Roberto Baggio 16 maggio 2004GOAL

Non è più domenica: l'ultima partita di Baggio e il tributo di San Siro

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"Da quando Baggio non gioca più non è più domenica": ormai da anni le parole di Cesare Cremonini rievocano una dolce malinconia ripensando a colui che da molti viene ritenuto il più grande giocatore italiano di tutti i tempi.

Quel 16 maggio 2004 ha segnato la fine di un'era per il calcio italiano: un campione senza tempo capace di far sognare milioni di italiani, innamorati di quel codino che per anni fu l'incarnazione del numero 10.

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Dalle 'notti magiche' di Italia '90 al Mondiale da eroe di 'USA '94': emozioni stampate nella testa di un'intera nazione, capace di commuoversi nel giorno dell'addio. E non poteva che arrivare nel magnifico teatro di San Siro il saluto al Roberto Baggio giocatore: il giusto tributo a una carriera lunga 488 partite, con 218 goal all'attivo.

Siamo al minuto 84 di un Milan-Brescia di fine stagione e la 'Scala del calcio' è vestita del suo abito migliore: tutto esaurito per festeggiare il 17° Scudetto e salutare il 'Divin Codino'. L'immagine del numero 10 italiano che abbraccia Paolo Maldini diventerà ben presto il sigillo di un addio perfetto: il poster di un momento che molti avrebbero voluto non arrivasse mai.

Baggio bresciaGetty
"La cosa che più mi ha emozionato è stato l'applauso che mi ha regalato San Siro, uno stadio completamente pieno, l'affetto di tutta la gente che mi accompagnava nei miei ultimi secondi in campo da calciatore. In quell'applauso è stata riassunta un po' tutta la mia carriera", ammetterà Baggio qualche anno più tardi.

Nessuna lacrima, ma tante emozioni in quello sguardo alto verso le tribune: l'abbraccio con i giocatori in campo e in panchina, poi la passerella sotto l'urlo commosso di un popolo consapevole di aver avuto la fortuna di vivere uno dei momenti storici del calcio mondiale.

Da Vicenza a Brescia, passando per la Fiorentina, la Juventus, il Milan, il Bologna e l'Inter: maglie che dividono, mentre Baggio unisce. Perché il Divin Codino è stato di tutti coloro che hanno urlato almeno una volta per la maglia azzurra: senza dubbio il giocatore più amato a ogni latitudine del nostro paese.

Il match ha il giusto sapore della festa in casa rossonera e nel primo tempo vanno a segno Tomasson e Shevchenko, mentre Baggio strappa un primo lungo applauso del pubblico scheggiando la traversa con una splendida punizione. Nella ripresa c'è spazio per altre due reti del Milan, ancora con Tomasson e Rui Costa: a questo punto la grande attesa è tutta rivolta al momento in cui il tecnico De Biasi concede la standing ovation al suo numero 10.

"Quando uscii dal campo dentro di me mi sono detto: è finita Roberto, ora è veramente finita. La cosa che mi colpì è che l’ultima partita della mia vita l’avevo giocata nella scala del calcio davanti a Paolo Maldini, un altro immenso campione. E mentre uscivo per la sostituzione Paolo mi abbracciò. Mi scappò quasi una lacrima. Salutai il pubblico, tutto San Siro era in piedi: vedevo bambini, ragazzi e padri di famiglia piangere. Solo in quel momento ho capito quanto la gente mi ha voluto bene".

Il Pallone d'Oro del '93, la prima rete in azzurro, lo slalom di Italia '90, le magie americane e le lacrime di Pasadena: ricordi che tornano indelebili nel momento in cui cala il sipario, pochi ultimi pesanti passi verso quel tunnel che mette la parola fine a una splendida avventura.

Roberto Baggio Italy World Cup 1994

Tutti in piedi dunque per urlare a squarciagola, per l'ultima volta, il nome di uno dei più grandi numeri 10 di ogni epoca: frastornato, quasi incredulo, il capitano del Brescia si avvia a bordo campo stordito dall'urlo di uno stadio che rappresenta un popolo intero.

Una nazione che ringrazia il suo simbolo. Perché per anni l'Italia del calcio è stata Roberto Baggio. E sono 20 anni che il Divin Codino ha smesso di illuminare i nostri stadi: 20 anni che non è più domenica.

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