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Juventus 1996 Champions League winnersGetty

Classe e sudore, campioni e gregari: la Juve di Lippi e la Champions del 1996

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L'attualità vede la Champions League come una vera e propria maledizione per la Juventus, reduce da tre eliminazioni consecutive aglio ottavi nella fase a eliminazione diretta, prima col Lione, poi con il Porto e infine con il Villarreal. L'ultimo successo in questa competizione per i bianconeri risale al 1996, ovvero quando la Vecchia Signora puniva dal dischetto l'Ajax di Louis Van Gaal.

Una rosa qualitativamente eccelsa, guidata da capitan Luca Vialli e impreziosita dalle linee guida stilate da Marcello Lippi, sbarcato all'ombra della Mole nell'estate del 1994. Primo anno nel capoluogo piemontese, subito tricolore: che mancava da quelle parti dal 1986. Insomma, mai scelta fu più azzeccata, con Madama a toccare l'apice all'Olimpico, imponendosi sui Lancieri.

"La gioia del campionato vinto l'avevo sentita solo io, perché gli juventini ne avevano già vinti 22 e io neanche uno. Invece questa coppa la sento comune, di tutti i tifosi che l'aspettavano da tempo. Era importante anche l'altra, non fraintendetemi, ma i tifosi penso che godano più per questa. Anche perché è stata generata da una grande partita".

Parole a caldo pronunciate dal tecnico toscano, personaggio da sempre schivo e riservato. Ma dannatamente vincente, come poi ha dimostrato la sua storia anche fuori dai confini bianconeri.

Una Juventus scintillante, votata al calcio totale: ma senza perdere di vista gli equilibri. Insomma, un 4-3-3 di rara bellezza. Intepreti illustri al potere, da Peruzzi, Ferrara, Paulo Sousa, passando per Conte, Deschamps e Del Piero.

Così come sfoggiavano un ruolo di spicco gli elementi di "provincia". Ogni riferimento a Torricelli, Pessotto e Vierchowod è puramente voluto. Con, nel mezzo, gente attaccata alla maglia come non mai. Due esempi? Ravanelli e Vialli. 

E poi le alternative, e che alternative, fondamentali affinché i giri del motore continuassero a rimanere alti. Ma senza perdere né identita né qualità, con Di Livio, Jugovic e Padovano sempre in prima  o seconda - linea. 

Incredibile, tra le altre, la storia di Torricelli. Fino a 22 anni di professione falegname, ma con il sogno di spaccare il mondo. Realizzato.

"Nessuno pensava che saremmo riusciti a mettere le mani sulla Champions. Volevamo puntare in alto ed eravamo consapevoli della nostra forza: ci piaceva confrontarci con tutte le grandi squadre. Piano piano, vincendo tante partite importanti, è aumentata la consapevolezza di potercela fare. È stata una crescita continua: l’autostima è aumentata e abbiamo ottenuto grandi risultati. Sulla cover del mio iPhone c’è la prima pagina della Gazzetta dello Sport dedicata alla vittoria con l’Ajax: è stato un regalo dei miei figli. Arrivare a quei livelli è davvero tanta roba".

Una gara tirata, a tratti dominata dalla Juve, ma in bilico fino alla fine. Ravanelli ad aprire le marcature, da una posizione che definire angolata sarebbe un eufemismo. Litmanen, con semplice tap-in, a ristabilire la parità. Poi i supplementari. Poi, nudi e crudi, gli undici metri

Restano due fotografie. Una, inevitabilmente, ritrae Vialli che solleva il trofeo. L'altra è il penalty decisivo realizzato da Jugovic. Il pallone posizionato meticolosamente, lo sguardo concentrato verso Van der Sar, tiro a incrociare e poi...delirio bianconero: 4-2, dopo i calci di rigore.

"Sono felice e orgoglioso di essere nella storia della Juve e nel cuore dei tifosi. Non ero nemmeno il quinto rigorista, ma è capitato comunque a me: evidentemente qualcuno dall’alto mi ha regalato l’emozione che conserverò sempre".

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