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Gustavo Neffa, la meteora "scovata" dalla Juventus che ispirò il nome d'arte al cantante

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Negli anni ’90 era prassi accogliere i migliori calciatori stranieri in Serie A. Non soltanto le cosiddette “big”, infatti, potevano fregiarsi di campioni del calibro di Van Basten, Careca, Matthaus, Voller, Maradona, Riedle, Moller o Gullit, ma anche le “piccole” si permettevano regolarmente il lusso di portare in Italia calciatori di valore assoluto.

E così, il Brescia si godeva Hagi, il Genoa Aguilera e Skhuravy, il Cagliari Fonseca e Francescoli, l’Ascoli Bierhoff, l’Udinese Balbo e così via per tanti, tantissimi altri campioni che hanno scritto pagine di storia del nostro campionato.

Ogni tanto, però, inevitabilmente, a qualche società italiana capitava di provare a pescare il jolly senza però riuscirci.

Facciamo un salto indietro, di più di trent’anni, fino all’estate del 1989. Si è da poco concluso il campionato dell’Inter dei record, col trionfo dei nerazzurri guidati da Trapattoni e capaci di polverizzare primati su primati. Il Milan, che vanta già in organico i tre olandesi, chiude il campionato al terzo posto, alle spalle del Napoli di Careca e Maradona. La Juventus di Zoff, invece, deve accontentarsi del 4° posto.

Delusi dall’annata, i bianconeri lasciano partire campioni del calibro di Cabrini, Favero, Altobelli e Laudrup, puntando a rivoluzionare e magari ringiovanire l’organico. Arrivano Schillaci e Casiraghi, ma anche Alejnikov e Angelo Alessio.

In quella stessa estate, poi, i bianconeri pescano anche un talento nel lontano Paraguay. Si chiama Gustavo Neffa, ha appena 18 anni, ed è reduce da una stagione da urlo con la maglia dell’Olimpia di Asuncion. È un altro calcio, un calcio nel quale i talenti sudamericani li ha visti giocare davvero soltanto chi, in Sudamerica, si è recato a vederli dal vivo. Tutta un’altra storia rispetto al calcio dei giorni nostri, nel quale basta una valida connessione ad internet unita ad una serie di strumenti adeguati per riuscire a visionare qualsiasi calciatore in tutto il pianeta. O talvolta, per millantare di averlo fatto.

All’epoca, però, gli osservatori erano gli unici veri possessori di informazioni reali su giovani sconosciuti che, quando arrivavano in Italia, rappresentavano davvero un enigma tutto da scoprire per tifosi e addetti ai lavori. Quell’anno, appunto, la Juventus pescò questo giovane paraguaiano che fece perdere la testa a Giampiero Boniperti, pronto a scommettere su di lui. Si diceva, e all’epoca davvero si faceva fatica a distinguere la leggenda dalla realtà, che avesse segnato più di un goal a partita in Paraguay. Ad appena 18 anni. Un fenomeno, no? Non proprio.

“Penso che possa essere paragonato a Maradona”, disse all’epoca Nello Governato, uno che sul mercato raramente sbagliava. Quella volta sbagliò.

All’epoca presidente della Juventus, Boniperti riuscì a far tesserare Neffa per poi girarlo in prestito alla neopromossa Cremonese del presidente Luzzara.

L’attaccante argentino GustavoDezotti, prelevato dalla Lazio, il centrocampista svedese Anders Limpar e, appunto, il paraguaiano GustavoNeffa, furono i tre stranieri scelti dal club grigiorosso. Rampulla, Favalli, Marcolin e Maspero erano altri preziosi componenti di un organico un po’ inesperto ma dal futuro roseo.

La stagione, insomma, comincia sotto migliori auspici.

Alla guida della squadra non c’è più il tecnico della promozione, Bruno Mazzia, passato all’Udinese, ma l’ex leggenda della Nazionale e dell’Inter Tarcisio Burgnich che in estate commenta con poco entusiasmo l’ingaggio di Neffa.

Se è forte? A me serviva un mediano”.

La Cremonese debutta a San Siro, proprio contro l’Inter, perdendo per 2-1 nel finale, complice un rigore di Brehme. Neffa non è nè in campo nè in panchina. Ma è giovane e ci può stare.

Il giovane paraguaiano fa per la prima volta la sua comparsa in panchina soltanto alla nona giornata, al ‘Bentegodi’, contro il Verona. La sua prima panchina, però, coincide anche col suo debutto in Serie A: al minuto 69, infatti, Burgnich lo manda in campo per sostituire Alviero Chiorri. Quella sarà la prima volta di tante: Neffa entra in campo anche nelle due partite successive e poi entra a far parte in pianta stabile dell’elenco dei convocati.

La Cremonese non sfigura, naviga sempre in instabile equilibrio tra zona salvezza e zona retrocessione, ma dà filo da torcere a tutti. Il 3 dicembre, allo stadio Zini, arriva proprio la Juventus: Neffa è in panchina, ma al 43° entra in campo al posto dell’infortunato Chiorri. La gara finirà 2-2.

Neffa continua a raggranellare spezzoni e il 28 gennaio del 1990 festeggia anche l’esordio da titolare, nell’1-1 interno contro l’Atalanta.

Dezotti vive un anno d’oro e per Burgnich è un intoccabile. Poi c’è Chiorri, che quando sta bene gioca. Neffa aspetta il suo momento che coincide proprio con l’infortunio di Chiorri: Burgnich gli dà fiducia, ma lui non riesce sempre a ripagarla. Riesce però a togliersi lo sfizio di deliziare il pubblico di San Siro con qualche bella giocata con il suo sinistro in occasione della sfida contro il Milan. Quel giorno sugli spalti c’è l’Avvocato Agnelli, che si sbilancia: “Può diventare il nuovo Sivori”. Aridaje, direbbero a Roma.

Nel finale di stagione, la Cremonese galleggia in maniera preoccupante nella zona calda, ma proprio in assenza di Dezotti, Neffa col numero 9 sulle spalle trova il suo primo goal in Serie A nella delicata sfida salvezza con il Lecce: la sua rete porta in vantaggio i grigiorossi in una gara che si concluderà sull’1-1.

“Speriamo che oggi faccio goal”, aveva detto in un’intervista rilasciata pochi istanti prima dell’inizio della gara (erano altri tempi, sì!) e il goal, con annesso dribbling al leggendario Terraneo, arrivò davvero.

Resta la sua unica segnatura: la Cremonese, dopo una vittoria con l’Ascoli che sembrava averla tirata fuori dalla sabbie mobili, perde le ultime 4 partite e retrocede in Serie B.

L’estate successiva, con Boniperti non più presidente, la Juventus acquista Baggio mentre Neffa, dopo una stagione conclusa con un solo goal e la retrocessione della sua Cremonese, mette da parte il sogno bianconero per ripartire dalla Serie B con i grigiorossi.

La squadra viene confermata quasi per intero, persino Gustavo Dezotti, reduce dalla finale dei Mondiali persa dalla sua Argentina contro la Germania, segue la Cremonese in Serie B. Neffa trova soltanto 3 goal, ma contribuisce a suo modo al ritorno in Serie A.

L’anno successivo, però, a Cremona arriva lo sloveno Florijancic: sarà lui a fare coppia fissa con Dezotti e a confinare Neffa al ruolo di riserva. È l’anno del leggendario goal di Rampulla, il portiere che vincerà poi la Champions League con la Juventus, ma che si concluderà con il ritorno della Cremonese in Serie B.

E stavolta, Neffa, non segue le sorti dei grigiorossi. Il suo futuro è in Argentina, dove indossa la maglia dell’Union Santa Fè. Anche lì, senza particolare successo. Tuttavia, per ragioni non ancora spiegate, il Boca Juniors gli concede una chance e Neffa vince persino un Torneo di Apertura.

Si trasferisce poi all’Estudiantes, prima di tornare in Paraguay, al Club Sol de América e poi chiudere la carriera negli Stati Uniti, con i Dallas Burn. Reti complessive in carriera? 40.

Ancor prima di compiere 30 anni, infatti, decide di smettere il calcio per dedicarsi alla cura degli interessi della moglie, la tennista paraguayana Rossana De Los Rios, seguendone gli spostamenti.

Rossana Neffa De Los RiosGetty

Il nome di Neffa termina nel dimenticatoio fin quando un artista, di nome Giovanni Pellino, non lo fa tornare mainstream. Il motivo è davvero molto curioso, come spesso accade in questi casi. Giovanni Pellino è il batterista della sua band, i “Negazione”. Tutti lo chiamano Jeff, ma qualcuno inizia a chiamarlo Neffa, per assonanza con il calciatore ammirato da Giampiero Boniperti. Molti non sanno nemmeno chi sia quel calciatore, ma intanto Giovanni/Jeff è diventato per tutti Neffa. E nel 1996, registra il suo primo album da solista, proprio con il nome d’arte di Neffa.

La storia è incredibile. Gustavo Neffa, in viaggio in Italia, viene a sapere da un amico dell’esistenza di un artista che ha scelto di chiamarsi come lui. Lo contatta via e-mail, gli chiede conferma. E la riceve.

“Siamo diventati amici – raccontò nel 2007 il cantante, come riportato su 'La Gazzetta dello Sport'– Lo ammiro per quello che ha fatto: ha rinunciato al suo lavoro per amore, per seguire sua moglie Rossana. È una cosa romantica e neffiana. E attenzione, Gustavo non era un bidone, era solo troppo giovane alla Cremonese”.

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Chissà. Forse le cose sono andate davvero così.

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