GOALNon era un fuoriclasse, ma è stato sempre molto apprezzato dai campioni con cui ha giocato e dagli allenatori che lo hanno allenato. Ivano Bonetti, del resto, in campo correva per quattro e sapeva sempre fornire il suo apporto alla squadra.
Grintoso e in possesso di buona qualità tecnica, ha indossato le maglie di diverse squadre, vincendo in Italia con Juventus e Sampdoria prima di intraprendere l'avventura estera dapprima in Inghilterra e successivamente in Scozia.
I PRIMI ANNI: LE ESPERIENZA CON GENOA E BRESCIA
Ivano Bonetti nasce il 1° agosto 1964 in una famiglia di calciatori. È figlio e fratello d'arte: papà Aldo è stato un giocatore del Brescia prima della Seconda Guerra Mondiale, mentre i fratelli Mario e Dario sono entrambi calciatori: il primo aveva giocato con la De Martino (l'antica squadra Primavera) dell'Atalanta, prima di doversi precocemente ritirare per un infortunio, il secondo era un difensore centrale specializzato nella marcatura a uomo.
"Mario era fortissimo, molto veloce, - dirà Ivano a 'Lavocedelpopolo' nel 2020 - usava entrambi i piedi e aveva un tiro potente. Con la De Martino dell’Atalanta aveva vinto il torneo di Viareggio con Bodini e Scirea. A causa di un forte trauma al ginocchio dovette smettere. Mario è stato un punto di riferimento: era il collante tra me e Dario".
Ivano, come caratteristiche, è una sorta di via di mezzo fra Mario e Dario: a buone qualità tecniche abbina doti fisiche di prim'ordine, duttilità tattica e una solarità contagiosa che lo rende una presenza fondamentale in qualsiasi spogliatoio.
Alla Serie A arriva in modo graduale dopo l'immancabile gavetta. I primi calci al pallone gli tira nell'Oratorio San Zeno. La sua prima squadra è la Leonessa, società satellite del Brescia che è di fatto il suo trampolino per approdare nel club lombardo.
"All'oratorio giocavamo liberi, non c’era un vero allenatore. Ci si trovava e si facevano le squadre. In estate organizzavamo tornei e le giornate erano infinite. Dopo quattro anni alla Leonessa - racconterà - sono passato al Brescia calcio. Ho esordito in serie B a 17 anni, facendo praticamente tutto quel campionato in prima squadra".
Il giovane Ivano è una mezzala offensiva che sa muoversi bene fra centrocampo e attacco e ispirare le punte con il suo mancino. Approda in Prima squadra nella stagione 1981/82, collezionando 20 presenze e il suo primo goal da professionista il 15 novembre 1981, quando risolve la sfida casalinga contro il Perugia (1-0).
Le Rondinelle retrocedono però in Serie C1 e il più piccolo dei fratelli Bonetti le segue, diventando nel giro di tre stagioni un titolare fisso della squadra. In tre anni colleziona 70 presenze e 3 goal in campionato, con l'ultima stagione da 30 gare e 2 reti.
Nell'estate 1985 si fa avanti per lui il Genoa, che, con il presidente Renzo Fossati, riporta Ivano in Serie B. Ancora una volta il centrocampista è titolare, disputa 31 partite e segna una rete, e nonostante la stagione del Grifone non sia memorabile, mette in mostra le sue qualità.
IL SOGNO JUVENTUS E LO SCUDETTO CON TRAPATTONI
Suo fratello Dario gioca già in Serie A con la Roma, e per Ivano, più giovane di 3 anni, la grande occasione arriva nel 1984. A puntare su di lui non è una squadra qualsiasi, bensì la grande Juventus di Giovanni Trapattoni.
"Fossati- dirà Ivano a 'Hurrà Juventus' - mi ha fatto un enorme regalo cedendomi alla Juventus. In pratica sono arrivato nell’università del calcio. Avevo sempre sperato di imitare mio fratello Dario, ma la Serie A mi sembrava una meta difficilissima da raggiungere. Invece...".
E, per uno scherzo del destino, il debutto nel massimo campionato, il 10 ottobre 1985, arriva al Comunale proprio contro la Roma del fratello Dario. I bianconeri si impongono 3-1 (reti di Mauro, Pruzzo su rigore, Laudrup e Serena) e il ricordo di quel giorno resta scolpito nella mente di Ivano, subentrato all'84' al posto dell'autore del primo goal.
"È stato magnifico esordire e vincere sotto gli occhi di Dario. - affermerà - Lui alla fine dell’incontro non sapeva se essere triste per la sconfitta o felice per me. Io ero soltanto felice…".
Per Bonetti II, come viene indicato negli almanacchi, il 1985/86 è una stagione ricca di emozioni. Bonetti aggiunge un'altra presenza in campionato, 20 minuti il 22 dicembre nel rotondo 4-0 sul Lecce, 7 partite in Coppa Italia e, soprattutto, esordisce in Coppa dei Campioni il 19 marzo 1986 nel ritorno dei quarti di finale contro il Barcellona. L'1-1 del Comunale non basta alla squadra di Trapattoni per accedere alle semifinali, dopo il k.o. per 1-0 nell'andata del Camp Nou.
WikipediaL'8 dicembre 1985, senza giocare, vince la Coppa Intercontinentale, con i bianconeri che superano 6-4 ai rigori l'Argentinos Juniors a Tokyo. Un infortunio alla mano gli impedisce di disputare più partite. A fine anno la Vecchia Signora vince il lungo testa a testa con la Roma, che cade in casa con il Lecce già retrocesso, e si aggiudica il 22° titolo della sua storia. Per Ivano Bonetti è il primo Scudetto della carriera.
Ivano resta all'ombra della Mole per un'altra stagione, il 1986/87, che è quella della ricostruzione dopo l'addio di Trapattoni.
"Vorrei conquistarmi un posto, - dice - non importa se da titolare o da riserva, in questa grandissima Juventus. Non vorrei, insomma, essere una meteora. Qui c’è da imparare vincendo, ma soprattutto c’è da conoscere qual è il modo di essere di una grande squadra. E, lo ripeto, l’università del calcio".
In panchina arriva Rino Marchesi, l'ex Brescia trova complessivamente più spazio, collezionando 23 presenze totali e 2 goal, entrambi in campionato, ma i risultati non sono soddisfacenti, nonostante, ancora una volta, per lui, appena ventiduenne, non manchino le emozioni. Su tutte quella della seconda rete realizzata, che giunge all'ultima giornata contro il suo Brescia e lo condanna alla retrocessione in Serie B, in quella che sarà anche l'ultima partita giocata in carriera da Michel Platini.
"Adesso per dieci giorni non potrò tornare a casa, - commenta a caldo Bonetti - perché non mi perdoneranno mai questo sgarbo. Ma, capitemi, dovevo fare qualcosa di grande prima di chiudere il campionato. Quando ho battuto Aliboni ho sentito dentro una grande gioia, ma anche una grande tristezza. Ora aspetto che la società decida qualcosa. Alla Juve ho imparato molto, ma dalla Juve vorrei avere la possibilità di dimostrare il mio valore. Senza garanzie non voglio restare. Leggo che l’Avellino si interessa a me. Ci andrei di corsa, per sfogare tutta la rabbia che ho accumulato dentro".
DALL'ATALANTA AL BOLOGNA DI MAIFREDI
Dopo 35 presenze e 2 goal totali con la Juventus, per Ivano non arriva l'Avellino ma l'Atalanta di Emiliano Mondonico, in Serie B. Approdato a Bergamo in prestito, dà una mano importante alla squadra per piazzarsi al 4° posto finale e a conquistare la promozione in Serie A.
In nerazzurro arriva la prima trasformazione, con Mondonico che lo sposta sulla fascia sinistra e lo impiega da ala-tornante. Lui si cala nella nuova posizione e colleziona 26 presenze e 2 goal in campionato e 4 presenze in Coppa delle Coppe, prendendo parte alla cavalcata fino alle semifinali.
"È stata una grande stagione, - dichiarerà in un'intervista concessa per un giornalino scolastico - poiché oltre a quel traguardo, l’Atalanta riuscì a tornare in Serie A nonostante il doppio impegno, poiché l’anno prima era retrocessa in Serie B ma si era qualificata alla Coppa delle Coppe essendo arrivata in finale di Coppa Italia. L’unico rimpianto è quello che nella partita di ritorno in Europa con il Malines, purtroppo l’arbitro ci penalizzò. Ma sono comunque ancora dei bei ricordi!".
Con la maglia azzurra della Nazionale militare, si laurea campione del Mondo nel 1987 assieme a giocatori come Vialli, Ferrara, Brambati, Cucchi e altri.
Su di lui punta il Bologna, neopromosso in Serie A, che ne acquista il cartellino e sotto la guida di Gigi Maifredi scala le gerarchie della Serie A. Dopo la salvezza nel 1988/89 con il 14° posto, nel 1989/90 i felsinei sono protagonisti di una grande stagione e si piazzano ottavi e si qualificano in Coppa UEFA. Proprio il tecnico di Lograto lo trasforma in un motorino di centrocampo in grado di correre di continuo, e Ivano si adatta ancora una volta e dà un contributo importante di 71 presenze e 3 goal.
"Nel Bologna alla prima stagione c’erano moltissimi giovani - ricorda Ivano - e l’anno successivo vennero affiancati dall’esperienza di Cabrini, Pecci e Bruno Giordano, i quali furono determinanti per l’accesso in Coppa Uefa".
WikipediaLA SAMPDORIA E IL SECONDO SCUDETTO
Su Ivano mette così gli occhi l'ambiziosa Sampdoria di Paolo Mantovani e del tecnico jugoslavo Vujadin Boskov. Per Ivano c'è il ritorno a Genova, seppure nella sponda blucerchiata, e un triennio ricco di soddisfazioni.
La stagione 1990/91 è infatti quella dello storico Scudetto doriano, che sarà anche il 2° della carriera del centrocampista. Trasformatosi ormai in un jolly tattico, Boskov lo schiera quando e dove serve: ala sinistra, mediano, mezzala avanzata, terzino, persino seconda punta. Con Giovanni Invernizzi è uno dei componenti preziosi della rosa, che fanno fare alla rosa dei liguri il salto di qualità definitivo.
Dopo la vittoria sul Lecce del 19 maggio 1991, si ossigena i capelli, divenuti biondi come quelli di Vialli e Cerezo, per celebrare l'impresa. E a Roma, nell'ultima partita, giocata integralmente, sfoggerà il suo nuovo look d'eccezione.
“Ogni periodo ha sua moda, adesso è moda di capelli gialli", commenterà Boskov con il suo stile.
Bonetti, con il suo carattere positivo, in inserisce al meglio in un gruppo molto forte che ha in Vialli e Mancini i suoi leader. E altre soddisfazioni arrivano nel 1991/92, nella quale gioca in squadra assieme al fratello Dario.
WikipediaVince la Supercoppa italiana (1-0 contro la Roma) pur non scendendo in campo, poi è fra i protagonisti della cavalcata blucerchiata fino alla finale di Champions League. A Wembley, però, dove gioca titolare con il numero 11 sulle spalle e nel ruolo di ala sinistra, è il Barcellona a far festa: nei supplementari una punizione bomba di 'Rambo' Koeman piega le mani di Pagliuca e si infila imparabile alle sue spalle, dandogli probabilmente la delusione più grande della sua carriera.
"Il nostro è stato un grande gruppo. - dirà Bonetti - Ancora oggi a distanza di tanti anni ci sentiamo fra noi per telefono. Boskov non era un allenatore dalle grandi doti tattiche, è più considerabile come un gestore, ma in quel gruppo era una persona che riusciva ad aiutarti anche nei momenti di maggiore difficoltà e ha avuto il merito di mantenere il gruppo unito fino alla fine!".
"La finale di Wembley? Inizialmente la giudichi come tutte le altre partite e te ne accorgi dopo, non solo dell’importanza, ma anche del grande interesse che poteva apportare. Vincendo la finale, infatti, oltre alla qualificazione diretta per l’edizione successiva, avevi la possibilità di giocare la Supercoppa UEFA e la Coppa Intercontinentale".
Invece il suo palmarès si ferma a 2 Scudetti, una Supercoppa italiana e una Coppa Intercontinentale in bianconero. La terza stagione a Genova, caratterizzata dall'addio di Vialli e dall'arrivo di Sven Goran Eriksson in panchina, è meno positiva. Ivano, a 28 anni, finisce fra le riserve. Chiude con 84 presenze e 2 goal (uno in Serie A, uno in Coppa Italia) ed è pronto a fare nuove esperienze calcistiche.
"Con Eriksson mi sono trovato male. - ammette in un'intervista a 'Lavocedelpopolo.it' - Non spiegava molto, non sapeva motivare la squadra ed era un pessimo comunicatore. Non so come abbia fatto ad allenare squadre di un certo livello. Trapattoni, invece, era un grande mister così come Maifredi: peccato che Gigi non abbia raccolto quanto meritasse".
Getty ImagesGLI ULTIMI ANNI IN ITALIA E LE ESPERIENZE ALL'ESTERO
Nel 1993 Ivano Bonetti lascia la Sampdoria e inizia la fase finale della sua carriera. Tra i ritorni negativi a Bologna (mancata promozione in Serie A) e Brescia (retrocessione in Serie B), fa una comparsata al Torino nel 1994.
Appena 5 le presenze in granata, prima di prendere una decisione che all'epoca è giudicata sorprendente: lascia l'Italia e la Serie A per varcare i confini nazionali e, pioniere negli anni Novanta, giocare in Inghilterra. Non in Premier League ma in Football League First Division, l'attuale Championship. Indossa le maglie del Grimsby Town (16 presenze e 3 goal), del Tranmere Rovers (13 presenze e un goal) e del Crystal Palace.
"L'esperienza all'estero è stata bellissima. - assicura - Giocavo senza il contratto; i tifosi pensando che me ne andassi, aprirono in tutta la contea un fondo 'Bonetti', dove ognuno poteva versava il proprio contributo…".
Totalizza con gli Eagles soltanto 3 presenze e decide di rientrare in Italia per un ulteriore ritorno: firma con il Genoa e ci gioca 2 stagioni in Serie B. Nel 1999, a 35 anni, scende in Serie D alla Sestrese, squadra ligure di Sestri Ponente. In panchina c'è infatti suo fratello Dario, che, con una squadra con giocatori d'esperienza, fra i quali spiccano, oltre a Ivano, Stefano Colantuono e Antonio Rizzolo, sfiora la promozione in Serie C2, piazzandosi 2ª nel proprio girone.
Il 12 maggio 2000 assume la carica di allenatore-giocatore del Dundee, in Scozia, con suo fratello Dario nei panni di vice. In campo colleziona 18 presenze e 2 goal in due anni. Nel 2000/01 porta la squadra in Intertoto con un piazzamento finale al 6° posto della Premiership scozzese, ma l'anno dopo la squadra è eliminata al Primo turno della competizione e finisce 9ª. Il 3 luglio 2002 alcune divergenze con la società portano al suo esonero.
DOPO IL RITIRO
Abbandonato definitivamente il calcio giocato nel 2002, prima di compiere 36 anni, Ivano Bonetti resta molto legato al mondo del calcio. Sposato e padre di tre figli, fa diverse esperienze da dirigente: come D.s. al Pescina, come D.g. al Sulmona e come Responsabile del Settore giovanile al Rimini, fino ad allenatore delle giovanili della Vis Pesaro.
Appassionato di footgolf, diventa imprenditore e con la sua società Mobisafe, vende un prodotto che, se applicato ai cellulari, è in grado di ridurre le onde elettromagnetiche, lo Skudowave.
"Commercio un prodotto tecnologico, che applicato ai telefonini riduce del 90% il rischio biologico di radiazioni. - spiega - È un dispositivo medico venduto anche in farmacia. Lo abbiamo distribuito a parecchie società di calcio, fra le altre la Juventus, il Bayern e il Manchester United".
Ma i tifosi delle squadre che lo hanno visto giocare lo ricordano sempre per l'impegno che sempre profondeva in campo.
"La mia partita più bella? La migliore di tutte è stata quella Sampdoria e Stella Rossa - dirà - che è servita ai doriani per qualificarsi alla finale di Coppa dei Campioni".
