Nella storia del calcio ci sono goal immortali per la loro bellezza: quello di Maradona a Messico '86 dopo aver dribblato mezza Inghilterra, quelli di Pelé nelle finali dei Mondiali contro Svezia e Italia, la rete da posizione quasi impossibile di Marco Van Basten ad Euro '88 contro l'Unione Sovietica e tanti altri.
Eppure nessuna di queste prodezze è stata mai festeggiata così tanto come un goal segnato nella semifinale della Primera División argentina del 1971: un colpo di testa, in tuffo, con un volo simile a quello di una colomba, che regalò al Rosario Central la vittoria nell'acceso derby con il Newell's Old Boys e lo lancerà verso la conquista del titolo. Una rete che sarà ricordata in eterno e celebrata ogni anno dai tifosi come 'La Palomita di Poy'.
ALDO PEDRO POY: L'UOMO DELLA PROVVIDENZA
Aldo Pedro Poy, chi era costui?, potrebbe domandarsi lecitamente un semplice tifoso non addentro alla storia del calcio argentino. Sicuramente non un campione né un fuoriclasse, ma quella che può a ragione definirsi come una grande bandiera del Rosario Central, l'unico club della sua carriera calcistica, nella quale vestirà per 2 volte anche la maglia della Nazionale argentina.
I colori gialloblù sono del resto nel suo destino. Nasce infatti il 14 settembre 1945 ovviamente a Rosario, città capoluogo della provincia argentina di Santa Fe, pulsante di calcio ventiquattro ore su ventiquattro, che darà i natali a campioni come Jorge Valdano e Lionel Messi, ma anche a leggende come 'El Trinche' Carlovich, a 300 metri dal Gigante de Arroyito o Estadio Dr. Lisandro de la Torre, la casa del Central, di cui diventa prima tifoso e poi calciatore.
Dopo la trafila nelle Giovanili, a 19 anni, nel 1965, Aldo fa il suo esordio in Prima squadra, riuscendo anche a giocare alcune partite accanto al suo idolo di infanzia,il Gitano Juarez. Attaccante baffuto e con i capelli lunghi sulle spalle e impomatati, come si usa in quegli anni, il suo impatto non è però inizialmente quello che ci si aspettava. Segna infatti pochino per essere una punta e nel 1969 la società pensa ad una sua possibile cessione.
Tulio Zof, allenatore e leggenda di Rosario che all'epoca guida il Los Andes, club della provincia di Buenos Aires che milita nella Prima Divisione argentina, è fortemente interessato ad acquistarlo e si reca a casa sua con il presidente per convincerlo a firmare. L'offerta è buona e garantirebbe all'attaccante un ingaggio più alto rispetto a quello percepito nella sua città, ma Poy non ne vuol sapere, e a sua madre fa dire che lui non è in casa.
Lei esegue ma poi lo rintraccia e lo avverte:
"Ho mentito una volta, non lo farò più, sappi che torneranno a cercarti".
Così, di fronte all'insistenza del presidente del Los Andes, si nasconde nell'l’isla Charigüésul fiume Paraná presso un pescatore amico del padre, dal quale resta persino a dormire, facendo perdere le sue tracce fino al fallimento della trattativa.
Tornato poi a Rosario, quando incontra il suo incredulo presidente glielo dice chiaro e tondo: non lascerà mai il Rosario Central, militando nel club fino al 1974.
IL CAMPIONATO ARGENTINO 1971 E 'LA PALOMITA'
Nella seconda metà degli anni Sessanta il lavoro del tecnico Miguel Ubaldo Ignomiriello, ex Estudiantes, dà i suoi frutti e crea le basi per i grandi successi degli anni Settanta. Ma la vera svolta per il Rosario Central arriva nel 1971, quando alla guida tecnica della squadra approda Ángel Labruna, componente de 'La Maquina' del River Plate degli anni Quaranta, che si rivelerà anche allenatore di successo.
"Don Ángel sapeva cucire addosso a ogni calciatore il ruolo più adatto, - dirà Poy - era un gran motivatore e gestiva il gruppo in maniera impeccabile".
E con il suo lavoro i risultati sono sotto gli occhi di tutti: il Central è grande protagonista del Campionato Nazionale. Con i gialloblù, però, anche l'altra squadra della zona meridionale della città, il Newell's Old Boys, vive una stagione molto positiva e per la prima volta una formazione di Rosario, la terza città del Paese, può ambire al titolo di campione d'Argentina.
Fra gialloblù e rossoneri, che devono affrontarsi in semifinale, c'è da tempo una grande rivalità, nata negli anni Venti dello scorso secolo e sintetizzata dai soprannomi dei due club: il Newell's propose un'amichevole per raccogliere fondi per una clinica che curava i malati di lebbra e il Central rifiutò. "Canaglie!", fu l'appellativo rivolto a quelli del Central. "Lebbrosi!", risposero agli uomini del Newell's. Da allora i termini "canallas" e "leprosos" divennero nomi di battaglia delle due squadre, fra le quali si giocherà sempre un derby molto acceso.
Quello più importante nella storia di Rosario Central e Newell's Old Boys si disputa appunto il 19 dicembre 1971 e vale l'accesso alla finale che assegna il campionato argentino. Le Canaglie dominano il Girone A e devono affrontare i cugini, piazzatisi al 2° posto nel Girone B.
Nell'attacco del Central c'è proprio quell'Aldo Pedro Poy che due anni prima aveva detto no alla cessione in prestito al Los Andes. I giocatori gialloblù stemperano le ore che precedono il fischio d'inizio giocando a carte negli spogliatoi dello Stadio Monumental di Buenos Aires, la casa del River Plate, scelta per ospitare il confronto.
Quando, affacciatosi da un balcone, il baffuto attaccante gialloblù viene riconosciuto da un tifoso avversario e da lui insultato, replica con un'incredibile flemma, quasi già fosse a conoscenza dell'esito della partita.
"Tranquillo, vinciamo noi 1-0 e segno io il goal che decide la partita".
Poy sta bene e avverte la sensazione di poter entrare nella storia del Rosario Central. Il primo tempo scorre via sullo 0-0, ma ad inizio ripresa 'Le Canaglie' attaccano e guadagnano un calcio d'angolo. Poy è sicuro di sé e spavaldamente annuncia ai fotografi, fra cui quello di 'El Grafico', ciò che poco dopo realmente accadrà:
"Preparate le macchine fotografiche, adesso segno".
Quello che succede pochi secondi dopo è leggenda: alle ore 19.09 del 54' minuto, sugli sviluppi di quel calcio d'angolo, José Jorge González, detto 'El Negro', effettua un cross dalla sinistra. La palla, ben calibrata, supera il difensore del Newell's De Rienzo e Poy, con un colpo di testa morbido in tuffo, batte il portiere e mette in rete. La sua profezia si è avverata: l'attaccante dai folti baffi ha realmente segnato.
Quella rete, ribattezzata la 'Palomita di Poy', entra nella storia del calcio argentino. 'Palomita' significa in spagnolo 'Piccola colomba', 'colombella', a ricordare il volo fatto dalla punta per raggiungere il pallone. Grazie al goal iconico del suo attaccante, il Rosario Central supera 1-0 il Newell's Old Boys e va in finale del Campionato Nazionale argentino, che tre giorni dopo conquisterà grazie al successo per 2-1 sul San Lorenzo de Almagro nello stadio dei cugini.
Per 'Le Canaglie' è la prima indimenticabile affermazione della propria storia, che sarà bissata due anni più tardi, nel 1973. E l'eroe del Monumental, Aldo Pedro Poy, chiuderà la sua carriera calcistica nel 1975, dopo aver giocato per 9 anni sempre con la maglia del Rosario Central e realizzato 61 goal in 262 partite, di cui ben 25 di testa (record fra i giocatori gialloblù).
La 'palomita' garantirà a Poy l'eterna popolarità e l'affetto dei tifosi, di cui si ha una chiara prova nel 1972, quando per il suo matrimonio, la chiesa del Perpetuo Socorro era assediata dai tifosi e, tra i tamburi e i poliziotti, il prete è costretto a concludere la cerimonia in cinque minuti, terrorizzato dal timore che la folla, con persone addirittura in piedi sull'altare, gli distruggesse la chiesa.
L'OCAL E IL RITO 'PAGANO' CHE SI RIPETE OGNI ANNO
Tanta è la gioia provata per l'iconica 'Palomita di Poy' che poco dopo l'impresa nel derby di Rosario una sorta di setta di tifosi fanatici del Rosario Central, denominata OCAL (Organización Canalla Anti Leprosa, ovvero: Organizzazione Canaglia anti Lebbrosa), nata il 13 settembre 1966, composta prevalentemente da medici e notabili grandi tifosi gialloblù, e guidata da un misterioso Gran Lama, di cui non è nota l'identità,decide che un goal così importante non può restare soltanto nella memoria.
Così ogni anno, il 19 dicembre, a partire dal 1972, alla stessa ora di quello storico momento del 1971, vale a dire le 19.09, organizza un momento particolarmente atteso dai tifosi del Central, sempre in un posto diverso del pianeta: la rievocazione dell'iconico goal, che viene così reso eterno, quasi un rito religioso.
Il momento clou del 'rito pagano' è la ricostruzione della 'palomita de Poy': c’è sempre una porta, c’è qualcuno che lancia il pallone, con i piedi o con le mani, e c’è Aldo Pedro Poy, che ogni volta, nonostante l'età che avanza, i pochi capelli rimasti, si presta lanciandosi in volo, circondato dalla folla, e trovando sempre il goal. A quel punto tutti gli invitati esultano come se fosse la prima volta, gli saltano addosso e mentre lo portano in trionfo sulle spalle, cantano il coro "Aldo Poy, Aldo Poy, el papà de Newell's Old Boy".
Attorno è tutto uno sventolio di bandiere del Rosario, e alla punta, che ha ormai superato i 75 anni, sono consegnati neonati da benedire, come se Aldo fosse un Papa, e chiesti fotografie e autografi. La prima volta tutto si è svolto in un bar di Rosario chiamato Polo Norte, davanti ad una decina di persone, una porta improvvisata e Poy, naturalmente, a tuffarsi come l'anno precedente al Monumental ma stavolta sul pavimento del locale.
Ma da allora la curiosa cerimonia si ripete ogni anno, in altre città dell'Argentina e del Mondo.
"In Argentina, oltre ovviamente a Rosario e Buenos Aires, siamo stati a Mar del Plata, Mendoza e Ushuaia - racconterà l'autore della 'palomita' -; in Cile a Santiago, dove Claudio Borghi mi ha fatto il cross; poi siamo stati al vecchio stadio Centenario a Montevideo, dove l’Uruguay si è laureato campione nel 1930, a Barcellona, con Juan Antonio Pizzi che mi ha messo il cross, e a Cuba, dove ho segnato su assist di Ernestico, il figlio di Che Guevara, che era stato un discreto calciatore".
“Finora non ho mai sbagliato - assicura l'iconico attaccante - , ho ancora il fisico e mi tengo in forma. Poi ogni anno è sempre più facile, la distanza è sempre più ravvicinata (ride, ndr)”.
Fino ad oggi, per 50 anni, il rito laico della celebrazione della 'palomita di Poy' si è dunque sempre svolto, con l'iconica marcatura che è diventata il goal più festeggiato della storia, tanto che è stata avanzata una richiesta per la registrazione nel Guinness World Record.
Ma la domanda, marzullianamente, sorge spontanea: e quando Poy sarà troppo vecchio e non ce la farà più? L'OCAL sta provvedendo ad arruolare tanti giovani: ogni volta che nasce un tifoso del Central, l'Organizzazione lo iscrive ai 'Misioneros Canallas', i ragazzi che avranno il compito di tramandare il rito.
"È arrivato il momento di moltiplicare l’effetto della Palomita. Siate me, perché io sono voi", è stato il messaggio dello stesso Poy.
L'alternativa sarebbe l'uso di maschere, come quelle impiegate nella celebrazione del 1997, quando è stato lanciato lo slogan: "Hoy soy Poy (“Oggi sono Poy”)". E per non perdere tempo, l'OCAL starebbe pensando in grande stile alla cerimonia del 'Centenario della palomita de Poy', prevista per il 2071.
Non manca, infine, un progetto fra il folle e il fantascientifico: quello condotto da José Cibelli, genetista a capo del Dipartimento delle Clonazioni dell’OCAL negli Stati Uniti, che vorrebbe provare a clonare il mitico Poy. Per il momento, senza dubbio, le prime due opzioni restano le più attuabili.
La suggestiva organizzazioni di fanatici del Central ha anche un proprio museo, nel quale, accanto ai capelli di Poy che hanno visto da vicino il pallone, trova posto l’appendice estratta al difensore del Newell’s Ricardo De Rienzo, il suo marcatore, operato il giorno successivo alla partita da un chirurgo membro dell’OCAL, che ha provveduto a conservare la reliquia. Quest'ultima è custodita in un vasetto recante la scritta "Apéndice del jugador De Rienzo, por donde, a 20 cm. de la misma, pasó la pelota impulsado por Aldo Pedro Poy de palomita". Ovvero: "L'appendice del giocatore De Rienzo, a 20 centimetri dala quale passò la palla colpita di testa in tuffo da Poy".
Il tutto per un goal, quello della bandiera del Rosario Central, che ha mandato in estasi un popolo calcistico e continua ad essere festeggiato più di quanto non lo siano state le prodezze dei grandi campioni. Fra una palomita e l'altra, Poy nel 1973 aveva rifiutato anche un possibile ingaggio in Europa con Celta Vigo e PSG. Dopo il ritiro l'ex attaccante ha fatto una brillante carriera politica, continuando ad essere eternamente venerato da parte dei propri tifosi per 'la palomita' del 1971.
"Quel goal - dirà l'ex attaccante - in realtà non mi è mai appartenuto. Io sono stato soltanto la sintesi dei desideri dei tifosi".
