GOALUna squadra, il Benfica, fra le più importanti del panorama europeo, che dopo aver vinto tutto, ha stabilito il poco invidiabile primato negativo di undici finali continentali consecutive perse, fra Prima squadra e Primavera, e un calcio, quello portoghese che non riuscirà più ad affermarsi a livello internazionale per due stagioni consecutive, nonostante José Mourinho.
Secondo una convinzione sempre più diffusa, che rappresenta ormai per tanti tifosi delle Aquile una certezza, tanta sfortuna accumulata in diversi decenni non sarebbe il frutto di una casualità, ma alla base di sarebbe l'anatema più potente che sia stato mai lanciato nel Mondo del calcio: la maledizione di Bela Guttmann.
IL BALLERINO INNAMORATOSI DEL CALCIO
Nato a Budapest il 27 gennaio 1899 è il figlio di una coppia di ballerini, Abraham ed Eszter, di origini ebraiche. Anche Bela, che cresce in quella metropoli multiculturale che era la capitale dell'Impero Austro-Ungarico agli inizi del Novecento, l'humus che David Bolchover ne'Il grande ritorno'definisce "la vivacissima e creativa società ebraica dell’Europa centrale e orientale al suo ingresso nell’ultima fase prima del suo quasi totale annientamento", segue le orme dei suoi genitori, e a 16 anni diventa come loro istruttore di danza.
Presto però prevale in lui un'altra passione, quella per il calcio.Fa così il suo ingresso nelle Giovanili del Torekves nel 1914, debuttando in Prima squadra nella Serie A ungherese nel 1917. Gioca da centrocampista avanzato, ha notevole qualità tecnica e in una partita contro lo Zsak realizza addirittura una tripletta. Stranamente, però, il giorno seguente, i giornali lo definiscono "il peggiore in campo", perché "per tutta la partita non ha fatto altro che ricevere palla e tirare in porta".
Nel 1919 si trasferisce nel più quotatoMTK Budapest (Magyar Testgyakorlók Köre), società della borghesia austro-ungherese di origini ebraiche e viene spostato nel ruolo di centromediano metodista, nel quale, in virtù degli elevati mezzi tecnici, diventa il fulcro di una squadra di invincibili, capace di vincere consecutivamente il campionato magiaroper nove anni di fila, dal 1916 al 1925.
Sei undicesimi della formazione titolare sono composti dalla meglio gioventù ebraica dell'Ungheria e con questa squadra Guttmann vince 2 Scudetti (1919/20 e 1920/21) guadagnandosi anche la chiamata della Nazionale magiara. Con l'Ungheria balza sulle prime pagine dei più importanti quotidiani del Paese quando al suo debutto, il 5 giugno 1921, va a segno nell'amichevole vinta per 3-0 dai magiari sulla Germania.
Proprio nel 1921 però torna in forza all'MTK la stella Nyul, precedentemente prestato al club ebraico romeno dell’Hagibor Cluj, e in Ungheria, divenuta Repubblica indipendente dopo la Prima guerra Mondiale, l'ascesa al potere di Miklós Horthy fa dilagare nel Paese l'antisemitismo, cosicché il giovane Bela, all'epoca ventiduenne, decide di stabilirsi in Austria, per giocare con i globtrotter del calcio sionista, l’Hakoah di Vienna, la cui maglia è blu e bianca e ha sul petto la stella di Davide.
Già all'epoca Guttmann mostra un temperamento ribelle e anarchico, e pretende di giocare sempre con una maglietta di seta.Il club è fra le squadre europee più forti del periodo e l'arrivo del centromediano ungherese la rafforza ulteriormente. In breve tempo Guttmann ne diventa uno dei pilastri e nel 1923 è fra 'gli eroi di Londra' che ridicolizzano il West Ham, finalista dell'FA Cup, travolto in casa per 5-0. L'Hakoah è dunque la prima formazione continentale a riuscire a battere in casa i 'Maestri' inglesi.
WikipediaOltre a giocare a calcio, in quegli stessi anni, in una città culturalmente molto ricca, Bela studia e si laurea in Psicologia. Nel 1924 in Austria nasce il professionismo, così Guttmann, dopo aver trascinato la squadra alla vittoria del titolo nazionale, è ricompensato con un ingaggio pari alla quarta parte del bilancio finanziario stagionale.
L'ungherese è un'autentica star del calcio dell'epoca, e viene convocato dall'Ungheria per le Olimpiadi di Parigi. I magiari sono i favoriti assoluti per la vittoria finale assieme all'Uruguay, e il 5-0 all'esordio sulla Polonia sembra confermarlo. Mail nazionalista Horthy aveva deciso di far infiltrare nella dirigenza della Nazionale suoi uomini.
I giocatori sono fatti alloggiare in un alberghetto di Montmartre dove le condizioni igieniche non sono certo ottimali. Guttman protesta a nome di tutti i compagni, ma non viene ascoltato, e allora con i compagni uccide i topi che circolano nelle stanze e gli appende morti davanti alle porte dei dirigenti. Ancora una volta la situazione non cambia e i giocatori magiari si fanno battere coscientemente sul campo dai dilettanti egiziani, che vincono 3-0 e passano il turno in quello che passa alla storia come 'il grande ammuttinamento del 1924'.
L'episodio segna ovviamente la fine della sua avventura in Nazionale (4 presenze e un goal in gare ufficiali). Poco male perché negli anni seguenti Bela inizia a viaggiare il mondo con l'Hakoah, in cerca di fondi per aiutare la causa sionista. Nel 1926 parte per una tournée di 10 gare negli Stati Uniti. In una di queste, giocata al Polo Grounds di New York, per vederlo accorrono 46 mila spettatori.
Quello statunitense è un calcio primordiale, in cui i tifosi lo confondono spesso con il rugby e il football americano. A Guttmann però l'America piace e il centromediano si trattiene negli Stati Uniti assieme ad alcuni compagni di squadra, considerando anche il fatto che diversi club erano di proprietà di facoltosi ebrei.
Spende dunque negli Stati Uniti gli anni migliori della sua carriera calcistica: gioca in varie Leghe, per tre anni con i New York Giants e successivamente con il New York Hakoah, con cui vince una National Challenge Cup, e con l'Hakoah All-Stars, squadra fondata dai reduci dell'Hakoah Vienna in America per propagandare il calcio mitteleuropeo e guadagnare qualche soldo dopo la grande depressione economica del 1929, con 'il venerdì nero' e il crollo della borsa di New York che lo fanno restare praticamente al verde.
"Feci dei buchi neri negli occhi di Abramo Lincoln sulla mia ultima banconota da cinque dollari", racconterà molte volte. Raccolti i soldi per tornare in Europa, chiude la carriera da calciatore nel 1932-33 ancora con l'Hakoah Vienna, ritirandosi a 34 anni.
WikipediaSCAMPATO ALLO STERMINIO NAZISTA
Già nel 1934 l'Hakoah Vienna dà a Bela la possibilità di allenare, si sposta poi in Olanda, forse anche per sfuggire al crescente antisemitismo che si respira in Austria, e si accorda con l'SC Enschede guidandolo dal torneo regionale al 3° posto nel Campionato nazionale olandese. Convinto dei propri mezzi e delle sue capacità, inizia a pretendere ricchi ingaggi dai club che lo ingaggiano, con clausole ad hoc in caso di vittoria del campionato, memore di quanto accadutogli nel 1929.
Nel 1938 torna all'Hakoah ma la sua avventura da tecnico è sospesa bruscamente dall'invasione dell'Austria ad opera della Germania nazista di Adolf Hitler. Lo storico club viennese di radici e composizione ebraica in breve tempo è dismesso e lo stesso Bela Guttmann deve riparare in Ungheria, dove si accorda con l'Ujpest di Budapest, con cui nella stagione 1938/39 ottiene quello che oggi sarebbe definito un 'Double',vincendo Scudetto e Mitropa Cup, la Champions League dell'epoca.
Ma con l'olocausto, la situazione nell'Europa centrale per gli ebrei si fa impossibile e anche Guttmann deve fermarsi. Miracolosamente si salva dall'olocausto. Secondo la leggenda scampa alla morte venendo internato in un campo di prigionia in Svizzera. Molto probabilmente, invece, come sostenuto da più fonti, fra cui Bolchover, riesce a scappare da un convoglio che lo sta conducendo ad Auschwitz e a nascondersi a Budapest, evitando la deportazione che invece non risparmiò 430 mila ungheresi. Nei campi di sterminio perde anche il fratello maggiore, suo padre ed i suoi zii.
A chi gli farà domande in merito a come è riuscito a salvarsi, risponderà sempre: "Mi ha aiutato Dio". Durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale sposa la moglie Mariane, poi scompare totalmente dalle scene.
GUTTMANN ALLENATORE VINCENTE E DISCUSSO
Se da giocatore Bela Guttmann si era guadagnato la nomea di stella del calcio magiaro, è da allenatore che è diventato una leggenda della storia del calcio, con una carriera da tecnico che lo ha visto protagonista in 3 Continenti e 14 Paesi diversi. Vince 6 Scudetti in 4 Paesi, 8 in 6 considerando anche i due titoli 'spuri' in Italia e in Uruguay arrivati al termine di stagioni in cui è stato sostituito in corsa.
Dopo la guerra, nel 1945 riprende ad allenare in Ungheria col Vasas Budapest, ma dopo averlo lasciato va in Romania per guidare il Ciocanul, quella che sarebbe diventata Dinamo Bucarest, grazie al presidente ebreo che lo vuole per innovare il calcio locale, e si fa pagare con frutta e verdura. Va via dopo 13 giornate per divergenze tecniche con la dirigenza dopo aver portato la squadra al 4° posto.
Tornato in Ungheria, si risiede sulla panchina dell'Ujpest e lo porta al titolo magiaro nel 1947, per poi guidare il Kipest, la futura Honved, ricca di grandi talenti, fra cui Ferenc Puskas.Ma un giorno, alla fine del primo tempo di una partita contro il Gyor, il tecnico si arrabbia con un suo giocatore e gli impedisce di tornare in campo nella ripresa: Puskas invece convince il compagno a tornare in campo e Guttmann, resosi conto di non avere più in mano lo spogliatoio, fedele al suo motto: "Controlla la stella e controllerai la squadra", scappa in tribuna a leggere un giornale, poi sale sul tram e se ne va. Non lo rivedranno più.
La successiva meta del suo percorso da allenatore giramondo è l'Italia: dove approda nel 1949/50 per allenare il Padova, poi la Triestina nel 1950/51 e per la prima parte della stagione 1951/52. In entrambi i casi la sua esperienza si chiude con un esonero. Prova a insegnare un'idea di calcio offensivo che non sempre convince i dirigenti dei club con cui lavora.
"Non mi interessa se gli avversari segnano un goal, - affermava - perché noi ne segneremo uno più di loro".
Nelle successive tappe integra per un breve periodo lo staff dell'Ungheria, che vince l'oro alle Olimpiadi di Helsinki. Poi si trasferisce addirittura al Quilmes, che conduce nella Seconda divisione argentina, allenando, fra gli altri, un giovane Humberto Maschio. Cerca un accordo con il Boca Juniors, ma non lo trova, e finisce allora a Cipro, dove approda per i problemi di salute della moglie e guida l'Apoel Nicosia.
Nel 1953 scioglie il vincolo e torna in Italia: stavolta a puntare su di lui è una big, il Milan, che lo chiama alla 9ª giornata per subentrare ad Arrigo Morselli. I risultati altalenanti della squadra la portano a chiudere il campionato 1953/54 al 3° posto, ma nel 1954 con l'approdo alla presidenza dell'industriale Andrea Rizzoli e del fuoriclasse Juan Alberto Schiaffino, che si unisce a Gren, Liedholm e Nordahl, fanno crescere le aspettative sulla squadra.
I rossoneri, in cui lancia da stopper titolare Cesare Maldini, che giocano con il WM, si portano al comando della classifica ma dopo 6 gare senza vittorie, e una sconfitta per 1-3 in casa con la Sampdoria, dovuta anche all'assenza del campione uruguayano, prima per infortunio, poi per squalifica, dopo la 19ª giornata Bela Guttmann è sollevato dal suo incarico.
Ai giornalisti che incontra in conferenza stampa prima di andar via, con i quali aveva sviluppato da buon psicologo e comunicatore un ottimo rapporto, dirà una frase celebre e al contempo discutibile, che ai giorni nostri verrebbe definita, a ragione, omofoba:
"Sono stato licenziato anche se non sono né un criminale, né un omosessuale. Addio".
Quell'esonero lo segnerà a tal punto da pretendere, nei successivi contratti, una clausola ad hoc che preveda l'impossibilità per le società di esonerarlo nel caso in cui la squadra che allena sia al primo posto in classifica. Al suo posto arriva sulla panchina rossonera Hector Puricelli, e la squadra conquista a fine anno lo Scudetto.
L'anno seguente, il 1955/56, allena anche il Lanerossi Vicenza, ma con la squadra terzultima termina l'avventura anticipatamente in quanto è rinviato a giudizio per omicidio colposo per aver investito in auto due giovani, uno dei quali ha perso la vita, il 2 aprile 1955 a Milano.
Ripara allora nuovamente in Ungheria, alla Honved, ma quando è in Brasile con la squadra per una tournée internazionale, a Budapest esplode la rivoluzione studentesca antisovietica.
Prima ancora che avvenga la dura repressione dell'URSS, decide di restare in Sudamerica. Nel 1957 allena così il San Paolo. Grazie ai metodi di allenamento innovativi che introduce, migliora il livello dei suoi giocatori e della squadra. Vi trapianta il 4-2-4 della grande Ungheria e ottiene grande successo, vincendo il Campionato Paulista nel 1957.
Vicente Feola, il Ct. del Brasile, ne farà lo schema del Brasile che nel 1958 in Svezia vincerà i suo primi Mondiali. Tornato in Europa nel 1958, si stabilisce in Portogallo e a ottobre subentra sulla panchina del Porto, che con una grande rimonta, conduce al titolo portoghese nel 1959.
Getty ImagesIL BENFICA E LA MALEDIZIONE
Dopo una sola stagione con i Dragoni, Guttmann approda sulla panchina degli accerrimi rivali del Benfica. E con le Aquile, che gli garantiscono un ricco ingaggio, con premi aggiuntivi per i trofei conquistati, realizza il suo capolavoro da allenatore. Rifonda la rosa della squadra, promuovendo tanti giovani, e conferma come modulo il 4-2-4.
Il suo motto, che ripete spesso ai suoi giocatori, è:
"Pasa-repasa-chuta, marca e desmarca".
Con questo vince due volte consecutive il campionato lusitano, ma, soprattutto, 2 Coppe dei Campioni nel 1960/61 e nel 1961/62 ed è lui a lanciare 'La Pantera Nera' Eusebio, che aveva fatto arrivare dall'Africa su segnalazione del suo ex mediano Bauer. Quest'ultimo lo trova in una seduta dal barbiere, Bela lo ascolta e il Benfica scippa letteralmente allo Sporting un campione.
Dopo il primo titolo continentale ottenuto a spese del Barcellona di Suárez, sarà l'attaccante di origini mozambicane a far compiere l'impresa più grande alla squadra di Lisbona il 2 maggio 1962 ad Amsterdam. Le Aquile soccombono in finale, dopo il primo tempo, con il Grande Real Madrid, che conduce 3-1 grazie ad una tripletta di Puskas. Ma nell'intervallo lo psicologo Guttmann, con una frase alla José Mourinho, ottiene la reazione dei suoi giocatori.
"La partita è vinta. - disse - Loro sono morti".
Sposta inoltra Cavém su Di Stefano, e il risultato è sorprendente. Il Benfica riprende gli spagnoli con le reti dello stesso Cavém e di Coluna, per poi travolgerli grazie all'uno-due vincente del giovane centravanti su rigore e calcio di punizione. I lusitani e Guttmann entrano nella leggenda con la seconda Coppa dei Campioni consecutiva. Il tecnico ungherese chiude tuttavia al 3° posto il campionato, e quando la dirigenza mugugna, lui ribatte con una delle sue frasi più celebri:
"Il Benfica non ha il culo per sedersi su due sedie".
Si aspetta comunque un premio in denaro dalla società, come era stato pattuito, ma quest'ultimo non arriva. I dirigenti del Benfica dicono di no, quasi lo deridono, e Bela non la prende bene.
I rapporti si erano sembra già incrinati dopo le tre finali di Coppa Intercontinentale, che fu persa contro il Peñarol (vittoria 1-0, sconfitta 5-0 in Sudamerica e per 2-1 nella bella di Montevideo), quando l'allenatore accusò la società di aver organizzato male il viaggio. Fra il tecnico ungherese, che va via sbattendo le porte, e le Aquile, si consuma così un clamoroso divorzio, sancito dalla celebre maledizione in due anatemi:
"Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà per due volte (consecutive) Campione d'Europa e senza di me il Benfica non vincerà mai una Coppa dei Campioni".
Prima di fare fagotto e partire in Uruguay per allenare il Peñarol, Guttmann aggiunge anche altre due frasi storiche del suo repertorio.
"Non posso allenare - dice - 14 'Commendatori' ".
Il titolo era stato dato a lui e ai suoi giocatori dal dittatore portoghese Salazar proprio dopo l'ultima impresa europea. E sottolinea:
"La terza stagione è quasi sempre mortale per un allenatore", frase che anni dopo sarebbe stata ripresa da José Mourinho.
L'addio al Benfica segnò anche il declino della sua carriera in panchina, visto che che da lì in avanti non riuscirà più a vincere. Fallisce con il Peñarol la conquista della Coppa Intercontinentale, e sconfitto dal Santos di Pelé, è esonerato dopo 5 mesi. Torna in Austria nel marzo 1964 per ricoprire il ruolo di supervisore della Nazionale, ma ad ottobre il progetto evapora.
Dopo lunghe trattative, nel 1965/66 guida di nuovo il Benfica, ma perde 5-1 ai quarti di finale di Coppa dei Campioni contro il Manchester United e il lcub assegnò a Fernando Cabrita il ruolo di allenatore di campo. Nel 1966/67 passa agli svizzeri del Servette: l'avventura si conclude in primavera con l'addio volontario dopo il k.o. in Coppa delle Coppe con lo Slavia Sofia nei quarti di finale.
Fa ancora una breve e negativa esperienza in Grecia col Panathinaikos e successivamente passa anche all'Austria Vienna. Dopo alcuni anni di inattività, torna al Porto nel 1974 ma l'esperienza si conclude con un fatto luttuoso: al 13' della 13ª giornata di campionato muore in campo il centrocampista dei Dragoni Pavão per ragioni mai del tutto chiarite. Sorgono ombre di doping e Guttmann lascia il club per ritirarsi e stabilirsi a Vienna fino alla sua morte, avvenuta il 28 agosto 1981, all'età di 82 anni. Le sue spoglie mortali riposano nel settore ebraico del cimitero viennese.
anonymousLE 11 FINALI PERSE
In pochi, nel momento in cui la maledizione fu pronunciata, il 1° maggio 1962, diedero peso alle parole dense di amarezza pronunciate dall'ebreo ungherese Bela Guttmann. Non potevano certo immaginare che da quel momento, nonostante le tante finali raggiunte, il Benfica non avrebbe più vinto nulla al di fuori dei propri confini nazionali.
Su 11 finali europee disputate fino ad oggi, 8 dalla Prima squadra e 3 dalla formazione Primavera (Youth League) sono arrivate altrettante sconfitte, alcune delle quali anche piuttosto clamorose.
Coppa dei Campioni 1962/63
Milan - Benfica 2-1
Coppa dei Campioni 1964/65
Inter - Benfica 1-0
Coppa dei Campioni 1967/68
Manchester United - Benfica 4-1 (dts)
Coppa UEFA 1982/83
Anderlecht - Benfica 2-1 (doppia finale)
Coppa dei Campioni 1987/88
PSV - Benfica 0-0 (dts, il PSV vince 6-5 dcr)
Coppa dei Campioni 1989/90
Milan - Benfica 1-0
UEFA Europa League 2012/13
Benfica - Chelsea 1-2
UEFA Europa League 2013/14
Siviglia - Benfica 0-0 (dts, il Siviglia vince 4-2 dcr)
UEFA Youth League 2013/14
Benfica - Barcellona 0-3
UEFA Youth League 2016/17
Benfica - Salisburgo 1-2
UEFA Youth League 2019/20
Benfica - Real Madrid 2-3
I buonisti ritengono cessata nel 2004 la prima parte dell'anatema, con la 2ª Champions League vinta dal Porto con José Mourinho, ma sembra in realtà che Bela intendesse espressamente "due Coppe dei Campioni consecutive", impresa riuscita a lui col Benfica e più a nessuna formazione lusitana. Per la seconda, poi, come detto, niente da fare, anzi, sembrerebbe che il sortilegio si sia esteso anche alla Coppa UEFA/Europa League.
Le Aquile hanno infatti perso 5 finali di Coppa dei Campioni, la prima e l'ultima delle quali contro il Milan (2-1 nel 1962/63 e 1-0 nel 1989/90), 3 volte la Coppa UEFA/Europa League e 3 volte negli ultimi anni la Youth League, la Champions League giovanile, l'ultima delle quali nel 2019/20 (2-3 con il Real Madrid). Un autentico disastro. Eclatante è stato il finale di stagione del 2013, con sconfitte in serie in finale di Europa League e di Coppa del Portogallo e un campionato perso alla penultima giornata.
Nel 1990, quando a Vienna il Benfica gioca la finale contro il Milan, si scomoda addirittura il grande Eusebio. L'ex attaccante, che era stato lanciato proprio da Bela Guttmann, si reca a far visita alla tomba del suo ex allenatore, depone un mazzo di fiori e chiede che venga spezzato il terribile sortilegio. Ma l'intercessione non produce effetto, e anche in quell'occasione sono i rossoneri a trionfare. Nemmeno la realizzazione di una statua a lui dedicata all'interno del Da Luz nel 2014 è servita a intenerirlo.
Lo spirito dell'ebreo errante del calcio, che nel 1981 è stato inserito nella International Jewish Sports Hall of Fame, e nel 2007 è stato posto dal Times all'8° posto fra i tecnici più influenti del Dopoguerra, continua ad aleggiare sullo Stadio da Luz di Lisbona, sul Benfica e sui club portoghesi, facendosi grasse risate ogni qualvolta il Benfica perde una finale europea. Condannato a fare eterna memoria, almeno fino al 2062, della grande impresa del tecnico ungherese.
