Paolo Rossi, l'epopea di Pablito: la storia dell'hombre del Mundial

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Per diverse generazioni di ragazzi italiani il suo nome è stato sinonimo di grande attaccante e di goal. In Brasile, invece, ancora oggi Paolo Rossi è sinonimo di ricordi duri. Nel Paese del 'futbol bailado' quel pomeriggio del 5 luglio 1982 allo Stadio Sarrià di Barcellona, che consacrò 'Pablito', scomparso a 64 anni il 9 dicembre del 2020 dopo aver lottato contro un brutto male. Campione assoluto e trascinatore dell'Italia di Enzo Bearzot, è infatti ricordato per le lacrime che con la sua tripletta l'attaccante azzurro fece versare al popolo brasiliano.

"Una volta un tassista brasiliano dopo aver fatto con la sua auto un centinaio di metri mi riconobbe dallo specchietto retrovisore, frenò di colpo e urlando come un pazzo mi ordinò di scendere: 'Lei è il carrasco do Brasil (tradotto in italiano significa il boia del Brasile)' che mi ha fatto soffrire da matti e ha gettato nel dolore, in quella notte spagnola, un’intera nazione. Fuori da qui!'. Scesi dal taxi quasi tremando, ne chiamai un altro e mi feci portare in albergo. Questo episodio accadde a San Paolo, dove mi avevano invitato a giocare un torneo fra ex calciatori, e il bello è che risale al luglio del 1989, ovvero a distanza di ben sette anni dal mondiale di Spagna. Ma per i brasiliani quella sconfitta con l’Italia è ancora una ferita aperta…".

La Seleçao che in tanti considerano la più forte di sempre, con Zico, Falcão, Socrates, Cerezo, Junior, tutti in campo insieme, è piegata da un attaccante esile, sgusciante e muscolare, quel pomeriggio letteralmente imprendibile per chiunque. Per Rossi, rientrato a tempo di record dopo la lunga inattività per la squalifica del calcioscommesse, quella è la gara della resurrezione e della consacrazione, che porterà l'Italia a vincere i Mondiali e il giocatore della Juventus al titolo di capocannoniere del torneo e al Pallone d'Oro.

La sua è la storia di uno degli attaccanti più forti che l'Italia abbia mai avuto, un giocatore leggendario che ha lasciato il suo segno impresso nella storia del calcio. Nella sua carriera ha vissuto momenti di grande esaltazione, ma anche altri difficili, legati alla squalifica per il calcioscommesse e al rapido logorio delle sue ginocchia, rese fragili dai numerosi infortuni,  ritirandosi precocemente all'età di 31 anni nel 1987.

GLI ESORDI DA ALA NEL MITO DI HAMRIN

Paolo Rossi nasce a Prato, in Toscana, il 23 settembre 1956 e fin da bambino si innamora del pallone, iniziando a giocare vicino a casa assieme al fratello Rossano nel Santa Lucia. Passa in seguito all' Ambrosiana, altra società pratese, per una stagione. Trasferitosi poi a dodici anni alla Cattolica Virtus, una delle principali società giovanili fiorentine, a 14 anni strega Luciano Moggi , all'epoca giovane responsabile del Settore giovanile juventino, che lo prenota per la Vecchia Signora. Italo Allodi, che vede in quel ragazzetto esile dallo scatto bruciante, che gioca da ala destra, come suo papà, che era stato calciatore del Prato, le potenzialità per diventare un campione, ne formalizza l'acquisto a 16 anni.

La famiglia di Paolo è titubante, ma il dirigente bianconero mette d'accordo tutti staccando un assegno da 14 milioni e mezzo di vecchie Lire.

"Senza giocare a calcio avrei fatto il ragioniere, - rivela in un'intervista a 'L'ultimo uomo' -  Quando ho iniziato a giocare, come tutti, avevo delle ambizioni: sognavo di diventare qualcuno che vedevo in tv, come i ragazzi di oggi guardano Messi o Ronaldo. Il mio mito all’epoca era Kurt Hamrin, uno svedese che giocava ala destra nella Fiorentina. Anch'io giocavo ala destra e rimasi in bianconero fino a 20. Hamrin era un punto di riferimento: mi piaceva il suo modo di giocare, di fare goal. Non dico che avevo quelle caratteristiche ma in qualcosa gli assomigliavo ".

LA JUVENTUS, GLI INFORTUNI E L'APPRODO AL VICENZA

Quando la giovane ala destra dal guizzo irresistibile sbarca a Torino nell'estate 1972 per militare nelle giovanili della Juventus, Allodi lo presenta a Boniperti come "un piccolo Garrincha".

Le aspettative sono molto alte, lui in campo è brillante ma il suo fisico non è ancora pronto all'appuntamento con il grance calcio. I difensori avversari lo malmenano e Rossi

finisce sotto i ferri per ben 3 volte in 3 anni per l'asportazione di 3 menischi.

"Allora, quell’operazione faceva perdere almeno 6 o 7 mesi di preparazione. - sottolinea Paolo - L’ultima è stata nel 1974".

La carriera del ragazzo toscano rischia di essere compromessa ancora prima di partire ma nel 1974, tuttavia, Rossi fa il suo debutto in Prima squadra in Coppa Italia accanto a campioni già affermato come Dino Zoff, Claudio Gentile e Franco Causio, con cui 8 anni dopo avrebbe condiviso l'esperienza dei Mondiali in Spagna.

"L'allenatore della Primavera era Castano, un grandissimo personaggio nell’ambiente di quegli anni. - ricorda Rossi - Con lui sono diventato uomo e calciatore e grazie al suo aiuto ho esordito in Coppa Italia con la prima squadra. Ricordo che vincemmo a Cesena per 1-0, con gol di Musiello; esordii con Vycpálek ed ho avuto l’occasione di giocare con giocatori del calibro di Capello e Altafini, tanto per fare due nomi fra i più conosciuti. Fu una stagione eccezionale".

Ma gli infortuni, appunto, limitano l'impiego di Rossi ad altre 2 gare in Coppa Italia nel 1974/75.  La Juventus non lo ritiene ancora pronto e lo manda in prestito al Como. La stagione con i lariani, in cui viene utilizzato ancora da ala destra, prima con mister Beniamino Cancian, poi con Osvaldo Bagnoli, si rivela tuttavia deludente. Il giocatore pratese totalizza infatti appena 6 presenze complessive in Serie A senza reti.

Paolo Rossi L.R. Vicenza Serie AWikipedia

IL BOOM CON IL VICENZA E AI MONDIALI 1978

La grande svolta nella carriera di Paolo Rossi arriva nell' estate 1976. La Juventus, dopo una trattativa non semplice, riesce a convincere il L.R. Vicenza a prendere l'esile ala (67 chilogrammi per un metro e 74 centimetri di altezza) in compartecipazione.  I biancorossi in quel momento militano in Serie B ed è nel torneo cadetto che nasce la favola di Rossi.

L'incontro con il tecnico G.B. Fabbri si rivela infatti decisivo: dopo l'addio di Vitale, infatti, l'allenatore emiliano, nonostante il fisico asciutto, vedendo l'esplosività dei suoi muscoli, la bravura nel palleggio e il tempismo nel colpo di testa, la rapidità nelle brevi distanze e la capacità di sgusciar via ai marcatori avversari, gli cambia il ruolo, spostandolo dalla fascia al centro dell'attacco.

Ed è come centravanti che Paolo Rossi sboccia come fuoriclasse assoluto. Capelli mossi con il ciuffo a coprirgli in parte la fronte, occhi chiari e ghigno sornione, l'attaccante del Vicenza diventa un vero incubo per i difensori. Segna 21 goal in 36 presenze di campionato, laureandosi capocannoniere del torneo , in totale 23 goal in 43 presenze, e trascina il L.R. Vicenza in Serie A.

Tutti capiscono che quel ragazzo ha qualcosa di speciale che gli altri non hanno. Il binomio Rossi-Vicenza produce risultati clamorosi anche nel massimo campionato. La Juventus decide infatti di non riscattarlo, preferendogli Pietro Paolo Virdis, che viene acquistato dal Cagliari. Il presidente dei veneti, Giussy Farina, capisce di avere fra le mani un campione e gli aumenta invece l'ingaggio da 8 a 50 milioni di euro.

Sarà ripagato con i risultati. In Serie A, aver stentato nelle prime giornate, anche a causa di un provvisorio cambio di modulo, a metà campionato il bomber rifila infatti due doppiette a Fiorentina e Roma, guadagnandosi le prime pagine dei quotidiani, e la squadra di Fabbri inizia a volare e a scalare posizioni in classifica. Il ritmo realizzativo dell'attaccante toscano porta la squadra a giocarsi lo Scudetto proprio contro la Juventus, il 7 maggio 1978 a Torino.

La partita è combattuta, Rossi va puntualmente a segno contro la sua ex squadra, ma sono i bianconeri di Trapattoni, trascinati da una doppietta dello scatenato Bettega, a conquistare il tricolore. Il 'Real Vicenza' ottiene a fine anno uno storico 2° posto. La forza di Rossi, che si laurea capocannoniere della Serie A con 24 goal in 30 presenze, cui vanno aggiunte 4 presenze e 2 goal in Coppa Italia.

"Sono arrivato al Lanerossi Vicenza a 20 anni, e mi ero posto come obiettivo di aspettare ancora un anno: 'O va quest’anno, e riesco a capire qual è il mio valore nella squadra, oppure posso tornare a fare altre cose'. Fino a 20 anni non sapevo se sarei diventato calciatore, nonostante si intuisse che avevo qualità: per sfondare nel mondo professionistico devi dimostrare di poterlo fare. Lo sport è una prova continua, fino a quando smetti sei sotto esame, sempre valutato".

Nel dicembre del 1977, intanto, il Ct. azzurro Enzo Bearzot lo fa debuttare in Nazionale maggiore in amichevole a Liegi contro il Belgio, e si convince che è lui l'uomo giusto per giocare in coppia con Roberto Bettega nell'attacco azzurro. Nell'estate 1978 Rossi è così protagonista anche ai Mondiali in Argentina. Il tandem azzurro con il potente giocatore juventino incanta e quella Nazionale sarà definita da molti 'la più bella' di sempre. 

Rossi segna 3 goal e viene inserito nella Top11 del Mondiale, e anche se gli azzurri devono accontentarsi del 4° posto finale si capisce che c'è motivo di speranza guardando al futuro. Nell'estate del 1978 il giocatore pratese, di rientro dai Mondiali, è ormai uno dei big del calcio italiano ad appena 22 anni. La convinzione è che abbia davanti a sé ancora tanti anni da protagonista.

Il futuro dell'attaccante si decide però già prima del torneo in Argentina. Il 18 maggio 1978, infatti, si aprono le buste per la risoluzione della sua comproprietà. Rossi è al centro di una dura contesa sul calciomercato fra il Vicenza, che vorrebbe tenerlo, e la Juventus, che ora lo rivorrebbe con sé.  Farina non vuole perderlo, e per la sua offerta azzarda una cifra monstre: 2 miliardi, 600 milioni e 510 mila Lire (per una valutazione del cartellino da record di 5,2 miliardi).

Sarebbe bastato molto meno, perché Boniperti non va oltre gli 875 milioni di Lire. Il risultato è che il Vicenza deve svenarsi sul piano economico, sborsando subito una prima rata da 520 milioni. I biancorossi, nonostante i 17 goal in 32 presenze del loro bomber, pagheranno a caro prezzo la 'follia' di Farina, finendo per retrocedere in seguito alla sconfitta per 2-0 a Bergamo all'ultima giornata.

Paolo Rossi trialSocial

PERUGIA, CALCIOSCOMMESSE E SQUALIFICA

Con il L.R. Vicenza in Serie B Farina non può più trattenere Rossi con sé. Nell'estate 1979, chiusa con 66 goal totali in 107 presenze l'avventura in biancorosso, il centravanti toscano è nuovamente protagonista sul calciomercato. Ad aggoiudicarsi le sue prestazioni a sorpresa è il Perugia di D'Attoma, che strappa al Vicenza un prestito biennale in cambio nel primo anno di 250 milioni di Lire più la cessione di Redenghieri e Cacciatori, nel secondo di 750 milioni.

Per poterselo permettere il club adotta, primo in Italia, una campagna di sponsorizzazione sulle maglie , poi mortificata dalla Lega, che ancora non prevede la possibilità. L'avventura umbra segna tuttavia un passo indietro nella carriera di Rossi, che per alcuni critici considera il Perugia soltanto come un periodo transitorio della sua carriera. Anche il regista Franco Vannini, suo compagno di squadra convalescente per un infortunio, lo 'bastona'.

"Non è legato alla città. Quando è in campo ha in mente la Nazionale, gli Europei e gli interessi extracalcistici più che il Perugia. Inoltre spesso tira indietro le gambe, gioca più arretrato e con meno determinazione".

Chi crede in lui è invece la dirigenza, su tutti Silvano Ramaccioni: "Non sono d'accordo con quel che dice Vannini, non ne ha azzeccata una che sia una".

L'attaccante segna 13 goal in 28 presenze, più una in 4 gare di Coppa UEFA e ulteriori 4 presenze in Coppa Italia, è ai vertici della classifica marcatori ma finisce incredibilmente nello scandalo che mette sotto sopra il calcio italiano nel mese di marzo del 1980. Fra i giocatori arrestati dai carabinieri in campo ci sono anche i perugini Della Martira e Zecchini e Rossi è ritenuto complice dei due nella combine di Perugia-Avellino finita 2-2 con una sua doppietta.

Il 29 aprile l'ex vicentino entra ufficialmente fra gli imputati per il calcioscommesse. Essendo il giocatore più famoso, ne diventa la copertina. Viene sospeso dalla Disciplinare, e non può più giocare nel suo Perugia e tantomeno in Nazionale. A Rossi crolla il mondo addosso. Si professa innocente, ma dopo aver perso gli Europei del 1980 con l'Italia, il 25 luglio del 1980 è condannato dalla Giustizia sportiva in primo grado a 3 anni di squalifica, poi ridotti a 2 dalla CAF.

A scatenare tutto è la denuncia di un commerciante di frutta romano, Massimo Cruciani, che lamenta di essere stato vittima di un raggiro da parte di calciatori. Questi ultimi gli avrebbero promesso risultati sicuri che poi non si sono verificati, portandolo sul lastrico. Ad incastrarlo una frase 'infelice' estrapolata dal contesto durante una tombolata con i suoi compagni: "Il pareggio non è un risultato da buttare".

"Non sapevo nulla delle scommesse: pensavo al classico pareggio accettato da due squadre che non vogliono farsi male. - spiegherà Rossi - Seguii il processo come qualcosa di irreale, come se ci fosse un altro al posto mio. Capii che era tutto vero quando tornai a casa e vidi le facce dei mie".

"Dopo che mi tolsero soltanto un anno, sono scappato a casa a Prato, e ho visto mio padre disperato e mia madre che piangeva: lì ho realizzato davvero cosa mi era capitato. Mi avevano tolto due anni di lavoro, due anni di vita. E ripensai alle parole di Simonetta, allora mia fidanzata: 'Paolo, attento, ti vogliono incastrare'. Anche ora sono convinto di essere stato strumentalizzato. Federazione e giustizia sportiva hanno voluto usare la mano pesante: non potevano scagionare il più famoso e condannare gli altri“.

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EL HOMBRE DEL MUNDIAL: IL MITO DI 'PABLITO'

Da star assoluta a giocatore sgradito in squadra il passo è breve per Rossi, che si ritrova negli anni migliori della sua carriera a dover star fermo. 

"Quell’estate (del 1980, ndr) - rivelerà - mi allenai qualche volta con il Vicenza (al Perugia era in prestito, ndr) ma senza voglia. Provavo disgusto per il calcio. Ho pensato di andar via dall’Italia, di smettere. Dissi: 'Non mi vedrete più in nazionale'. La cosa peggiore era il sospetto della gente, quegli sguardi… e le notti del sabato, sapendo che al risveglio non c’erano partite ad aspettarmi. Mi ha salvato la consapevolezza di essere innocente. E la Juve".

Ad offrire un'ancora di salvataggio a Rossi nell'estate del 1981 è infatti Giampiero Boniperti, che non si è dimenticato di quell'ala arrivata nel 1972 a Torino e diventata un grande centravanti e versa 3,3 miliardi nelle casse del Vicenza per rilevarne il cartellino.

"Boniperti mi chiamò: 'Verrai con noi in ritiro, ti allenerai con gli altri, anzi più degli altri'. Mi sono sentito di nuovo calciatore. La lettera di convocazione adesso farebbe ridere. Diceva di presentarsi con i capelli corti, indicava cosa mangiare e cosa bere. Boniperti era un mago in queste cose. Quando arrivai mi disse: 'Paolo, se ti sposi è meglio, così sei più tranquillo'. Mi sono sposato a settembre. L’avrei fatto lo stesso, diciamo che sono stato un pò spinto (ride, ndr). Comunque devo ringraziare lui, Trapattoni e Bearzot. Il Trap mi ha allenato con la sua grinta, ci ha messo molta dedizione, Bearzot mi chiamava spesso. Non mi faceva promesse ma mi incoraggiava a lavorare bene, perchè lui mi teneva sempre in considerazione. Fondamentale".

È l'inizio della rinascita. L'attaccante, scaduta la squalifica, il 2 maggio 1982 torna in campo da titolare contro l'Udinese e firma uno dei 5 goal con cui la Vecchia Signora travolge i friulani.

" Non ricordavo più l’emozione di un partita vera. Due anni di silenzio mi hanno maturato. Proprio in questo momento mi dico: non c’è solo il calcio“. Trapattoni non ha dubbi: "È quello di un tempo".

Le successive 2 partite con Napoli e Catanzaro non sono dello stesso livello, ma sono sufficienti perché Rossi vinca il suo primo Scudetto e Bearzot lo inserisca fra i convocati per i Mondiali di Spagna, come da tempo, segretamente programmato dal Ct. Fuori resta a sorpresa Roberto Pruzzo, bomber degli ultimi 2 campionati di Serie A. Le critiche si sprecano, alimentate da un girone di qualificazione che vede gli Azzurri qualificarsi al gironcino dei quarti di finale solo per la miglior differenza reti rispetto al Camerun. 

Rossi in campo sembra un fantasma, l'ombra del giocatore scattante e reattivo che si era visto nei Mondiali 1978. Ma l'attaccante sta lavorando duramente per farsi trovare pronto nel momento decisivo. L'Italia si chiude in silenzio stampa, e data per spacciata nel girone a tre con Argentina e Brasile, compie il miracolo. Gli Azzurri superano 2-1 l'Albiceleste di Maradona, e il 5 luglio, stendono il Brasile super favorito di Telé Santana. Ai brasiliani basta il pari per passare in semifinale, ma Rossi è devastante e mette in ginocchio la Seleçao con una storica tripletta. 

"Il primo goal al Brasile, lo ricordo come il più bello della mia vita. Non ho avuto il tempo di pensare a nulla: ho sentito come un senso di liberazione. È incredibile come un episodio possa cambiarti radicalmente: niente più blocchi mentali e fisici. Dopo quel goal, tutto è arrivato con naturalezza".

I critici devono ricredersi, nasce ufficialmente il mito di Pablito. Il numero 20 azzurro si ripete in semifinale con la Polonia, piegata 2-0 con una sua doppietta, e in finale con la Germania Ovest, cui rifila con un gran colpo di testa in tuffo la rete dell'1-0. È la notte dell'11 luglio 1982, e con il 3-1 finale Rossi e l'Italia si laureano Campioni del Mondo.

"Pensavo: 'Fermate il tempo, non può essere già finita, non vivrò più certi momenti'. E capii che la felicità, quella vera, dura solo attimi".

Pablito è giudicato all'unanimità l'hombre del Mundial , con 6 goal è il capocannoniere e vince a fine anno il Pallone d'Oro , terzo italiano di sempre dopo Sivori e Rivera. L'incredibile resurrezione è compiuta.

I 9 goal messi a segno nei due Mondiali giocati fanno di Rossi ancora oggi il miglior bomber azzurro di sempre nella manifestazione a pari merito con Roberto Baggio e Christian Vieri. 

Paolo Rossi Juventus Serie AInternet

I SUCCESSI CON LA JUVENTUS E L'ADDIO

Pablito, ottenuto il riscatto personale, ha però un debito da sciogliere con la Juventus. Nel 1982/83 è uno dei big della Juventus che cede il titolo alla Roma dopo un lungo testa a testa e arriva in finale di Coppa dei Campioni contro l'Amburgo. Rossi realizza 18 reti in 43 presenze complessive, fra cui 6 goal in Europa.  Ma i bianconeri perdono la gara più importante, la finale con i tedeschi, in cui l'attaccante non riesce a lasciare il segno.

Il 1982/83 porta nel suo palmarés la Coppa Italia e la stagione seguente vede Rossi protagonista assoluto della squadra assieme a Platini e Boniek: per Pablito 13 goal in campionato e 2 goal decisivi in Coppa delle Coppe nelle due gare di semifinale con il Manchester United. La Juventus alza poi il trofeo sconfiggendo poi 2-1 il Porto in finale. Rossi resta a Torino anche una terza stagione, il 1984/85, ma in estate qualcosa si spezza.

L'attaccante a 28 anni non ha più quegli stimoli che gli hanno consentito di eccellere. Batte cassa da Boniperti, che risponde picche. La sua stagione è negativa, spesso è sostituito e nonostante i bianconeri vincano Scudetto e Coppa dei Campioni nella tragica serata dell'Heysel, Pablito mette insieme soltanto 3 goal in 27 presenze in Serie A, 2 goal in 6 gare in Coppa dei Campioni e 5 reti in 9 apparizioni in Coppa Italia. A fine anno decide di andar via dopo 44 goal in 138 presenze.

"In bianconero ho vissuto dei momenti molto belli, ma anche alcuni molto brutti. Ad un certo punto ero stufo di calcio, andavo agli allenamenti perché ero costretto. Mi sembrava che attorno a me mancasse totalmente la fiducia, quando dovevano sostituire un giocatore, toccava sempre a Rossi. Mi sembrava una scelta fatta a tavolino, ci restavo male. Con i tifosi juventini non mi sono mai trovato bene, forse ha rovinato il rapporto la faccenda dell'ingaggio, quando chiesi qualche soldo in più. Oltretutto nella Juventus giocavo in una posizione poco congeniale alle mie caratteristiche, ma mi sono adattato, anche sacrificandomi. Ho imparato tantissime cose, la società voleva confermarmi ma io, ormai, mi sentivo come un leone in gabbia. Meglio cambiare aria".

Paolo Rossi Milan

L'ADDIO AL CALCIO

A puntare di nuovo su di lui è ancora una volta Giussy Farina, l'ex presidente del Vicenza ora numero uno del Milan, che per lui versa alla Juventus 5 miliardi e 300 milioni.  Ma la stagione in rossonero non offre grandi gioie a Pablito. L'attaccante il 21 agosto si fa male infatti in Genoa-Milan di Coppa Italia, riportando in un contrasto aereo con Testoni la distorsione della caviglia sinistra con interessamento dei legamenti. L'esordio in campionato con la nuova maglia arriva a novembre, e a fine anno il magro bottino recita 26 presenze e 3 goal.

Gli unici 2 messi a segno in campionato arrivano però entrambi nel Derby della Madonnina contro l'Inter, e così Rossi riesce comunque a lasciare il suo nome nella storia rossonera.

"Mi sembrava di essere al Mundial. - rivela dopo la gara - Se l'Inter avesse avuto le maglie gialle come quelle del Brasile forse avrei fatto tre goal. Ma va bene così, non ricordo nemmeno io quando realizzai l'ultima doppietta".

Bearzot lo convoca anche per i Mondiali in Messico del 1986, in cui fa però da spettatore senza mai scendere in campo. Disputa la sua ultima stagione con il Verona nel 1986/87 (27 presenze e 7 goal, di cui 4 in Serie A). Dà il suo contributo al 4° posto e alla qualificazione in Coppa UEFA dei gialloblù, ma le sue ginocchia sono ormai logore e decide di ritirarsi a soli 30 anni a fine stagione. In Nazionale chiude con 20 reti totali in 48 presenze. 

Nella vita privata si è sposato 2 volte, la prima con la fidanzata storica, Simonetta Rizzato, da cui ha avuto il primogenito Alessandro, quindi, dopo il divorzio, con la giornalista Federica Cappelletti, nel 2010, che gli ha dato le figlie Maria Vittoria e Sofia Elena. Ha scritto due autobiografie: 'Ho fatto piangere il Brasile' e nel 2012, assieme alla sua seconda moglie, '1982. Il mio mitico Mondiale'.

Considerato un mito del calcio italiano, che lo ha inserito nella sua 'Hall of fame', e mondiale, con Pelé che lo ha posto fra i 125 giocatori più grandi esistenti, dal 2018 era tornato a lavorare per il suo Vicenza, come membro del CdA e ambasciatore nel Mondo. 

Il 9 dicembre 2020 la triste notizia della sua scomparsa.

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