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Il capolavoro di Roberto Mancini: Italia campione di Euro 2020

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Il 14 maggio 2018 è cambiata la storia recente dell'Italia. Non una data, bensì La data. Ovvero quella della nomina di Roberto Mancini alla guida degli azzurri. Da selezione a senz'anima e soprattutto senza Mondiali di Russia, a campioni d'Europa a Euro 2020. Un cammino impronosticabile, entusiasmante, costruito dalle capacità di un vincente seriale.

Personalità e coraggio. Due ingredienti, questi, che hanno contraddistinto il peso specifico del tecnico jesino. Che, fin dal principio, ha saputo dare un'identità ben definita a una squadra mortificata dalla precedente gestione. Spazio al 4-3-3, spazio alla fantasia e alla costante voglia di dominare la partita. 

Italia-Arabia Saudita, 28 maggio 2018, la prima - amichevole - di Mancini alla guida del Belpaese: dentro Donnarumma, Bonucci, Jorginho e Insigne. Morale della favola? 2-1 per gli azzurri, trascinati dalle reti di Belotti e Balotelli. E se SuperMario, tanto per cambiare, è finito per perdersi da solo. Ecco altri protagonisti, e che protagonisti, che nel tempo hanno saputo conquistare la fiducia dell'allenatore marchigiando, creando i presupposti per coronare il grande sogno.

Il gruppo. Mai pensare all'"io", sempre proiettare la concentrazione al "noi". Mancini, da uomo navigato qual è, con semplicità e fermezza ha trasformato una Nazionale in un club. Già, proprio così. Pur tra molteplici difficoltà - inasprite dalla pandemia - il ct azzurro ne è venuto a capo con incredibile semplicità. Gioco codificato, qualità al potere, risultati. Perché alla fine della fiera, si sa, il verdetto sovrano è sempre il rettangolo di gioco.

E allora ecco un pizzico di incoscienza, la stessa che ad esempio ha portato il Mancio a concedere il debutto a Zaniolo, nonostante un curriculum da zero presenze in A e solo sette in B. Ed proprio il bello di quest'Italia, spavalda e fresca, chiamata a togliersi altre gioie nel tempo.

Alchimia totale, brividi, emozioni. Gli azzurri, nel corso di Euro 2020, hanno messo in mostra tutto il loro valore. Dimostrando, di partita in partita, di essere la miglior squadra della competizione.

Certo, e non potrebbe essere altrimenti, i momenti di difficoltà non sono mancati. Basti pensare allo spavento causato dalla performance dell'Austria, così come anche i rigori contro la Spagna hanno avuto il loro perché. Senza contare la finalissima, vinta contro l'ottima Inghilterra, ma non talmente ottima a tal punto da negarci la grande gioia.

Mancini ha coccolato un Paese. E lo ha fatto scegliendo gli uomini giusti: in campo e fuori. E un vincente, d'altro canto, si nota anche da questo. Si comprende, dunque, perché l'amico di una vita - Gianluca Vialli - abbia rappresentato molto più di un capo delegazione. Un "bomber e fratellino" per il Mancio. Un punto di riferimento per l'intero globo azzurro.

Il resto è storia. L'ultimo Europeo vinto nel 1968 iniziava a pesarci, ora ci siamo rinfrescati la memoria. In una maniera inaspettata, coinvolgente e commovente. E per questo, per sempre, il popolo italiano a Mancini potrà dedicare una sola parola: grazie. 

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