"Lo 0-6 nel derby? Non ricordo. E poi i giornalisti ne inventano sempre tante"
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E invece no, era tutto vero. Anche Peppino Prisco, anima nerazzurra e vicepresidente dell'Inter per un quarantennio, quella disfatta se la ricordava bene. Perché il derby è il derby e se chiedi a un tifoso del Milan di citare una stracittadina rimasta scolpita per l'eternità, non risponderà le doppie sfide di Champions vinte - tra cui quella in semifinale nel 2003, anticamera del trionfo sulla Juve a Manchester - bensì lo stacco maestoso di Hateley su Collovati del 1984 e poi la mattanza dell'11 maggio 2001. E quindi, per automatica associazione di idee, un nome e un cognome da pronunciare tutti attaccati: Gianni Comandini.
Il 2001 è l'anno dello Scudetto della Roma di Totti, Batistuta e Capello, mentre le due milanesi vivono una fase di transizione che le vede a fine stagione entrambe escluse dalla Champions: dietro i giallorossi si piazzano Juventus, Lazio e Parma, mentre l'Inter si classifica quinta, sopravanzando il Milan di due punti.
La qualificazione in Coppa Uefa è del resto lo specchio di un progetto tecnico naufragato durante l'anno su entrambe le sponde di Milano. Le prime stagioni della gestione Moratti, subentrato a Pellegrini nel 1995, avevano portato a casa soltanto la Coppa Uefa del 1998 e la scelta di puntare su Marcello Lippi per tornare a vincere il titolo dopo un decennio di piazzamenti si rivela fallimentare. Nell'ottobre 2000 l'ex tecnico della Juve pluriscudettata è sostituito in corsa da Marco Tardelli, che tuttavia non riesce ad andare oltre il quinto posto finale.
Uno scenario simile a quello vissuto dal Milan, alle prese col faticoso guado tra lo Scudetto di Zaccheroni del 1999 e il successivo ciclo vincente di Ancelotti. A marzo 2001 Il tecnico romagnolo - 'sarto distratto', messo sempre più sotto pressione dai commenti taglienti di un insoddisfatto Berlusconi - viene esonerato per fare spazio a Cesare Maldini, che riuscirà solo ad arrivare sesto, dietro ai cugini nerazzurri.
Un 2001 anonimo per la Milano calcistica, anzi no: il derby dell'11 maggio passerà alla storia per lo scarto più ampio mai registrato dalla nascita del campionato di Serie A a girone unico nel 1929, ma anche per la più classica delle partite della vita di un singolo giocatore, Gianni Comandini. Due soli goal in campionato quell'anno, nell'unica stagione disputata in maglia Milan. Due goal entrambi nel derby, in un solo derby. Esattamente come il compianto Paolo Rossi 16 anni prima.
Comandini ha 24 anni, l'approdo al Milan l'estate precedente per 20 miliardi delle vecchie lire è secondo - per esborso - solo a quello fatto per Fernando Redondo. L'attaccante è letteralmente esploso nell'ultima stagione - quando ha trascinato il Vicenza alla promozione in Serie A con 20 reti in 34 partite ed ha vinto da protagonista l'Europeo Under 21 assieme ai vari Pirlo, Gattuso e Ventola - ma già in precedenza si era imposto al Cesena, squadra della sua città, come uno dei bomber più promettenti in Italia: in bianconero aveva messo a segno 14 goal nel 1998/99.
"Avevo 23 anni quando sono entrato a Milanello e l'inserimento non è stato semplice - racconterà 10 anni dopo a 'Cesenatoday' - È un ambiente collaudato, c'è una organizzazione in cui è impossibile non trovarsi bene, è costruito tutto per le esigenze dei giocatori, dall'allenamento, alle camere, alla cucina. È la perfezione. Però Milano è molto dispersiva e, fuori dall'ambiente della squadra, non ho vissuto molto con i giocatori anche perché molti avevano la compagna vicino e io no. È stata comunque una esperienza unica anche perché la struttura societaria è enorme e ogni esigenza la società la risolve".
Comandini al Milan fa flop. Dopo aver segnato nei preliminari di Champions League ad agosto contro la Dinamo Zagabria, scivola in panchina, complice anche qualche malanno fisico e la concorrenza di gente come Shevchenko e Bierhoff, oltre a José Mari. Alla fine il suo bilancio al Milan dirà appena 13 presenze in campionato, 4 in Champions inclusi preliminari e una in Coppa Italia. Non parte titolare da febbraio ed è fermo a quota zero goal in campionato, ma poi quell'11 maggio - con una decisione a sorpresa - gioca dal 1' al fianco di Andriy Shevchenko, incidendo il suo nome per sempre nella storia del Milan. "Ho saputo la sera prima che avrei giocato, forse il mister non voleva agitarmi".
Maldini ci aveva visto giusto: dopo 20 minuti il Diavolo è già 2-0 grazie alla doppietta di Comandini, spietato nello sfruttare gli assist pennellati da uno scatenato Serginho. Il primo goal arriva con una girata mancina di prima intenzione che fa secco Frey sul primo palo, il raddoppio su imperioso stacco in anticipo su Matteo Ferrari. Il primo tempo finisce così, poi arriveranno le reti di Giunti, la doppietta di Shevchenko e il suggello dello stesso Serginho a stampare negli incubi interisti il 6-0 finale. "Sembrava che a noi avessero tagliato le gambe e che loro giocassero con un polmone in più", dirà anni dopo Sebastian Frey.
Nel frattempo la partita di Comandini è già finita, sostituito al 12' del secondo tempo da José Mari, ma anche la sua carriera ad alto livello - lui non lo sa ancora - di fatto termina quell'11 maggio a San Siro. Poche settimane dopo viene ceduto all' Atalanta per 30 miliardi, acquisto più caro nella storia orobica. A Bergamo segna solo 7 reti in campionato in due stagioni e mezza. Nel gennaio 2004 va in prestito al Genoa senza lasciare traccia, disputa poi una stagione 2004/05 ugualmente anonima tra Atalanta e Ternana in Serie B. Quella umbra sarà l'ultima maglia della sua vita da calciatore professionista: Comandini si ritira a 28 anni, lasciando sul tavolo l'ultimo anno del contratto quinquennale con l'Atalanta. Una decisione clamorosa e dettata da problemi fisici ma non solo, come spiegherà poco tempo dopo a 'Tuttosport'.
"Quando torno a giocare? Lo faccio già, nel Forza Vigne, la squadra di un quartiere di Cesena che partecipa al campionato Csi. Divertimento puro. Il calcio professionistico l'ho abbandonato: ho rescisso il contratto con l'Atalanta, che scadeva nel 2006, e ho cambiato vita. Proposte ne arrivano in continuazione, ma io ho detto basta, non voglio più rientrare nel calcio. Ho ponderato bene le cose, ho scelto cosa fare. Ho subìto due interventi per l'ernia del disco, sono stato fuori tanto tempo ma questo non è il motivo. Certo, avrei dovuto ridimensionare gli obiettivi, non sono più il Comandini del Milan. Ma avrei potuto continuare tranquillamente.
Ho smesso perché ero stufo di questo calcio, con le sue regole strane, dove ognuno gira la verità come vuole. Questa esiste, ma nessuno è libero di farla conoscere. Non è questo il calcio che cercavo, senza emozioni. Mi ha stancato la falsità dei rapporti e la poca attenzione nei confronti della persona, anche da parte di chi mi doveva curare. Ho incontrato gente disposta a lasciarmi zoppo a vita pur di farmi rientrare presto in campo. No, grazie. Mi dicono che sono troppo giovane per smettere, ho 28 anni: ma sono giovane per fare anche altre cose per le quali non ho mai trovato tempo in passato. I soldi che ho mi bastano per un po': non penso alla villa, non mi importa di avere la Porsche. Sono un tipo semplice e questo mi aiuta".
Sembrano parole dettate dall'impulso del momento ed invece è un progetto che verrà realizzato da Comandini negli anni a venire. In quel momento nasce il viaggiatore, il surfista, il DJ, l'imprenditore. Col calcio è finita: "A un certo punto non mi sono sentito più a mio agio". Cesena diventa così il nido pronto a riaccoglierlo ogni volta che torna dai posti più disparati del mondo.
"Come tutti i calciatori avevo girato tanto - racconta nel 2015 a 'Corriere Tv' - ma sempre comunque in contesti controllati come alberghi e ritiri, e la curiosità di vedere cosa c'era al di fuori di questi ambienti ovattati è stata forte. Compravo il biglietto di aereo di andata e di ritorno, uno zaino sulle spalle, una guida in mano, e tutto quello che succedeva fra i due voli lo decidevo al momento. Improvvisavo, ho dormito ovunque, in guest house, ostelli della gioventù, cabanas in spiagga o pousade brasiliane ed era quello che volevo vedere, quello che volevo scoprire. I miei primi viaggi sono stati in Brasile, poi sono stato in Messico, Costa Rica, Panama, Portorico, ho fatto Australia, Nuova Zelanda, le isole di Fiji e Tonga, sono stato recentemente in Sri Lanka".
E poi il surf: "È diventato il mio hobby. La tavola è l'opposto di quello che è il calcio, con la tavola non ci sono regole, se non quelle dettate dal mare, non ci sono orari, non ci sono tempi, non puoi scegliere quando surfare e quando non surfare, perché è il mare che ti obbliga a delle regole naturali. È uno degli sport che esprime maggiore libertà. I miei figli li farei surfisti...". E l'amore per la musica: "Quella brasiliana anni fa, poi sono tornato alla mia vecchia passione che è musica rock, gli AC/DC, i Red Hot Chili Peppers, qualche spruzzata di Queen".
La musica diventa parte integrante della sua nuova vita, quella da imprenditore, intrattenitore e organizzatore di eventi. Comandini riqualifica il Teatro Verdi a Cesena: "È un teatro della fine dell'800, nel 2002 con un gruppo di amici abbiamo deciso di ristrutturarlo e oggi è un ristorante che propone serate discoteca". Da viaggiatore del mondo ora è un simbolo dell'amore per il proprio territorio e torna in copertina.
In Magazine"Sono molto fortunato - spiega alla rivista IN Magazine - Nella mia vita ho raggiunto traguardi importanti e questo mi ha consentito di investire il mio tempo anche in altri sogni e desideri. Ho viaggiato tanto, sto rivolgendo le mie energie in progetti imprenditoriali che mi coinvolgono in prima persona. E, cosa ancora più bella, sono diventato padre e questo mi apre a nuove speranze e priorità. Tutto può cambiare, l'importante è avere sogni grandi.
Il DJ? La realtà è più semplice. Dopo il calcio, il Molo 95 disco bar a Cesenatico e il Teatro Verdi sono stati subito le mie principali occupazioni. Oltre a gestirli e ad organizzare le serate mi sono buttato nella sperimentazione di un certo genere di musica. Il Verdi quando è nato ha sconvolto la città, grazie a questo locale Cesena è diventata un centro di divertimento della Romagna, generando anche tanta occupazione".
Adesso quella doppietta segnata per ironia della sorte proprio in faccia a quel Marco Tardelli con cui l'anno prima aveva condiviso il trionfo all'Europeo Under 21 sembra lontana più dei tanti anni che sono passati.
"Non c'è cosa peggiore di fare un lavoro che non ti appaga - spiegò una decina di anni fa a 'MilanNews' - E io ero stufo, per me il calcio era un peso. Ho rinunciato a tanti soldi, è vero. Ma quanti anni in più di vita ho guadagnato? Ho fatto quello che volevo fare e questo non ha prezzo. Ho la fortuna di condurre una vita semplice, non ho la villa né la Ferrari e non perché non possa permettermelo. Quasi tutti mi hanno dato del matto, sono pochi quelli che hanno capito e condiviso la mia scelta. La gente pensa che la vita di un calciatore inizi e finisca col calcio. No, non è così. E per quello che mi riguarda il calcio non è stato l'apice mia della vita".
Comandini ora ha quello che cercava: "Volevo essere amato, giudicato e odiato come persona e non come atleta".
IL TABELLINO
INTER-MILAN 0-6
INTER: Frey, Ferrari, Blanc, Simic, J. Zanetti, Farinos (34' Cauet), Di Biagio (1'st Seedorf), Dalmat, Gresko, Vieri, Recoba. All. Tardelli.
MILAN: S. Rossi, Helveg, Costacurta, Roque Junior, P. Maldini, Gattuso, Giunti (26'st Guglielminpietro), Kaladze, Serginho, Comandini (12'st Josè Mari), Shevchenko (36'st Leonardo). All. Maldini.
Arbitro: Collina.
Goal: 3' Comandini (M), 19' Comandini (M), 8'st' Giunti (M), 22'st Shevchenko (M), 33'st Shevchenko (M), 36'st Serginho (M).