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Gianluca PagliucaGoal

Gianluca Pagliuca, da 'Gemello di Tomba' a grande pararigori e pilastro della Nazionale

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"Potevo diventare campione del Mondo, ma quel legno mi ha salvato la vita...".

Ricorderà per sempre così, Gianluca Pagliuca, il momento più iconico della sua lunga carriera da portiere, vissuta sempre sulla cresta dell'onda, il bacio al palo della porta dello Stadio di Pasadena, dopo che nella finale dei Mondiali di USA '94  un tiro di Mauro Silva gli è appena sfuggito dalle mani toccando il legno prima di far ritorno fra le sue braccia.

"Quel palo mi ha evitato tanti problemi. - confesserà molti anni dopo - Se avessimo perso il Mondiale tutte le colpe sarebbero ricadute su di me e sarei stato massacrato per il resto della carriera, come è successo a Zenga. Per fortuna invece tutti si ricordano del bacio e meno della papera…".

Andrà a un passo dal titolo iridato, sfuggitogli poi ai rigori, e dalla Champions League, persa ai tempi supplementari, vincendo comunque tanti trofei con Sampdoria e Inter e vivendo 3 Mondiali con la Nazionale azzurra, 2 dei quali da grande protagonista.

Ha continuato a fare il suo mestiere, quello del portiere, sempre ad alti livelli, fino a 40 anni, grazie a un fisico da urlo, curato quotidianamente, che gli ha consentito di mantenersi a lungo ai vertici. Spesso parando, oltre ai tiri degli avversari, anche critiche, delusioni e persino rubinetti e vermi tiratigli addosso dalle curve avversarie.

DA 'GEMELLO DI TOMBA' AD ANGELO BLUCERCHIATO

Due grandi campioni, nati a pochi minuti di distanza l'uno dall'altro nello stesso ospedale, con, per giunta, una certa somiglianza fisica. Gianluca Raimondo Pagliuca vede la luce al reparto di maternità del Sant'Orsola di Bologna il 18 dicembre 1966. Lo stesso giorno, nella stanza accanto, a poche ore di distanza nasce Alberto Tomba.

Per Bologna saranno 'I Gemelli' di cui la città andrà sempre fiera, e considerato che mentre il portiere muove i suoi primi passi nel calcio professionistico, lo sciatore si afferma già come grande campione, Gianluca è spesso chiamato negli anni della sua adolescenza come 'Il Gemello'. 

Gianluca è un bambino vivace, molto portato per lo sport, poco per lo studio, come lui stesso ammetterà.

"Voglia di studiare zero. - conferma in un'intervista del 2016 a 'Il Resto del Carlino' - Il calcio, invece, mi ha preso fin da piccino. Ero bravino in porta, ma me la cavavo anche fuori: per questo qualche volta facevo il portiere e qualche volta l’attaccante".

Muove i primi passi nel mondo del calcio con la Polisportiva Ceretolese, giocando prevalentemente da mezzala e attaccante, più raramente come portiere. A 12-13 anni inizia però ad essere utilizzato con maggiore frequenza fra i pali e da lì non si sposterà più.

"I miei primi allenatori furono Schincaglia, Maccagni, Zanni e Bellotti. Poi un bel giorno hanno deciso che non dovevo più spostarmi dai pali ed è stata la mia fortuna".

Quando papà Pierluigi, che di mestiere fa il camionista, e mamma Maria Rosa, che ai tempi faceva la cameriera, si separano, Gianluca cresce a Casteldebole con sua madre, che diventa presto un punto di riferimento per il portiere. Tocca a lei anche accompagnarlo agli allenamenti. Lui ricambierà quando diventerà un campione.

"È sempre stata fondamentale per me, fin da ragazzo. La donna più importante della mia vita. I miei si separarono che ero giovane, quindi ho passato molto più tempo con lei. Anche se ultimamente ho riallacciato buoni rapporti anche con mio padre Pier Luigi, mamma è sempre stata al mio fianco. Lei è diventata la mia commercialista, è grazie ai suoi consigli che posso dire di aver saputo investire i miei guadagni".

Dopo una stagione nel vivaio del Casteldebole, Pagliuca passa nelle Giovanili del Bologna nel 1982, all'età di 15 anni, su segnalazione di Pietro Battara, colui che è stato il suo maestro, e da lì in avanti la sua ascesa nel Mondo del calcio sarà sfolgorante. È mosso da una grande passione, si mantiene umile e non si prende troppo sul serio.

È alto, un metro e 90 per 87 chilogrammi, e ha nei riflessi e nel senso della posizione le sue qualità migliori. L'aver giocato in campo, inoltre, gli permette di cavarsela bene anche con il piede sinistro. Nel 1986/87 va in prestito alla Primavera della Sampdoria per disputare il Torneo di Viareggio. Con i blucerchiati è amore a prima vista. 

"Vengo premiato come miglior portiere del torneo - ricorderà ai microfoni de 'La Gazzetta dello Sport' - e la Samp cede in finale soltanto all’Inter".

Il presidente Paolo Mantovani si convince così ad acquistarne il cartellino, che paga 300 milioni di Lire. La storia dirà che saranno soldi ben spesi. Alla Sampdoria intanto, come prepatore dei portieri, è approdato il suo mentore, Pietro Battara. La società pensa di cederlo in Serie C per "farsi le ossa", come si usava ai tempi, ma su consiglio dell'ex estremo difensore blucerchiato, è invece aggregato alla Prima squadra, dove con Vialli, Mancini e gli altri componenti del gruppo d'oro conquisterà nel giro di alcuni anni lo Scudetto.

Tanto che, tornando sul suo acquisto, avvenuto senza grandi proclami, lo stesso Mantovani lo paragonerà ad un angelo e dichiarerà: "Pagliuca? Lo abbiamo comprato gratis dal cielo".

Sampdoria 1991Getty Images

LO SCUDETTO, LA DELUSIONE DELLA CHAMPIONS, L'INCIDENTE

Nel 1987/88 parte come riserva di Guido Bistazzoni. Il 6 settembre 1987 fa l'esordio in Coppa Italia, seguito l'8 maggio 1988 da quello in Serie A con un 'clean-sheet' contro il Pisa (0-0 a Marassi). A fine stagione è promosso titolare nelladoppia finale di Coppa Italia vinta contro il Torino, suo primo trofeo.

Con l'arrivo in panchina di Vujadin Boskov, la gerarchia fra i pali blucerchiati è ufficialmente rovesciata e nel 1988/89 Pagliuca è protagonista sui vari fronti che vedono impegnata la squadra genovese. A fronte di un nuovo exploit in Coppa Italia, la seconda consecutiva, vinta battendo in finale il Napoli, la Sampdoria perde la Supercoppa italia con il Milan e la Coppa delle Coppe, venendo superata in finale a Berna dal Barcellona di Cruijff.

Ma è solo questione di tempo. Il trionfo europeo arriva infatti l'anno seguente, il 9 maggio 1990, quando i genovesi a Göteborg battono 2-0 l'Anderlecht e conquistano la Coppa delle Coppe. Il 1990/91 è poi storico per Pagliuca e per la squadra, che a fine anno vince uno storico Scudetto.Il portiere ci mette il suo marchio, quando il 5 maggio 1991 neutralizza a San Siro, sul punteggio di 0-0, un calcio di rigore del Pallone d'Oro Lothar Matthäus, che fino a quel momento era sempre andato a segno dagli undici metri.

"Fra i rigori parati è quello che ricordo con più affetto. - ammetterà a 'Sky Sport' - Era uno scontro diretto, e quella vittoria ci lanciò verso lo Scudetto, che per me è stata la gioia più grande. Quando vincemmo per 3 notti non ho chiuso occhio. Mi sembrava di camminare sulla luna".

Pagliuca è un ragazzo giovane, bello e di successo, si chiacchiera molto delle sue avventure con il gentil sesso ma negli allenamenti e in campo è irreprensibile e, a differenza di altri suoi colleghi, sa mantenere la riservatezza.

"Perché, il sesso fa male? Nell’anno dello Scudetto c’era questo rito: viaggio in auto da Genova a Bologna la domenica sera dopo la partita, il lunedì sera tavolo al Matis e il martedì pomeriggio in campo a Bogliasco. Oh, in campo le vincevamo tutte!".

Un altro rituale è il pranzo con mamma ogni lunedì mattina, prima di ripartire per Genova il martedì mattina. Il 1991/92 potrebbe essere per il portiere e la Sampdoria l'anno della Coppa dei Campioni, ma il sogno si infrange su un missile di Ronald Koeman dalla distanza, che piega le mani del portiere blucerchiato con un tiro a 112 Km/

"Quando entrammo in campo a Wembley, per la prima volta nella mia carriera, mi tremavano le gambe dall'emozione. Fino al momento del goal nei supplementari, avevo parato l’impossibile: ma quel destro fu veramente imparabile. Da quella volta Koeman non l’ho più rivisto. Se succedesse gli stringerei la mano e gli direi che quella notte mi ha dato un grande dolore".

Nel 1991 si piazza al 21° posto nella classifica finale del Pallone d'Oro ed è 6° al Mondo nella classifica dei migliori portieri. In campionato la stagione successiva al titolo non è esaltante, lui commette anche un grave errore contro il Bari, tanto da far sussultare Boskov in panchina: "Chi ha sbagliato, Pagliuca?", frase che diventerà un tormentone perché ripresa nella sigla dal celebre programma satirico 'Mai Dire Goal'.

Il gruppo d'oro della Sampdoria inizia a sfaldarsi dall'anno seguente con l'addio di Vialli, che passa alla Juventus. Gianluca resta a Genova fino al 1994, rilanciandosi sotto la gestione Eriksson e aggiungendo al suo palmarés una terza Coppa Italia vinta da protagonista nella stagione 1993/94 battendo in finale l'Ancona e parando 5 tiri di rigore nel cammino verso la finale contro Pisa e Roma.

Il 10 maggio 1993sopravvive a un terribile incidente. Sull'autostrada Genova-Livorno, mentre è alla guida della sua Porsche, la brusca manovra di un tir francese lo manda ad urtare un autotreno e successivamente il guard-rail, in uno spaventoso flipper. L'auto è completamente distrutta, ma grazie agli air bag, che fanno il loro dovere, il portiere si salva e se la cava con la frattura scomposta della clavicola sinistra, uno pneumotorace e diverse escoriazioni al volto e alle mani.

Saluta genova l'anno seguente, nell'estate del 1994, dopo aver collezionato 263 presenze totali in blucerchiato, in cui ha subito appena 238 reti.

Gianluca Pagliuca - ItalyGetty

PAGLIUCA IN NAZIONALE: TRE MONDIALI E DUE OLIMPIADI

L'avventura in Nazionale di Pagliuca dura ben 9 anni, visto che inizia con Vicini in panchina e si chiude con Cesare Maldini ai Mondiali 1998. Dopo aver esordito con l'Italia Under 21 in una gara contro l'Inghilterra, e aver partecipato alla spedizione olimpica di Seul '88, facendo la riserva di Tacconi, Pagliuca entra nel giro della Nazionale maggiore nel 1989, venendo convocato il 20 settembre per l'amichevole contro la Bulgaria come vice-Zenga.

È così convocato da Vicini come 3° portiere ai Mondiali di Italia '90, in cui assistente impotente alla serie di rigori che segna l'eliminazione degli Azzurri in semifinale contro l'Argentina. Con l'inizio dell'era Sacchi, quando Zenga viene messo da parte, si contende il posto da titolare con Luca Marchegiani. Il dualismo si protrae fino ai Mondiali di USA '94 e non gli farà bene. La manifestazione in terra statunitense è per lui particolarmente sfortunata nella Prima fase.

Contro l'Irlanda è sorpreso fuori posizione da un tiro dalla distanza di Houghton, quindi contro la Norvegia tocca la palla con la mano fuori area per fermare una ripartenza avversaria e diventa il primo portiere espulso in un campionato del Mondo. È così squalificato per 2 gare. Si rifà comunque nella fase ad eliminazione diretta, risultando decisivo ai quarti contro la Spagna e in semifinale contro la Bulgaria. Nella finale di Pasadena contro il Brasile, il 17 luglio 1994, la fortuna lo bacia nell'episodio del tiro di Mauro Silva, non così nella serie di rigori, che gli sarà avversa. Nonostante pari il penalty battuto da Marcio Santos, sono i verdeoro ad avere la meglio.

"Se ci penso ancora oggi mi viene il magone. - ammette il portiere - Io feci il mio, ma purtroppo noi ne sbagliammo tre. Ho parato quello di Marcio Santos, quelli che hanno segnato mi hanno spiazzato tutti e tre. L’unico rimpianto è sul rigore di Romario. La palla ha baciato il palo ed è entrata. Due centimetri più in là e avremmo vinto il Mondiale...".

Nel 1995 Sacchi inizia a escluderlo dalle convocazioni per le Qualificazioni ad Euro '96 dopo alcune incertezze nelle prime gare, e progressivamente gli preferisce Peruzzi. Il 1996 lo vede comunque protagonista come fuoriquota alle Olimpiadi di Atlanta, le seconde della sua carriera, chiuse tuttavia con l'eliminazione precoce degli Azzurrini nel girone. Il riscatto arriva nel 1998, quando Peruzzi si stira a pochi giorni da Francia '98 e Cesare Maldini decide di puntare sull'estremo difensore dell'Inter.

Pagliuca gioca stavolta un Mondiale di alto livello. La parata di puro istinto su un colpo di testa di Flo da distanza ravvicinata nella sfida degli ottavi di finale contro la Norvegia è fra le più belle della sua carriera, ma la sorte gli sarà ancora avversa. Ai quarti contro la Francia si va ai rigori, lui neutralizza il tiro di Lizarazau e tuttavia a passare sono i Bleus, con l'errore decisivo di Di Biagio che li qualifica alle semifinali.

"Se avessimo eliminato la Francia, avremmo vinto quel Mondiale. - sostiene - Eravamo più forti degli altri. Alla fine ho parato due rigori in due Mondiali diversi. Se avessimo vinto, sarei diventato un eroe".

Con l'avvento sulla panchina azzurra di Dino Zoff, che preferisce puntare sul giovane Buffon, finisce il suo rapporto con la Nazionale, che lo ha visto scendere in campo per 39 gare.

Gianluca Pagliuca InterGetty

L'AVVENTURA ALL'INTER E IL POLEMICO ADDIO

Nella stagione 1994/95, quella successiva ai Mondiali negli Stati Uniti, il bolognese passa all'Interdi Pellegrini in una maxi operazione che prevede un costo di 8 miliardidi Lirepiù i cartellini di Walter Zenga e Riccardo Ferri. All'Inter Pagliuca vive una fase di transizione, con l'inizio dopo pochi mesi dell'era Moratti, caratterizzati da emozioni e risultati altalenanti. 

In panchina si succedono Ottavio Bianchi, Luís Suarez e Roy Hodgson. L'anno migliore è probabilmente il 1996/97, quando, con l'inglese in panchina, è costantemente fra i migliori in campo ed è protagonista di grandi parate in campionato (3° posto finale per i nerazzurri) e in Coppa UEFA, dove tuttavia è battuto in finale proprio ai rigori dallo Schalke 04, non riuscendo a bloccare nessun tiro dei tedeschi. L'unico trofeo del suo periodo in nerazzurro arriva nella stagione 1997/98, ed è la Coppa UEFA vinta dai nerazzurri, trascinati da Ronaldo 'Il Fenomeno', nel derby tutto italiano con la Lazio.

Ma nella stessa stagione vede anche sfumare la possibilità del suo secondo Scudetto della sua carriera, con la Juventus che, fra le polemiche, ha la meglio nel lungo duello.

"La Juve in carriera mi ha tolto un pezzo di vita e almeno un trofeo. - dice al 'Resto del Carlino' - Non ho mai ingoiato il rospo del rigore negato da Ceccarini per il fallo di Iuliano su Ronaldo in quello Juventus-Inter del '98".

Nel 1998 Pagliuca è candidato nuovamente al Pallone d'Oro ed è votato 5° miglior portiere del Mondo. L'avventura nerazzurra si conclude per lui dopo 5 anni e 234 presenze nell'estate del 1999. Decisivi l'arrivo in panchina di Marcello Lippi, che gli preferisce Peruzzi, e i rapporti non idilliaci con il tecnico viareggino.

"Io e Simeone protestammo moltissimo nel Derby d'Italia del 1998, - sottolineerà in un'intervista a 'Top Calcio 24' - così come Zamorano e Bergomi, e era chiaro che non era andato giù a molti, Lippi in primis. Il mio destino era segnato. L’anno dopo quando venne mandato via Gigi Simoni e si sapeva già sarebbe venuto Lippi, era già scritto che gli epurati saremmo stati io e Simeone. Mi diede molto fastidio perché non fu una scelta tecnica, tra me e Peruzzi non c’era differenza in quel periodo, anzi, evidentemente non gli stavo simpatico. Non usò la ragione per il meglio della squadra e infatti i risultati si sono visti".

Gianluca Pagliuca BolognaGetty

BOLOGNA E ASCOLI: IN CAMPO FINO A 40 ANNI

Lasciata l'Inter, 'Il Gatto di Casalecchio', come era anche soprannominato dalle sue parti, torna a casa per giocare 7 anni con il Bologna. In rossoblù vive alterne emozioni, tutte da titolare indiscusso, passando da quelle positive per le semifinali di Coppa UEFA raggiunte nel 1999/00, a quelle molto negative della retrocessione in Serie B nella stagione 2004/05.

"È stato il dolore più grande della mia carriera. - rivela - Da capitano, dopo che avevamo chiuso la stagione con la quarta miglior difesa della serie A. Pazzesco".

Non mancano durante la permanenza in Emilia i momenti difficili anche con i tifosi avversari, che iniziano a prenderlo di mira. Il 12 ottobre del 1999, a Genova, all'inizio del 2° tempo della gara di Coppa Italia fra Sampdoria e Bologna, con gli ospiti in vantaggio 1-0, gli ultras della gradinata Sud iniziano a bombardare il grande ex con ogni sorta di oggetti: in campo piove di tutto, arance, aste di bandiere, lattine e persino rubinetti.

Gli arbitri Rosetti e Paparesta fanno un tentativo per proseguire la partita, ma vedendo che gli animi sugli spalti sono caldi la sospendono definitivamente. Il Bologna vincerà a tavolino per 2-0 e il campo dei blucerchiati è squalificato per 6 giornate. 

Nell'aprile 2001 si verifica una nuova situazione sgradevole per il portiere in quel di Parma. Stavolta gli ultras dei ducali, oltre ai soliti oggetti, arrivano a tirargli bicchieri pieni di lombrichi e altri vermi. Lo accusano di aver sputato su una sciarpa gialloblù appesa alla rete, ma lui smentisce: "Non è vero, io non ho fatto nessun brutto gesto. Non è bello giocare con i vermi che ti passeggiano sotto la maglia".

Sempre pronto a metterci la faccia in prima persona, Pagliuca er amore della maglia resta con il Bologna anche in Serie B, totalizzando 269 presenze prima di un'ultima avventura nel massimo campionato con l'Ascoli.

La stagione è caratterizzata da un rapporto contrastato con il tecnico dei marchigiani Nedo Sonetti, ma il bolognese riesce comunque a togliersi la grande soddisfazione il 17 settembre 2006 di superare il record di presenze in Serie A di Dino Zoff, diventano il primatista fra i portieri (671 gare, che a fine torneo sono 692) prima di essere superato nel 2019 da Gigi Buffon.  

Quando si ritira, nell'estate del 2007, è il secondo giocatore più presente nella storia della Serie A alle spalle di Paolo Maldini e il miglior pararigori di sempre della Serie A, avendone parati 24. Anche questo record sarà superato di recente dal portiere dell'Inter Samir Handanovic, che lo ha superato nell'ottobre 2020.

PAGLIUCA OGGI

Dopo il ritiro dal calcio professionistico, Pagliuca inizialmente ha lavorato come opinionista televisivo con Sky e Mediaset, per poi prendere il patentino da allenatore e diventare coordinatore nella preparazione dei portieri delle Giovanili del Bologna. Nel 2015/16 ha anche guidato i Giovanissimi Nazionali, prima di assumere l'incarico, dal 2016, di preparatore dei portieri della Primavera rossoblù, ruolo che riveste tutt'oggi.

Sempre in gran forma dal punto di vista fisico, nonostante abbia superato i 50 anni, continua a praticare tanto sport, soprattutto tennis e basket, la sua grande passione. È stato anche portiere della Nazionale italiana di Beach Soccer, avventura che ha condiviso con altri ex campioni. Nel 2017 ha perso mamma Maria Rosa, portata via a 74 anni da un male incurabile. Colei che le era stata sempre accanto in ogni momento della carriera e della vita.

Suo figlio Mattia, nato dalla relazione con Aurora, ha deciso di fare il calciatore come papà: gioca come attaccante nel Bologna e Mihajlovic, che lo ha fatto esordire in Serie A lo scorso 13 dicembre nel pesante k.o. contro la Roma. 

"A Mattia io ho sempre detto di pensare a divertirsi. - rivela - Oggi i ragazzi hanno troppe pressioni, e vengono coccolati troppo". 

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