“Un nomade nudo che danza sul cuore del mondo nell’ambiente patinato del calcio, attorniato da una moltitudine di donne e divertimenti” - Argia Di Donato e Luciano Marangon, 'Luna Tonda'
Con queste parole, Luciano Marangon definisce se stesso nell'autobiografia romanzata 'Luna Tonda', pubblicata nel 2011 e scritta assieme ad Argia Di Donato, avvocatessa di Napoli e scrittrice.
Terzino sinistro di spinta, in possesso di qualità tecniche superiori alla media e di un buono spunto in velocità, pur essendo un professionista esemplare che non saltava un allenamento, fuori dal campo si è sempre concesso tutti i piaceri della vita: amava le donne, le feste e il divertimento.
Capelli castani a caschetto sempre in ordine, sguardo languido e sorriso sbarazzino alla Tom Cruise, le donne non sapevano resistergli e lui non faceva nulla per farlo. La sua carriera inizia nelle Giovanili della Juventus, ma in bianconero non esordirà mai: rifiutato il trasferimento al Catanzaro, sarà ceduto al Vicenza, ottenendo la promozione in Serie A e lo storico 2° posto nel 1977/78.
Nel 1980, dopo un anno in B in seguito alla retrocessione del club veneto, approda al Napoli di Marchesi (3° in Serie A), quindi fa un anno con la Roma di Liedholm (ancora un 3° posto), prima di trasferirsi al Verona di Bagnolinel 1982, con cui vincerà lo storico Scudetto del 1984/85.
Nel 1985 passa all'Inter, e in nerazzurro chiude precocemente la sua carriera calcistica a soli 30 anni in seguito ad alcuni gravi infortuni. In Nazionale è stato convocato 3 volte da Enzo Bearzot, ed ha esordito in azzurro prima dei Mondiali del 1982 in Spagna, non venendo però selezionato nella rosa finale dei 22.
Dopo aver lasciato il calcio, senza particolari rimpianti, ha viaggiato in giro per il Mondo e ha continuato a godersi la vita. Trascorsi quasi 9 anni in Centro-America, è tornato in Europa, dove oggi gestisce un locale a Ibiza. Negli ultimi anni ha continuato ad aprire locali in località diverse, non smentendo mai quella che ha adottato come filosofia personale di vita.
LE GIOVANILI ALLA JUVENTUS E IL 'NO' A BONIPERTI
Luciano Marangon nasce a Quinto di Treviso,nella Provincia omonima, il 21 ottobre 1956 e cresce nel paese natio con i suoi due fratelli maggiori, Luigino e Oscar,e suo fratello minore Fabio, di 6 anni più giovane, che diventerà anche lui un calciatore.
La carriera calcistica inizia nelle Giovanili della Juventus. Nel 1971/72 con la Squadra Primavera vince lo Scudetto di categoria. I bianconeri sconfiggono nella doppia finale la Roma (con due successi, 0-2 nella capitale e 2-0 a Torino).
"Conservo ricordi carichi d’affetto nei confronti di quei tempi, - dice alla pagina Facebook 'La Maglia della Juve' nel febbraio 2020 -, ma soprattutto devo ringraziare la Vecchia Signora per avermi formato come uomo: a Torino ti insegnano a vivere, ti fanno crescere sotto tutti i profili".
Quando deve passare in Prima squadra, però, la società non crede sufficientemente in lui.
"Boniperti e Allodi volevano mandarmi a fare esperienza a Catanzaro.- racconterà nell'ottobre 2021 a 'Il Corriere della Sera' - Io da buon veneto testone rifiutai. Boniperti fu molto chiaro: 'Marangon, lei diventerà un grande calciatore ma non giocherà nella Juventus'. Alla fine mi cedettero al Vicenza e presero Cabrini".
"Con la prima squadra bianconera non son riuscito a giocare una sola partita ufficiale; al contrario di mio fratello Fabio, formatosi anch’egli nel vivaio zebrato".
GLI ANNI AL VICENZA FRA SERIE B E SERIE A
L'avventura al Vicenza, iniziata nel 1975/76, sarà la più lunga da calciatore professionista per Luciano Marangon e durerà ben 5 stagioni, di cui 3 in Serie B e 2 in Serie A. Il primo anno, in cui colleziona 29 presenze in campionato e 4 in Coppa Italia, si chiude con una salvezza risicata in Serie B, ma il 1976/77, che coincide con gli arrivi di G.B. Fabbri in panchinae di Paolo Rossi in attacco, porta alla promozione nel massimo campionato.
"Con la morte di Rossi ho perso un fratello. - dirà - Avevamo trascorso tre anni insieme alla Juve. Lui era al Como, Farina non era tanto convinto. 'Presidente, lo prenda e non se ne pentirà', gli dissi... Penso spesso a Paolo, certe persone non se ne vanno mai".
"Quell'anno restai titolare e conquistammo la promozione in A nel primo campionato di G.B. Fabbri e di Paolo Rossi a Vicenza",ricorderà Marangon, protagonista di quella cavalcata con 30 partite disputate, cui se ne sommano altre 3 in Coppa Italia.
Il 23 ottobre del 1977, in Vicenza-Pescara 1-1, gara della 5ª giornata, Luciano Marangon fa il suo esordio in Serie A. La stagione vedrà i biancorossi protagonisti cogliere il 2° posto finale in classifica al termine di un lungo ed avvincente testa a testa con la Juventus, ma per Marangon non sarà fortunatissima: appena 12 presenze (più 4 in Coppa Italia), con l'esperto Vito Calloni a prendere spesso il suo posto da titolare sulla corsia mancina.
"Pagai l’infortunio al menisco e poi un mezzo litigio con il mister Fabbri - spiegherà in un'intervista con il giornalista Vanni Zagnoli - neanche ricordo il motivo. Al mercato di gennaio il presidente Giussy Farina mi aveva ceduto alla Sampdoria, all’epoca si avevano 5 giorni per rifiutare e io non gliela diedi vinta. Restai in panchina per alcune gare, poi ho riconquistato spazio a furor di popolo, spinto dai tifosi, perché in quel periodo il Vicenza non aveva fatto benissimo”.
La stagione successiva, il 1978/79, lo vede tornare fra i titolari della squadra e debuttare anche in Coppa UEFA in trasferta il 13 settembre 1978.
"Fu contro il Dukla Praga, ma fummo eliminati.- ricorderà - Non ho mai avuto fortuna nelle coppe".
Marangon colleziona 24 presenze in campionato, 2 in Coppa UEFA e 4 in Coppa Italia, ma la stagione è molto negativa per la squadra, che, nonostante la permanenza di Pablito dopo i Mondiali in Argentina, retrocede clamorosamente in Serie B.
Il 14 gennaio 1979 il terzino sinistro si toglie comunque la soddisfazione di realizzare il suo primo goal nel massimo campionato: lo firma infatti da ex contro la Juventus. Ricevuta palla sulla destra dell'area da Secondini, autore di una micidiale discesa, infila Zoff sotto le gambe sul primo palo e firma l'1-0 per i biancorossi, che vinceranno quella partita per 1-0.
Il Vicenza vincerà quella partita, in una delle rare domeniche felici della stagione, per 2-1 (pareggio provvisorio di Tardelli e rete della vittoria dell'altro ex, Paolo Rossi). Pablito si trasferisce al Perugia nell'estate successiva, Luciano Marangon resta invece in biancorosso anche nel 1979/80 in Serie B,
Nel torneo cadetto, nell'anno dell'esplosione dello scandalo del Totonero, che coinvolgerà molte società, dimostra ormai di essere cresciuto ed è fra i protagonisti nel suo ruolo del torneo cadetto, che chiude con 33 presenze e ben 4 goal. Il Vicenza non va oltre la 5ª posizione finale e Marangon, dopo 145 presenze e 6 reti complessive è pronto ad approdare in una big.
NAPOLI, ROMA E 'IL MUNDIAL' SFUMATO
Sul ventitreenne terzino punta il Napoli di Corrado Ferlaino e del tecnico Rino Marchesi, che nutre ambizioni di titolo e lo riporta in Serie A, affidandogli la maglia da terzino sinistro titolare della squadra.
Trascinata dal libero olandese Ruud Krol, e dai goal di Claudio Pellegrini,la squadra partenopea prende la vetta della classificadopo poche giornate e resta al comando fino alla primavera del 1981.
Anche la stagione di Luciano Marangon è di alto livello.
"Nel mio Napoli, con tre passaggi ero in area. - dirà - Dal portiere Castellini la palla andava a Krol, che me la dava sulla fascia, io raggiungevo il fondo e crossavo, per Pellegrini o chi c’era. Era uno schema, ma altri partecipavano alla manovra".
Tuttavia il 26 aprile 1981 in uno Stadio San Paolo gremito, il Perugia, cenerentola del torneo, vince 0-1 grazie ad una autorete al primo minuto di gioco di Ferrario,e spegne le speranze di titolo dei partenopei, che a fine anno devono accontentarsi del 3° posto finale con 38 punti, alle spalle della Juventus campione d'Italia (44 punti) e della Roma, seconda (42 punti).
"Eravamo in testa ma perdemmo lo Scudetto pur attaccando per 90 minuti contro una squadra retrocessa. - ricorderà Marangon - Successivamente pareggiammo anche in casa con la Fiorentina, così la Juve si allontanò. C’era Rino Marchesi".
Marangon, che con il Napoli aveva messo insieme 29 presenze complessive (26 in Serie A e 3 in Coppa Italia), riaccarezza il sogno dello Scudetto nella stagione successiva, il 1981/82, che lo vede passare alla Roma di Dino Viola e del tecnico svedese Nils Liedholm.
'Il Barone' cerca di sfruttare le sue doti di terzino di spinta e lo schiera da titolare nella prima parte della stagione, quando il rendimento del giocatore veneto è all'altezza delle attese.
Marangon diventa addirittura un beniamino dei tifosi giallorossi,che quando parte palla al piede sulla fascia intonano il coro: "Nela-Nela-Nela-Marangon",su un noto motivo del folclore napoletano.
Meno positiva è la seconda parte della stagione nella capitale, che denota una scarsa propensione alla fase difensiva e una certa fragilità fisica, aspetti che inducono talvolta Liedholm a utilizzarlo da esterno mancino di centrocampo.
I giallorossi dopo un bel girone di andata, cedono anch'essi di schianto nella seconda parte del campionato, lasciando strada alla Juventus.
"Con la Roma accadde la stessa cosa di Napoli, - dirà Luciano Marangon - nella stagione successiva, avrebbero poi vinto lo scudetto nell’82-83, con il solo Aldo Maldera al posto mio. Il barone Nils Liedholm mi voleva trattenere, ma giochi di mercato mi portarono al Verona".
Intanto però il terzino veneto in giallorosso accarezza il sogno di partecipare al Mundial di Spagna nel 1982. Il Ct. Enzo Bearzot,infatti, dopo altre due convocazioni, decide di farlo esordire in azzurro il 14 aprile 1982 a Lipsia contro la Germania Est, che in quella gara si impone 1-0.
Come era già accaduto alla Juventus, anche in azzurro Marangon si trova la strada sbarrata da Cabrini, ma sarà la sfortuna a precludergli la possibilità di laurearsi campione del Mondo.
"Nelle Qualificazioni ero la riserva di Antonio Cabrini, grande giocatore. - dice - Ero ben considerato, stavo bene nel gruppo, con Paolo Rossi, Tardelli, Scirea: dei campioni. Purtroppo mi infortunai a fine campionato con la Roma, dovetti restare fermo 25 giorni e allora Bearzot portò Bergomi. Per lui fu l'inizio di una grande carriera. Non c'erano molte alternative per quel ruolo e in extremis convocò il giovane più interessante".
GLI ANNI D'ORO DEL VERONA E LO STORICO SCUDETTO
L'avventura con la Roma si chiude dopo una sola stagione e 30 presenze (26 in Serie A, una in Coppa Italia e 3 in Coppa delle Coppe). Sfumato il sogno Mundial, l'arrivo al Verona nell'estate del 1982 sembra apparentemente segnare un passo indietro nella carriera calcistica di Luciano Marangon.
"Avevo un accordo con Giussy Farina per andare al Milan. - rivelerà il terzino a 'Il Corriere della Sera' - Ero tranquillo in vacanza, poi lessi che mi aveva preso il Verona. Allora lo chiamai per chiedergli cosa fosse successo: 'Non preoccuparti, vai al Verona e spari un cifrone. Non accetteranno, così vieni al Milan'. E invece accettarono...".
Per il giocatore trevigiano, il trasferimento vicino a casa suona quasi come una bocciatura dopo due anni con le big. Invece sarà per lui una fortuna e coinciderà con il periodo migliore della sua carriera.
Con Bagnoli al timone arrivano subito un 4° posto in Serie A e la finale di Coppa Italia,persa per effetto di una clamorosa rimonta bianconera nel match di ritorno a Torino, vinto 3-0 dalla Vecchia Signora dopo un pesante k.o. per 2-0 nella gara di andata al Bentegodi.
Nel 1983/84 la squadra gialloblù partecipa alla Coppa UEFA,coglie un 6° posto in campionato e bissa la finale di Coppa Italia della stagione precedente, perdendo questa volta con la Roma con una sfortunata autorete di Ferroni nel ritorno dell'Olimpico, dopo il pareggio per 1-1 nell'andata del Bentegodi.
Marangon avrà a quel punto pensato di essere l'uomo dei titoli mancati, invece l'anno che lo appagherà di tutti gli sforzi della sua carriera sarà il 1984/85, la stagione in cui il Verona, dove approdano gli stranieri Briegel ed Elkjaer e il fratello minore Fabio, stupisce tutti e al termine di un campionato incerto e combattuto, si laurea campione d'Italia e vince lo Scudetto.
Luciano sforna la stagione migliore dell'intera sua carriera in Serie A, con 29 presenze e 2 goal segnati al Torino e all'Avellino, ed è uno dei protagonisti dell'impresa. Se la rete agli irpini è inifluente nella sconfitta per 1-2 al Partenio, quella ai granata sarà invece determinante nel successo per 1-2 al Comunale e nel computo complessivo del titolo, visto che la squadra di Radice, vittoriosa al ritorno al Bentegodi, si piazzerà al 2° posto a 4 lunghezze dagli scaligeri.
"Al Verona ho vissuto tre anni meravigliosi,- assicura - Bagnoli era un allenatore intelligente e preparato: un grande uomo. Lui e Mascetti ogni anno aggiungevano nuove pedine, ne venne fuori una squadra perfetta. La nostra forza era lo spogliatoio, non volevamo mai smettere di allenarci, fuori dal campo stavamo insieme. Un gruppo di amici. E lo siamo ancora oggi. Son passati tanti anni, ma è sempre la stessa cosa. È un’amicizia che va oltre gli aspetti sportivi; abbiamo una chat su Whatsapp. Se uno ha un problema, gli altri ci sono e arrivano in due secondi e mezzo".
"Mio fratello Fabio era fra i ragazzi destinati alla panchina, che si facevano trovare pronti in caso di necessità. Arrivò due anni dopo di me, fu il D.s. Mascetti a chiedermi informazioni: 'È un ragazzo perbene, molto serio', gli dissi. Osvaldo Bagnoli aveva già un’idea di formazione, la squadra titolare e la rosa a 16".
IL PASSAGGIO ALL'INTER E IL RITIRO PRECOCE
L'exploit con il Verona, con cui Marangon colleziona in tre anni 115 presenze e 3 goal in tutte le competizioni, gli concede un'ultima esperienza con una big: su di lui mette infatti gli occhi l'Inter di Ernesto Pellegrini, che nel 1985 lo acquista per 3 miliardi di vecchie Lirein coppia con l'ala destra Pietro Fanna, offrendogli un lauto ingaggio.
"Ho avuto il piacere di giocare con Spillo e Kalle, ma non li avrei scambiati con Galderisi e Elkjaer, - affermerà l'ex terzino a 'Panorama' - che erano perfetti per il gioco di Bagnoli. Dico la verità, lasciai Verona solo per la proposta economica di Pellegrini, tre volte il mio stipendio fino ad allora".
Ma in nerazzurro le cose per Marangon non andranno come tutti potevano aspettarsi. Il primo anno, con Ilario Castagner in panchina, totalizza 19 presenze in Serie A, 6 presenze e un goal in Coppa Italia, 5 presenze e una rete in Coppa UEFA, l'unica europea della sua carriera, contro gli svizzeri del San Gallo.
Il secondo anno, il 1986/87, nonostante l'approdo sulla panchina nerazzurra di Giovanni Trapattoni, è totalmente da dimenticare: appena 3 presenze e una stagione trascorsa più in infermeria che a rincorrere il pallone sull'erba.
"Il mio rendimento all'Inter - spiegherà - fu condizionato da un infortunio al ginocchio e una successiva ricaduta per avermi fatto accorciare i tempi di recupero"."Il secondo anno recuperai sul finale di stagione dopo un altro brutto infortunio. Capii però che ero fuori dal progetto Inter, non venivo più considerato dalla società. - dirà - Così mi misi a cercare una nuova squadra all’estero"."Trovai il Tottenham con cui feci alcuni allenamenti a Londra. Loro mi volevano, ma Pellegrini chiedeva troppi soldi. Allora dissi al presidente che se non acconsentiva al mio trasferimento avrei smesso di giocare. Non ci credeva nessuno in società. Ma alla fine mi ritirai davvero".Marangon ha soltanto 30 anni e dopo 36 presenze e 2 goal in due stagioni con l'Inter vorrebbe chiudere la carriera in Inghilterra, tuttavia non gli viene permesso dal club meneghino. Di fronte al braccio di ferro con il presidente nerazzurro (ai tempi erano i club ad avere in mano i cartellini degli atleti tesserati), prende la decisione di ritirarsi precocemente e se ne va sbattendo le porte con una frase diventata celebre:
"Il calcio italiano non mi merita".PLAYBOY E AMANTE DELLA BELLA VITA
Professionista serio in campo, fuori dal rettangolo verde Luciano Marangon, single convinto, si guadagnò presto la fama di playboy e di amante delle feste e della bella vita. Della sua vita privata fra realtà, aneddoti ed esagerazioni, si parlava e si discuteva a lungo.
"La mia era curiosità, voglia di vivere, desiderio di avventura -spiegherà in un'intervista a 'Calcionews24' - Ma confinavo il tutto alla domenica sera, quando la partita era finita da ore ed il giorno dopo non c'era allenamento da svolgere. Solo che i giornalisti ci ricamavano sopra: mi vedevano al ristorante con qualche graziosa signorina e da lì partivano i pettegolezzi, le esagerazioni, le falsità. Quanta gente ci ha marciato sopra alla mia vita privata...".Sarà Marangon stesso, tuttavia, ad alimentare il suo mito:
"Di donne ne ho avute forse un migliaio, ma ne ho amate davvero un paio.- rivelerà al giornalista Vanni Zagnoli - Una è milanese, l’altra è la mamma di mio figlio Diego. Come dice Vasco Rossi, ringraziamo Dio che ha inventato la femmina… Mi sono goduto la vita, senza però pregiudicare la carriera da calciatore. Non ho mai saltato un allenamento".
"Fare l'amore con più donne è il sogno di tutti gli uomini. - dirà in un'altra intervista rilasciata a 'Libero' - e io ho un record: l'ho fatto con sette donne contemporaneamente. Mica tutti i giorni, solo una volta nella vita. Ma mi è successo... Fare sesso era il mio doping, lo facevo anche la domenica mattina".E non mancano gli aneddoti piccanti con i suoi ex compagni di squadra.
"Al Napoli Rudy Krol era sposato e diceva alla moglie: 'Vado a far compagnia a Luciano che è solo'. E io stavo in giro tutta la notte per farlo divertire con le mie amiche. Negli anni di Verona, con Elkjaer andiamo in macchina a giocare a Copenhagen. A un certo punto alcune ragazze lo riconoscono e ci fermano: nel giro di un attimo sono tutte distese sul parabrezza, tette al vento e gesti provocatori. E io: 'Evvai che ci divertamo!'"."Mi piaceva innamorarmi ogni giorno di una persona diversa, diciamo anche due o tre (ride, ndr), - ammetterà a 'Il Corriere della Sera' - è stata una mia scelta; la bella vita non sono però solo splendide fanciulle, ma anche il mare, la natura, la musica e gli amici, quelli veri"Della sua vita privata molto si è chiacchierato anche ai tempi della Roma e spesso le voci arrivavano anche al tecnico giallorosso Nils Liedholm, protagonista di un simpatico e celebre sketch con il terzino trevigiano.
"Ogni lunedì, sulla pagina di gossip del 'Messaggero', pubblicavano mie foto sempre in compagnia con ragazze diverse. - ricorda Marangon - Un martedì Liedholm, alla ripresa degli allenamenti, mi venne incontro e mi disse: 'Marangooon, messoooooo ghiacciooo?'. Ed io risposi: 'Sì, mister, la caviglia va meglio dopo la botta presa domenica'. E lui, ridendo replicò: 'Nooo, Marangooon. In champaaaagne, messo ghiaccio in champaaaaaagne?' ".
DOPO IL RITIRO E COSA FA OGGI
Appesi gli scarpini al chiodo, Luciano Marangon ha vissuto per un anno negli Stati Uniti (i ben informati racconta di feste da 550 persone in un loft di 350 metri quadri suddiviso su tre piani), poi fatto per un decennio il procuratore, viaggiando molto in giro per il Mondo.
"Conclusa la carriera sono partito per New York, dove ho studiato comunicazione e marketing alla New York University"..Successivamente per un decennio ha fatto il procuratore.
"Un'esperienza molto bella. - assicura - Seguivo Eranio, ho collaborato con Antonio Caliendo, che ebbe Roberto Baggio, Schillaci e Boniek. Facevo da consulente per Provitali, Dario Morello e Fabio Gallo. In particolare andavo sui giovani, nei settori giovanili di Atalanta, Brescia, Milan, Inter e Juve.Ho lasciato quando ho capito che le cose erano cambiate, quando non eri più un consigliere nella vita, ma solo uno che trattava un contratto. Senza rapporti umani, non mi piaceva più".A quel punto la vita dell'ex terzino è stato un continuo viaggiare per il Mondo.
"Sono una persona curiosa, uno spirito libero e ho fatto la cosa che più mi piaceva quando ero bambino: viaggiare. - racconterà - Ad oggi ho visitato quasi 150 Paesi. Girando il Mondo ho iniziato ad aprire locali sulle spiagge e lo faccio ancora. Viaggiare mi ha permesso di incontrare persone interessanti con cui puoi comunicare"."A Lindos, nell'Isola di Rodi, al mio chiringuito, ho conosciuto ad esempio David Gilmour dei Pink Floyd. Eravamo vicini di casa, veniva spesso a mangiare da me. Non parlavamo di calcio, ma di musica; lui prendeva la chitarra e si metteva a suonare, bei momenti".Amante della musica e di Vasco Rossi, ha vissuto per diversi anni in Centro-America, trasferendosi di recente a vivere a Ibiza, dove gestisce un beach club, ilSoul Beach e ne ha aperti molti altri sulle spiagge del Mediterraneo.
Ha due figli: una femmina, Beatrice,e un maschio, Diego.
"Mia figlia Beatrice è sposata e fa la mamma, a Vicenza. Suo nonno, Alfonso Santagiuliana, per anni è stato bandiera del Vicenza. Disputò anche una stagione nel grande Torino, lasciandolo prima della tragedia di Superga. Mio figlio Diego ha aperto con me il Soul Beach e ha un appartamento a Manhattan, dove lavora nel ristorante Piccola cucina, di uno chef siciliano, Filippo Guardone, da anni nella Grande Mela".L'estate 2021 Marangon l'ha trascorsa in Sardegna e per il futuro non esclude un ritorno nella penisola dopo tanti anni di lontananza.
"Sono trent’anni che apro locali sulle spiagge. - racconta a 'Il Corriere della Sera nell'ottobre 2021 - Quest’estate ero a Caprera, dove ho avviato il ristorante di un mio amico in spiaggia, ed è andata molto bene.L’arcipelago della Maddalena è un paradiso. Sono tornato a Ibiza a settembre; sto cercando qualcosa qui in Italia, se trovo un posto che mi piace, bene, altrimenti faccio il padre e il nonno che è il mestiere più bello del mondo"."Mi piacerebbe vivere a Verona o in Costiera Amalfitana. - rivela - Ci metto Caprera in Sardegna. L’unica casa che c’è lì è quella di Garibaldi. Con tutte le cose che dico, magari mi ci mandano in esilio a finire i miei giorni (altra risata, ndr). È l’isola che non c’è, l’isola della felicità".Nella vita di Marangon non c'è spazio per i rimpianti calcistici.
"Non sono diventato campione del mondo? E vabbé dai, fa lo stesso. - dichiara - Vivo la mia vita intensamente, giorno dopo giorno".


