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Fabrizio Ravanelli: dalla gavetta a stella internazionale, il mito di 'Penna Bianca'

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La corsa con la schiena curva a puntare la porta avversaria, l'inconfondibile capello brizzolato, il calcio potente e preciso con il mancino, l'esultanza spesso fuori controllo e talvolta rivoluzionaria. Fabrizio Ravanelli è stato uno degli attaccanti italiani più forti degli anni Novanta del XX secolo, legando le sue fortune maggiori al periodo di militanza nella Juventus, la squadra con cui ha conquistato i titoli più importanti della sua carriera.

Parallelamente alla sua ascesa, il carattere spigoloso e poco incline ai compromessi gli creerà non pochi problemi con i tifosi, che affronterà sempre a muso duro facendo valere la propria posizione, tensioni che a lungo andare lo porteranno a optare per una seconda parte di carriera spesa prevalentemente all'estero.

LA GAVETTA IN PROVINCIA

Come tante altre storie, anche quella di Fabrizio Ravanelli parte dal basso, ovvero dalla gavetta in provincia. Nato a Perugia l' 11 dicembre 1968,  entra ancora bambino nelle giovanili della squadra della sua città. I capelli iniziano a diventare brizzolati fin dall'età di 8 anni per un fattore genetico ereditario,  e quel particolare caratterizzerà da lì in poi la sua vita, tanto che a 17 anni una banca lo sceglie come testimonial per dei fondi di investimento.

A 18 anni, nella stagione 1986/87, fa il suo esordio in Prima squadra con gli umbri in Serie C2 ed è subito protagonista: da centravanti, ruolo in cui è schierato per sfruttare la sua stazza fisica dal tecnico Mario Colautti, si ritaglia progressivamente sempre più spazio, e a fine anno totalizza 5 goal in 26 presenze.

Ma l'anno dell'esplosione è il 1987/88: in una stagione in cui gli umbri stabiliscono numerosi record, con 23 goal segnati in 32 presenze il giovane Ravanelli è il mattatore assoluto della stagione. Si laurea capocannoniere del torneo e trascina la squadra in Serie C1. L'attaccante resta in biancorosso anche l'anno seguente, e nonostante il salto di categoria va in doppia cifra, totalizzando 13 goal in 32 presenze. In queste stagioni gioca in squadra con Angelo Di Livio, che gli fornisce tanti assist e ritroverà in seguito alla Juventus.

Nell' estate del 1989 Ravanelli passa all'ambizioso Avellino, in Serie B, appena retrocesso dalla Serie A. Ma gli irpini deludono le attese e Ravanelli, dopo 7 presenze senza goal nella prima parte di stagione, a ottobre è ceduto in prestito alla Casertana , in Serie C1. Con i campani ritrova il feeling del goal, e ne segna 12 in 27 gare.

L'anno successivo fa ritorno ad Avellino, ma dopo aver disputato 2 gare in Coppa Italia lascia a titolo definitivo il club biancoverde per trasferirsi al Nord con la Reggiana. Gli emiliani la spuntano sulla Salernitana, che offre di più a livello economico, ma il perugino fa una scelta di vita.

"A Salerno mi offrivano tanti soldi per giocare con loro, in serie B. - racconta nel 1995 a 'La Repubblica' - ma io, dopo Avellino e Casertana, volevo andare al Nord, perché lì avevo più opportunità di migliorare, anche tecnicamente".

Fabrizio Ravanelli ReggianaN/D

LA SVOLTA A REGGIO EMILIA

La scelta di Ravanelli si rivela vincente, visto che proprio a Reggio Emilia arriva per l'attaccante umbro la svolta della sua carriera.  Con i granata Ravanelli vive 2 stagioni ad alto livello in Serie B. In particolare nel 1990/91 segna 16 reti e sfiora una storica promozione in Serie A. Meno positivo il secondo anno, con un bottino personale di 8 centri, sufficiente ad attirare nei suoi confronti l'attenzione della Juventus.

Non senza grandi polemiche con i suoi tifosi.  La sua carriera inizia ad essere contraddistinta da grandi risultati sul campo e tensioni al di fuori, come da lui stesso raccontato a 'La Repubblica'.

"Un giorno mi chiamò a casa Boniperti, mi voleva alla Juve per fare la riserva di Schillaci e Casiraghi: ma sorsero problemi con la società, ad ogni sconfitta davano la colpa a me, dicevano che pensavo solo alla Juve".

LA JUVENTUS E LA NAZIONALE: IL MITO DI 'PENNA BIANCA'

Nel 1992 Ravanelli, tifoso juventino fin da piccolo, realizza il suo sogno di indossare la maglia bianconera e sbarca a Torino, dove pare destinato a fare solo panchina. Il fisico del resto è possente (un metro e 88 centimetri di altezza per 84 chilogrammi di peso) ma il panzer perugino a livello tecnico a 24 anni deve crescere ancora molto, pur essendo dotato di un buon dribbling.

"Trapattoni - dichiara una volta durante i suoi primi mesi a Torino - ci dice sempre che c'è chi nasce per fare l'architetto, chi per fare il geometra e chi per fare il muratore. Ecco, io appartengo alla terza categoria e ne sono orgoglioso".

L'attaccante, il cui cartellino è pagato 3 miliardi di Lire dalla Vecchia Signora, è del resto il meno oneroso degli acquisti estivi. Il fiore all'occhiello è rappresentato infatti dall'arrivo di Gianluca Vialli (30 miliardi di Lire, di cui 22 in contanti) dalla Sampdoria. Gli altri colpi sono David Platt dal Bari (13 miliardi), Dino Baggio dall'Inter (6 miliardi e mezzo) e il tedesco Andreas Möller dall'Eintracht Francoforte (3,5). 

Il 6 settembre 1992, a Cagliari, Ravanelli fa il suo esordio assoluto in Serie A in una gara terminata 0-0 in cui subentra nel finale a Di Canio. Nel biennio sotto la guida di Trapattoni (1992-1994) il suo ruolo è di fatto quello di rincalzo di lusso.  Nel 1992/93 i bianconeri si staccano presto dalla lotta Scudetto e danno il meglio di sé in Europa, dove a fine anno conquistano la Coppa UEFA imponendosi sul Borussia Dortmund nella doppia finale. Nel 1993/94, invece, lottano a lungo con il Milan di Capello per il titolo ma chiudono senza trofei in bacheca.

Nel primo anno a Torino Ravanelli dà il suo contributo e segna i primi goal bianconeri (9 totali in 33 presenze), nel secondo, anche grazie alla partenza di Casiraghi, aumenta sensibilmente il suo minutaggio e lo score (12 reti in 38 gare totali, di cui 9 in 30 presenze in A), ma fra i suoi tifosi c'è ancora chi storce il naso.

L'umiltà e l'ostinazione saranno le sue carte vincenti. Il perugino ha infatti il merito straordinario di lavorare in silenzio su se stesso, affinando la tecnica, migliorando con il piede debole, nel controllo di palla e nel dinamismo in campo, oltre che nell'esecuzione dei calci piazzati. Il 7 marzo 1993 gioca la sua prima gara da titolare e dopo un bel goal è decisivo nel 4-3 sul Napoli e inventa la storica 'esultanza dell'uomo mascherato', che consiste nel correre a braccia spalancate coprendosi la testa con la maglia.

Fabrizio Ravanelli JuventusGetty

A un certo punto il ruolo di riserva di lusso inizia ad andargli stretto e reclama più spazio. Lo trova dopo il rinnovamento societario del 1994, che porta alla guida della squadra Marcello Lippi. Il tecnico toscano, in coincidenza con l'assegnazione dei 3 punti a vittoria, vara un tridente che farà le fortune dell'ex giocatore della Reggiana.

"L'idea - spiega Ravanelli - partiva dalla constatazione che, ceduto Dino Baggio, non avevamo centrocampisti abili nell'inserimento da dietro. Le tre punte potevano essere quindi una buona soluzione. Tre attaccanti veri, di ruolo. Vialli, il sottoscritto e Baggio o Alex Del Piero. In attacco potevamo garantire tante soluzioni ed eravamo i primi a difendere".

Il precoce infortunio di Baggio fa sì che Lippi punti molto sulle qualità e sulle sgroppate di Ravanelli, che lo sposta a sinistra e gli chiede grande dispendio atletico, ma in questo modo di fatto ne esalta le doti. La sua proverbiale generosità non ne intacca le potenzialità realizzative. Ravanelli da brutto anatroccolo si trasforma in campione e la Juventus vola verso lo Scudetto, conquistato a suon di goal (ben 30 goal in 53 presenze totali, di cui 15 in 33 gare in campionato) dopo 9 anni di astinenza.

Il 27 settembre 1994 , inoltre, nella gara casalinga di Coppa UEFA contro il CSKA Sofia (5-1), Ravanelli diventa il primo e finora unico giocatore della Juventus a segnare una cinquina nelle Coppe europee. Nasce il mito di 'Penna bianca', come viene ribattezzato dai suoi tifosi, che rivedono in lui le gesta di un altro grande attaccante brizzolato, Roberto Bettega. Il cambiamento è evidente anche nelle parole stesse del giocatore.

"L'infortunio di Baggio ci ha favoriti, a me e Del Piero, perché era proprio il momento che stavamo per esplodere. - afferma -  Ma i miei meriti non sempre sono stati riconosciuti, e la cosa mi ha seccato, mi ha pure stupito. Basta per favore con la vecchia storia che sono solo un operaio: quando segnavo io tutti a storcere il naso, come se fosse stato sempre tutto casuale. Non per presunzione: ma io in allenamento non mi sento inferiore a nessuno...".

Fra i suoi goal in campionato spiccano le due doppiette rifilate al Parma, grande rivale dei bianconeri nella lotta al titolo, ed è da applausi la sua prestazione (con goal) nella finale di ritorno di Coppa Italia sempre con i ducali al Tardini, che regala alla Juventus il 9° trofeo della sua storia e 'vendica' il k.o. in finale di Coppa UEFA di un mese prima. L'avventura europea lo vede comunque capocannoniere del torneo con 9 goal totali.

Roberto Baggio Fabrizio Ravanelli ItalyGetty Images

Per Ravanelli, che fino ad allora aveva militato da giovane soltanto nella Nazionale Under 21 di Serie C, si spalancano anche le porte dell'Italia.  'Penna bianca' è convocato dal C.t. Arrigo Sacchi per la sfida di Salerno contro l'Estonia, valida per le qualificazioni ad Euro '96, e lui debutta con goal in azzurro.

Persino il presidente del Milan  Silvio Berlusconi lo esalta , azzardando anche paragoni suggestivi.

"Non è da oggi che lo ammiro, - confessa ad Umberto Agnelli in occasione del trofeo Berlusconi dell'agosto 1995 -  con lui avete trovato un nuovo Di Stefano. Forse non è altrettanto tecnico, ma come il grande argentino Ravanelli è 'un uomo ovunque': fa l'attaccante, pressa molto e riesce anche ad essere un baluardo in difesa, se serve".

Il secondo anno della gestione Lippi, che pur vede ridursi il suo apporto in termini realizzativi a 17 goal complessivi in 36 presenze (di cui 12 in 26 gare in campionato, e 4 in 7 gare in Champions League) è quello della consacrazione a livello internazionale.  Quando non c'è Vialli indossa in più occasioni la fascia di capitano, come al Bernabeu, e alla fine del 1995 si piazza al 12° posto nella classifica finale del Pallone d'Oro.

Fra tutte le reti del 1995/96, la più pesante la segna contro l'Ajax nella finale di Champions League giocata a Roma il 22 maggio 1995. Il suo è  un goal da posizione impossibile, che porta provvisoriamente in vantaggio in bianconeri, con la sfida che sarà poi decisa ai rigori in favore della Juventus dopo il pareggio di Litmanen per i Lancieri.

"Avevo notato che i due fratelli De Boer spesso erano leggerini, per non dire presuntuosi, quando giocavano con il portiere. Me lo sono ricordato quando vidi quel pallone in area. Con la suola del sinistro me lo sono portato avanti e ho calciato con il destro. La porta era strettissima. Silooy tentò un salvataggio in scivolata, ma non servì...".

" Fu un'emozione straordinaria, - assicura nel 2017 a 'Il Posticipo' - una vittoria che non dimenticherò mai. Se ripenso a quel goal ancora mi viene il nodo in gola". 

Qualche mese prima di quella finale Ravanelli aveva anche alzato al cielo la Supercoppa Italiana, e sicuramente non poteva pensare che la partita di Roma sarebbe stata la sua ultima con la maglia bianconera.

Fabrizio Ravanelli Middlesbrough v Liverpool 170896Getty

IL DOLOROSO ADDIO E LE AVVENTURE ALL'ESTERO

Al termine degli sfortunati Europei del 1996 in Inghilterra, si consuma il doloroso divorzio fra Ravanelli e la Juventus. La Vecchia Signora, che segue una politica di calciomercato che non guarda ai sentimenti, 'scarica' il campione perugino, giunto all'apice della sua carriera, dopo 160 presenze e 68 goal totali.

I primi segnali c'erano stati già nella serata magica di Roma, quando, richiamato in panchina nella ripresa, 'Penna bianca' aveva dimostrato di non gradire il cambio con Padovano nonostante i problemi fisici accusati. Qualcosa si rompe.

"Proprio perché lo stimo, considerando che è vice-capitano, devo dirgli che la deve finire, - lo bacchetta Lippi - un allenatore comprende la sua reazione emotiva ma questi atteggiamenti sono irrispettosi proprio verso il compagno che deve entrare".

Ravanelli è incredulo per la scelta del club di cederlo, e decide di cambiare totalmente aria, accettando la proposta del Middlesbrough in Premier League.

"È successo tutto all'improvviso, dopo la finale. La Juventus aveva deciso di cedermi. Non ci potevo credere. Per me fu una pugnalata. Mi sono sentito tradito... Penso di aver ricevuto meno di quanto ho dato. Io mi sentivo il futuro di quella squadra".

Imitato con successo da Gioele Dix nel programma comico 'Mai dire Goal', l'attaccante si cala subito nella nuova realtà, e con Bryan Robson in panchina e Juninho Paulista in campo è subito feeling. Ravanelli debutta in Premier stendendo il Liverpool con una storica tripletta, che gli farà guadagnare il premio di miglior debuttante di sempre nel massimo campionato inglese secondo il 'Sun'.

Per il Boro è un'annata memorabile, visto che la squadra per la prima volta nella sua storia arriva in finale di FA Cup e di League Cup, ma con un finale di stagione drammatico. L'attaccante italiano, ribattezzato prontamente 'White Fox' nell'idioma anglofono, è una macchina da guerra: segna 31 goal in 48 presenze, sua miglior stagione di sempre a livello personale, di cui 16 reti in campionato, si piazza al 16° posto nella graduatoria del Pallone d'Oro, ma la squadra, penalizzata di 3 punti in classifica, retrocede incredibilmente in Championship. E le due finali di Coppa vedono entrambe il Boro uscire sconfitto contro Chelsea e Leicester City (nella ripetizione, dopo che la prima gara si era chiusa 1-1 con vantaggio siglato proprio da Ravanelli nei supplementari).

Ravanelli PSG OMGetty

La retrocessione segna la fine della prima esperienza inglese di Ravanelli e il suo approdo all'Olympique Marsiglia per 15 miliardi e mezzo nell'autunno del 1997 per cercare di conquistare un posto in Nazionale ai Mondiali di Francia '98. L'avventura in Francia è per lui in chiaroscuro. L'avvio è turbolento: l'italiano vede materializzarsi nei suoi confronti diversi pregiudizi dei tifosi transalpini, che lo definiscono 'simulateur', ovvero 'simulatore', dopo il rigore inesistente che si procura nel 'Classique' con il PSG, vinto 2-1 dall'OM.

"Per me c'era il rigore. - dirà l'attaccante - Non ho simulato, il difensore mi tocca una gamba. In tutta la mia carriera non sono mai stato un imbroglione".

In 2 stagioni e mezza in Francia sa rifarsi con gli interessi: segna 31 goal in 84 presenze e il secondo anno, il migliore sul piano personale con 13 centri in campionato, sfiora il titolo francese. Nel 1999 raggiunge la terza finale di Coppa UEFA in carriera, poi persa dal Marsiglia contro il Parma di Malesani, ma da lui non giocata per la squalifica rimediata con il Bologna in semifinale. 

Il rammarico più grande arriva in Nazionale: inizialmente convocato da Cesare Maldini per i Mondiali francesi, infatti, 'Penna bianca' deve dare forfait a causa di una broncopolmonite di origine batterica, che gli fa perdere il treno in favore di Enrico Chiesa. Il 2 giugno 1998 con 8 reti in 22 presenze si chiude nel modo più triste l'avventura in azzurro.

LA PARENTESI LAZIO

Dopo un avvio deludente dell'OM nella stagione 1999/00, Ravanelli decide di tornare in Italia e nel dicembre 1999 la Lazio lo acquista pagandone il cartellino un miliardo e mezzo. Per il giocatore perugino è l'inizio di una parantesi fortunata nella capitale. A fine stagione l'attaccante conquista infatti il secondo 'double' della sua carriera, vincendo Scudetto e Coppa Italia con i biancocelesti di Sven Goran Eriksson, anche se a livello personale inizia il lento declino.

In due stagioni a Roma sono soltanto 10 i goal in 42 gare, 4 in 27 presenze in campionato. Nella seconda stagione con la Lazio vince di nuovo, ma senza scendere in campo, anche la Supercoppa Italiana, che sarà l'ultimo trofeo di una luminosa carriera.

Fabrizio Ravanelli - AjaccioGetty

DI NUOVO ALL'ESTERO E IL RITORNO AL PERUGIA

A 33 anni, nell'estate 2001, Ravanelli lascia la Lazio da svincolato e torna in Inghilterra con il Derby County. Con i Rams l'attaccante italiano disputa una positiva prima stagione, condita da 11 goal in 34 presenze totali, ma non può evitare la retrocessione in Championship. Dopo altri 6 mesi in First Division con 5 reti in 19 partite, vola in Scozia nel Dundee guidato da Ivano Bonetti. Sarà tuttavia per lui un'esperienza poco fortunata, con soltanto 3 reti in 6 presenze, frutto di una tripletta in Coppa di Lega scozzese.

Ristabilitosi fisicamente dopo aver avuto problemi alla schiena, nel gennaio 2004 ritorna al Perugia, la squadra dove tutto era cominciato, per una promessa fatta al padre scomparso qualche mese prima. Con 6 reti, tutte in campionato, in 18 presenze, risolleva la squadra di Cosmi, che si trovava in condizioni disperate di classifica, e la porta fino allo spareggio salvezza interdivisionale con la Fiorentina. I biancorossi del patron Luciano Gaucci escono però sconfitti e per loro e Ravanelli si materializza la discesa in B.

Nel torneo cadetto spende le sue ultime energie da calciatore, totalizzando 3 goal in 24 presenze e contribuendo al 3° posto finale nella stagione regolare con gli stessi punti di Empoli e Torino. Il sogno del pronto ritorno in Serie A si spegne tuttavia nella finale playoff persa proprio contro i granata. Poi il club fallisce e 'Penna Bianca' decide di appendere gli scarpini al chiodo all'età di 36 anni.

LE DELUSIONI DA ALLENATORE 

Dopo il ritiro, oltre a ricoprire per diversi anni il ruolo di opinionista televisivo, Ravanelli intraprende la carriera di allenatore. Inizia da supervisore tecnico del vivaio del Perugia, quindi, preso il patentino da allenatore a Coverciano nel giugno 2008, la Juventus del post Calciopoli si ricorda di lui e lo inserisce nei propri quadri tecnici come tecnico degli Esordienti e in seguito dei Giovanissimi regionali.

Il 2013 accetta l'offerta dell'Ajaccio e decide di mettersi in gioco con una Prima squadra. La squadra corsa parte bene in Ligue 1 ma presto entra in crisi e la prima esperienza da allenatore di 'Penna Bianca' si chiude con l'esonero il 2 novembre dello stesso anno. L'ex attaccante ci riprova nel giugno 2018 con la formazione ucraina dell'Arsenal Kiev, neopromossa in Prima Divisione.

I risultati negativi della squadra, aggravati da una situazione economica problematica del club, la fanno rapidamente precipitare in ultima posizione. Ravanelli, che lamenta problematiche ambientali insormontabili, si dimette a settembre. 

Nella sua lunga storia calcistica, il rimpianto più grande resta tuttavia quello del 1996.

"Mi spiace perché avrei potuto essere una bandiera della Juventus se fossi rimasto, ero vice capitano dietro a Gianluca Vialli e sarei stato anche capitano. È stato un errore, ma ormai è acqua passata".

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