Charles SivoriYoutube/GOAL

Lo schiaffo di Charles a Sivori: l'unica volta che 'Il Gigante buono' perse la calma

Caratterialmente erano come il Diavolo e l'acqua santa, ma Enrique Omar Sivori e John Charles sono stati una delle coppie d'attacco straniere meglio assortite della storia della Juventus e del calcio italiano, che ha lasciato ricordi indelebili nei tifosi e negli amanti del calcio.

Istrionico, irriverente e 'diabolico' il numero 10 italo-argentino, che, grazie ad un tempismo eccezionale nella giocata, con i calzettoni sempre abbassati furoreggiava a tutto campo sfidando gli avversari che puntualmente saltava eseguendo sublimi finte, tunnel e dribbling; calmo, educato e razionale il numero 9 gallese, micidiale nella finalizzazione in area di rigore ma sempre 'buono' e leale verso tutti, inclusi arbitro e avversari, tanto da fermarsi a soccorrerli se si facevano male o avevano un problema. Apparentemente due atleti agli opposti, che, tuttavia, svilupperanno fra loro in campo un'intesa eccezionale, fuori una grande amicizia.

Entrambi sono arrivati in Serie A nella stagione 1957/58. Il presidente bianconero Umberto Agnelli, all'epoca il più giovane d'Italia, all'inizio del 1957, stanco di alcune stagioni al di sotto delle attese, incarica Gigi Peronace di prendere il miglior centravanti d'Oltremanica. Questi segnala al numero uno bianconero l'allora centravanti del Leeds, John Charles.

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Il club piemontese presenta subito un'offerta da 105 milioni di Lire. Ma altri grandi club si inseriscono su di lui: la Lazio di Mr. Jesse Carver e l'Inter del General manager Valentini sono pronti a spendere cifre superiori. Chi offre di più è tuttavia il Real Madrid, che mette sul piatto una cifra pari a circa 160 milioni.

La Juventus però si è mossa prima di tutti e così sarà Umberto Agnelli a completare l'operazione battendo sul tempo la concorrenza. Il presidente della Vecchia Signora, visto all'opera personalmente il centravanti, un ragazzone di un metro e 88 centimetri per un'ottantina di chilogrammi di peso forma, nella gara internazionale fra Galles e Irlanda, rompe gli indugi e passa all'azione, firmando il contratto con Mister Sam, presidente del Leeds, in una sala del Queen Hotel.

Così il 3 aprile 1957, con un volo da Roma, il ventiseienne gigante gallese, all'epoca soprannominato 'King John', raggiunge l'aeroporto torinese di Caselle. Il primo ad accoglierlo è Giampiero Boniperti, che gli stringe la mano e gli consegna la maglia numero 9 che porterà sulle spalle. Dopo un allenamento dimostrativo, 'Big John' fa rientro a Leeds per concludere la stagione per poi ripresentarsi in Italia l'11 giugno per preparare al meglio la stagione successiva.

John Charles JuventusGoal

Ma il presidente della Vecchia Signora vuole il bis, e in Argentina definisce un altro grande colpo: dal River Plate, su segnalazione di Renato Cesarini, acquista il ventunenne fantasista Enrique Omar Sivori, fresco vincitore del Campionato Sudamericano 1957 in Perù, come era chiamata all'epoca la Copa America. Di quel torneo Sivori era stato il miglior calciatore, formando un trio micidiale con i compagni di squadra Humberto Maschio e Antonio Valentin Angelillo.

I tre 'angeli dalla faccia sporca', come erano stati ribattezzati dal massaggiatore dell'Albiceleste perché uscivano dal campo puntualmente con il volto sporco di fango e terriccio, avevano trascinato l'Argentina al titolo continentale, vincendo tutte le partite.

Agnelli per assicurarselo nell'estate del 1957 versa 180 milioni di Lire al River Plate, soldi con i quali i Millonarios si rifaranno lo stadio. Il suo arrivo oneroso è salutato con un po' di diffidenza per le notizie sul suo carattere fumantino, ma appena visto all'opera in campo nessuno ha più dubbi.

"Mi ricordo che venne a prendermi a Malpensa Umberto Agnelli - racconterà Sivori -, che mi disse che erano 2 anni che mi aspettavano. Avevano iniziato a pensare al mio acquisto dal 1955. Ed io risposi che erano già 5 che volevo venire".
"Sivori arrivò alla Juventus una settimana dopo di me - ricorderà John Charles -, lui parlava spagnolo ed io inglese, e non capivamo una parola l'uno dell'altro".

Nell'ambiente prevale all'inizio la diffidenza.

"Quando venne per la prima volta al Comunale - rivelerà il terzino Angelo Caroli - Sivori si presentò col pallone e fece tre giri di campo senza mai far cadere la palla. Ma questo era normale per uno come lui. La cosa che più mi incuriosì fu il commento di un dirigente, di cui non faccio il nome, che vedendolo palleggiare come una foca disse: 'Ma questo è un elemento da circo equestre, da noi non sfonderà mai'...".
Omar Sivori Juventus 1962Archivo

Per completare la ricostruzione della squadra, il 'Dottore' porta a Torino diversi calciatori italiani: il portiere Carlo Mattrel, il centromediano Rino Ferrario, il diciasettenne attaccante di talento Bruno Nicolè e l'ala sinistra Gino Stacchini, costruendo una squadra completa e vincente alla cui guida pone il tecnico croato, allora jugoslavo, Ljubisa Brocic.

Boniperti, che fino ad allora aveva fatto il centravanti, arretra il suo raggio d'azione trasformandosi in un sontuoso regista di centrocampo, lasciando via libera davanti ai due nuovi acquisti. I bianconeri partono in tournèe in Svezia e i risultati sono subito strabilianti, a cominciare da un 10-1 all'Aik Solna alla prima uscita. In cinque gare la Juve realizza 37 goal.

Al rientro in Italia, l'amichevole di Bologna dà invece segnali contrastanti: 1-6 per i rossoblù. Quando il campionato comincia, tuttavia, non ci sono dubbi: la Juventus, con il suo 'Trio magico' Boniperti-Charles-Sivori sbaraglia la resistenza delle rivali, parte in testa e in testa chiude il torneo, segnando 77 goal, 21 in più della Fiorentina, 2ª e staccata al traguardo di 8 lunghezze. I fatti smentiscono tutte le supposizioni.

Sivori, 'El Cabezón', incanta con la sua classe e nonostante la sua irrequietezza, che lo portava spesso a litigare con il mister Brocic, Charles, diventato 'Il Gigante buono', si rivela una straordinaria macchina da goal: 28 le reti con cui il gallese si laurea capocannoniere della Serie A, 22, non poche, quelle che pongono l'italo-argentino al 3° posto della graduatoria.

"Charles era potente, aveva una mole fantastica, un colpo di testa straordinario. Era un giocatore all'inglese, un tocco e via in profondità, forte fisicamente - dirà Boniperti -. Sivori era tutto il contrario. La prima cosa che lui voleva fare in campo era il tunnel all'avversario, per dargli subito il timbro della partita, qualche volta gli andava bene, qualche volta gli andava male. Ma aveva una tecnica sopraffina, con una visione di gioco straordinaria. Si faceva rispettare in campo e aveva grande personalità".

Quella Juventus, ricordata da tanti come una delle più belle mai viste in campo, conquista lo Scudetto numero 10, lo Scudetto della prima stella.

Boniperti Sivori CharlesGetty Goal

LO SCHIAFFO DI CHARLES A SIVORI

Ma se vincere è difficile, confermarsi lo è ancora di più, come amava ripetere spesso Arrigo Sacchi. Così la Juve stellare del 1957/58 non riesce a ripetersi nella stagione successiva, il 1957/58.

Brocic ha il suo bel da fare a tenere a freno Sivori, spesso provocatore in campo dei difensori avversari, ma altrettanto spesso preso di mira dagli stessi con interventi fallosi al limite del codice penale.

Va trovato un equilibrio gestionale che non arriva. La squadra è eliminata dal Wiener Sportklub nel primo turno di Coppa dei Campioni (7-0 in Austria dopo aver vinto 3-1 l'andata a Torino) e Agnelli, visto che la squadra inevitabilmente ne risente, con risultati altalenanti, opta per l'allontanamento del tecnico a novembre e chiama a guidare la squadra l'italiano Teobaldo Depetrini, ex mediano bianconero e della Nazionale italiana.

"Fuori dal campo Sivori era molto diverso da come era sul terreno di gioco - spiegherà Charles -. Se normalmente era un ragazzo educato, in campo era decisamente molto meno gentleman...".

In campionato i bianconeri giungono solo quarti, sopravanzati dal Milan di Pepe Schiaffino, dalla Fiorentina e dall'Inter di Angelillo. Non bastano i 19 goal di Charles, ancora miglior marcatore dei suoi, i 15 di Sivori e i 13 di Nicolè. Madama può comunque salvare la stagione grazie alla Coppa Italia, competizione dove l'anno prima era stata estromessa in semifinale dalla Lazio e ora può giocarsi il titolo dopo aver eliminato agli ottavi di finale l'Alessandria (6-2 ai tempi supplementari), ai quarti la Fiorentina (3-1) e in semifinale il Genoa (di nuovo 3-1).

L'ultimo atto del torneo vede la Vecchia Signora opposta all'Inter. Per sorteggio il 'Derby d'Italia' si gioca a San Siro il 13 settembre 1959 con fischio d'inizio alle 16.30 del pomeriggio. La Juventus parte forte e si porta subito in vantaggio al 7': cross dalla destra e incornata vincente di Charles, che svetta in elevazione sui difensori dell'Inter all'altezza del secondo palo.

La gara sembra mettersi in discesa per i colori bianconeri quando al 27', con una bordata su calcio di punizione di poco fuori area, Cervato insacca all'incrocio dei pali. Ma Sivori provoca gli avversari e viene colpito ripetutamente dai difensori nerazzurri. L'argentino è indolente, si estranea dalla partita, come gli era accaduto spesso in quella stagione, la Juventus ha un passaggio a vuoto e l'Inter ne approfitta per rifarsi sotto: su palla lunga in verticale, Bicicli anticipa Mattrel e un difensore e insacca l'1-2.

I nerazzurri ritrovano fiducia, mentre i bianconeri soffrono, si salvano a più riprese grazie alle parate di Mattrel e rischiano di vanificare tutto, soprattutto perché Sivori non pare aver intenzione di smetterla e protesta contro tutto e contro tutti. All'ennesimo fallo sulla trequarti ai suoi danni, Sivori se la prende con il direttore di gara, vola una parolaccia e vorrebbe dirgliene altre quattro.

Ma in quel momento anche il paziente Charles, che fino ad allora aveva sopportato in silenzio, non ne può più delle bizze del numero 10. 'Il Gigante buono' si avvicina minaccioso al compagno di squadra che non vuole calmarsi. Prima lo ammonisce, poi, quando questi continua a lamentarsi, gli rifila un ceffone in pieno viso che fa sobbalzare dallo stupore tutto lo Stadio di San Siro.

"Volevo prendermela con l'arbitro e John venne a calmarmi e mi ha dato uno schiaffo in faccia - ricorderà Sivori -. È stato un gesto di John, ma più che altro per calmarmi e allontanarmi da qualche guaio".
"Sono cose che in campo succedono spesso - dirà Charles -. In quell'occasione Omar era stato un po' volgare. Allora gli corsi dietro e gli diedi uno schiaffo in faccia...".

Il numero 10, d'istinto, prova a giustificarsi, ma quando vede i grandi occhi del suo amico gallese, anche l'irrequieto italo-argentino capisce di aver esagerato e si dà una calmata. Il gesto eclatante del 'Gigante Buono' sortisce il suo effetto.

Con la testa sulla partita, Sivori inizia a giocare come sa, e al 65', sul risultato di 2-1 per i bianconeri, passa in mezzo a due difensori interisti e lascia partire un tiro preciso e angolato che non lascia scampo a Da Pozzo: 3-1. Proprio Charles è il primo a correre da lui dopo la prodezza per abbracciarlo.

'El Cabezón' è ormai imprendibile, e con un'altra giocata delle sue propizia il calcio di rigore che, trasformato da Cervato, chiude definitivamente i giochi. Grazie al 4-1 di San Siro sull'Inter, la Juventus conquista la 3ª Coppa Italia della sua storia e riscatta una stagione povera di soddisfazioni.

Omar Sivori Pallone d'oro

Quello schiaffo dato all'amico Sivori rimase l'unica volta in cui il 'Gigante buono', sempre gentile e corretto, perse la calma durante la sua avventura italiana in bianconero. Il 'Trio magico', che si scioglierà nel 1961 con il ritiro di Boniperti, regalerà alla Juventus altri 2 Scudetti (1959/60 e 1960/61) e una seconda Coppa Italia (1959/60).

I goal di Charles e Sivori, che giocheranno assieme fino al 1962, resteranno sempre nella memoria dei tifosi juventini, come anche i loro caratteri agli antipodi, la loro amicizia e quel ceffone di Milano, passato anch'esso alla storia del calcio italiano. 'El Cabezón', naturalizzato italiano, vincerà anche il Pallone d'Oro come miglior giocatore europeo nel 1961.

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