La storia del calcio non è fatta soltanto di grandi campioni, capaci di esaltare i tifosi con le loro qualità da fuoriclasse. Spesso, a scriverla, sono stati anche giocatori normali, comprimari ma professionisti seri che, nonostante una carriera fatta per lo più di panchine e tribune, hanno comunque saputo ritagliarsi, per citare Andy Warhol, i loro 15 minuti di gloria.
Esemplare in tal senso è stato il 'jolly' italo-svizzero Guerino Gottardi, che nella sua avventura italiana con la Lazio, trascorsa tutta come gregario,hasaputo togliersi grandi soddisfazioni personali, ha vinto tanto, ben 8 trofei, edè diventato negli anni una sorta di 'amuleto', un portafortuna amato dai suoi allenatori e dai tifosi nonostante le poche volte in cui veniva mandato in campo.
Figlio di emigrati italiani in Svizzera, nasce a Berna il 18 settembre 1970 e cresce calcisticamente nelle Giovanili dello Young Boys. Debutta in Prima squadra a 19 anni nella stagione 1989-90, in cui colleziona 4 presenze, e nella successiva diventa un titolare della squadra, con cui scende in campo 34 volte e realizza anche una rete.
Nel 1991/92 passa così al Neuchatel Xamax, compagine elvetica nella quale milita per 4 stagioni, vissute tutte da titolare. Totalizza 119 presenze e 8 goal in campionato, giocando anche in Coppa UEFA, e il suo nome finisce sul taccuino degli osservatori della Lazio, che nell'estate del 1995 lo portano in Italia.
Gottardi ha solo 24 anni quando arriva a Roma, e una folta chioma di capelli ricci color castano. Corre tanto ma non è dotato di grandi qualità tecniche, così il tecnico Zdenek Zeman gli ritaglia un ruolo da gregario buono per tutte le occasioni e ne sfrutta la duttilità tattica. L'italo-svizzero è infatti un vero e proprio 'jolly', in grado di disimpegnarsi sulla fascia destra indifferentemente come terzino, centrocampista o attaccante esterno, e, se serve, anche sulla fascia sinistra o da mediano. Inoltre ha qualità umane importanti, che gli permettono di essere un uomo-spogliatoio ben voluto dai compagni.
Fa l'esordio in Serie A il 27 agosto 1995, giocando da titolare la prima di campionato contro il Piacenza all'Olimpico (4-1 per i biancocelesti) e dopo un anno e mezzo di gestione Zeman, nella seconda parte del 1996/97 è allenato anche da Dino Zoff. Con entrambi i tecnici è un importante rincalzo. Ma l'anno d'oro d'oro è quello successivo, il 1997/98, quando, con l'arrivo di Sven-Goran Eriksson in panchina, vive le gioie più grandi della sua carriera da calciatore.
La sera del 21 gennaio 1998 allo Stadio Olimpico si gioca il 3° derby capitolino della stagione, valido per il ritorno dei quarti di finale di Coppa Italia. L'Aquila si era aggiudicata i primi due, battendo 3-1 in campionato i giallorossi dell'ex Zeman, e bissando il successo nella gara di andata della Coppa, che aveva visto i biancocelesti trionfare con un ampio 4-1 sui rivali e ipotecare la qualificazione alle semifinali.
Gottardi aveva assistito da spettatore a entrambe le partite, ma stavolta Eriksson decide di concedere all'italo-svizzero i suoi minuti di gloria. Con la qualificazione ormai in porto, e con il punteggio che vede un rassicurante 1-1 con le reti di Jugovic su rigore e di Paulo Sergio nella ripresa, l'allenatore svedese lo getta nella mischia a 13' dal 90' al posto di Rambaudi.
L'arbitro Bolognino concede 4 minuti di recupero e proprio una manciata di secondi prima del fischio finale accade l'impensabile. Su una palla lunga di Negro, Tommasi colpisce di testa all'indietro poco oltre la metà campo della Roma, ma la difesa giallorossa è molto alta e il suo tocco si trasforma in un assist involontario per Gottardi, che palla al piede, può involarsi tutto solo verso la porta di Konsel, inseguito da Aldair.
Quando il portiere esce nel tentativo di fermarlo, l'italo-svizzero mantiene sufficiente freddezza per batterlo, insaccando nell'angolino basso più lontano, e liberando la sua gioia con un'esultanza liberatoria sotto la curva dei propri tifosi. Poco dopo l'arbitro fischia la fine del derby, con la Lazio che chiuderà la stagione con un sorprende 4 su 4 nella stracittadina, aggiudicandosi per 2-0 anche la sfida di ritorno in campionato domenica 8 marzo.
"Sono contento soprattutto perché ho giocato. - dichiara nel post partita a 'La Gazzetta dello Sport' - Da tempo sto bene, ma in una squadra così forte è sempre difficile trovare degli spazi. Anch'io ho dimostrato di esser pronto quando serve. Il goal lo dedico alla mia famiglia ed al neonato Leonardo".
Il record nei derby, difficilmente ripetibile, sarà poi immortalato in una targa ricordo, con impresse le date e i risultati di quelle 4 partite, affissa a Formello in quello che è stato denominato Viale dei meravigliosi, e consegna Gottardi alla storia della Lazio. Da quel momento il giocatore italo-svizzero diventa un beniamino dei suoi tifosi e un pupillo di Eriksson, per il quale, nonostante giochi con la maglia n° 17 sulle spalle, si trasforma in un amuleto da impiegare, con risultato assicurato, nei momenti più difficili.
Nasce anche il celebre coro: "Mi diverto solo se, solo se gioca Guerino. Gioca bene o gioca male, lo vogliamo in Nazionale".
Sebbene non giocherà mai con una Nazionale, né con quella Svizzera, né con l'Italia, il suo 1997/98 magico non si esaurisce con il goal nel derby. L'11 febbraio 1998, all'Olimpico, Eriksson gli dà spazio in campionato all'ultimo minuto al posto di Casiraghi, Gottardi entra subito in partita e al 93', in pieno recupero, riceve palla sulla sinistra dell'area e con una conclusione precisa batte Roccati per il 3-1 finale per la squadra biancoceleste.
È il suo primo goal in Serie A e resterà anche l'unico della sua carriera. Il secondo, ma non l'ultimo, della sua annata da favola. Un mesetto dopo, infatti, il 17 marzo, promosso titolare nella trasferta di Coppa UEFA contro l'Auxerre, firma il provvisorio 0-2 per i biancocelesti dopo il vantaggio siglato da Roberto Mancini, e, nonostante i padroni di casa trovino il 2-2 in rimonta con doppietta di Guivarc'h, dopo l'1-0 dell'andata all'Olimpico c'è il suo zampino sulla storica qualificazione dell'Aquila alle semifinali.
Ma il meglio per Gottardi deve ancora avvenire. Il 29 aprile 1998 la Lazio ha infatti il suo primo appuntamento con la storia. Allo Stadio Olimpico di Roma si gioca la finale di ritorno di Coppa Italia contro il Milan di Fabio Capello, che all'andata aveva vinto 1-0 al Meazza con goal di Weah. La partita inizia male per la Lazio, che va sotto nel punteggio anche in casa per effetto di una punizione di Albertini leggermente deviata nella sua traiettoria da Pavel Nedved.
La situazione per i biancocelesti appare disperata, ed ecco che Eriksson ricorre al suo 'amuleto' portafortuna. È il 50', e Gottardi, con il suo numero 17 ben in evidenza, prende il posto di Grandoni. La partita, per quanto sembri incredibile, cambia totalmente. Il gregario di lusso dei biancocelesti per una sera si prende la scena e 5 minuti dopo il suo ingresso in campo, trova il goal del pareggio.
Mancini controlla in area un lancio lungo di Jugovic e serve rasoterra l'accorrente Gottardi, che non deve far altro che spedire il pallone in fondo alla rete, battendo da distanza ravvicinata Sebastiano Rossi. L'1-1 dà il la alla rimonta biancoceleste. Ancora il n° 17 è protagonista dell'episodio che propizia il 2-1. Su un altro lancio lungo a tagliare il campo, beffa in velocità addirittura Maldini, arrivando per primo sul pallone.
Il capitano rossonero interviene con la gamba alta in maniera scomposta e colpisce il suo avversario. Per l'arbitro Treossi non ci sono dubbi ed è rigore. Jugovic trasforma, prima del 3-1 definitivo di Alessandro Nesta che regala alla Lazio la Coppa Italia 1997/98, primo trofeo dell'era Eriksson, e a Gottardi una serata da protagonista assoluto.
"Il suo ingresso in campo è stato decisivo. - lo applaude il tecnico svedese - E non solo per il goal. Ha poi procurato il rigore ed ha fornito bellissimi assist".
L'ex Neuchatel Xamax chiude il 1997/98 con 33 presenze totali e 4 reti, numeri che resteranno per lui di gran lunga i migliori in una sola stagione. Come in tutte le favole che si rispettino, infatti, anche per Gottardi arriva il momento in cui l'incantesimo svanisce. L'italo-svizzero resta infatti nella capitale altri 6 anni, senza più ripetersi su quei livelli, anche perché è poco utilizzato, pur risultando sempre un giocatore utile alla causa con la sua generosità e duttilità e alzando al cielo tanti trofei. Nell'anno dello Scudetto gioca 19 partite, ma soltanto 5 in campionato: in queste, tuttavia, la Lazio vince sempre.
Dopo la Coppa Italia conquista altri 7 titoli:2Supercoppe Italiane nel 1998 e nel 2000, la Coppa delle Coppe nella stagione 1998/99, la Supercoppa Europea nel 1999, una secondaCoppa Italia e lo Scudetto nel 1999/00, una terza Coppa Italia nel 2003/04, e vive un'ultima serata di gloria al Bernabeu in Champions League il 13 febbraio 2001. Dopo l'addio di Eriksson in panchina è tornato Zoff,e i biancocelesti si giocano il passaggio ai quarti di finale contro il Real Madrid campione d'Europa in carica.
Nel tempio del calcio mondiale l'Aquila passa a condurre con Crespo, ma i Blancos rispondono con Morientes ed Helguera e si portano sul 2-1. Il destino dei biancocelesti sembra segnato, non per Guerino, che è l'ultimo ad arrendersi. L'italo-svizzero così si porta nell'area avversaria per raccogliere un cross dalla destra di Pancaro. Casillas esce a vuoto e la palla giunge sui suoi piedi: tocco preciso e goal, 2-2. L'amuleto biancoceleste sembra avviare un'ennesima impresa, ma non sarà così.
Le speranze della squadra di Zoff saranno infatti spente nel finale da un rigore generoso concesso dall'arbitro francese Veissière alle merengues e trasformato da Figo per il 3-2 finale degli spagnoli. Per Gottardi è il canto del cigno. Resta comunque a Roma, accettando un ruolo da comprimario nelle gestioni di Alberto Zaccheroni e di Roberto Mancini. Spende così da riserva le sue ultime stagioni da calciatore professionista. Il Mancio, suo ultimo allenatore, gli concede comunque 2 presenze, una in Coppa Italia contro il Modena, una in Champions League contro lo Sparta Praga, che gli permettono di portare a 8 i trofei nel suo personale palmarès.
YoutubeMica male per un gregario. Tanto che, scherzandoci su, i tifosi della Lazio diranno che ha vinto più Gottardi di Totti. Non a torto, almeno a livello puramente numerico. Appesi gli scarpini al chiodo a 34 anni dopo 144 presenze e 5 goal con la maglia biancoceleste in 10 stagioni, Guerino, che ormai non ha più la folta chioma riccia di quando era arrivato nella capitale, si prende una pausa di qualche anno e poi inizia ad allenare i bambini più piccoli, collaborando inizialmente con lo stesso club che lo ha visto a lungo protagonista da calciatore e in seguito con la Cisco Roma alla fine degli anni Duemila.
"Ora ho fatto il corso di allenatore, - ha raccontato nel maggio 2020 in un'intervista a 'Tuttomercatoweb' - e ho una scuola calcio a Roma che si chiama Athletic Soccer Academy. In più faccio avanti e indietro dalla Svizzera dove ho una serie di immobili da gestire".
I tifosi della Lazio difficilmente potranno dimenticarlo: con le sue prestazioni nel 1997/98, condite da goal pesanti, e le sue qualità umane, Gottardi ha scritto pagine belle e importanti della storia del club biancoceleste.
