"Con Wilkins in campo a volte sembra di giocare in 12" - Nils Liedholm
Poco appariscente, non aveva nel suo repertorio colpi ad effetto o giocate mirabolanti. Raymond Colin Wilkins, da tutti chiamato Ray, è stato tuttavia uno dei centrocampisti inglesi più fortia cavallo fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta del secolo scorso.
Piedi buoni e baricentro basso (un metro e 73 centimetri di altezza per 72 chilogrammi di peso forma), 'Razor', 'Il Rasoio', come era soprannominato per la qualità dei suoi lanci lunghi, precisi e tesi, aveva un buon palleggio e trame di gioco efficaci.
In fase di interdizione, non aveva paura di mettere la gamba e rubare palla all'avversario. Ma la sua qualità più grande era l'intelligenza tattica, che lo portava ad essere sempre nella zona di campo dove serviva la sua presenza. Non particolarmente rapido, ma veloce di pensiero nel giocare la palla, quando capitava non disdegnava di tentare la sortita offensiva e calciare in porta alla ricerca del goal.
Nella sua lunga carriera, che lo ha visto rappresentare anche la Nazionale inglese, le sue esperienze più importanti sono state con il Chelsea, il Manchester United e il Milan in Italia.
GLI ANNI D'ORO CON CHELSEA E MANCHESTER UNITED
Nato a Hillingdon il 14 settembre 1956, Ray Wilkins è il secondo di 4 fratelli che diventeranno tutti calciatori, e cresce calcisticamente nel Senrab, club della parte orientale di Londra.
Le sue qualità gli consentono di guadagnarsi una chiamata del Chelsea in First Division. A 17 anni appena compiuti, il centrocampista fa così il suo esordio nel massimo campionato inglese con la maglia dei Blues. Per alcuni anni nel Chelsea gioca accanto ai suoi fratelli Graham e Stephen.
Come loro è un figlio d'arte, visto che papà George ha militato con Brentford, Nottingham e Leeds, e con i primi vinse la London War Cup nel 1942. Nel 1975 la squadra londinese retrocede nell'allora Second Division. Mentre molti compagni vanno via, Wilkins, che fin da giovane è uomo tutto d'un pezzo, rimane, e viene premiato dal mister Eddie McCreadie con la fascia da capitano, nonostante abbia appena 19 anni.
GettyDa regista e capitano della squadra londinese, gioca 2 stagioni in Second Division e dà un grosso contributo nel riportare i Blues in First Division nel 1976/77 grazie al 2° posto alle spalle del Wolverhampton. Nei due anni in Seconda divisione mette a segno anche 21 goal, 11 nel 1975/76 e 10 nell'anno della promozione.
Tornato in First Division, resta a guidare il centrocampo del Chelsea fino al 1979, e lo fa con prestazioni sempre più convincenti. La particolarità di 'Razor' è che, a differenza di molti calciatori della sua epoca, era solito colpire la palla col collo del piede anziché di interno, e in questo modo riusciva a farla viaggiare molto più velocemente.
Wilkins inizia così ad essere convocato nella Nazionale inglese, e intanto su di lui mettono gli occhi dirigenti e tecnici del Manchester United. I Red Devils decidono di portarlo ad Old Trafford nell'estate 1979: i Blues, al termine di un'annata disastrosa, chiudono all'ultimo posto in First Division e retrocedono nuovamente in Second Division. Non così Wilkins, il cui cartellino viene rilevato dal club rossonero per 800 mila sterline.
Salutato il Chelsea, la squadra che lo ha lanciato, con un bilancio di 35 goal in 207 partite, presto Ray diventa il faro e il punto di riferimento del Manchester United, sia in campo, dove si contraddistingue come leale combattente, sia fuori, con il suo comportamento sempre esemplare e gentile verso tutti.
"Se fosse arrivato allo United dieci anni prima, se avesse giocato con noi (I Red Devils dei primi anni Settanta, ndr) - dirà di lui George Best -, Ray sarebbe stato ricordato come uno dei giocatori più intelligenti calcisticamente della storia".
Nelle sue 5 stagioni ad Old Trafford, il regista di Hillingdon vince un FA Cup un Charity Shield. La Coppa di Inghilterra arriva alla sua terza stagione sotto la guida del manager Ron Atkinson e lo vede grande protagonista. Nella finale contro il Brighton, infatti, il 21 maggio 1983, segna il gran goal (il suo primo in maglia rossonera) che porta in vantaggio sul 2-1 i mancusiani. La gara termina tuttavia 2-2 ed è necessaria la ripetizione, che vede stavolta i rossoneri trionfare per 4-0.
Il 20 agosto 1983, i Red Devils, che schierano un centrocampo di prim'ordine, con Wilkins e Bryan Robson interni, e l'olandese Arnold Mühren (che si laureerà campione d'Europa nel 1988) e lo scozzese Arthur Grahamsulle fasce, superano 2-0 il Liverpool campione d'Inghilterra e conquistano anche il Charity Shield.
Al di là dei successi, giocare accanto a grandi giocatori favorisce la crescita di Wilkins, che nel 1984 si sente pronto per fare un'esperienza al di fuori dell'Inghilterra.

L'ESPERIENZA ITALIANA COL MILAN
I contatti telefonici fra il Milan e il Manchester United partono in Primavera. I rossoneri, tornati in Serie A dopo la seconda retrocessione sul campo, hanno ottenuto un 8° posto nel 1983/84 e vogliono affrontare al meglio la successiva stagione per puntare alla qualificazione alle Coppe europee.
Il presidente Giussy Farina, abituato dai tempi del Vicenza ai colpi ad effetto sul calciomercato, non pago dal flop rappresentato da Luther Blisset, insegue il grande acquisto da Oltremanica. Il sogno è il capitano dei Red Devils Bryan Robson. Farina ne parla apertamente con Martin Edwards, il presidente dello United.
Viene fissato così un appuntamento per mattina presto del 9 maggio 1984 al Midland Hotel di Manchester. Farina parte alla volta della Gran Bretagna con il vicepresidente, Gianni Rivera, e il Direttore generale Antonio Cardillo. Ma, con enorme sorpresa del numero uno del Diavolo, all'appuntamento, assieme ad Edwards e ad un alto dirigente dei Red Devils non c'è Robson, bensì Ray Wilkins.
Il Milan aveva offerto 3 milioni e mezzo di sterline, circa 8 miliardi di Vecchie Lire, per Robson. Ma il tecnico Atkinson, informato della trattativa, aveva protestato apertamente con la sua dirigenza e minacciato di andar via. Il Manchester United ha bisogno di far cassa, ma il rischio di perdere in un sol colpo capitano e allenatore è troppo alto e così i Red Devils fanno una controproposta al Milan:
"Se volete possiamo darvi Ray Wilkins".
Farina, superata la sorpresa iniziale, stacca un assegno da un milione e mezzo di sterline,circa 3 miliardi e mezzo di Lire. Edwards pensa che Atkinson non possa lamentarsi, e che Norman Whiteside, utilizzato in attacco fino a quel momento, possa giocare in posizione più arretrata al posto di Ray. Arriva la fumata bianca. Sono le 9.20 del mattino e Farina ordina al centralino dell'hotel una bottiglia di champagne con 6 bicchieri.
In un clima disteso con grandi sorrisi, i due del Manchester United fanno ritorno nella sede dei Red Devils, mentre gli altri quattro, Farina, Rivera, Cardillo e Wilkins, si recano in aeroporto per prendere l'aereo di ritorno per Milano. Alle ore 14 dello stesso giorno, la comitiva rossonera sbarca all'aeroporto di Linate e una folla festante di tifosi rossoneri dà il suo benvenuto al nuovo acquisto inglese.
Ray è uno dei 2 colpi inglesi del Diavolo della stagione 1984/85. Con lui arriva anche l'attaccante Mark Hateley, prelevato nell'estate 1984 dal Portsmouth. Nils Liedholm, tornato sulla panchina rossonera dopo i successi con la Roma, di centrocampisti se ne intende e affida a Wilkins le chiavi del centrocampo rossonero.
L'ex Manchester United a 28 anni è un giocatore maturo e si inserisce bene nel gruppo. Dopo 7 goal in 160 partite di campionato con il Manchester United, Wilkins pian piano si adatta alle caratteristiche peculiari del calcio italiano, che proprio in quegli anni sta vivendo un'epoca di grande splendore.
"Il lato economico non ha influenzato la mia scelta - assicura in un'intervista al 'Guerin Sportivo' -. Dopo 5 stagioni con il Manchester United era arrivato il momento di cambiare, di provare esperienze nuove, e quando il Milan mi ha contattato non ci ho pensato due volte ad accettare questo invito. In Italia si gioca un buon calcio, ci sono i migliori giocatori in attività e anch'io potrò dimostrare il mio valore".
Il Milan in cui si ritrova è ancora un Milan operaio, desideroso di rivalsa dopo gli anni più difficili della Serie B, con grandi difficoltà economiche a livello societario. Sotto la sapiente guida di Liedholm, Wilkins giocherà 2 stagioni di buon livello mentre nella terza, quella dell'arrivo alla presidenza di Silvio Berlusconi, troverà meno spazio.
Il centrocampista inglese debutta in Serie A il 16 settembre, nella prima giornata del campionato 1984/85. I rossoneri ospitano a San Siro l'Udinese di Zico, in una gara che terminerà 2-2. Wilkins gioca con la maglia numero 8, quella che diventerà la sua classica nel triennio milanese.
WikipediaQualche settimana prima, il 22 agosto, aveva fatto l'esordio assoluto in gare ufficiali, giocando in Coppa Italia nell'1-2 del Tardini con il Parma. Wilkins, con Di Bartolomei e Baresi diventa uno dei leader della squadra che ha in Virdis e Hateley i due bomber.
Il Milan di Liedholm raggiunge la finale di Coppa Italia, ma viene sconfitto dalla Sampdoria dei giovani gemelli del goal Vialli e Mancini, e si piazza al 5° posto in campionato. Wilkins contribuisce con 40 presenze senza reti, di cui 28 in Serie A e 12 in Coppa. Fra le prestazioni da incorniciare, quella nel derby di andata del 28 ottobre, con i rossoneri che tornano al successo nella stracittadina milanese (2-1) dopo 6 anni di digiuno.
Il secondo anno vede il regista inglese impegnato anche in Europa, in Coppa UEFA, ma a dicembre il cammino continentale si interrompe bruscamente contro i belgi del Waregem, che espugnano San Siro per 1-2 dopo l'1-1 in casa dell'andata. È l'anno tribolato del rischio fallimento per la società milanese, scongiurato dall'acquisto della società nel febbraio 1986 da parte dell'imprenditore Silvio Berlusconi.
Wilkins, rispetto al primo anno, si toglie qualche soddisfazione in zona goal: il 1° settembre 1985 l'inglese vive la prima 'gioia' italiana con la rete del 2-1 all'Arezzo in Coppa Italia: sponda aerea di Virdis e botta sotto la traversa, cui seguirà il sigillo personale del centravanti sardo per il 3-1 finale. Alle 6 presenze (con un goal) in Coppa Italia e alle 6 presenze in Coppa UEFA l'ex mancusiano aggiunge 29 presenze e 2 reti in campionato.
Le due reti in Serie A arrivano entrambe all'inizio del 1986, nelle settimane più difficili per il futuro del club. L'inglese è grande protagonista dell'1-1 al Partenio con l'Avellino: prima colpisce la traversa in rovesciata, poi pareggia i giochi con un gran sinistro al volo che non lascia scampo al portiere avversario.
Nel turno successivo, il 9 febbraio, a San Siro contro la Sampdoria, è sua la rete rossonera del provvisorio 2-1, che sarà alla fine pareggiata da un guizzo di Mancini. Dopo l'avvento di Berlusconi alla presidenza nel mese di marzo, il Milan delude nella parte finale della stagione e chiude il campionato al 7° posto.
Il 1986/87 vede 'Il Cavaliere' iniziare a operare ingenti investimenti per riportare il Diavolo agli antichi fasti e Wilkins non è più un titolare inamovibile della squadra di Liedholm, ma ne resta una pedina preziosa. Chiude la stagione meno positiva per lui con 16 presenze in campionato più 7 in Coppa Italia.
I rossoneri calano in Primavera, così Capello subentra a Liedholm per il rush finale. I rossoneri chiudono quinti a pari merito con la Sampdoria, e serve lo spareggio per decidere chi giocherà in Coppa UEFA. Proprio la gara con i blucerchiati, il 23 maggio 1987, vinta 1-0, sarà l'ultima ufficiale giocata da Wilkins in Italia.
Il centrocampista inglese chiude il triennio rossonero con un bilancio di 3 goal in 105 presenze, lasciando un ottimo ricordo ai compagni di squadra e ai tifosi rossoneri, che ne hanno sempre apprezzato la professionalità e l'impegno.
La stagione 1986/87 ha inoltre la bella parentesi del Mundialito Club, che vedrà i rossoneri vittoriosi. Ad assegnare il trofeo ai rossoneri è la vittoria per 1-0 nell'ultima partita contro il Barcellona. Wilkins è fra i protagonisti e va vicino al goal in due occasioni, assistito sempre da Claudio Borghi, uno dei volti nuovi del Diavolo.
A fine partita i rossoneri si aggiudicano il trofeo, il primo vinto da Silvio Berlusconi, e c'è festa anche per Wilkins, che con Hateley andrà via per lasciar spazio ai nuovi stranieri Gullit e Van Basten (mentre Borghi sarà dirottato al Como). Al fischio finale Ray viene caricato in spalla dai compagni e portato in trionfo sotto la Curva Sud per ricevere il giusto tributo.
GettyMONDIALI ED EUROPEI CON L'INGHILTERRA
Negli anni Settanta Wilkins è uno dei giocatori su cui decide di puntare il Ct. dell'Inghilterra, Don Revie, dopo la mancata qualificazione dei Tre Leoni ai Mondiali del 1974. Il centrocampista fa il suo esordio in Nazionale il 28 maggio 1976 a New York contro l'Italia nel Torneo del Bicentenario (3-2 il risultato in favore degli inglesi).
Ci giocherà per un decennio, disputando gli Europei del 1980 in Italia, e 2 edizioni dei Mondiali: Spagna '82 (5 presenze) e Messico '86 (2 presenze). Chiude (male) l'avventura venendo espulso nella 2ª gara del torneo vinto dall'Argentina, nella gara pareggiata per 0-0 contro il Marocco. In mezzo anche la soddisfazione, per lui, di indossare la fascia da capitano dei Tre Leoni in ben 10 occasioni. In tutto, per 'Razor', 3 goal in 84 partite.
UN LUNGO GIROVAGARE FRA SCOZIA E INGHILTERRA
Salutata l'Italia e il Milan nell'estate del 1987, Wilkins inizia a 31 anni un piccolo tour in giro per l'Europa. Nel 1987/88 indossa in Francia la maglia del PSG (13 presenze) per poi far ritorno in patria e disputare 2 stagioni in Scozia con i Rangers, con cui torna a vincere, aggiudicandosi 2 campionati e una Coppa di Lega, e partecipa alla Coppa dei Campioni.
Tornato in Inghilterra, diventa una bandiera del QPR, con cui gioca in tutto 7 anni, fra First Division e Premier League (176 presenze e 8 goal nei soli campionati), intervallati da una breve apparizione al Crystal Palace (1 partita).
Prolunga ancora la carriera da calciatore vestendo le casacche di Wycombe (1 presenza), Hibernian in Scozia (16 gare), Millwall e Leyton Orient (3 partite con entrambi i club). A 40 anni, nel 1997, si ritira quindi dal calcio giocato.
Getty ImagesLA DEPRESSIONE
Proprio l'addio ai campi causa all'ex rossonero, come lui stesso racconterà, problemi di depressione.
"Io ho sempre avuto problemi di insicurezza - ha rivelato al 'Daily Mail' -. All'età di 18 anni, quando diventai capitano delle Giovanili del Chelsea, mi davano il valium per calmarmi l'ansia. E ho risofferto di depressione alla fine della carriera, dopo l'addio al QPR. Il senso di vuoto era opprimente. È dura rimpiazzare quello che ti dà lo sport".
WILKINS ALLENATORE
Smessi i panni del calciatore, Wilkins intraprende la carriera da allenatore. Non da primo allenatore, però, ma da vice, ruolo che, proprio per i suoi problemi psicologici, gli permette di restare nell'ambiente del calcio senza esporsi troppo in prima persona.
In queste vesti lavora soprattutto con il Chelsea, dopo aver iniziato con QPR e Fulham. Nei Blues, fra gli altri, è assistente di Gianluca Vialli, Guus Hiddink e Carlo Ancelotti, e per due volte, dopo l'esonero di Vialli e dopo l'esonero di Felipe Scolari, assume ad interim l'incarico di allenatore della squadra.
A inizio millennio lavora anche con il Watford e l'Inghilterra Under 21. Ma nel 2010, dopo l'esonero dai Blues, Ray ripiomba nel suo incubo, cui si aggiungono anche problemi di alcolismo e una colite ulcerosa.
"Il mio equilibrio precario crollò nuovamente nel 2010 - racconterà al 'Daily Mail' - . Il licenziamento mi ha fatto sprofondare in un buco profondo ho sofferto nuovamente di depressione e uno stato mentale come questo favorisce l'abuso di alcol. Alla fine non si sa dove cominci una cosa e finisca l'altra. Nel maggio 2012 mi fermarono in strada all'etilometro e mi trovarono un livello di alcol superiore a tre volte il consentito. Un giorno finalmente parlai con mia moglie Jackie e i ragazzi. Mi dissero: 'Stai andando sempre più giù, hai bisogno di aiuto'. Mi rivolsi allora allo Sporting Chance, la struttura per atleti che soffrono di problemi di salute mentale e dipendenze".
GettyWilkins, ancora una volta, lentamente si rialza. Nel 2013/14 torna a lavorare come vice-allenatore del Fulham, ma viene esonerato, dopo esser stato protagonista di un acceso litigio con il manager del Liverpool Brendan Rodgers.
"Ho affrontato un lungo percorso, frequentando le riunioni degli alcolisti anonimi e dei tossicodipendenti anonimi - ha rivelato Ray -. E ho cominciato anche a prendere 7 pillole al giorno per combattere la colite ulcerosa. Lentamente sono rinato. Ora vado dallo psicoterapeuta una volta alla settimana e le pasticche sono diminuite. Purtroppo la colite ulcerosa ha effetti imbarazzanti. Ti costringe ad andare al bagno più volte al giorno. Io ho rischiato persino l'asportazione dell'intestino e di vivere con 'il sacchetto'...".
"Dopo il diverbio con Rodgers - ha spiegato - non sono tornato in campo dopo l'intervallo perché stavo male, non perché fossi ubriaco, come qualcuno ha scritto. Ora il peggio è passato e vorrei soltanto tornare a lavorare".
Torna in panchina ancora una volta, per fare il Ct. della Giordania, unica esperienza in carriera da primo allenatore, e infine il vice all'Aston Villa. Lascia l'incarico nell'ottobre 2015 dopo l'esonero di Sherwood. Lavora anche come commentatore televisivo per Sky UK.
LA MORTE E IL RICORDO
Ma l'alcol, si sa, è una brutta bestia. E nel luglio 2016 a Ray viene sospesa la patente per 4 anni per guida in stato di ebbrezza. Le sue condizioni di salute sono precarie e il 30 marzo 2018, dopo esser stato colpito da un infarto, l'ex centrocampista del Milan viene ricoverato al St. George's Hospital di Tooting di Londra. Il successivo 4 aprile, dopo 6 giorni di coma, arriva a tutti la triste notizia: Ray Wilkins non ce l'ha fatta.
Il Mondo del calcio, come spesso accade in questi contesti, si stringe attorno all'ex centrocampista dell'Inghilterra e ai suoi familiari, la moglie Jackie e i due figli Ross e Jade con tanti messaggi di affetto e cordoglio. Tutti coloro che lo hanno avuto accanto e ci hanno lavorato, come Carlo Ancelotti, si sentono in dovere di manifestare il proprio cordoglio.
Fa di più il Milan, che la sera di quel 4 aprile è impegnato nel derby contro l'Inter. In ricordo del suo leader silenzioso, i rossoneri giocano con il lutto al braccio e la partita è preceduta da un minuto di silenzio. Franco Baresi, che di Wilkins era stato compagno di squadra, gli rende omaggio portando a San Siro un mazzo di fiori, e deponendoli sotto la Curva Sud assieme alla maglia numero 8.
Facendo lo stesso percorso di quella notte del Mundialito '87, quando tutti i compagni, allora, avevano omaggiato l'inglese che salutava l'Italia e la maglia rossonera portandolo in trionfo per l'omaggio dei tifosi. Questa volta allo storico capitano tocca il compito più difficile, rivolgere il suo sentito commiato all'ex compagno di tante battaglie.
Baresi, con le sue poche parole affidate a Twitter, sintetizza bene il pensiero di tutti i rossoneri che hanno voluto bene a Ray. Non un fuoriclasse, ma sicuramente una solida certezza per un Milan che in quegli anni si rialzava dal periodo più difficile della sua storia.
"In questi momenti non sai mai cosa dire - ha scritto Franco -, ma è stato un onore averti avuto come compagno. Eri speciale,un signore in campo e fuori. Grazie Ray Wilkins, riposa in pace".
