionato Renato parte titolare in coppia con Völler, ma spostato dalla fascia tende a perdersi e a non trovarsi. La pazienza di Liedholm dura 6 giornate, ma presto il brasiliano finisce nelle gerarchie dello svedese alle spalle di Rizzitelli e Massaro, tatticamente molto più disciplinati di lui. L'ex Gremio, annunciato come fenomeno, è protagonista soltanto in Coppa UEFA: il 12 ottobre 1988 trascina la Roma segnando di testa in Germania il 3-1 con cui i giallorossi eliminano il Norimberga nei trentaduesimi di finale, prima di farsi espellere per un fallaccio su un avversario e le successive eclatanti proteste.
Con lo scorrere delle settimane, l'amore per la bella vita lo porterà fuoristrada, e colui che doveva essere il trascinatore della Roma chiuderà la sua avventura nella capitale dopo una sola stagione con 23 presenze e nessun gol in campionato, 3 partite e 1 rete in Coppa Uefa, 6 partite e 3 reti in Coppa Italia. Per lui, nonostante le indubbie qualità tecniche e fisiche, arriva la scomoda etichetta di 'bidone', sancita da uno striscione che appare in Primavera al Flamio: "A’ Renato, ridacce Cochi".
InternetLE POLEMICHE E IL RITORNO IN BRASILE
L'addio di Renato alla Roma è tutt'altro che indolore e pacifico. Il giocatore brasiliano, visto il poco spazio che Liedholm gli concede, litiga con i compagni, in particolare con Giannini e Massaro, con cui viene persino alle mani, e non fa altro che peggiorare la situazione. Si dice persino che i compagni di squadra a Bergamo lo abbiano preso a pugni negli spogliatoi per il suo atteggiamento in campo.
Nonostante tutto è convocato dal Ct. Lazaroni per i Mondiali di Italia '90, i primi in carriera, dopo esser stato escluso da quelli del 1986 dal suo mentore Telé Santana per essere rientrato ubriaco alle 3 del mattino, e aver vinto da comprimario la Copa America 1989. Promette di riscattarsi, ma è molto nervoso: prima dell'inizio dei Mondiali si fa espellere dopo aver preso a schiaffi il suo compagno di squadra Romario. Gioca così soltanto una manciata di minuti negli ottavi di finale, che vedono i verdeoro estromessi a sorpresa dall'Argentina. Dal ritiro della Seleçao non manca tuttavia di mandare strali contro la sua ex squadra.
"Alla Roma mi ha rovinato Giannini, - tuona - mi si è messo contro. In Serie A ci sono calciatori che tecnicamente non giocherebbero neanche nella B brasiliana. Perchè non si è visto il vero Renato in Italia? Chiedetelo a Massaro e a Giannini che non mi passavano mai la palla. Come potevo mettermi in evidenza se ero escluso dal gioco? A questi due elementi aggiungerei il Presidente Viola che non mi ha mai difeso".
Rientrato in Brasile, gira diverse squadre, tornando ad essere il vincente che era stato prima della parentesi italiana, seppure non più ai livelli dell'inizio della carriera. Gioca con Flamengo (1990), Botafogo (1991), Cruzeiro (1992-93), Atletico Mineiro (1994), Fluminense (1995-96), e di nuovo Flamengo (1997) prima di chiudere con il calcio giocato con il Bangu nel 1999 poco prima di compiere 37 anni.
Al suo palmarès personale aggiunge altre 3 presenze nella top 11 del campionato brasiliano (nel 1990, nel 1992 e nel 1995), una Supercoppa Sudamericana vinta con il Cruzeiro nel 1992 e un Campionato di Rio con il Flu nel 1995. Proprio durante la sua permanenza con il Tricolor carioca segna con il basso ventre il goal della vittoria nel derby contro il Flamengo del 1995 (3-2): un "gol de barriga" che diverrà leggendario. L'esperienza con la maglia del Brasile finisce invece nel 1993, senza mai decollare veramente, con 41 presenze e 5 goal.
Lucas Uebel/Grêmio FBPALA METAMORFOSI E I SUCCESSI DA ALLENATORE
Se l'amore per le donne resta immutato, Renato cambia radicamente sotto tutti gli altri aspetti una volta diventato allenatore. Con i suoi giocatori si trasforma infatti in un vero e proprio 'generale' della panchina, al grido di "disciplina", la sua parola d'ordine. Guida Madureira, Fluminense, Vasco da Gama, Atletico Paranaense ma soprattutto il Gremio, il club con cui aveva iniziato la carriera da professionista e che gli darà le maggiori soddisfazioni anche da tecnico.
Nel 2016 conquista la seconda Coppa del Brasile (la prima l'aveva vinta nel 2007 con il Fluminense) ma soprattutto nel 2017 si aggiudica, unico a riuscirsi da calciatore e da allenatore, la Copa Libertadores. Si guadagna così il diritto a giocarsi il Mondiale per club. Giunto in finale contro il Real Madrid, fa una sparata delle sue.
"Sono stato un giocatore migliore di CR7, non ho dubbi. Io ero più tecnico e completo. Troppo facile nel Real: se avesse giocato nei miei club, senza prendere 4 mesi di stipendio, cosa avrebbe fatto".
CR7 risponderà sul campo segnando il goal che relegalerà ai Blancos la vittoria del trofeo. Guidando la formazione di Porto Alegre Renato vince 2 tornei statali (2018/2019) e la Recopa 2018, alimentando ulteriormente la sua leggenda. Superato un intervento cardiaco all'inizio del 2020, è ancora oggi al timone dell'Imortal Tricolor, anche se in Serie B, dopo una breve parentesi al Flamengo e una finale di Copa Libertadores persa.
RENATO, IL PLAYBOY E IL PERSONAGGIO
Parallelamente alla sua carriera da calciatore, Renato Portaluppi ha vissuto una vita di clamorosi eccessi degna del più incallito playboy. La fama lo accompagnava già al suo arrivo in Italia, se è vero che 'La Repubblica' il giorno dopo al suo arrivo titolò: "Arriva Renato calcio e sesso".
Fece scalpore un'intervista rilasciata all'epoca alla rivista 'Playboy' edizione brasiliana, in cui l'ala brasiliana decantava le sue virtù e le sue prestazioni extracalcistiche.
"Ho posseduto almeno mille donne. Una volta alla fine di un allenamento a San Paolo mi si è avvicinata una fotomodella. Eravamo ancora sul campo e mi disse: 'Ti voglio qui, adesso, proprio dove c'è la panchina'. I compagni erano già andati negli spogliatoi, non c' erano giornalisti. Non ho potuto rifiutare...Oltre a quella volta ho fatto l'amore al Maracanã e nella toilette dell'aereo che mi portava a Roma ".
Di recente, nel 2017, ha aggiornato le cifre, con numeri da far impallidere anche uno come Cassano.
"Ho avuto 5 mila donne. - ha dichiarato - Una volta, scherzando con Pelé, gli ho detto: 'Per ogni tuo goal, io conquisto una ragazza' ".
Appena atterrato a Trigoria dall'elicottero, ci tiene a confermare la sua fama e a un cronista dichiara:
"Più che i terzini, dovranno essere le loro mogli a stare attente a me".
Nella capitale, la città per antonomasia della Dolce vita, Renato non si fa mancare nulla e conduce uno stile di vita decisamente non da atleta. Frequenta i locali notturni, soprattutto il Rio di Fregene, e chiude le discoteche, in particolare una al Parioli. Gira con la sua Lamborghini gialla, veste con giacche aperte sul petto villoso, catenoni d’oro massiccio al collo, mocassini lucidissimi e jeans strizzati. Beve birra a litri e spesso si presenta agli allenamenti non proprio lucidissimo.
Amato dalle tante sue donne e probabilmente un po' invidiato da avversari e compagni, i suoi eccessi lo conducono al flop in Italia e ad avere una carriera molto al di sotto delle sue potenzialità. Alla fine sposa Maristela Bavaresco, la storica fidanzata, da cui ha avuto una figlia, la bella Carol, che lo ha seguito da vicino nella sua avventura da allenatore del Gremio.
Maristela gli ha perdonato negli anni le frequenti scappatelle, ma di fronte all'ennesimo tradimento, di recente ha chiesto e avviato le pratiche per la separazione. Del resto, come recita il proverbio, il lupo perde il pelo ma non il vizio.