Milioni di tifosi, in terra indonesiana, seguono ogni anno la Serie A. Sono cresciuti con il grande Milan, l'Inter del Triplete, si sono goduti la rinascita della Juventus di Conte e Allegri. Nessun giocatore di tale, splendido, paese, ha però mai giocato nel massimo campionato. Esclusi ovviamente i giocatori con radici più o meno lontane: Emil Audero e Radja Nainggolan. Quest'ultimo, belga con i tratti asiatici, adottato dalla Sardegna, con il cuore a Milano, Roma e sì, Piacenza. La sua prima tappa, in Serie B, il luogo in cui ha cominciato ad essere italiano, prima di diventare il Ninja, nell'isola dei misteri. Lasciata nel 2021, per tornare a casa all'Anversa, casa sua.
Nasce lì, ad Antwerp, tira i primi calci nella multietnica città belga con il Tubantia Borgerout dai cinque ai dodici anni, viene notato dalle giovanili del Germinal Beerschot e nel 2005 da Alessandro Beltrami, che lo porta a Piacenza. Ha 17 anni, la grinta di chi è cresciuto forte, tirato su solamente dalla madre, al fianco di una sorella anch'essa legata al pallone.
E' grezzo, con un ruolo non ancora definito, senza tatuaggi, orecchini, lontano da capigliature punk. E' Radja, un ragazzino in una nuova realtà, quella del calcio italiano, opposta a quella di un torneo belga acerbo, senza talenti, lontano anni luce da Van Himst, Preud'homme, Wilmots e Pfaff.
Nainggolan ha cuore, ma non di ghiaccio. E' affezionato alla sua gente, diviso come chiunque viaggi per lavorare, tra la nostalgia e la consapevolezza di non poter lasciar passare il treno:
"Per come ero cresciuto era molto difficile lasciare la mia città, i miei amici, i miei cari. I primi sei mesi per me sono stati molto difficili, non parlavo l’italiano, parlavo solo francese, ero ragazzino, mi obbligavano ad andare a scuola e a studiare. Pensavo solo al calcio, non era facile: dopo sei mesi me ne volevo andare, poi alla fine sono rimasto e ho fatto la scelta giusta".

Sulla panchina della prima squadra in Serie B siede Giuseppe Iachini, giovane allenatore alle prime armi dopo una buona carriera da giocatore grintoso. L'ex calciatore della Fiorentina nota quel giovane ragazzo dai tratti così inusuali per la Serie A, carattere chiuso, ma grande personalità. Parla in campo, insomma.
Nella Primavera del Piacenza viene utilizzato come seconda punta, vuole segnare, vuole provare il tiro, ma anche mordere le caviglie, aiutare in difesa ed inserirsi. Aiuta la squadra in questo modo. Iachini lo osserva:
"Guardavo Nainggolan nelle partitelle del vivaio durante la settimana già nella stagione precedente a quella del debutto in prima squadra. Lo utilizzavo da interno perché giocavo con il 4-3-3. Faceva presagire una carriera importante. E decisi di lanciarlo. Mi piacevano le sue imbucate. Aveva personalità, non aveva timore, era sfrontato. Era piuttosto chiuso. Parlava poco, estroso, ma molto buono".
Per il Piacenza il belga è un fantasista ed un esterno d'attacco a fasi alterne durante gli anni in cui scopre Piazza Cavalli, la città, l'Italia. Prestato ala prima squadra, Iachini lo utilizza interno per un solo motivo: nel suo modulo non esiste il ruolo su cui la formazione biancorossa lo fa crescere. Luciano Bruni, il suo primo allenatore al Piacenza, però, non ha dubbi: lo fa giocare praticamente come attaccante. Non c'è un vero e proprio scontro di idee tra i due tecnici, anche perché Bruni è il suo primo allenatore, Iachini quello del passo successivo, una volta che sarà pronto.
Bruni ascolta Nainggolan, Nainggolan ascolta Bruni. Lui decide di schierarlo vicino alla porta:
"Voleva andare a far goal e mi chiedeva di giocare il più avanti possibile, gli piaceva fare tutto con la palla e se c'era qualcosa che non ne prevedeva l'uso era un po' assente. Se non guardavo faceva finta di svolgere l'esercizio. Nel momento esatto in cui mi giravo, cominciava a fare quello che gli avevo chiesto".
La sua prima gara da professionista in Italia è del maggio 2006, in pieno ciclone calciopoli. Entra al posto di Bianchi in un Piacenza-Arezzo in cui c'è già Riccio come trequartista, giocatore che lo prenderà sotto la sua ala al pari di Nocerino. La stagione successiva è un déja vu: fa parte della Primavera, gioca una sola gara in prima squadra. Ora però è maggiorenne, pronto al salto.
Quel suo Piacenza non giocherà mai in Serie A e ancora oggi attende di tornare a rivivere la massima serie. O la cadetteria. E' B, una buona squadra in mezzo a grandissime che passano di lì per problemi finanziari, per retrocessioni forzate. Nainggolan fa parte della prima squadra e con qualche anno in più sulle spalle, comincia a capire grazie ai consigli dei senatori e degli allenatori della prima squadra che il suo futuro è da mezz'ala, da interno. Da trottola. Resterà grato a Bruni, ma Iachini e Somma ci hanno visto lungo riguardo al ruolo.
Somma sostituisce Iachini sulla panchina del Piacenza nel 2007, anno in cui Nainggolan comincia a farsi un nome in Serie B:
"Quando ho avuto io Nainggolan era giovanissimo, giocava trequartista. La società mi chiede di valorizzarlo. Capii che a livello di prima squadra quel ruolo non fosse efficace per le sue caratteristiche, gli dissi che tutto dipendeva da lui, gli chiesi di cambiare ruolo, perché non aveva lo spunto per fare il fantasista, mentre da centrocampista era completo. I risultati mi hanno dato ragione".
Non è una testa calda, ma vuole godersi la vita, Radja. Nainggolan è una furia in campo. Appena stacca dal pallone c'è l'altro mondo, a cui il Ninja non rinuncerà mai, riuscendo comunque ad essere letale con gli scarpini. Balla fuori, balla dentro. Si muove a ritmo in entrambe le circostanze, da duro. E' idolo di Piacenza, compiendo sempre un passo in più, allenato da Pioli, oramai sotto il sacro ruolo del mediano e dell'interno. Da lottatore.
Nainggolan, attuale, torna indietro a quando era trequartista, torna indietro a quando era interno. Unisce i suoi due passati, si scambia, evolve. Il dibattito sul suo ruolo continuerà, tra l'amore di voler segnare ed essere spinto dai tifosi a Cagliari, Milano e Roma dopo aver recuperato un pallone con una scivolata iniziata cinque minuti prima in stile Captain Tsubasa.
Somma, Bruni, Iachini, Pioli, Allegri lo hanno plasmato, limando i dettagli, portandolo in zona Real Madrid e non in Eccellenza. C'è infatti una frase riferita dallo stesso Somma a Nainggolan, ai tempi del Piacenza, quando era nel limbo tra il fantasista (dopo aver superato la fase seconda punta) e interno:
"Un giorno lo presi da parte e gli dissi: 'Sappi che non mi stupirei se fra tre anni sarai un giocatore del Real Madrid, ma al tempo stesso non mi stupirei nemmeno di vederti in Eccellenza".
Busta numero uno. Beh, quasi.


