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Ramón Angel Díaz, 'El puntero triste': bomber implacabile e allenatore di successo

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Nella sua carriera ha realizzato oltre 250 goal fra club e Nazionali. Ha segnato in tre diversi continenti (Sud America, Europa e Asia) ma, dopo essere esploso giovanissimo, aver vinto da protagonista un Mondiale Under 20 nell'Argentina con Diego Armando Maradona, dirà addio presto alla Nazionale, entrando in conflitto con quest'ultimo ai Mondiali di Spagna '82.

L'antipatia del 'Diez' nei suoi confronti costerà a Ramón Angel Díaz, nonostante una classe e un talento indiscutibili, l'ostracismo dall'Albiceleste. Vincerà comunque tanto in patria con il River Plate, la squadra che diventa una seconda pelle, per poi approdare in Serie A, il campionato più bello e difficile, vestendo inizialmente la maglia del Napoli.

Ma all'ombra del Vesuvio Díaz sembra smarrito e delude le attese. Viene così frettolosamente ceduto l'anno seguente all'Avellino, neopromosso in Serie A. E in provincia il campione si ritrova, diventando uno dei protagonisti del ciclo d'oro biancoverde. Al Partenio vive alcuni dei momenti più felici dell'esperienza italiana, conquistando anche un Torneo estivo nel 1986, prima di trasferirsi alla Fiorentina del Conte Pontello.

In viola segna ancora, pur entrando anche qui in conflitto con la società a livello temperamentale. Nel 1988 si trasferisce così all'Inter, dove forma una grande coppia d'attacco con Aldo Serena e conquista lo Scudetto dei record. Nel 1989 viene però rimpiazzato con Klinsmann e fa tappa in Francia, al Monaco, facendo anche coppia con un giovane George Weah prima di volare in Giappone e chiudere la carriera, ancora da bomber, negli Yokohama Marinos.

Dopo il ritiro all'età di 35 anni, si afferma come allenatore di successo sulle panchine di River Plate e San Lorenzo, per poi girare il Mondo e guidare anche la Nazionale del Paraguay.

ENFANT PRODIGE AL RIVER PLATE

Ramón Angel Díaz nasce il 29 agosto 1959 a La Rioja, capitale dell'omonima provincia argentina. Suo padre gli diede il nome Angel in onore di Angel Labruna, il forte attaccante del River Plate de 'La Máquina', suo idolo.

Con un padre tifosissimo dei Los Millonarios, per Díaz, che con il pallone dimostra di saperci fare fin dalla tenera età, non possono che spalancarsi le porte del club di Buenos Aires. Dopo la trafila nel Settore giovanile del club, a 18 anni di età, il 13 agosto 1978, Díaz fa il suo debutto in Prima squadra nel massimo campionato argentino, con Labruna nel ruolo di Direttore tecnico della squadra. Il River quel giorno supera il Colón 1-0.

Diciasette giorni dopo, la giovane punta segna il suo primo goal nella Primera División argentina nel pareggio esterno per 1-1 contro il Quilmes. Un anno più tardi, nell'agosto 1979, vince il suo primo titolo, il Torneo metropolitano 1979, nel quale gioca accanto, fra gli altri, a compagni di squadra come Fillol, Alonso, e Passarella.

Il 1979 vede il River fare il bis nel Torneo Nazionale: Díaz a soli 20 anni è il bomber dei 'Los Millonarios' con 8 reti segnate. La promessa del calcio argentino entra definitivamente nella storia del club biancorosso il 2 marzo 1980, quando il River espugna la Bombonera con il risultato di 5-2 e lui realizza 2 reti, la prima e l'ultima, nella goleada storica contro i rivali degli Xeneizes, e disputa uno dei migliori Superclasicos della sua carriera.

È un momento magico per il River, che infatti nell'agosto del 1980, con 4 giornate di anticipo sulla conclusione del torneo, conquista il suo secondoCampionato metropolitano consecutivo. I goal realizzati da Díaz salgono a 14 (ben 22 fra i due tornei nell'anno solare, più 4 in 7 presenze in Copa Libertadores), e ancora una volta la giovane punta è il miglior marcatore della sua squadra.

Per il 4° titolo in maglia biancorossa bisogna invece aspettare il mese di dicembre del 1981. Díaz conquista il secondo Campionato Nazionale della sua carriera da calciatore professionista. Le retifra i due tornei nell'anno solare sono ben 18 in 47 partite, più altre 3 in 6 presenze in Copa Libertadores. In 4 anni, da quando aveva esordito in Prima squadra, aveva collezionato complessivamente 61 goal in 202 gare giocate.

L'ARGENTINA: DAI MONDIALI UNDER 20 AL PRECOCE ADDIO

Dopo aver conquistato il primo titolo argentino con il River, nel 1979 'El Flaco' Menotti convoca Díaz per i Mondiali Under 20 che si giocano in Giappone. Attaccante piccolo (un metro e 71 centimetri per 67 chilogrammi), è rapidissimo e grazie al buon fiuto del goal sa essere letale negli spazi.

Menotti lo sceglie come partner d'attacco di Diego Armando Maradona in quella Selección. La punta tascabile del River inizia i Mondiali rifilando una tripletta all'Indonesia, travolta 5-0, rubando un po' la scena al Pibe de Oro, autore di una doppietta nella gara d'esordio.

Díaz si ripete negli ottavi di finale (tripletta nel 5-0 all'Algeria) e va in goal anche in semifinale con l'Uruguay(2-0) e nella finalissima, il 7 settembre 1979, segnando con un'accelerazione palla al piede delle sue la rete del sorpasso all'URSS, che sarà sconfitto 3-1, con il terzo goal firmato da Maradona.

Con le 8 reti realizzate, l'attaccante del River Plate si laurea anche capocannoniere del torneo, vincendo la Scarpa d'Oro, ed è premiato con il Pallone di bronzo della competizione, come terzo miglior giocatore, mentre il Pallone d'Oro se lo aggiudica il suo compagno di reparto Maradona.

I Mondiali Under 20 sono di fatto il trampolino di lancio dell'attaccante di La Rioja, che appena cinque giorni dopo l'exploit in terra nipponica esordirà con la Nazionale maggiore. È il 12 settembre, e all'Olympiastadion di Berlino la Germania Ovest supera 2-1 l'Albiceleste. Díaz subentra nella ripresa al posto di Sergio Fortunato.

Ramon DiazGetty

Nel 1982, a 22 anni, "El Pelado", come lo chiamano i suoi connazionali, è già uno degli attaccanti argentini più forti e viene dunque convocato da Menotti per i Mondiali di Spagna, ai quali l'Argentina si presenta da campione del Mondo in carica fra le favorite.

Ma dopo le difficoltà della Prima fase, con l'Albiceleste che chiude il proprio girone solo al 2° posto alle spalle del Belgio, nella seconda i sudamericani cadono due volte. La coppia Díaz-Maradona scoppia e le sconfitte con Italia (2-1) e Brasile (3-1) segnano l'eliminazione dei campioni del Mondo dal torneo.

L'attaccante del River, che disputa il torneo con un inedito numero 6 sulle spalle, timbra, con un potente destro da fuori area, l'unica rete dei suoi nella disfatta decisiva contro la Seleçao (5 gare e una rete nel torneo). Dopo il Mondiale di Spagna, Carlos Bilardo sostituirà Menotti come Commissario tecnico, e per l'antipatia nei suoi confronti di Maradona, Ramón Díaz, pur continuando a giocare ad alti livelli, non sarà mai più convocato.

Bilardo, in verità, pensa ad inserirlo nel parco attaccanti dell'Albiceleste per i Mondiali di Italia '90. Ma all'ultimo viene rimpiazzato con l'attaccante della Cremonese Gustavo Abel Dezotti. Si parla di un problema fisico, ma la verità sarebbe ben diversa:

"Il motivo della mancata convocazione di Diaz - racconterà a 'Tyc Sports' Oscar Ruggeri, difensore di quella squadra - sta nel fatto che lui era ai ferri corti con Diego, e a volte in un gruppo devi fare delle scelte dolorose".

La partite contro il Brasile del 2 luglio 1982 sarà dunque l'ultima delle sue 22 presenze in gare ufficiali, condite da 10 goal.

DÍAZ IN ITALIA: IL FLOP AL NAPOLI

Nell'estate del 1982, chiuso il torneo spagnolo, il suo nome è sul taccuino di Giuseppe Bonetto, uomo mercato del Napoli assieme a Franco Janich. I due portano alla guida della squadra Massimo Giacomini, giovane tecnico in rampa di lancio dopo le esperienze con Udinese, Milan e Torino.

E decidono di puntare sul centravanti del River Plate come colpo ad effetto: a consigliare al presidente Corrado Ferlaino l'acquisto del bomber col volto da indio, che aveva fatto sfracelli a livello giovanile, era stato qualche mese prima anche lo stesso Omar Sivori.

Ceduti Palanca, Damiani e Musella, nonostate i Mondiali negativi per l'Argentina, Díaz è dunque comprato dal Napoli per 2 miliardi e mezzo di vecchie Lire. Già nel corso del torneo spagnolo sui giornali si sprecano i fotomontaggi che lo rappresentano con la maglia azzurra del club partenopeo.

I partenopei sono convinti di aver preso una prima punta, e invece si renderanno presto conto che Díaz, che con le difficoltà di ambientamento e il carattere chiuso è presto ribatezzato 'El puntero triste', 'L'attaccante triste'. Il nuovo acquisto, che debutta il 18 agosto 1982 in Coppa Italia nel derby contro la Salernitana (vittoria per 1-0 all'Arechi), sorride poco e ha spesso un'espressione pensierosa.

Il 1° settembre 1982, a Roma contro la Lazio, dà un saggio delle sue potenzialità, propiziando sempre in Coppa, la vittoria per 2-1 dei campani con una doppietta personale. Se in Coppa Italia i risultati sono positivi, e la squadra si qualifica agli ottavi di finale, l'avvio del campionato è disastroso. Díaz fa il suo esordio in Serie A il 12 settembre, nel pareggio interno per 0-0 contro l'Udinese.

Il 26 settembre l'argentino realizza anche il suo primo goal nel massimo campionato italiano, contribuendo alla prima vittoria, che arriva al San Paolo contro il Catanzaro (2-0). Tuttavia la squadra non gira: Giacomini rimedia 3 sconfitte e un pareggio nelle prime 5 giornate, che proiettano i campani in fondo alla classifica.

In Coppa UEFA il goal di Díaz a Tbilisi (sconfitta per 2-1), assieme alla vittoria del match di ritorno in casa (1-0) consentono al Napoli di superare il Primo turno. Ma il Kaiserslautern avrà la meglio in quello successivo, benché Díaz segni ancora un goal all'andata (sconfitta per 2-1 al San Paolo e k.o. per 2-0 in Germania occidentale).

A novembre, dopo una sconfitta contro il Cagliari, Giacomini è rimosso dall'incarico e al suo posto è chiamato come Direttore tecnico Bruno Pesaola, affiancato dal tecnico Gennaro Rambone. La squadra chiude il girone di andata all'ultimo posto assieme al Catanzaro con 9 punti, con Diaz a segno soltanto 2 volte, la seconda nell'1-1 con il Torino. Ai vertici della società Marino Brancaccio prende il posto del dimissionario Ferlaino.

'El Puntero triste' è visto come un oggetto misterioso, ma sicuramente l'andamento negativo del Napoli non lo aiuta. Pesaola, comunque, riesce a risollevare le sorti dei partenopei, che, lentamente risalgono e chiuderanno la stagione in 10ª posizione, grazie a 6 successi nel girone di ritorno. Díaz aggiunge appena un'altra rete, il 20 febbraio 1983 alla Roma nel rovescio per 5-2 nel Derby del Sud.

La sua prima stagione italiana è molto deludente, anche se ai 3 goal in 25 presenze in campionato, vanno aggiunti 2 goal in 4 gare in Coppa UEFA e 3 in 9 partite in Coppa Italia (l'ultimo nella vittoria casalinga per 2-0 sul Cesena nel ritorno degli ottavi), competizione che vede i campani raggiungere i quarti di finale ed essere eliminati dal Torino.

GLI ANNI D'ORO AD AVELLINO

Gli 8 goal complessivi in 38 gare non bastano a Díaz a guadagnarsi la conferma per la stagione 1983/84: 'El Puntero Triste' è così frettolosamente girato in prestito in provincia, all'Avellino, dopo una sola stagione. Né il Napoli, né probabilmente l'attaccante argentino, possono immaginare che la squadra irpina coinciderà con un triennio d'oro della sua carriera.

Con la sua 'garra' sudamericana, la rapidità, l'agilità e i suoi piedi raffinati, che farà valere anche sui calci di punizione, Díaz dimostra a tutti di poter fare la differenza anche nel "Campionato più bello e più difficile del Mondo", come veniva definita all'epoca la Serie A, e coglie il suo riscatto.

La stagione 1983/84, nella quale fa coppia in attacco con il peruviano Geronimo Barbadillo o Bergossi, lo vede subito protagonista della salvezza degli irpini, con 7 goal segnati in 24 gare di campionato, più altre 4 presenze in Coppa Italia.

Ramón Díaz ci mette poco a diventare uno degli idoli dei tifosi biancoverdi.Gli bastano pochi minuti all'esordio con la nuova squadra in Serie A, il 12 settembre, per far capite che al Partenioè atterrato un fenomeno. Appena subentrato al posto di Bergossi, infatti, all'80' mette a sedere Tassotti e serve a Franco Colomba l'assist per lo storico 4-0 dell'Avellino sul Milan.

I biancoverdi impongono a tutti la celebre 'Legge del Partenio', e anche le big del campionato devono spesso pagare dazio contro gli irpini. Il primo dei 7 goal arriva alla 2ª giornata nella sfida salvezza persa con l'Ascoli, ma il cambio di passo in campionato c'è soltanto dopo l'esonero di Veneranda, il 21 novembre, e l'arrivo in panchina di Ottavio Bianchi. Quest'ultimo porta la squadra nel girone di ritorno a conquistare la salvezza (12° posto finale) grazie ai 16 punti collezionati.

Diaz contribuisce con 6 centri da dicembre a maggio del 1984, di cui 2 alla Roma, sua vittima preferita, e quello sul piano personale più importante, contro il Napoli, il 12 febbraio. Colui che nel capoluogo avevano ribatezzato 'El Puntero triste', si toglie la soddisfazione di regalare i 2 punti alla sua squadra: il derby campano giocato al Partenio è infatti deciso da un suo calcio di punizione a giro dal limite dell'area, con la palla che tocca la parte interna del legno e si infila all'incrocio dei pali alle spalle di Castellini.

Il campionato 1984/85 dovrebbe vederlo nuovamente con la maglia del Napoli, ma il colpo Maradona realizzato da Ferlaino farà sì che il suo cartellino venga ceduto a titolo definitivo alla società irpina. è meno positivo sull'aspetto meramente personale, con appena 5 reti in 27 gare, più 5 apparizioni in Coppa Italia, ma l'Avellino, che si piazza 11°, è nuovamente salvo. L'argentino segna all'Inter (sconfitta 2-1), all'Ascoli (vittoria 2-0), alla Juventus (altro k.o. per 2-1), alla Sampdoria (successo importante per 2-1) e nell'ultima giornata nella gara che consegna lo Scudetto al Verona (4-2 per i gialloblù).

La stagione più bella è però la terza in biancoverde, nel 1985/86. Nell'anno che conduce ai Mondiali messicani, Díaz entra nella storia dell'Avellino diventando il primo e finora unico giocatore del club ad aver chiuso un campionato di Serie A in doppia cifra. L'argentino mette a referto 10 centri in 27 partite, più una rete in 5 match di Coppa Italia.

L'idolo dei tifosi neroverdi trascina la squadra ad un altro 12° posto. Delle sue reti, meritano menzione le ennesime siglate contro la Roma (vittoria per 1-0 al Partenio all'andata, sconfitta per 5-1 all'Olimpico), la sua prima doppietta in Serie A, a spese della Sampdoria (0-2 al Ferraris), e i 3 goal nel finale di stagione che contribuiscono ad altrettanti successi sul Lecce e sulla Fiorentina al Partenio (2-1 sui salentini, 3-1 sui viola) e fuoricasa contro il Bari (0-1).

L'indio dal volto triste, non convocato da Bilardo ai Mondiali '86, saluta l'Irpinia non prima di aver contribuito alla conquista del Torneo estivo, competizione ufficiale riconosciuta dalla FIGC e organizzata per quelle squadre eliminate prima delle semifinali di Coppa Italia.

Il 10 maggio 1986 l'attaccante argentino è titolare nel derby campano che si gioca al Partenio e firma la rete del provvisorio 4-0 per i suoi, prima della sostituzione al 60' e al saluto ai suoi tifosi. Sarà infatti anche l'ultima delle sue 93, condite da 24 reti, con la maglia biancoverde.

Contro gli azzurri privi di Maradona e degli altri nazionali finisce 5-1, ed è soltanto la prima di 6 vittorie consecutive (contro Bari, Inter, Udinese, Juventus e ancora Bari) che porteranno i campani, guidati da Angelillo, ad aggiudicarsi il torneo, di cui anche l'ex River Plate può a ragione fregiarsi.

DALLA FIORENTINA ALLO SCUDETTO CON L'INTER

L'Avellino, alle prese con problemi economici, già prima della partita con il Napoli, aveva messo Díaz sul mercato, nella speranza di rimpinguare le casse societarie con la sua cessione. L'accordo viene raggiunto con la Fiorentina del Conte Flavio Callisto Pontello, attraverso l'azione del D.s. Claudio Nassi, che riesce a strappare l'attaccante al Torino.

I toscani pagano 10 miliardi di Lire all'Avellino per il cartellino, più 700 milioni di ingaggio al calciatore. Pontello sta però cercando un acquirente per la società, e il colpo Díaz ha l'obiettivo di aumentare l'appeal della stessa. Senonché nessuno si presenta e il Conte decide di licenziare Nassi e impugnare il contratto oneroso dell'attaccante.

Sicuramente non il modo migliore per iniziare il rapporto col calciatore, che alla fine si accorda per un ingaggio più basso con tuttavia la previsione di un premio al raggiungimento dei 10 goal. In campo la squadra, guidata da Eugenio Bersellini, composta da veterani agli ultimi scampoli di carriera, fra cui Giancarlo Antognoni e Claudio Gentile, e giovani in rampa di lancio, come Roberto Baggio e Nicola Berti, alterna prestazioni buone a blackout imprevisti.

A fine stagione 1986/87 sarà soltanto 10° posto con 4 lunghezze di margine sulla zona retrocessione. Díaz comunque farà il suo, andando di nuovo in doppia cifra: 10 reti per lui in 29 presenze, miglior marcatore della squadra, più 2 apparizioni in Coppa UEFA e 4 in Coppa Italia.

Fra i goal ancora una volta ne segna di pesanti: subito quello dell'ex all'Avellino il 14 settembre (ma gli irpini vincono 2-1 al Partenio), nuova doppietta alla Sampdoria alla 2ª giornata, per balzare addirittura al comando provvisorio della classifica marcatori.

Poi ancora una rete rifilata ai rivali della Juventus (1-1), l'immancabile centro contro la Roma (vittoria viola per 2-1), e altri 2 goal dell'ex al Napoli (successo toscano per 3-1) e all'Avellino (2-0 alla prima di ritorno). E nella seconda parte di stagione di nuovo rete alla Roma, stavolta all'Olimpico (1-1).

Fuori dal campo continua a non essere amato, ma sul rettangolo verde l'argentino fa il suo anche nel suo secondo anno a Firenze, sotto la guida di Sven-Goran Eriksson. Il rapporto giocatore-allenatore in questo caso non è idilliaco, ma ciò non impedisce al 'Puntero triste' di realizzare comunque 7 goal in campionato in 24 gare, più 5 in Coppa Italia in 7 presenze.

In Serie A le giornate di gloria le vive soprattutto con il Milan di Sacchi alla 2ª giornata (0-2 per i viola a San Siro), quando, dopo aver mandato in tilt Tassotti, al 76', raccoglie una respinta corta di Giovanni Galli su tiro di Baggio e ribadisce in rete, e con il Napolidi Maradona al Comunale alla penultima giornata (3-1 per i toscani) quando sblocca al 6' il risultato firmando l'1-0 contro la sua ex squadra. Sempre ai partenopei aveva rifilato uno dei goal del successo per 2-3 al San Paolo nell'andata degli ottavi di finale, ma la squadra di Bianchi ribalta poi tutto al Comunale (1-3) e accede ai quarti.

L'avventura alla Fiorentina termina dopo due anni con 22 goal in 66 gare. Nell'estate 1988, infatti, l'argentino saluta la maglia viola: Giovanni Trapattoni lo sceglie dopo la rinuncia a Madjer, 'Il Tacco di Allah', come terzo straniero per fare da partner all'ariete Aldo Serena. Sarà una mossa vincente: 'El Pelado'gioca praticamente sempre, e si integra alla perfezione come spalla del bomber di Montebelluna, dando un contributo decisivo per lo Scudetto dei record dei nerazzurri.

Díaz e Serena segnano 34 goal in due: 22 reti l'italiano, 12 l'argentino, con doppiette al Bologna (0-6), e a Roma con la Lazio (1-3). 'El Pelado', con la sua rapidità e la sua classe, si trova a suo agio negli schemi dell'allenatore di Cusano Milanino e apre gli spazi per il suo compagno di reparto.

L’ultimo goal di quella stagione lo segna nell’ultima giornata di campionato proprio alla Fiorentina, volata a San Siro alla ricerca di punti che le consentissero di qualificarsi alla Coppa UEFA della stagione successiva, ma punita dalla 'legge dell'ex' e costretta allo spareggio con la Roma.

Ma l'idillio dura poco: l'anno seguente i nerazzurri puntano su Jürgen Klinsmann e a causa del limite dei 3 stranieri sono costretti a dare il benservito a Díaz, che a quel punto saluta i nerazzurri (15 reti in totale) e l'Italia per tentare l'avventura in terra francese.

La Fiorentina, a dire il vero, potrebbe riprenderlo, ma ci rinuncia:

"Amo il calciatore, per nulla l'uomo - dichiarerà il Conte Pontello nell'estate 1989 -. Riprenderlo con noi? Piuttosto gioco io centravanti".
Ramon Diaz Monacosoccernostalgia.blogspot

GLI ULTIMI ANNI: MONACO E YOKOHAMA MARINOS

'El Pelado' va al Monaco, e in due anni conquista la Coppa di Francia nella stagione 1990/91, facendo spesso coppia con un giovane George Weah. Totalizza 30 goal in 78 presenze, prima di far ritorno in patria con il suo River Plate per cogliere altri successi: il Torneo di Apertura del 1991 e quello del 1993.

Il primo, 'Los Millonarios' lo vincono nella gara contro il Rosario Central. Gli avversari si portano in vantaggio, e Díaz sbaglia anche un rigore, salvo rimontare e firmare l'impresa con una doppietta nel finale di gara. Il titolo del 1993, invece, sarà anche il 6° e ultimo vinto da giocatore del River Plate.

Nel destino del 'Puntero triste' c'è però il Giappone, dove da giovane tutto si può dire abbia per lui avuto inizio. Così a 34 anni l'attaccante argentino firma per lo Yokohama Marinos, con cui milita per due anni e mezzo ancora ad alti livelli: realizza infatti, fra campionato e Coppa dell'Imperatore, 55 goal in 83 presenze.

Ramón Díaz è uno di quei calciatori che lanciano il calcio professionistico nel Sol Levante, e nel 1993 si laurea anche capocannoniere del Campionato nipponico con 28 goal complessivi, prima di ritirarsi nella primavera del 1995 all'età di 35 anni.

A rendere giustizia all'attaccante argentino, da molti accusato di avere un carattere difficile, restano le cifre di una carriera straordinaria: 271 i goal complessivi realizzati fra squadre di club e Nazionali, in 639 presenze.

Ramon Diaz River PlateInternet

ALLENATORE DI SUCCESSO E GIRAMONDO

Diventato presto allenatore, Díaz si dimostra un vincente anche dalla panchina: alla guida del River Plate fa infatti subito incetta di titoli: 4 campionati argentini (3 di Apertura, 1996, 1997 e 1999, e uno di Clausura nel 1997), la Copa Libertadores del 1996 e la Copa Sudamericana l'anno seguente.

Perde invece contro la Juventus di Lippi l'Intercontinentale del 1996. Dimessosi da guida tecnica dei Millonarios nel 2000, ci torna l'anno seguente conquistando il suo quinto campionato con i colori biancorossi, il Torneo di clausura del 2001.

Ramon Diaz | River Plate 18052014Getty Images

Salutato il River Plate, intraprende una carriera da tecnico giramondo:guida negli anni l'Oxford United in Inghilterra, San Lorenzo (con cui conquista il 6° campionato da tecnico, il Torneo di Clausura 2007)e Independiente in patria, l'America in Messico e la Nazionale paraguayana dal 2014 al 2016, rassegnando le dimissioni dopo la Copa America del Centenario. In mezzo l'immancabile ritorno ai Millonarios dal 2012 al 2014, stavolta però senza trionfi.

Gli ultimi anni lo hanno visto guidare ancora l'Al-Ittihad in Arabia Saudita, il Pyramids FC in Egitto, il Libertad in Paraguay, il Botafogo in Brasile, l'Al Nasr negli Emirati Arabi e, in due periodi distinti, l'Al-Hilal, squadra di cui è ancora oggi l'allenatore e con cui ha vinto 2 campionati sauditi (2017 e 2018) e una Coppa nazionale.

'L'attaccante triste', prima in campo, e poi in panchina, ha fatto ricredere ampiamente i suoi detrattori e sorridere tanti tifosi in giro per il Mondo. In Italia ancora oggi è molto amato ad Avellino e dai sostenitori dell'Inter, cui ha regalato i momenti più belli della sua avventura in Serie A.

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