E' stata una brutta vicenda quella che ha visto vittima il 27enne difensore Michelangelo Albertazzi, che lo scorso 30 dicembre ha vinto la causa legale che aveva promosso nei confronti del suo club, l'Hellas Verona, che lo aveva messo fuori squadra senza giustificato motivo dopo che il calciatore aveva avuto col club una lunga diatriba legata a un grave infortunio che gli era stato nascosto. Il collegio arbitrale ha condannato il Verona a risovere il contratto e pagare al calciatore 144 mila euro netti, corrispondenti alle mensilità dovute fino alla scadenza regolare del contratto. Albertazzi ha deciso oggi di raccontare tutta la sua verità ai microfoni di 'Hellas Live' e sono parole che descrivono quasi una sorta di mobbing nei suoi confronti.
Sono state due le sentenze a favore di Albertazzi: la prima ordinava al Verona di reintegrarlo in rosa, ma ad ottobre scorso il direttore sportivo Fusco aveva chiaramente spiegato al calciatore che non sarebbe stato reintegrato in tutte le attività della squadra ma avrebbe dovuto lavorare a parte. Colloquio registrato da Albertazzi che ha costituito poi la prova decisiva per la seconda sentenza di dicembre. "Io sono sempre stato molto fiducioso - ha affermato Albertazzi - Per me queste due sentenze a mio favore sono semplicemente degli atti dovuti dalla Federazione".
La diatriba fra Albertazzi e il Verona è nato nell'estate del 2016, quando la gravità di un infortunio al ginocchio è stato nascosto al giocatore, con tutte le conseguenze del caso. "Tutto nasce all'inizio di agosto 2016 - ha raccontato il calciatore - quando questo intelligentissimo direttore, con la complicità dell'allenatore Pecchia e del dottor Devita, con una loro geniale determinazione non dicono a me calciatore infortunato e agli altri addetti ai lavori la serietà del mio grave infortunio. Io in quei giorni vengo sottoposto a una risonanza magnetica e ad alcune visite specialistiche; il dottor Devita e il direttore Fusco mi dicono di stare tranquillo in quanto tutte le mie difficoltà derivano soltanto da un fastidio dovuto a una sofferenza/contusione nella zona del menisco e che la risonanza escludeva qualsiasi problema".
Albertazzi, però, proseguendo la normale preparazione precampionato assieme ai compagni avverte sempre più difficoltà e il dolore al ginocchio non diminuisce col passare del tempo. Chiede così di poter vedere i referti medici e le risonanze magnetiche effettuate ma il dottor Devita, come racconta sempre Albertazzi, con varie scuse gli nega tale documentazione. Così Albertazzi si rivolge ad uno specialista esterno alla società e questi gli dice subito che l'infortunio è quanto mai grave: "Rottura completa del legamento crociato anteriore. Mi disse che per continuare a giocare mi sarei dovuto operare e il recupero sarebbe durato almeno sei mesi".
Il perché di tale comportamento da parte del Verona, Albertazzi lo spiega con la volontà del club di cederlo durante il calciomercato estivo, che sarebbe terminato il 31 agosto... "Il fatto che i referti riportassero nero su bianco la gravità del mio infortunio - ha detto ancora il calciatore - conferma la superficialità, la poca professionalità e l'accanimento nei miei confronti, ignorando il male che un loro giovane calciatore pativa. Tutto questo probabilmente per portare a termine interessi di mercato; tentativo poi ripetuto durante il calciomercato di gennaio disinteressandosi ancora una volta delle mie precarie condizioni fisiche".
"Questi signori mi hanno profondamente ferito - ha proseguito Albertazzi - e mi hanno causato aggravamenti fisici e seri danni professionali, psicologici ed economici". Una vicenda che non è ancora terminata, visto che Albertazzi è intenzionato a chiedere i danni al club: "Queste sentenze sono state semplicemente una conseguenza dei fatti accaduti e il mio contenzioso, la mia vera causa, la aprirò molto presto e in maniera importante con documentazioni ufficiali come risonanze magnetiche, certificati medici e dichiarazioni che provano le colpe del dottor Devita e del direttore Fusco".


