Arturo Di NapoliGetty/GOAL

Di Napoli, dagli esordi con l'Inter a Re in provincia: "Non volevo fare la riserva di Ronaldo"

Banner archivio storieGOAL

L'Inter gli resterà per sempre tatuata sul cuore, ma per affermarsi Arturo Di Napoli dovrà emigrare in provincia, dove a suon di goal, è diventato 'Re Artù'. Attaccante di origini napoletane, ha avuto una carriera da calciatore ricca di soddisfazioni, sebbene non sia riuscito ad arrivare ai vertici.

Dotato di grande talento e di una personalità importante, ha potuto indossare le maglie prestigiose di Inter e Napoli, dando però il meglio di sé in provincia, dove ha trovato la sua dimensione e ha giocato fino a 36 anni, prima di intraprendere la carriera da allenatore. 

L'INTER E I PRESTITI AD ACIREALE E GUALDO

Arturo Di Napoli nasce il 18 aprile del 1974 a Milano da genitori originari di San Giovanni a Teduccio, quartiere della periferia orientale di Napoli. Fa tutta la trafila nel Settore giovanile dell'Inter, in cui cresce e diventa uno dei gioielli del vivaio nerazzurro. A 19 anni il club milanese decide che è arrivata l'ora per lui di passare fra i professionisti e gira l'attaccante in prestito al Sud, per l'esattezza in Sicilia, all'Acireale, in Serie B, campionato ai tempi molto competitivo. 

La scelta è chiara: si cerca di temprarne il carattere, sbarazzino e spregiudicato, anche perché il ragazzo fa capire alla società di voler subito giocare. Le qualità tecniche, invece, sono già sotto gli occhi di tutti, come le lunghe leve e la grande velocità nell'accelerazione palla al piede.

Sotto la guida di Giuseppe Papadopulo, fa la sua conoscenza con il calcio di provincia, e realizza la sua prima rete da professionista, collezionando 21 presenze. L'anno seguente 'scende' in Serie C1 con il Gualdo, dove il giovane di proprietà dell'Inter esplode, segnando 10 goal.

LA SFIDA DI NAPOLI

L'esperienza in Umbria è il trampolino di lancio per la grande occasione che Di Napoli aspetta: il Napoli, infatti, lo prende in comproprietà. Boskov lo fa debuttare in Serie A e segna i primi 5 goal nel massimo campionato. Fra lui e Carmelo Imbriani, altro giovane nella rosa partenopea, nasce un feeling importante sul campo e fuori.

L'esordio arriva il 27 agosto alla prima giornata, quando subentra al 37' a Boghossian nella sfida contro il Bari, mentre il primo goal Di Napoli lo segna nel 2-2 contro la Sampdoria il 23 dicembre. L'attaccante chiude la stagione con 5 reti in 27 presenze complessive proseguendo nel suo percorso di crescita.

"Dell'esperienza a Napoli mi è rimasto dentro molto - ha dichiarato in un'intervista dell'estate 2019 a 'Il Posticipo' - Napoli è una città affamata di calcio, il popolo napoletano è straordinario. Vorrei cambiare molte cose delle mie stagioni: all’epoca non ero propenso ai sacrifici, avevo una testa completamente diversa da quella di oggi".

Di Napoli resta in azzurro anche nel 1996/97, quando arriva in panchina Gigi Simoni. La punta trova però poco spazio, appena una presenza, e a gennaio viene riscattata dall'Inter, che lo riporta a Milano. 

VICE RONALDO? NO GRAZIE

Con i nerazzurri, guidati da Roy Hodgson, Di Napoli colleziona 6 presenze senza goal in campionato, così l'estate seguente deve fare una scelta importante: restare in nerazzurro facendo molta panchina, oppure chiedere la cessione e rinunciare al sogno di sfondare in nerazzurro.

Quella del 1997/98 è del resto una squadra costruita per vincere in Italia e in Europa, e viene affidata proprio a Gigi Simoni, che Arturo aveva già conosciuto a Napoli. 

"L’Inter mi ha forgiato come uomo e come calciatore - ha dichiarato - farà sempre parte della storia della mia vita. Il mio rimpianto è esserci rimasto poco quando sono tornato dopo il Settore giovanile. Nel 1997/98 arrivò Ronaldo e l'Inter mi chiese di fare il 5° attaccante. Io avevo voglia di giocare e ho scelto di andare altrove. Sono stato poco lungimirante, avrei dovuto accettare la proposta che mi era stata fatta da Oriali all’epoca". 

"Ho giocato con Zanetti e penso che una persona col suo spessore umano sia fondamentale per l’Inter di oggi. In passato condividevamo la stessa stanza io, lui e Zamorano. Mi fa piacere che Javier sia il vicepresidente dell’Inter, è un piacere vederlo in questa veste: se la merita perché ha dato tanto al club".

Speciale anche il rapporto con il compianto mister Gigi Simoni.

"Gigi è un uomo straordinario. Credo che nel mondo del calcio ci siano poche persone col suo stesso spessore umano: era sempre molto pacato, cercava il dialogo, era un papà per noi giocatori. Ricordo Simoni come una persona unica".

Di Napoli, comunque, dice no all'Inter e decide di intraprendere la strada più lunga: quella che passa per i campi di provincia.

DI NAPOLI IN PROVINCIA: LA FAVOLA DI RE ARTÙ

Ma sarà proprio in provincia che l'attaccante milanese troverà la sua consacrazione. Passa in prestito al Vicenza di Guidolin, dove totalizza 24 presenze e 6 reti in Serie A e fa l'esordio in Coppa delle Coppe trovando spazio nella gara di ritorno degli ottavi di finale contro lo Shakhtar Donetsk. 

L'anno seguente Di Napoli riparte con i biancorossi ma dopo una presenza in campionato, ad ottobre passa all'Empoli. In Toscana vive la seconda stagione migliore della sua carriera per quanto riguarda la Serie A: va infatti in doppia cifra, segnando 11 goal in 25 presenze. La squadra retrocede in Serie B ma Di Napoli è ormai per tutti 'Re Artù'.

L'Inter, proprietaria del cartellino, nel 1999 lo cede a titolo definitivo al Piacenza per una cifra importante, ben 8 miliardi di lire. Non va molto bene e l'anno seguente scende così in Serie B: punta su di lui il Venezia, che lo scambia con Sergio Volpi. In Laguna 'Re Artù' torna a brillare, e in coppia con Fabio Bazzani segna 16 goal in 35 presenze e trascina la squadra in Serie A. Il secondo anno vive però una nuova retrocessione con 25 presenze e un goal, preludio a un ritorno al Sud.

Va a Palermo, dove fa coppia con un altro attaccante di razza, Pippo Maniero, e in B segna 8 reti in 30 presenze. L'avventura in rosanero termina dopo una sola stagione, ma Di Napoli resta in Sicilia: dopo un provino con il Besiktas, si accorda con il Messina dopo essersi svincolato. 

Quello vissuto con i peloritani sarà il periodo più importante nella carriera di 'Re Artù': il 2003/04 è l'anno migliore in assoluto sotto il profilo realizzativo per l'attaccante, che segna 19 volte in 30 presenze in Serie B e trascina i suoi in Serie A.

"Ho giocato al Messina per cinque anni: è stata l’unica città in cui sono rimasto così tanto - ha detto a 'Il Posticipo' - Nella mia carriera ogni anno cambiavo squadra, un po' per voglia e un po' per necessità. Non sono mai rimasto per due stagioni di fila nella stessa società. Si era creato un gruppo fantastico, il giovedì andavamo a cena tutti insieme, c’era una grande unione tra tutti e c’erano giocatori molto forti come Storari". 

Anche nelle due stagioni successive in Serie A l'attaccante milanese continuerà a regalare soddisfazioni ai tifosi giallorossi: 9 goal nel 2004/05, chiuso con uno storico 7° posto, fra cui uno pesante da ex alla sua Inter, 13, suo primato nel massimo campionato, nel 2005/06. L'ultimo anno sullo stretto vede però i peloritani retrocedere in Serie B, con 'Re Artù' che non va oltre 2 reti in 22 gare.

DI NAPOLI ALLENATORE E LA LUNGA SQUALIFICA

Nuovo giro, dunque, nuova corsa. Di Napoli riparte dalla Salernitana, e fa ancora centro: 21 volte a segno in Serie C1, promozione in Serie B e 13 reti l'anno successivo. A 35 anni accetta di scendere di categoria e chiude la carriera da calciatore in Serie D ancora con le maglie di Messina e Venezia, infine con la Caronnese, segnando sempre tanti goal, prima di appendere gli scarpini al chiodo a 38 anni nel 2012.

Per l'attaccante tante maglie e soddisfazioni, anche se i rimpianti non mancano.

"Ero un ribelle, se fossi stato più gregario e meno solista probabilmente avrei potuto vestire la maglia della Nazionale. Non volevo fare la riserva di Ronaldo, mi avrebbero dovuto dare l'ergastolo per la testa che avevo. Al mio talento avrei dovuto abbinare la costanza e la determinazione di Carmine Coppola".

Dopo il ritiro, sceglie la carriera da allenatore, interrotta bruscamente nel 2015 per il coinvolgimento nello scandalo calcioscommesse, che gli è costato una lunga squalifica quando era 1° in Lega Pro alla guida del suo Messina. Lui si è sempre dichiarato innocente e, terminato lo stop forzato si è rimesso in pista guidando fra i Dilettanti i lombardi del Cologno.

"Ho pagato a caro prezzo un reato che non ho commesso - le sue parole a 'La Repubblica' - sono stato estirpato dal mio mondo e sono stato moralmente stuprato. Adesso rivoglio indietro la mia vita e voglio riprendermi ciò che mi è stato tolto ingiustamente. Oltre che a livello sportivo ne ho risentito sotto il profilo fisico e morale, ho subito un intervento chirurgico ai reni e non ho potuto far valere la mia parola per mesi". 

Ma 'Re Artù' ha tenuto duro, anche grazie all'amore per suo figlio, e dopo un sensibile sconto di sanzione e l'assoluzione dal processo 'Dirty Soccer', è ripartito dal basso. Per tentare, anche in panchina, di riprendersi il suo scettro.

Oggi allena la New Dreams, squadra militante nella terza categoria lombarda e formata da cantanti e influencer che ogni settimana scendono in campo per un unico scopo: il benessere di chi è in difficoltà.

Pubblicità