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Claudio Garella, il portiere che parava con i piedi: da 'Paperella' a 'Garellik'

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"L'importante è parare, non importa come".

Con queste parole Italo Allodi, general manager del Napoli, lo accolse nella città partenopea nel 1985. In un'epoca in cui quasi tutti i suoi colleghi si rifacevano allo stile classico dei portieri italiani, e badavano alla 'pulizia' degli interventi e all'eleganza, lui ne aveva uno tutto suo, guardava più all'efficacia e alla concretezza e parava prevalentemente con i piedi e tutte le altre parti del corpo, usando le mani soltanto quando realmente necessario.

Claudio Garella ha innovato non poco il ruolo del portiere, ed è stato il primo estremo difensore italiano, quando le regole ancora non lo richiedevono, ad essere abile con la palla fra i piedi. Guascone, e istrionico, anche grazie ad una stazza fisica e ad una reattività che gli consentiva di coprire bene tutta la porta, ha scritto pagine importanti in Serie A, vincendo due storici Scudetti con Verona e Napoli e una Coppa Italia sempre con il club partenopeo. 

GLI ESORDI E IL GOAL SEGNATO A CASALE

Nato a Torino il 16 maggio 1955, Garella cresce nelle Giovanili del club granata, con cui fa il suo esordio in Serie A il 28 gennaio 1973. Gustavo Giagnoni lo manda in campo nel finale quando 'il Giaguaro' Luciano Castellini si fa male e deve abbandonare il terreno di gioco. I granata stanno perdendo 1-0 e il giovane estremo difensore del Torino non prenderà goal.

È considerato però ancora troppo acerbo per la Serie A e viene così ceduto a quello che all'epoca si chiamava Juniorcasale. Difendendo la porta dei nerostellati, che con le sue parate contribuisce a portare dalla Serie D alla Serie C, Garella riesce a mettere in evidenza le sue qualità e quella capacità unica di attrarre verso di sé ogni conclusione che arriva nello specchio della porta.

Si concede anche il lusso, diventando famoso anche per questo, di segnare un goal trasformando un calcio di rigore. Nella vita privata trova la serenità con Laura, che porta all'altare e diventa sua moglie. Un metro e 84 per 80 chilogrammi, la sua reattività lo fa sembrare molto più alto e grosso di quello che realmente è. Le prestazioni a Casale lo portano in Serie B nel 1975/76, quando indossa la maglia del Novara e gioca da titolare. 

Il 1975 è anche l'anno della nascita della sua prima figlia, Claudia.

LA LAZIO E LE PAPERE: DIVENTA 'PAPERELLA'

La prima occasione importante della sua carriera arriva con la Lazio, che lo ingaggia nel 1976/77. I biancocelesti hanno vinto lo Scudetto appena tre anni prima e partono anche quell'anno con ambizioni importanti, ma varie vicessitudini portano la rosa storica a sgretolarsi. Proprio in quella stagione, il 2 dicembre 1976, muore infatti dopo una lunga malattia Tommaso Maestrelli e il 18 gennaio 1977 perde la vita, in tragiche circostanze, 'L'Angelo Biondo' Luciano Re Cecconi.

Quando si verificano questi fatti Garella è il vice di Felice Pulici. La squadra chiude comunque al 5° posto, e nella stagione successiva, con l'approdo in panchina del tecnico innovatore Luís Vinicio, è promosso titolare al posto della bandiera biancoceleste. Questo gli causa le antipatie di una parte importante della tifoseria, che al primo errore è pronta a crocefiggerlo. 

L'avvio è folgorante, con un 3-0 casalingo alla Juventus che lascia ben sperare per il proseguo della stagione. Ma i biancocelesti capitolano fuoricasa per 2-1 contro il forte Vicenza di Paolo Rossi e successivamente vengono estromessi dalla Coppa UEFA a causa di un pesante 6-0 in Francia nella gara di ritorno contro il Lens. Per Claudio è una serata no e ne paga le conseguenze in termini di contestazione e derisione.

Gli affibiano addirittura un nomignolo poco gratificante: 'Paperella', con chiaro riferimento ai suoi errori. Lui non si fa condizionare e reagisce con lo spirito genuino che lo caratterizzerà sempre durante la sua carriera.

"Ero troppo giovane - commenterà anni dopo - per questo andò male ed io fallii".

Il giornalista Beppe Viola, mentre assiste sbigottito in Rai alle immagini dei suoi errori, inventa addirittura un neologismo: ben prima delle 'cassanate', nel dizionario della lingua italiana entrano 'le garellate', ovvero i proverbiali errori del portiere torinese.

Lazio Serie A 1977/78Wikipedia

LO SCUDETTO COL VERONA: IL MITO DI 'GARELLIK'

Nell'estate del 1978 è frettolosamente ceduto dalla Lazio alla Sampdoria, in Serie B. L'esperienza ligure gli è utile per ritrovare sicurezza in se stesso e fiducia nei propri mezzi. In tre campionati totalizza 113 presenze, subendo appena 97 goal.

"Quando mi cedettero - rivelerà - giurai al direttore sportivo della Lazio: 'Tornerò in A e ci resterò a lungo'".

Garella, contrariamente a quanto pensavano i tifosi biancocelesti, è molto forte, solo che va controcorrente: allo stile antepone sempre la concretezza. Delle sue qualità si accorge presto Osvaldo Bagnoli, iIl Mago della Bovisa', che attorno al portierone torinese costruisce il Verona che in quattro anni sarà capace di riscrivere le gerarchie del calcio italiano.

Gli scaligeri vincono il campionato di Serie B 1981/82, approdando in Serie A, dove, dopo un 4° e un 6° posto da applausi, conditi da due finali consecutive di Coppa Italia, arriva lo storico Scudetto del 1984/85. Una delle imprese più belle della storia del massimo campionato.

Garella è un uomo chiave di quella squadra: decisivo sia per neutralizzare con parate di ogni tipo i tentativi offensivi degli avversari, sia con la sua abilità di giocare la palla con i piedi e per i rinvii lunghi, doti non comuni in quell'epoca, che lo rendono un portiere unico. In un Verona-Udinese para addirittura col sedere. Con il giornalista Giampiero Galeazzi, spesso inviato 'Rai' nei campi, dà vita a simpatici siparietti televisivi.

"Paravo con tutto. - dirà a 'L'Arena nel 2020 - Non avevo lo stile di Vieri o Bordon ma ero efficace. E sono orgoglioso di aver giocato bene e vinto con il Verona. E tutto sommato di aver lasciato un segno. Quell'anno a Roma feci credo venti parate, alcune per i fotografi, altre decisive. Elkjaer e tutti gli altri ci facevano vincere, io cercavo di non prendere goal. In quel campionato la Juve non era quella dei 50 punti e noi fummo avvantaggiati dall’arrivo di due campioni come Briegel ed Elkjaer".

Claudio Garella Verona Serie AWikipedia

Nel dicembre 1984 nasce la sua seconda figlia, Chantal, e Garella rischia di non scendere in campo nella delicata trasferta di Como.

"A Como non volevo giocare, - ricorda - Chantal era nata da pochi giorni e faceva fatica a respirare, era in rianimazione. Tutto il gruppo ed anche il mister, magari a suo modo, mi scrollarono di dosso la negatività. Ricordo gli striscioni della curva gialloblù, brividi ancora oggi, furono unici. Ma che ambiente era quello? Fantastico. Alla fine giocai e fu uno 0-0 importante".

Una delle gare decisive per il titolo è la partita di ritorno contro il Milan di Liedholm a San Siro. Il Verona ci arriva con Fontolan squalificato e senza Briegel ed è costretto ad una gara di contenimento di fronte alle offensive dei rossoneri. Garella è decisivo per portare a casa un punto, e, fra i tanti interventi, compie in quell'occasione quella che considera la parata più bella della sua carriera. 

"Non sono mai uscito così tanto in vita mia. - ammette - Quando Hateley colpì il pallone mi allungai con tutto me stesso e deviai con le unghie il pallone sul palo, con la palla che mi tornò in braccio. A volte sogno ancora quella parata, in quel gesto c’è tutto il mio Scudetto. Il resto l’hanno fatto i miei compagni. Giocatori e uomini eccezionali".

"Di quella squadra sono più legato a Tricella, - rivela - perché da sempre libero e portiere devono avere un feeling particolare. Ero in camera con lui fin dal campionato di serie B. Mi stressava con le imitazioni di Jerry Lewis, a lui piaceva un sacco. Il Trice aveva tempi d’attacco fenomenali. A metà campo eravamo sempre in superiorità numerica grazie a lui".

La matematica certezza dello Scudetto arriva il 12 maggio con il pareggio esterno contro l'Atalanta. I gialloblù precedono nella classifica finale il Torino di Radice e per Bagnoli è un vero trionfo.

"Il mister è un grande. - afferma Garella - Quell’anno, a parte con i giornalisti, con noi si arrabbiò soltanto una volta. Mi ricordo fu dopo lo zero a zero in casa con la Sampdoria. Loro avevano Mancini, Vierchowod e tanti altri campioni. Bagnoli entrò e chiuse lo spogliatoio e ci urlò dietro: 'Lo capite che così mandiamo all’aria tutto? Questa era una partita da vincere'. Con un altro allenatore ed un’altra società non avremmo mai vinto il titolo".

La trasformazione da brutto anattrocolo a cigno è completata, e un giornalista de 'L'Arena', il quotidiano locale, lo soprannomina 'Garellik', il supereroe veronese. 

"Me lo diede Valentino Fioravanti, che si ispirò ai colpi clamorosi di Diabolik. A me il fumetto piaceva, ne ho letti tanti", spiegherà.

Verona Serie A 1984/85Wikipedia

I TRIONFI COL NAPOLI DI MARADONA

Da Verona il super portiere prende la rotta di Napoli, dove approda per giocare in squadra con Diego Armando Maradona e cogliere nuovi traguardi: il primo storico Scudetto partenopeo nella stagione 1986/87 e la Coppa Italia nello stesso anno. 

"I campioni più famosi erano tutti in Italia. Zico, Platini, Falcao, Junior, Rumenigge, Socrates... - dirà - Ma il numero uno rimaneva lui, Maradona. Mi è dispiaciuto lasciare Verona, ma sognavo di giocare col più grande, e ci sono riuscito. Allenarsi con lui era uno show. Ogni tanto qualcosa prendevo, e Diego se la rideva. A Genova, durante la seduta di rifinitura pre-partita lo sfidai, Diego non voleva più smettere di battere punizioni. Il resto della squadra era ormai sul pullman, ma lui continuava a stare in campo".

I partenopei di Ottavio Bianchi, al termine di una cavalcata trionfale, nella quale anche Garella fa il suo quando è chiamato in causa, il 10 maggio 1987 sono matematicamente campioni d'Italia è al San Paolo e per tutta la città esplode una grande festa.

"Ricordo la grande gioia di quel giorno. - dichiarerà l'ex portiere azzurro a 'Sky' - Al San Paolo c'erano 100 mila persone e poi quello striscione al cimitero: 'Uagliò, non sapete cosa vi siete persi' fece epoca". 

Se per Gianni Mura Garella è 'Compare Orso', per il suo modo sgraziato di stare fra i pali, una delle definizioni più belle gliela dà l'avvocato Gianni Agnelli. 

"Garella è il miglior portiere al mondo. Senza mani, però". 

"Per me è stato il complimento più bello. - dirà l'ex portiere - Con il suo umorismo coniò una definizione passata negli annali. Anche se non è vero che paravo soltanto con i piedi. Ma aver meritato una battuta da Gianni Agnelli è importante, significa aver lasciato un segno nel mondo del calcio".

Il 13 giugno 1987 il Napoli non si lascia sfuggire nemmeno la Coppa Italia, superando nella doppia finale l'Atalanta di Mondonico. Per Garella, che non cambia il suo stile unico e particolare di interpretare il ruolo, è il punto più alto della sua carriera.

"Ero un portiere controcorrente, - affermerà - diverso dai portieri belli da vedere, ma non meno efficace di loro. Usando i piedi ho interpretato il ruolo in maniera moderna".

Napoli 1986/87 Serie AWikipedia

L'AMARO ADDIO E IL FINALE DI CARRIERA

Nel 1987/88, il suo terzo anno a Napoli, per Garella e compagni ci sono le possibilità di vivere un'altra grande stagione. Ma in Coppa dei Campioni la squadra è eliminata dal Real Madrid, mentre in campionato il calo finale porta al sorpasso del Milan di Sacchi. E a tante polemiche.

"Avremmo potuto fare il bis l'anno successivo, - ammetterà l'ex portiere - invece perdemmo il campionato sul filo di lana. Ma il Milan di Sacchi lo meritò. In Europa, ho preso anche il goal più amaro della mia carriera: quello di Butragueño nella gara di ritorno contro il Real Madrid, che ci eliminò dalla Coppa dei Campioni. Nel primo tempo facemmo una gara strepitosa, il Real sembrava una squadretta".

Sul banco degli imputati finisce anche lui, il portierone torinese. Con Bagni, Giordano e Ferrario è nella frangia che chiede alla società la testa dell'allenatore. Il club invece si schiera dalla parte del tecnico e non fa sconti per i ribelli, che vengono messi subito fuori rosa e poi ceduti.

"Il modo in cui ruppi col mister Ottavio Bianchi fu sbagliato, - riconoscerà anni dopo - e sbagliai anche il 10 settembre '89, quando commisi un fallaccio su Borgonovo del Milan. Berlusconi si arrabbiò, aveva ragione".

L'addio al Napoli è amaro, e Garella, superati i 30 anni, dopo 114 presenze complessive con i partenopei, riparte dalla Serie B con l'Udinese. In Friuli gioca due stagioni, ottenendo un'altra promozione in Serie A, la seconda della sua carriera dopo quella di Verona. In un'Udinese-Cremonese che termina 1-1 e concede poco allo spettacolo, decide di offrirlo lui, quando salva in rovesciata su una punizione ben indirizzata dalla distanza di Piccioni.

Le ultime partite le disputa nel 1990-91 con l'Avellino in Serie B, poi un grave infortunio che lo induce a ritirarsi all'età di 35 anni.

IL RITORNO NEL CALCIO COME ALLENATORE E DIRIGENTE

Il grande calcio si dimentica presto di Garella, ma l'ex portiere resta vicino al suo mondo come allenatore e dirigente fra i Dilettanti e la Serie C. Allena l'U.S.D. Barracuda di Torino in Prima Categoria in due periodi distinti, l'ultima volta nel 2013, sempre negli anni Dieci del duemila guida anche la squadra juniores del Cit Turin (nella stagione 2012/13).

Di recente ha ricoperto ruoli dirigenziali con Pecetto Torinese e ancora U.S.D. Barracuda, oltre a lavorare come osservatore per la Canavese.

"Vivo dimenticato - dirà a 'La Gazzetta dello Sport - Il grande calcio si è scordato di me e non so perché. Sono direttore sportivo diplomato a Coverciano e da anni aspetto una telefonata che non arriva. Spiegazioni? Non mi sono inginocchiato davanti a nessuno, non frequento i giri giusti".

Garella si è spento il 12 agosto 2022, all'età di 67 anni, a causa di problematiche cardiache in seguito a un intervento chirurgico. Una morte improvvisa che ha colpito il mondo del calcio.

Per gli appassionati resterà sempre 'Garellik', il superoe che a dispetto di qualche papera ha saputo regalare grandi emozioni ai tifosi di Verona e Napoli e, in generale, a tutti gli appassionati di calcio.

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