Pubblicità
Pubblicità
Michelangelo Albertazzi MilanGetty Images

Michelangelo Albertazzi, da nuovo Maldini alla causa col Verona: dal 2018 non ha più giocato

Pubblicità
Archivio StorieGOAL

Perché dirlo? Perché ripeterlo anno dopo anno, settore dopo settore? Per vendere, per tenere alta l'attenzione, far sognare e girare la testa. Il cinema, la letteratura, ma soprattutto lo sport è colmo di quelle tre parole. Sempre uguali, alle quali vanno aggiunte un prefisso e un suffisso. All'inizio, il nuovo arrivato. Alla fine, il grande vecchio che attende l'erede. E così Tizio X è il nuovo Tizio Y. E così via. Sotto i ponti argentini sono passati tanti novelli Maradona prima che questi venissero inondati da Leo Messi. Per altri, il nuovo, reale, non è ancora arrivato. Michelangelo Albertazzi poteva essere Paolo Maldini 2.0. Ma non è andata così.

E' la fine del primo decennio del nuovo millennio e il leggendario Paolino ha appeso gli scarpini al chiodo da un po' di tempo, per molti il simbolo stesso della retroguardia calcistica. Immaginate le aspettative attorno ad un giovane calciatore. Ed ora immagine le aspettative attorno a qualcuno accostato a Maldini, appena maggiorenne, appena catapultato in un mondo che già ti succhia via l'anima, pretendendola indietro.

Cresce nel Bologna, Albertazzi, rifiutando di trasferirsi a Londra 16enne, per un sostanzioso contratto. Preferisce continuare in rossoblù, avvicinandosi all'esordio in Serie B senza riuscirci: la convocazione per la gara contro il Treviso sarà la prima di tante, alle quali non seguiranno però minuti da professionista. Una situazione pregna del vorrei ma non posso, a cui guarda con interesse il Milan. Ne acquista metà cartellino, lasciandolo con i suoi compagni e amici per un altro anno, fino al 2008.

E Albertazzi, nuovo Maldini o presunto tale, diventa rossonero. Perché è il nuovo? Perché veste la maglia del Milan in Primavera, vince il campionato Berretti e la Coppa Italia Primavera, ma soprattutto, oltre ai trofei che cominciano a gravitare intorno a lui, ha quella caratteristica maldiniana cotta a puntino. Sa giocare come centrale, sa giocare come terzino sinistro. L'accostamento è fin troppo facile.

Anche perché Albertazzi ha come idolo proprio Maldini. Sbarcato in rossonero lo ricorda una volta sì, e l'altra pure:

"E' sempre stato lui, anche adesso che ha smesso di giocare. Sia per il ruolo che ha ricoperto in campo sia perché è una splendida persona. Ne­gli allenamenti mi dava molti consigli. Lui ha scrit­to una gran parte della storia del Milan e del cal­cio. Sarà sempre presente, anche se non giocherà più e sarà un punto di riferimento".

Albertazzi fa in tempo a conoscere Maldini nel suo primo anno di Primavera rossonera, che fa rima con l'ultimo dell'idolo come professionista. Cosa può dire la leggenda al giovane? Ovviamente di rimanere con i piedi per terra, di non pensare al futuro e alle aspettative, di lavorare duro senza strafare. Lui regge, ma attorno a sé si continua a parlare di come possa essere lui a raccogliere l'eredità, giovane, duttile, dotato fisicamente:

"Devo crescere in tutto perché bisogna sempre mi­gliorare. Tra le qualità, però, ho il colpo di testa, la marcatura e sono un ragazzo determinato".

E' il 2009 e Albertazzi vince con la Primavera la Coppa Italia, dopo aver conquistato il torneo Berretti. Manca però ancora qualcosa per portarlo stabilmente in prima squadra e farlo esordire. Nel calcio la qualità non è tutto, serve anche la fortuna. Serve che i pianeti si allineano per una squalifica, un problema muscolare dei colleghi più grandi, o magari entrambe le cose.

I mesi passano in rossonero diventando routine giovanile, senza mai giocare in prima squadra. Ha l'età giusta per la prima esperienza, ma ogni sogno viene spazzato via. Quello di essere il nuovo Maldini non l'ha mai accarezzato, ma l'essere un difensore dei grandi, quello sì. In rossonero, mai.

Michelangelo Albertazzi Milan Serie AGetty

O almeno, non subito, e non stabilmente. E nemmeno in maniera grandiosa e roboante. Ci arriveremo. Perché senza giocare con il Milan, Albertazzi viene ceduto al Getafe, senza mai giocare capitolo due, negli ultimi mesi del 2011. Poi, l'aereo fa ritorno in Lombardia, per la Serie B e il Varese. E' l'esordio tra i professionisti, un primo passo. Al quale seguirà un altro, prima del rientro alla casa rossonera base, senza possibilità.

Per lo meno Albertazzi viene ceduto al Verona, dove comincia realmente ad avere qualche possibilità, venendo sempre ricordato come nuovo Maldini non divenuto tale, ma ormai maturo e con le spalle larghe, letteralmente e metaforicamente, per poter affrontare ciò che non è stato.

Si impegna, non è imprescindibile, ma ottiene la promozione nella massima serie e sì, riesce finalmente a giocare in Serie A. Guadagnandosi il ritorno a Milano per giocare finalmente con la maglia dell'idolo, che ha cercato di metterlo in guardia dalle insidie delle promesse e delle aspettative.

Perché Albertazzi  è in prima squadra al Milan, certo. Ma giocherà nell'annata 2014/2015 solamente in Coppa Italia contro la Lazio, e mai in Serie A. E così il destino lo porta a ritornare dove è cresciuto mentalmente per affrontare la consapevolezza di essere stato uno dei tanti 'nuovi'. L'addio ai rossoneri è definitivo e verrebbe da dire in maniera scontata, anche triste per lui. Senza dubbio. Ma le sirene sugli scogli l'hanno attirato senza mai soddisfarlo. Per questo, da un altro punto di vista, è una liberazione.

Anche il Verona però è una chimera. E dopo dieci presenze al primo anno da scaligero, Albertazzi subisce un grave infortunio che lo costringe a stare fermo a lungo, dicendo praticamente addio alla Serie A. Perché Michelangelo viene messo fuori squadra, ufficialmente per una mancata idoneità atletica e tecnico-tattica. E' il caos e la polemica avvampa, soprattutto considerando come un certificato medico da lui ottenuto accertasse il contrario. E' guerra e del passato da vecchio Maldini non c'è più nulla. Se non nei racconti dei corridoi.

Albertazzi si rivolge al Collegio Arbitrale e vince, ottenendo il diritto a partecipare agli allenamenti e il risarcimento di 57.000 euro. Viene reintegrato, ma il mondo del calcio è crudele, non solo quando ti fa accorgere di non poter essere quello che in molti ti hanno sempre detto.

Spogliatoio separato, divieto di pranzare e cenare con i compagni ed esclusione dalle riunioni tecniche. E così nuovo appello al collegio, nuova vittoria, denaro che sale a 144.000 euro. Persi due anni di carriera, si svincola nel 2018, firmando per il Livorno. Qui mette assieme quattro presenze, esausto dei paragoni, della burocrazia, e forse, del calcio.

"Questi signori mi hanno profondamente ferito e mi hanno causato aggravamenti fisici e seri danni professionali, psicologici ed economici", ha raccontato in un'intervista.

Il tempo è volato, così come le parole abusate, da predestinato a futuro. Per Albertazzi, svincolato dopo l'addio al Livorno, l'ultima presenza risale all'aprile del 2018 con gli amaranto.

Guardando indietro, la vita gli ha regalato il pallone da professionista, quell'etichetta pesante come un macigno e la consapevolezza che non tutto è rose e fiori. Senza fortuna.

Pubblicità

ENJOYED THIS STORY?

Add GOAL.com as a preferred source on Google to see more of our reporting

0