Aveva un mancino magico, col quale riusciva a far fare al pallone quel che voleva, e doti balistiche altrettanto incredibili. La sua specialità erano i tiri ad effetto e i calci di punizione dalla lunga distanza, con i quali riusciva spesso a ingannare anche i portieri più forti.
Dirceu esplode giovanissimo in Brasile e incanta il mondo del calcio per oltre 20 anni, lasciando ovunque un bel ricordo di sé, soprattutto ai tifosi, che lo hanno sempre amato per il suo modo di interpretare il calcio.
Felicemente sposato e padre di tre bambini, non farà in tempo a veder nascere il quarto. Un tragico destino, infatti, se lo porterà via per sempre nel 1995 in un tragico incidente stradale.
DALL'INFANZIA ALLE OLIMPIADI
José Ribero Guimaraes ha una grande passione per il calcio: gioca come terzino e fa l'operaio. Sposa la bella Diva Delfina, e dalla loro felice relazione il 15 giugno del 1952 nasce José Guimaraes Dirceu. Dirceu è il primo di 4 figli della coppia:dopo di lui nasceranno il fratello Darci e successivamente le sorelline Dirce e Dirci.
È un bambino piuttosto vivace e sviluppa fin dalla tenera età l'amore per il calcio, caldeggiato in questo da suo papà, compiaciuto che suo figlio coltivi la sua stessa passione.
Magro, con il viso minuto e i capelli lunghi e riccioluti, il pallone diventa presto il suo migliore amico, da cui, fosse per lui, non se ne separerebbe mai.
"Mi divertivo solo a palleggiare e a giocare.- rivelò a 'Il Corriere dello Sport' - Giocavo anche 4 partite al giorno e se non avessi avuto paura di buscarle mi sarei messo a giocare anche in Chiesa".
A scuola si fa valere, ed eccelle nelle materie scientifiche. Ma il suo futuro è nel calcio e il primo a rendersene conto è papà José Ribeiro.
"Mi accompagnava dappertutto. - racconterà il brasiliano al 'Guerin Sportivo' - Non fumava, né beveva per potermi comprare le scarpe da calcio".
Tocca così a sua madre rimproverarlo quando rompe qualche specchio o soprammobile, o perché, giocando al campetto con gli amici, distrugge le scarpe che indossa.
"Lei era meno entusiasta della mia passione. - ricorderà - perché le rompevo continuamente i vetri delle finestre. Non smettevo di palleggiare nemmeno a casa".
Diva Delfina apre un bar in cui serve l'aguardente, un liquore molto forte simile a 's'abbadrenti' o 'filu 'e ferru' della Sardegna. Dirceuha 10 anni ela aiuta mettendosi alla cassa. Il tempo libero lo la trascorre invece nel campetto in terra battuta lì vicino.
"Giocavamo partite di 35 minuti - ricorderà - io avevo la maglia numero 10 e con il mio sinistro segnavo tanti goal".
A 13 anni, nel 1965, entra nel Settore giovanile del Coritiba. Viene schierato con il numero 11 all'ala sinistra, ma quella è solo una posizione di riferimento, perché lui si sposta di continuo, ricoprendo più zone del campo, ed è praticamente inesauribile, guadagnandosi il soprannome di 'La Formiga', 'La formica'.
Il mancino di Dirceu è così favoloso che il Coritiba decide di farlo esordire in Prima squadraa 16 anni nel 1968. Con la squadra della sua città gioca 5 stagioni, fino al 1973, mettendosi in mostra come uno dei migliori talenti del calcio brasiliano.
Nel 1970 deve partire per fare il militare ed è aggregato ad un reggimento di fanteria. In quel periodo si dedica all'atletica, rivelandosi un ottimo mezzofondista, e partecipa ai campionati militari, stabilendo il nuovo primato brasiliano sui mille metri. Del suo sinistro si innamora anche Antoninho, il Ct. del Brasile Under 23, che lo inserisce nella rosa per le Olimpiadi di Monaco del 1972.
I verdeoro escono al primo turno, eliminati da una sconfitta di misura con l'Iran, ma Dirceu, che ha la maglia n°11 e gioca in squadra con altri futuri campioni come Roberto Dinamite e Paulo Roberto Falcão, si mette in evidenza andando a segno 2 volte contro Danimarca e Ungheria.
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TRE MONDIALI CON IL BRASILE
Nel 1973 Dirceu, dopo aver vinto due titoli statali paranaensi con il Coritiba, si trasferisce a Rio de Janeiro con il Botafogo. Nel club bianconero avviene l'incontro che segnerà la sua carriera quello con Jairzinho.
"È stato il mio maestro- dirà al 'Corriere dello Sport' - mi ha insegnato l'importanza del dribbling e come sviluppare il gioco".
E proprio nel 1973 c'è il debutto con la Nazionale maggiore di Mario Zagallo, suo grande estimatore.L'esordio arriva dalla panchina il 13 giugno in amichevole contro l'Austria, ma è la partita successiva a lasciare il segno.
"Il 16 giugno 1973, il giorno dopo il mio 21° compleanno, prendo parte con la nazionale del Brasile al match contro la Germania Ovest, a Berlino. Un incontro di grande importanza seguito con molta ansia dai tifosi brasiliani. Quella partita rappresenta il più bel ricordo della mia vita. Il Brasile sconfigge la Germania per 1 a 0 con un mio goal, segnato di destro, da una trentina di metri. Successivamente facemmo una tournée in Europa. Affrontammo anche l'Italia, e venimmo sconfitti 2-0".
"Al ritorno a Rio De Janeiro sono accolto da uno stuolo di amici, di ammiratori, un piccolo esercito che mi stordisce con canti e musiche. All’aeroporto incontro Vania, la donna che sarebbe diventata mia moglie.Era bella e mi guardava con commozione. Mi ricordo che l’ho salutata distrattamente, frastornato dai festeggiamenti”.
Con la maglia della Seleçao Dirceu partecipa a tre Mondiali. Nel 1974, in Germania Ovest, ai campioni uscenti è fatale la sconfitta contro l'Olanda di Cruijff ai quarti di finale.
"Giocammo a Dortmund dopo una preparazione massacrante. Ricordo come fosse oggi i tanti medici al seguito, i test psico-fisici, sembrava quasi che noi fossimo i nordici. E gli olandesi intanto… lasciamo perdere gli olandesi… se la spassavano, arrivarono con mogli e lattine di birra e la sera li trovavi sempre fuori. Sembravano brasiliani. Ci misero a giocare in un campo strettissimo, adatto al loro pressing e perdemmo. Anche il loro tifo in un catino così piccolo faceva paura. Sono sicuro che da noi li avremmo travolti, in un campo normale avrebbero finito la partita sfiatati".
"Dopo la partita - rivelò - mi misi a piangere, eravamo abituati a considerarci i più forti, non sapevo accettare l’idea contraria. Pensavo ai milioni di brasiliani che avevo deluso, a quelli della mia città… Poi capii. Il Brasile che avevamo in testa noi non esisteva più. Era scomparso nel 1970, per sempre. Ora il calcio era diventato un’altra cosa: tantissimo agonismo, meno tecnica, meno fenomeni; era un calcio nato per distruggere, non per costruire".
Getty ImagesA livello di club dopo 3 stagioni col Botafogo passa al Fluminense, con cui colleziona in tutto 55 presenze e 7 goal e dà spettacolo con i compagni di squadra Carlos Alberto, Edinho e Rivelino.Vince il titolo carioca, e nel 1977 si sposa con Vania Guardia, la ragazza che aveva incrociato qualche anno prima in aeroporto e che abita a Copacabana. In quello stesso anno si trasferisce al Vasco da Gama. Gioca meno, con 25 presenze e 2 goal. Tuttavia in coppia con Roberto Dinamite manda in visibilio i tifosi. Conquista il 2° titolo carioca consecutivo e trova anche il tempo, insieme all'attaccante e a Ze Mario, di creare il primo sindacato dei calciatori nel suo Paese.
Il suo anno d'oro è però il 1978. A 26 anni Dirceu è un giocatore maturo in grado di prendersi la scena internazionale. Claudio Coutinho, il Ct. del Brasile, lo convoca per il suo 2° Mondiale in Argentina. Gioca all'ala sinistra in una squadra che ha come centravanti proprio Roberto Dinamite, a centrocampo Toninho Cerezo e come 'riserva di lusso' un certo Zico. La Seleçao parte soft, ma riesce a qualificarsi alla seconda fase pareggiando nel suo girone 0-0 con Svezia e Spagna e battendo di misura l'Austria nella terza gara.
Nella 2ª fase Dirceu, lo stesso giorno in cui diventa padre per la prima volta, segna una doppietta nel 3-0 sul Perù. Il Brasile pareggia poi 0-0 con l'Argentina e supera 3-1 la Polonia. Sembra fatta per la finale 1° posto, anche perché l'Albiceleste deve vincere con almeno 4 goal di scarto contro il Perù. Ma a Rosario il 21 giugno 1978 accade l'impensabile: in quella che passerà alla storia come 'Marmelada peruana', l'Argentina travolge facilmente per 6-0 la Nazionale biancorossa e costringe i verdeoro ad accontentarsi della finale 3° posto contro l'Italia.
Sotto accusa finisce il portiere Quiroga, guarda caso di origini argentine e autore di una prova disastrosa. Lo accusano, forse sotto pressioni del regime di Videla, di aver spalancato la propria porta all'Argentina per consentire il suo approdo in finale.
Fatto sta che il Brasile, smaltita la delusione, il 24 giugno 1978 sfida la Nazionale di Bearzot. L'Italia passa in vantaggio nel primo tempo con un colpo di testa di Causio su cross di Paolo Rossi, colpisce 2 legni e non riesce a chiuderla. Nel finale, quando gli Azzurri calano fisicamente, i verdeoro vanno all'arrembaggio. Nelinho sorprende Zoff con un destro ad effetto dal vertice destro dell'area, ma la rete che decide la partita la segna proprio Dirceu 7 minuti più tardi. Mendonca, ricevuto un lancio di Rivelino, di petto arma il sinistro magico del n°11, che con un gran tiro di controbalzo dall'altezza del vertice della lunetta trafigge il portiere italiano.
Se all'indirizzo di Zoff, sorpreso ancora una volta da un tiro dalla distanza, piovono aspre critiche, per Dirceu e il Brasile arrivano il 3° posto finale e la gloria, suggellata dal Pallone di Bronzo ricevuto come terzo miglior giocatore del torneo dietro Krol e Kempes.
Con la Seleçao il centrocampista gioca anche i Mondiali del 1982. In Spagna, tuttavia, Telé Santana lo relega di fatto a riserva. Scende in campo unicamente contro l'U.R.S.S. nella prima fase e assiste impotente al riscatto di Paolo Rossi e dell'Italia nella storica gara del Sarriá. Resta nel giro della Nazionale fino ai Mondiali del 1986, ma un infortunio al ginocchio gli impedirà di prendere parte al suo 4° Mondiale e di eguagliare il grande Pelé.
La sua avventura con il Brasile si chiude proprio nel 1986 con un bilancio di 26 presenze e 4 reti, tutto sommato poche considerate il suo grande talento. Ma Dirceu saprà togliersi in Europa nuove soddisfazioni
LE ESPERIENZE IN MESSICO E IN SPAGNA
"Nel 1978 ero divenuto uno dei giocatori più famosi del Brasile. Per di più ero padre, felice da non star più nella pelle. Sentivo attorno a me aumentare il tifo, la passione calcistica".
Proprio nel suo anno migliore il Vasco da Gama decide di far cassa e cedere Dirceu per 600 mila dollari, poco meno di 500 mila euro attuali, all'America di Città del Messico, che ne riserva un buon 15% al giocatore. Con quei soldi Dirceu acquista il campo di Curitiba in cui aveva mosso i suoi primi passi da calciatore e vi costruisce 5 palazzine, delle quali una la tiene per sé e le altre le regala al padre, al fratello e alle sorelle.
L'operazione è caldeggiata da 'Televisa', lo sponsor del club, nonché la più grande rete televisiva messicana. Dopo una stagione da 45 presenze totali e 2 goal, Dirceu decide però di fare il grande passo e sbarcare in Europa. È il 1979 e il brasiliano è acquistato dall'Atletico Madrid del presidente Vicente Calderón, che gli fa firmare un triennale. Sono quelli anni in cui in Spagna dominano i club baschi, e i Colchoneros, come Real Madrid e Barcellona, recitano una parte da comprimari.
Il miglior piazzamento è il 3° posto del 1980/81, ma 'La Formiga' riesce comunque a far bene per 2 anni, mentre il terzo è condizionato da problemi fisici. In 3 stagioni realizza 26 goal in 82 presenze, incrocia il tecnico Luís Aragonés e Hugo Sánchez come compagno di squadra, e dopo il Mundial del 1982 sceglie l'Italia come sua nuova meta.
WikipediaDIRCEU IN ITALIA: 5 SQUADRE IN 5 ANNI
Prima dei Mondiali c'è un interessamento della Roma, ma l'accordo salta e alla fine Dirceu, che è proprietario del suo cartellino, si accasa al Verona.
"Mi aveva avvicinato Colombo, manager di Falcao, per chiedermi se ero disposto a trasferirmi alla società romana. - racconta - Io chiedevo un contratto triennale; la Roma mi offriva un buon guadagno, ma solo per un anno. Finito il mondiale giudico l’Italia la vetrina del calcio ed opto per l’Italia. Però il mercato era chiuso e potevo trasferirmi solo ad una società neo-promossa: il Verona".
I gialloblù sono appena tornati in Serie A, e di fronte all'ufficialità dell'arrivo del brasiliano, quando i giornalisti chiedono all'allenatore: "Bagnoli, le piace Dirceu?", lui fa una smorfia e storce il naso.
"Non ci serve. - risponde sornione - In quel ruolo ho già Guidolin (il capitano della promozione, ndr)...".
Ma José ci mette poco a farsi amare da tutti con la sua professionalità. Bagnoli lo inserisce nei suoi schemi e la stagione della neopromossa è sorprendente, con un 4° posto che vale come uno Scudetto e il raggiungimento della finale di Coppa Italia, poi persa contro la Juventus. Dirceu debutta in Serie A contro l'Inter il 12 settembre 1982 e va a segno 5 volte in 42 gare (29 presenze e 2 goal nel solo campionato).
Il primo goal nel campionato italiano lo segna il 24 ottobre al Catanzaro davanti ai suoi tifosi con un sinistro micidiale dai 30 metri. Ma il suo destino sarà quello di dover cambiare maglia ogni anno, nonostante l'amore viscerale dei tifosi. Nell'estate 1983 trova un procuratore, Antonio Caliendo, grazie al quale si trasferisce al Napoli di Rino Marchesi per una cifra di circa 370 mila euro.
Indossa la maglia n°10 e impiegato in posizione più centrale, da regista avanzato, ripaga il calore dei tifosi, venuti in 20 mila ad accoglierlo all'aeroporto, con grandi prestazioni e 6 reti in 35 presenze totali (5 reti in 30 partite in Serie A). La squadra è tuttavia modesta e il Napoli conquista la salvezza soltanto alla penultima giornata. In estate il D.g. Juliano e il presidente Ferlaino mettono a segno il colpo Maradona e per il brasiliano in squadra non c'è più posto.
"José era felicissimo di poter giocare con Maradona - rivelerà Caliendo - ma fu Diego a chiedere che fosse ceduto. Furono 3 mesi di battaglie con la società, e Maradona andò ad abitare proprio nella casa di Dirceu".
Il centrocampista, che riceve comunque una cospicua liquidazione, deve trovarsi una sistemazione nel mercato autunnale e a settembre firma per l'Ascoli di Costantino Rozzi doveè chiamato a sostituire Ludo Coeck. I continui cambi di maglia gli fanno guadagnare il nuovo soprannome di 'Zingaro del calcio'. Anche nelle Marche, Dirceu, sempre più calato nel nuovo ruolo di regista offensivo, disegna calcio e manda in estasi i tifosi.La stagione dei bianconeri è però sfortunata e si chiude con la retrocessione in Serie B, nonostante 5 goal in 27 presenze di campionato.
Visti anche i frequenti litigi con Rozzi, nell'estate del 1985 Dirceu cambia nuovamente casacca, passando al Como, dove ritrova a stagione in corso Rino Marchesi. La squadra conquista un brillante 9° posto e va in semifinale in Coppa Italia. Il brasiliano colleziona 31 presenze e 5 goal (25 gare e 2 reti in campionato), e in Coppa è protagonista fino agli ottavi, trascinando i lariani nello storico successo sulla Juventus (1-0 a Como, 1-1 a Torino).
Anche in riva al lago, tuttavia, la sua permanenza dura solo una stagione. Tenendo fede al suo soprannome, nel 1986/87 Dirceu torna in Campania per vestire la casacca dell'Avellino. Quella vissuta al Partenio è per il brasiliano la migliore in Italia, nonché l'ultima da professionista: segna infatti 6 goal, tutti di pregevole fattura, in 23 presenze. Gli irpini chiudono il campionato con l'8° posto e il numero 10, come in tutte le piazze in cui è stato, è un beniamino dei tifosi.
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GLI ULTIMI ANNI: IN SERIE D CON L'EBOLITANA
A 35 anni Dirceu saluta l'Italia e inizia a vagare in giro per il Mondo: Vasco da Gama, Miami Sharks negli Stati Uniti, Bangu. Prima di tornare nella penisola e accordarsi con l'Ebolitana, che gioca in Interrregionale.
Artefice del clamoroso 'colpo' è il presidente dei campani Luigi Cavaliere, diventato grande amico del calciatore ai tempi in cui militava nell'Avellino. Per strappare il sì di Dirceu investe 100 milioni di Lire per acquisirne il cartellino e realizza a tempo di record il manto erboso del Massajoli, lo stadio di casa.
Dirceu si cala così nella nuova realtà e allo Stadio Vestuti di Salerno, invaso dai tifosi e più capiente di quello di Eboli, organizza un'amichevole di presentazione contro il Bangu, allenato dal grande Didí. José gioca un tempo con entrambe le squadre, colpendo una traversa per ciascuna, e dando dimostrazione delle sue qualità.
Quando non è al campo per allenarsi, gestisce un autonoleggio in città. La domenica la sua presenza garantisce stadi tutti esauriti.
"Mi ha ripagato dell'investimento fatto, - assicura il presidente Cavaliere al 'Guerin Sportivo' - Mi sento io in debito con lui, anche umanamente. Con lui in campo facevamo felici anche le società che ci ospitavano in trasferta".
Contemporaneamente gioca con la Feldi Eboli, squadra che milita nella Serie A di calcio a 5. Il suo contratto prevede inoltre che nel mese di dicembre possa tornare in Brasile per un mese e mezzo, periodo che coincide inesorabilmente con un calo di rendimento della squadra.
Il tecnico Pietro Pinto viene sostituito in corsa da un'allenatore che diventerà famoso. All'epoca ha 24 anni e sta facendo molto bene alla guida della squadra Berretti: il suo nome è Eziolino Capuano.
"Questo è matto, - disse di lui Dirceu - ma di calcio ne capisce".
La stagione 1989/90 si conclude positivamente con un piazzamento all'8° posto in classifica, anche se la squadra è ben lontana da lottare per la promozione. Nel 1990/91 Dirceu spinge per l'arrivo di un nuovo allenatore, Ruben Galaxe, che era stato suo compagno di squadra nella Nazionale olimpica e al Fluminense. Il tandem con Sebastiano Turi resta in sella per pochi mesi, visto che il 30 dicembre è esonerato dopo la sconfitta contro il Cerignola.
La squadra chiude comunque settima, migliorando il piazzamento dell'anno prima, e Dirceu saluta con un bottino personale 39 presenze e 14 reti in due anni. Nel 1991 dà per la prima volta l'addio al calcio allo Stadio San Paolo, ma in realtà, sebbene diventi procuratore di alcuni calciatori, continua a cimentarsi col calcio a 5 e nel 1992 firma e milita per un breve periodo con il Benevento, sempre in Interregionale (4 goal in 11 presenze). Negli anni seguenti torna al calcio a 5 con il Kaos Bologna e la Polisportiva Giampaoli ad Ancora, dove apre anche un pub.
Nel 1995 va infine a giocare di nuovo in Messico con il Venados de Yucatán, ultima squadra della sua lunga carriera. Prima di ritirarsi, stavolta definitivamente, all'età di 43 anni, dopo aver rappresentato 15 squadre di 4 nazioni e 2 continenti. A giugno del 1995 a Guadalajara dà il secondo addio al calcio con l'amichevole Brasile-Resto del Mondo. Allo Stadio Jalisco accorrono tanti campioni per omaggiarlo: ci sono Zico, Pfaff, Schuster, Kempes, João Paulo, Tita, Davor Jozic. La gara, giocata sotto una fitta pioggia davanti alla madre e alla moglie del centrocampista, sedute in tribuna, finisce 3-3.
IL TRAGICO INCIDENTE E LA MORTE A 43 ANNI
Vania, sua moglie, è incinta del quarto maschietto ma Dirceu non farà in tempo a vederlo nascere. Un tragico destino lo attende infatti nelle prime ore del mattino del 15 settembre 1995. Mentre è in auto a Rio de Janeiro, nel quartiere periferico di Barra da Tijuca, in compagnia dell'amico Pasquale Sazio, suo compagno di squadra all'Ebolitana, con cui aveva appena giocato una partitella, mentre fa rientro a casa è vittima di un tremendo incidente stradale.
Un veicolo che viaggia in direzione opposta, e che partecipa ad una corsa clandestina, invade infatti la carreggiata, costringendolo ad una manovra disperata per evitare lo scontro frontale. Ma l'utilitaria esce fuori strada oltre un cavalcavia e lo schianto è terribile. Sazio è disarcionato fuori dalla macchina, entrambi muoiono sul colpo.
Il brasiliano che disegnava traiettorie impensabili ai più con il pallone, grazie al mancino fatato, se n'era andato a soli 43 anni. Lasciando un vuoto incolmabile nella sua famiglia e in tutti coloro che lo avevano conosciuto e amato nel corso della sua carriera.
"Dirceu, - ha scritto Vania su Facebook nel 2011 ricordando suo marito - vorrei rivederti, anche per un giorno, ancora una volta, l'ultima volta. Darti un ultimo abbraccio, un ultimo bacio, sentire la tua voce ancora una volta, dirti addio e avere ancora un'occasione per dirti 'Ti amo'. Tua moglie".
Eboli non l'ha dimenticato e gli ha intitolato il nuovo stadio costruito nel 2001, capace di ospitare 15 mila spettatori, ma anche il Palazzetto dello Sport, il 'PalaDirceu'.
"Ci ritrovavamo a fine allenamento a palleggiare, sempre con il sorriso, - ha ricordato Angelo Alessio, suo ex compagno nell'Avellino - Josè mi diceva: 'Ancora cinque minuti, dai...'. Potevamo rimanere ore insieme. Era un ragazzo splendido, mi è dispiaciuto molto per la sua morte prematura".
