"Junior è capace di ricostruire il Brasile dentro casa sua, e di vivere invece in Italia quando esce dal portone e va allo stadio. Non tutti gli uomini sono uguali. Junior, probabilmente, ha la cultura di Socrates, la personalità di Falcão, ma non conosce l'esasperazione psicologica dell'uno e dell'altro" - Gianni Minà su Leo Junior
È stato uno dei calciatori più intelligenti che abbiano mai calcato un campo di calcio. Tocco di palla vellutato, visione di gioco, grinta da vendere e grande abilità nei calci di piazzati, comincerà la sua carriera giocando da terzino destro, salvo affermarsi come terzino sinistro di spinta e in Italia diventare prima un regista di centrocampo raffinato e irresistibile.
Icona del Flamengo, con i rubronegri si era consacrato campione di livello mondiale vincendo tutto quello che si può vincere con un club. Lo sbarco in Italia nel 1984 per indossare la maglia del Torino lo porterà ad essere grandeprotagonista anche in Serie A, all'epoca il campionato più bello e difficile del Mondo.
Nella penisola sfiora la vittoria dello Scudetto, e dopo la rottura con i granata, gioca anche col Pescara prima di tornare in patria e chiudere la carriera agonistica col Flamengo nel 1993, all'età di 39 anni, non prima di aver vinto con il Torino una Mitropa Cup in una sua breve riapparizione in granata.
Meno fortunata la sua avventura in Nazionale: col Brasile partecipa infatti alle sfortunate spedizioni dei Mondiali '82 e '86.
IL FLAMENGO E LA LEGGENDA DEL 'CAPACETE'
Nato a João Pessoa, capitale dello Stato brasiliano di Paraíba, il 29 giugno 1954, Leovegildo Lins da Gama Junior, per tutti semplicemente Leo Junior, da giovane è un grande tifoso del Fluminense. La sua carriera calcistica, però, si svilupperà con un altro club di Rio de Janeiro: il Flamengo, che lo accoglie nel suo Settore giovanile.
La maglia rubronegra diventa per lui come una seconda pelle: passato in Prima squadra nel 1974, infatti, la indosserà per ben 10 anni, fino al 1984. Nonostante da giovane facesse il centrocampista, inizialmente è impiegato da terzino destro, per poi consacrarsi come fuoriclasse sulla fascia opposta, quella sinistra.
Diventato professionista, deve abbandonare gli studi per inseguire il suo sogno.
"Ho studiato economia e commercio fino al terzo anno - racconterà a 'Il Centro' -, poi ho dovuto smettere per il calcio. Avrei lavorato nel mondo della finanza".
La tecnica straordinaria, la personalità e le doti di leadership gli valgono anche la fascia da capitano e lo portando a imporsi come uno dei massimi interpreti del ruolo a livello mondiale. Per i tifosi del Mengão diventa semplicemente "O maior lateral esquerdo da história do Flamengo", ovvero "il miglior terzino sinistro della storia del Flamengo". Pur defilato sulla fascia, Junior sa fare tutto: difende e attacca, e dai suoi piedi partono spesso cross perfetti per gli attaccanti o parabole imprendibili per i portieri sui calci piazzati.
Ribattezzato "Capacete" , "Casco" in lingua portoghese, per via della sua folta capigliatura afro, assieme al 'Galinho', il fuoriclasse Arthur Zico, trascina la squadra a un ciclo di grandi successi. I primi arrivano già negli anni Settanta, con la conquista di tre campionati carioca nel 1974, nel 1978 e nel 1979, ma i più importanti lo vedono protagonista all'inizio degli anni Ottanta.
Oltre al quarto titolo statale nel 1981, infatti, la squadra rubronegra vince per ben tre volte il campionato brasiliano (1980, 1982 e 1983), titolo che fino ad allora non aveva mai conquistato,e, soprattutto, si afferma a livello internazionale. Nel 1981, infatti, i carioca si impongono nella Copa Libertadores, la Coppa dei Campioni del Sudamerica.
Leo Junior scende in campo in tutte e 14 le gare giocate dalla squadra, incluso lo spareggio per il 1° posto nella fase a gironi contro l'Atletico Mineiro. Gioca da titolare anche tutte e tre le gare di finale con i cileni del Cobreloa. Il 13 novembre 1981 al Maracaña i carioca vincono 2-1 grazie ad una doppietta di Zico, ma al ritorno in Cile soccombono 1-0 e, sulla base del regolamento dell'epoca, bisogna disputare la bella.
Il 23 novembre 1981 la Copa Libertadores è dunque assegnata nello spareggio dello Stadio Centenario di Montevideo, che vede i brasiliani imporsi 2-0 ancora grazie ad una doppietta del fuoriclasse Zico. Ma il Flamengo non si ferma e il 13 dicembre 1981 a Tokyo surclassa il Liverpool campione d'Europa, imponendosi con un netto 3-0 nella Coppa Intercontinentale.
Fra i protagonisti della vittoria che laurea i rubronegri campioni del Mondo c'è naturalmente anche Leo Junior, che come sempre indossa la maglia numero 5. Proprio in virtù dei successi e delle prestazioni di alto livello con il Flamengo, si aggiudica per tre volte, nel 1980, nel 1983 e nel 1984 la Bola de Prata, il premio assegnato annualmente agli 11 migliori giocatori del campionato brasiliano.
LEO JUNIOR NE 'L'ALLENATORE NEL PALLONE'
L'eco dei successi internazionali del Flamengo e delle prestazioni di Leo Junior giunge fino all'Europa, da dove il campione brasiliano riceve numerose offerte nel giugno del 1984. Proprio negli stessi giorni in cui il Torino lo sta trattando, si sta girando anche una pellicola cinematografica che passerà alla storia del cinema all'italiana: 'L'allenatore nel Pallone', con protagonista Lino Banfi nei panni dell'allenatore Oronzo Canà.
Sull’aereo che lo sta portando in Brasile per un sopralluogo in vista della lavorazione del film, il regista Martino incontra LucianoMoggi e Luciano Nizzola, i dirigenti granata che stanno definendo l'operazione, e dai loro racconti prende spunto e raccoglie materiale prezioso per la sceneggiatura.
Proprio il tentativo di "opzionere" Leo Junior diventa così, nella trama del film, il motivo del viaggio in Brasile di Canà in compagnia di Andrea Roncato, nei panni dell'improbabile mediatore sportivo Andrea Bergonzoni. In Sudamerica i due incontrano Gigi Sammarchi, alias Giginho, sua spalla, che sostiene di avere in pugno l'asso del Flamengo. In realtà i due tentato di truffare l'ignaro Canà per intascarsi i soldi.
I tre si recano realmente allo Stadio Maracaña di Rio de Janeiro per girare alcune riprese assieme alla troupe. Mentre (nella finzione scenica) assistono ad una partita reale giocata dalla squadra carioca contro l'America, e che vede Leo Junior fra i protagonisti, Bergonzoni e Giginho convincono il tecnico della Longobarda che acquistarlo sia possibile. Chiedono 10 milioni di cruzeiro per il completamento dell'affare e alla fine del match si recano negli spogliatoi.
Giginho, che allo stadio di Rio svolgeva più mansioni (da uomo delle pulizie a venditore di noccioline e bibite) e conosce un po' tutti, si spinge a parlare proprio con il capitano dei rossoneri (interpretato da un sosia), che mette la sua firma su un foglio bianco. Lui e Bergonzoni pensano di realizzare quindi un contratto falso e ingannare Canà, ma quest'ultimo si accorge della tentata truffa telefonando in Italia a sua moglie , che lo avvisa che i giornali scrivono che Junior giocherà col Torino.
Per nulla persi d'animo, Bergonzoni e Giginho convinceranno Canà a riprovarci prima per Eder, poi per Socrates, ma alla fine lo sfortunato tecnico pugliese dovrà ripiegare per lo sconosciuto Aristoteles (Urs Althaus) dopo averlo visto in azione su un campo polveroso di periferia.
FUORICLASSE DA REGISTA NEL TORINO DI RADICE
Se nella finzione cinematografica Junior non giocherà nella Longobarda, il campione brasiliano lascia realmente il Flamengo nell'estate del 1984 per tentare l'avventura in Italia con la maglia del Torino. La Serie A è considerato in quegli anni il campionato più bello e difficile al Mondo, e tutti i grandi campioni vogliono giocarci.
Leo Junior non sfugge a questa regola, ma portarlo in granata sarà operazione tutt'altro che semplice. Al club di Rio i piemontesi sborsano oltre 2 milioni di dollari,quasi 3 miliardi e mezzo di Lire. L'offerta del presidente Sergio Rossi supera quella del Napoli, che si era spinto a proporre 2 miliardi. Ma per i partenopei non ci sarà nulla da fare.
Prima di firmare con il Torino, però, Junior chiede delle garanzie di tipo tattico, e sarà questa la difficoltà maggiore per l'amministratore delegato Nizzola e il Dg. Moggi, costretti a recarsi in Brasile per definire l'operazione. Con loro sorpresa, infatti, Leo, che sta per compiere 30 anni, vuole essere impiegato nel ruolo di centrocampista e non più di terzino, come aveva fatto fino a quel momento nel suo Paese.
"Chiesi a Moggi se a Torino avrei giocato terzino o centrocampista - rivelerà a 'Sky Sport' -. Mi rispose centrocampista e allora accettai, altrimenti non avrei mai lasciato il Brasile. Io ero nato centrocampista, poi mi avevano fatto scalare a terzino e in quella zona del campo sono rimasto per tanti anni ma volevo tornare a centrocampo e il Torino me lo fece fare".
Alla fine le sue richieste sono accolte e il tecnico Gigi Radice gli consegna le chiavi del centrocampo del Torino, dove sarà utilizzato in coppia con Beppe Dossena. Un po' snobbato al suo arrivo, un po' per l'età ormai matura, un po' per un calciomercato che porta in Serie A altri campioni come Diego Armando Maradona, Karl-Heinz Rummenigge e il suo connazionale Socrates.
Con l'umiltà che lo ha sempre contraddisto, Leo Junior lavora sodo in estate e al via del campionato 1984/85, farà ricredere tutti coloro che non avevano dato importanza al suo approdo in granata. Il 22 agosto 1984 l'ex Flamengo fa il suo debutto assoluto nel calcio italiano come regista nella sfida di Coppa Italia disputata a Cesena (0-0), mentre quattro giorni dopo dà spettacolo nella stessa competizione contro la Cremonese (3-1).
Il nuovo acquisto serve 2 assist per il pareggio di Schachner e per il 2-1 di Zaccarelli, prima di realizzare il suo primo goal con un terrificante sinistro al volo su cross di Comi. Il 9 settembre va a segno su punizione e decide anche la partita contro l'Empoli, quindi si ripete su rigore nella sfida di andata degli ottavi contro il Cagliari. Ma senza il suo playmaker (6 presenze e 3 goal in quell'edizione), out per problemi fisici, i granata usciranno ai quarti nel giugno 1985 contro la Sampdoria
Il 16 settembreesordisce in Serie A in casa contro l'Ascoli (1-0 per la squadra granata). La stagione dei granata sarà esaltante: Leo Junior guida con maestria e sapienza il centrocampo, mentre davanti Aldo Serena e Walter Schachner garantiscono tanti goal. Dai piedi del brasiliano partono pennellate per le punte e prodezze balistiche dai calci da fermo, siano essi punizioni, calci d'angolo o rigori.
Anche al Torino Leo indossa la maglia numero 5 tipica del ruolo del 'volante' e il 21 ottobre 1984 firma il suo primo goal 'italiano' in campionato trasformando il rigore contro la Lazio che vale il successo di misura sui biancocelesti alla 6ª giornata. La squadra di Radice sale a 9 punti in classifica e si lancia all'inseguimento della rivelazione Verona, primo a quota 10.
Juan Carlos Lorenzo, allenatore biancoceleste suo connazionale, al momento dell'esecuzione aveva mandato il suo massaggiatore per segnalare al portiere laziale Orsi che l'ex Flamengo avrebbe calciato alla sua destra, ma la conclusione del brasiliano è troppo angolata e imprendibile, nonostante l'estremo difensore intuisca.
"Se sapeva dove tiravo, perché il portiere non l'ha preso? - commenterà ironico il brasiliano nel post gara ai microfoni della 'Rai' - Ha toccato la palla? Eh, sfortuna sua...".
Leo non ha più la vistosa chioma afro dell'età giovanile, ma folti baffi e ogni tanto si lascia crescere la barba. Immutata è invece la classe, e se ne accorge anche la Sampdoria, punita la domenica seguente con la sua specialità: un calcio di punizione a giro che si infila all'incrocio dei pali, imparabile per Bordon, e che contribuisce al 2-2 esterno al Ferraris.
Ma la prestazione capolavoro 'Il signore del centrocampo granata', come in tanti hanno iniziato a chiamarlo, la fornisce al Comunale, contro il Milan di Liedholm. Dopo aver giganteggiato in mezzo al campo per tutto il match, quando mancano 2 minuti al termine della sfida, con i granata in vantaggio di misura per una rete all'80 di Schachner, un fallo di Filippo Galli su Serena, al limite dell'area, in posizione defilata sulla sinistra, gli concede l'occasione del raddoppio.
Con una battuta ad effetto col destro, l'ex Flamengo sorprende anche il portiere rossonero Terraneo sul suo palo. È il 2-0, che all'88' lancia il Torino come seria pretendente per lo Scudetto. Leo esulta correndo a braccia larghe a mimare un volo, e viene abbracciato da Dossena e dagli altri compagni. A fine partita correrà sotto la Maratona per donare la sua maglia ai tifosi.
Il 18 novembre 1984 gioca da protagonista il suo primo Derby della Mole contro la Juventus. Proprio da un suo calcio d'angolo all'89' arriva il colpo di testa vincente di Serena che sorprende Tacconi e regala ai granata la vittoria in rimonta per 2-1 sulla squadra di Trapattoni.
"Porto nel mio cuore il mio primo derby - assicurerà a 'Sky Sport' -. Partita indimenticabile per tutti i tifosi. La Juventus era fortissima e noi stavamo iniziando a crescere. Fu una gioia immensa vincerla".
Successivamente va a segno su rigore contro l'Avellino (3-1 per i granata) e la Fiorentina (2-2). Il suo modo di vivere il calcio in modo genuino piace a tutti, e i tifosi lo ribattezzano 'Papà Junior', per via dell'aspetto e dell'età non più giovanile. I tifosi, con lui in cabina di regia, sognano in grande.
Il Torino di Radice chiude il girone di andata al 3° posto e sarà l'ostacolo più duro per il Verona di Bagnoli. Ma, nell'ultima stagione che lo vedrà lottare per lo Scudetto, nonostante la vittoria nello scontro diretto del Bentegodi (che fa il pari con la sconfitta dell'andata al Comunale) deve accontentarsi della 2ª posizione con 39 punti, 4 in meno degli scaligeri campioni d'Italia.
Per Junior, che a fine stagione sarà anche votato 'Giocatore dell'anno della Serie A', arrivano altre 2 reti, una nella sconfitta esterna con il Napoli, l'altra nel pareggio interno con la Sampdoria, per un bilancio di 7 reti in 26 presenze.
"È stato fantastico - dichiarerà il brasiliano - riportare il Torino in Coppa Uefa e conquistare il 2° posto in campionato, dopo aver vinto il derby con un colpo di testa di Serena all’ultimo minuto".
Indossa la maglia granata per altri 2 anni. Nel 1985/86 la squadra piemontese è eliminata in Europa al 2° Turno dall'Hajduk Spalato (3 presenze e una rete per Junior) e ai quarti di finale di Coppa Italia (6 presenze e 2 reti) mentre in campionato si piazza al 5° posto, ottenendo nuovamente l'accesso alla Coppa UEFA (30 presenze e 4 goal per 'Il signore del centrocampo' granata).
Nel suo ultimo anno con la maglia granata, la squadra raggiunge i quarti di finale di Coppa UEFA, ma viene eliminata dagli austriaci del Tirol Innsbruck (0-0 in casa con un rigore fallito da Comi e 2-1 in Austria con rigore in pieno recupero non concesso dall'arbitro).
"Rigiocherei la partita Innsbruck - dirà anni dopo Junior -, era alla nostra portata, potevamo vincere, ma siamo stati penalizzati dagli arbitri".
Proprio la gara di andata stregata con il Tirol al Comunale, il 18 marzo 1987, determinerà la fine del rapporto fra il campione brasiliano Junior e il Torino. Radice infatti sostituirà il numero 5 a 8 minuti dalla fine, facendo entrare al suo posto Franco Lerda. Le responsabilità per l'eliminazione vennero attribuite proprio a Leo e a Dossena, cosa che il raffinato regista non poteva accettare.
La crisi era figlia di vecchie ruggini, manifestatesi già a gennaio, quando il centrocampista aveva chiesto il permesso di andare a Tokyo a giocare un torneo amichevole per l'Unicef (la Super Soccer Cup) assieme a Maradona, e Radice glielo aveva negato. A segnare il punto di non ritorno è una frase pronunciata dal tecnico granata e interpretata come offensiva dal numero 5, che aveva chiesto maggiore sensibilità da parte sua:
"Faccio l' allenatore, non l'assistente sociale - commenta nel post partita il tecnico brianzolo quando gli dicono che Junior è arrabbiato per il cambio -, e dunque non posso preoccuparmi dei problemi personali dei giocatori che sostituisco".
"Se io ho bisogno dell'assistente sociale - replica il trentaduenne - qualcuno deve andare dallo psichiatra".
Intervengono il presidente Rossi, l'ad. Nizzola e il dg. Moggi: alla fine Radice viene confermato per la stagione successiva, mentre Junior riceve una multa da 5 milioni di Lire. In sua difesa interviene l'amico e compagno di reparto Beppe Dossena:
"La società avrebbe dovuto multare anche Radice", sostiene.
In tutta risposta sarà multato anche lui. Si renderà necessario un confronto chiarificatore fra allenatore e giocatore. Ma dopo altre 30 presenze nel massimo campionato, chiuso dal Toro con un mediocre 11° posto, e un ultimo goal in Serie A l'8 febbraio 1987, realizzato su azione contro l'Ascoli al Del Duca, e propiziato da un bello scambio in velocità con Giacomo Ferri, a giugno giungeva al termine la parentesi granata della carriera di Leo Junior, pur con un breve e felice prologo nel 1991.

DUE MONDIALI COL BRASILE
Se a livello di club Junior era riuscito a vincere tutto con il Flamengo, altrettanto non accadrà con la Nazionale brasiliana. Debutta nell'amichevole del 17 maggio 1979 stravinta per 6-0 contro il Paraguay. Pur interprete di un calcio spettacolare in una squadra straordinaria, infatti, nei Mondiali '82 da terzino sinistro vivrà l'amarezza dell'eliminazione ad opera dell'Italia di Bearzot nella seconda fase.
Su quel risultato avrà anche delle responsabilità, visto che è lui il giocatore che non sale in tempo con i compagni e tiene in gioco Paolo Rossi nell'azione controversa del terzo e decisivo goal azzurro. In precedenza era anche andato a segno nella Superclasico con l'Argentina di Maradona, vinto 3-1 dai verdeoro di Telé Santana.
"Anche se ci ha segnato tre goal eliminando uno dei Brasile più forti di sempre - dirà Junior, parlando di Pablito, a 'La Repubblica' -, l'ha fatto con umiltà e con rispetto. Da campione vero. Non ha mai pronunciato una parola fuori posto, aveva grande rispetto per gli avversari e per il Brasile così come tutti noi rispettavamo e rispettiamo lui".
"Quel giorno al Sarriá - aggiungerà - se anche noi avessimo segnato il 3-3, lui avrebbe segnato il 4° goal per l'Italia".
Ci riproverà ai Mondiali di Messico '86, venendo ora utilizzato da regista in mezzo al campo accanto a Socrates. Ma anche in questa seconda occasione non andrà bene: nei quarti di finale sarà infatti la Francia a imporsi ai calci di rigore e fine dei sogni di gloria. A Junior, come a molti compagni di squadra della sua generazione, restano solo il 2° posto nella Copa America del 1983 e il 3° posto nell'edizione del 1979.
Sei anni dopo quella sfortunata partita di Guadalajara contro i Bleus, torna a vestire la divisa verdeoro. Chiude la sua lunga avventura col Brasile con un bilancio personale di 6 goal in 69 partite, l'ultima delle quali giocata il 16 dicembre 1992 contro la Germania unificata (vittoria per 3-1) all'età di 38 anni.
IDOLO NEL PESCARA DI GALEONE
Quando chiude l'avventura con il Torino nel 1987, la tentazione di tornare in Brasile è forte. Lo vorrebbero in tanti, ma Leo firma con il Pescara, neopromossa in Serie A.
"Fu tutto merito del dirigente Vincenzo Marinelli - rivelerà Junior -, che parlò con Luciano Nizzola, ex ad del Torino, chiedendo la mia disponibilità. Avevo qualche problema con Gigi Radice e nell’estate dell’87 arrivò la proposta del Pescara. Mi informai e tutti parlarono bene della città e dell’ambiente. Così, dopo tre anni a Torino, decisi di spostarmi. Ebbi il desiderio di rimettermi in discussione con una nuova sfida, mi sono mosso sempre così nella vita. E, dopo il clima freddo di Torino, mi spostai in un posto splendido con temperature più miti".
I tifosi biancazzurri sono in delirio per la notizia del suo acquisto e al suo arrivo in città il brasiliano trova ad accoglierlo un bagno di folla. Il grande campione si cala con grande umiltà nell'ambiente della squadra di provincia, e fin dal ritiro precampionato dimostra indiscusse qualità di leader. Tanto che Gian Piero Gasperini decide di fare un gesto simbolico ma determinante.
"Quando arrivò al Pescara gli cedetti la fascia di capitano- rivelerà a 'Sky Sport' il noto allenatore -. Il suo arrivo creò un incredibile entusiasmo a Pescara, diede lustro a tutta la squadra. Non potevo non fare quel gesto".
E il campione gli è rimasto sempre grato.
"Quel gesto mi conquistò - dirà -, con Gasperini infatti diventammo amici anche fuori dal campo, eravamo sempre insieme. Non aveva più la fascia, ma il vero leader della squadra restava lui".
A chiedergli una mano è anche il mister, Giovanni Galeone, che una sera di quell'estate 1987 lo porta a cena fuori.
"Mi disse: 'Leo, io non sono ancora molto esperto di serie A - racconterà a 'Il Messaggero - , ho bisogno di una tua mano per guidare questo gruppo di ragazzi'. Le sue parole che mi caricarono di energia positiva e responsabilità".
La stagione 1987/88 regalerà grandi soddisfazioni a Junior e al Pescara. Il brasiliano detta i tempi di gioco a centrocampo e non disdegna le sortite offensive. Con lo jugoslavo (bosniaco) Boris Slikovic trascinerà i biancazzurri alla salvezza, fornendo grandi prestazioni.
L'inizio è col botto: doppietta in Coppa Italia il 23 agosto 1987 contro il malcapitato Genoa, travolto 5-1. Ai tifosi biancazzurri sembra che sia arrivato un extraterrestre. Junior, che ha ormai i capelli e i baffi brizzolati, si ripete andando in goal anche nella partita successiva con il Monopoli (4-1 fuoricasa).
Il 13 settembre 1987 gli uomini di Galeone compiono un'autentica impresa, sconfiggendo 2-0 a San Siro l'Inter di Trapattoni. Nell'esordio in biancazzurro in campionato Junior è un gigante e a dispetto dei suoi 33 anni e risulta fra i migliori in campo. Da un suo passaggio per Galvani arriva l'1-0 degli abruzzesi, mentre Slikovic dal dischetto chiude i giochi con la rete del raddoppio.
Non resterà un exploit isolato: i biancazzurri battono 2-1 anche il Pisa in casa alla 2ª giornata e si ritrovano sorprendentemente in testa alla classifica dopo 2 gare. Proprio con i toscani Leo mette in mostra una delle sue specialità: un gran calcio di punizione che non dà scampo a Nista per il provvisorio 1-0.
La squadra abruzzese progressivamente calerà in classifica, ma si manterrà sempre a distanza di sicurezza dalla zona più calda della graduatoria. Il 7 febbraio 1988 arriva la terza impresa: il Pescara di Galeone supera infatti in casa la Juventus di Marchesi con un secco 2-0.
Fra i marcatori c'è ancora lui, 'Papà Junior', che in uno Stadio Adriatico tutto esaurito, sblocca il risultato al 54', mettendo in rete dopo un rimpallo in una delle sue proiezioni offensive. Pagano raddoppia nel finale e per la piccola provinciale e i suoi tifosi è ancora una volta festa grande.
"Ci siamo divertiti, abbiamo regalato gioie agli sportivi pescaresi e ottenuto risultati importanti - dichiarerà -. Non dimenticherò mai le vittorie a Milano con l’Inter e all’Adriatico con la Juve. Abbiamo sempre giocato per vincere".
Con il Milan di Sacchi, a San Siro, il 20 marzo, l'exploit non riesce, ma la squadra di Galeone gioca bene e fra i rossoneri c'è chi è un grande estimatore del campione brasiliano.
"Berlusconi entrò nello spogliatoio del Pescara - ricorderà Junior a 'Sky Sport' - e mi regalò un orologio che conservo ancora. Mi disse: ‘Mi spiace non essere diventato prima presidente del Milan’, e io gli risposi: 'Presidente, dispiace a me'. Magari avrei potuto giocare con i rossoneri…".
A fine anno arriva il meritato risultato: la salvezza, la prima in Serie A per i biancazzurri, che si classificano quattordicesimi su 16 squadre, ottenuta con 4 giornate di anticipo. Mentre negli ottavi di Coppa Italia la Juventus si era imposta vincendo nettamente i due confronti degli ottavi di finale. Per Junior, complessivamente, 35 presenze e 7 goal che gli valgono un posto eterno nella storia del club.
"Aver salvato il Pescara - dirà lui stesso - per me è come aver vinto uno Scudetto".
Non tutto è oro, però, ciò che luccica: il 4 ottobre 1987, in una delle sue prime apparizioni in biancazzurro, Junior, da sempre esempio di sportività e correttezza in campo e fuori dal campo, viene espulso dall'arbitro Fabricatore di Roma.
All'Adriatico si gioca Pescara-Cesena, e appena entrato in campo, Traini stende Loseto a centrocampo. Leo si avvicina sfiorando col braccio l'attaccante avversario, che simula e si butta per terra facendo credere di esser stato colpito. L'arbitro cade nell'inganno ed estrae il rosso verso l'esperto campione, che mai in altre occasioni aveva dovuto subire una simile sanzione.
L'episodio segnerà in profondità l'animo del calciatore:
"Durante una partita contro il Cesena - racconterà a 'La Repubblica' -, fui espulso per la prima volta nella mia carriera: un segnalinee sostenne che avevo dato un pugno a un avversario. La televisione mostrò che il segnalinee aveva preso un abbaglio, tutti sanno che sono un giocatore corretto. Malgrado ciò fui squalificato per due giornate. Incredibile. Non ci ho dormito la notte, ed è stata la prima volta nella mia carriera. Non mi era capitato nemmeno dopo Italia-Brasile del 1982".
Il 1988/89, il secondo anno a Pescara, si rivelerà però un anno ben più complicato per Junior e compagni. Già dal ritiro il campione brasiliano si accorge che qualcosa nella gestione della squadra è cambiato e c'è chi, fra i giocatori, si concede qualche vizio di troppo. Arrivano altri due brasiliani, Edmar e Tita, mentre Slikovic saluta dopo un solo campionato.
"Mi ricordo che al ritiro precampionato ci facevano mangiare le cotolette - racconterà -, le patate fritte: non c' era controllo, non c' era organizzazione. Ma Galeone era bravo, oscurava solo troppo qualche dirigente. Perciò lo volevano mandar via prima del tempo".
La squadra fatica a trovare i giusti equilibri e alterna sonore imbarcate (su tutte il k.o. per 8-2 contro il Napoli di Maradona in campionato) e belle prestazioni. Dopo un girone di andata tutto sommato positivo, e in linea con l'obiettivo salvezza, in cui la squadra colleziona 14 punti, il crollo nel girone di ritorno, dove colleziona soltanto 9 punti, fanno sì che i biancazzurri siano la quarta squadra retrocessa (16ª posizione finale) nell'anno del ritorno del campionato a 18 squadre.
Fra i momenti più belli, 'la vendetta' sportiva sul suo Torino, che si consuma il 20 novembre 1988. Guidata dall'esperto centrocampista brasiliano, gli abruzzesi superano 2-0 i granata all'Adriatico, infliggendo ai granata, guidati sempre da Radice e rivali diretti per la salvezza, una dura sconfitta.
Fanno epoca anche le sue foto prima del fischio d'inizio con i suoi due figli Rodrigo e Juliana, nata a Torino. Inoltre nel biennio pescarese conduce anche un programma televisivo sul canale locale 'Telemare', intitolato 'Brasi... Leo', durante il quale si occupava di calcio ma anche di musica, sua grande passione.
Junior fa il suo in tutta la stagione, con 3 goal in campionato con 34 presenze e una rete in 8 partite di Coppa Italia. Il brasiliano gioca bene, e nonostante non riesca ad evitare la discesa in Serie B, sarà votato dalla stampa italiana 'secondo miglior straniero del campionato' davanti a Careca, Maradona e Gullit.
I RITORNI AL FLAMENGO E AL TORINO
Più che dalla retrocessione in sé, Leo Junior è stanco delle polemiche, dei torti arbitrali ai danni delle piccole, e delle tante discussioni ogni settimana che si fanno in Italia sul calcio. Così nell'estate 1989, dopo 11 reti in 77 gare con il Pescara, sceglie di far ritorno in Brasile per vestire nuovamente la maglia del Flamengo. Nonostante l'età avanzata, il campione continua a dispensare calcio con il Mengão, e arricchisce ulteriormente il suo palmarès vincendo una Coppa del Brasile nel 1990, un Campionato carioca nel 1991 e un Brasileirão nel 1992.
In mezzo un ritorno lampo al Torinoin prestito, ancora una volta grazie a Moggi, per disputare la Mitropa Cup 1991: anche in questo caso sarà vincente. 'Papà Junior' scende infatti in campo sia contro gli ungheresi del VLS Veszprém(1-0) e nella finale contro il Pisa.
Dopo l'1-1 dei tempi regolamentari, ai supplementari decide un goal di Carillo, servito proprio da un assist del regista brasiliano. I granata si aggiudicano quindi il trofeo, e Junior riscrive il suo addio al Torino, questa volta definitivo, con un bilancio personale in granata di 119 presenze e 18 goal.
LA PASSIONE PER LA MUSICA
Oltre ad essere un grande calciatore, Leo Junior ha sempre coltivato la sua passione per la musica. Ai tempi del Mondiale di Spagna 1982, cantò il motivo musicale "Voa Canarinho Voa", "Vola Canarino Vola", una canzone brasiliana molto nota che diventerà il tormentone della Seleçao in quell'avventura.
L'allora terzino sinistro verdeoro farà addirittura un disco con quella canzone e girerà un videoclip musicale.
DAL RITIRO A STELLA DEL BEACH SOCCER
Venerdì 1° giugno del 1990 allo Stadio Adriatico di Pescara, a testimonianza dell'affetto che nutre per la città abruzzese, Junior dà l'addio al calcio con una rivincita della sfida del 1982 Italia-Brasile. A gara conclusa saluta i tifosi con un commosso giro di campo, concluso sotto la Curva Nord biancazzurra.
"Sono stati non solo per me, ma anche per la mia famiglia, due anni indimenticabili. - dice al microfono, attorniato dai tifosi - Grazie alla Curva Nord, grazie Pescara, grazie Italia!".
Si ritira soltanto nel 1993, a 39 anni suonati, nonostante continui ad essere fra i primi giocatori brasiliani per rendimento. Conclude la lunga avventura con il Flamengo con il record di presenze nella storia del club, 857, condite da 73 reti.
Appese le scarpette al chiodo, allena in due periodi il suo Flamengo (1993-94 e 1997). Diventa inoltre un grande giocatore di Beach Soccer, disciplina in cui si cimenta dal 1993 al 2001 con ottimi risultati, vincendo 5 titoli Mondiali della specialità con il Brasile dal 1995 al 2000. Ai suoi appellativi ha così aggiunto quello di 'Maestro'.
COSA FA OGGI
Attualmente Leo Junior si gode la famiglia, la moglie Heloísa e i tre figli, oltre a Rodrigo e Juliana anche la terzogenita Carolina, e i suoi nipoti. Inoltre è da tempo un apprezzato opinionista dell'emittente televisiva brasiliana 'Rede Globo'.
Pelé lo ha inserito nel 2004 nel FIFA 100, la lista dei più forti 125 giocatori viventi. L'Italia, dove spesso torna, non l'ha mai dimenticato, come lui, del resto, non ha mai scordato l'amore dei suoi ex tifosi.
Basti un episodio su tutti: nel 2016 l'ex stella del Brasile ha fatto da tedoforo per le Olimpiadi indossando la tuta del Pescara per sostenere i biancazzurri, impegnati nei playoff di Serie B. È stato un campione umile e dalla grande umanità, e anche per questo in tanti lo ricordano ancora oggi con affetto.
