Mazzone GFXGoal

Carlo Mazzone, la leggenda di 'Sor Magara': l'allenatore recordman di presenze in Serie A

Banner archivio storieGOAL

Inconfondibile e unico, ironico e autoironico, con la sua caratteristica e spiccata parlata romanesca, Carlo Mazzone, dopo una discreta carriera da difensore, che lo aveva visto collezionare 2 presenze in Serie A con la Roma per poi trascorrere nove stagioni all'Ascoli, di cui è stato capitano e bandiera, diventa allenatore dopo un grave infortunio ma si dimostra da subito estremamente abile nelle nuove vesti di tecnico.

L'articolo prosegue qui sotto

Sempre spontaneo e diretto, con la sua genuinità ha saputo farsi amare in tutte le piazze in cui è stato e dai giocatori che ha allenato, in particolare dai grandi campioni: Antognoni, Francescoli, Totti e Roberto Baggio, solo per citare i grandissimi, di cui è stato un secondo papà prima che un maestro.

Fra i primi a comprendere in Italia l'importanza della preparazione atletica e fisica nel calcio, il tecnico romano si dimostrerà sempre molto abile sul piano tecnico e tattico. Pur essendo stato a lungo ignorato dalle grandi squadre, la sua avventura in panchina lo ha visto attraversare ben 4 decenni: dalla prima esperienza ad Ascoli, nel 1968/69, all'ultima a Livorno, nel 2005/06.

Trentotto anni di emozioni e incredibili risultati, ottenuti in gran parte con le realtà di provincia, fatte due eccezioni: la Fiorentina e la 'sua' Roma, che ha potuto allenare per tre stagioni. Con 795 panchine in Serie A, Sor Carletto o Sor Magara, come era chiamato, è il recordman assoluto nel massimo campionato italiano.

ALLENATORE GRAZIE A ROZZI E A UN INFORTUNIO

Nato a Roma il 19 marzo 1937, Mazzone è costretto a interrompere anticipatamente la sua carriera da calciatore per un grave infortunio. 

"Io non ho avuto maestri, - sottolinea in un'intervista ad 'Avvenire' del 2017 - la mia maestra è stata la sfortuna che mi ha troncato la carriera di calciatore dell’Ascoli. In un derby Ascoli e Sambenedettese mi sono fratturato la tibia in un contrasto, perché non portavo i parastinchi. Ho dovuto cambiare mestiere restando nel mondo che amavo. Il male fisico mi ha insegnato tanto, da uomo e da calciatore. Ma nella sfortuna la mia fortuna fu Costantino Rozzi. Il presidente era un uomo meraviglioso, esuberante, intelligente e buono, che fermò la mia disperazione dicendo: 'Carlo, non ti preoccupare, guarito o no starai sempre con me'. Io, la mia famiglia, i miei figli e i miei nipoti gli saremo sempre grati".

Rozzi gli affida inizialmente le Giovanili per poi farlo debuttare il 24 novembre 1968 in Serie C. Per due stagioni fa capolino alla guida della Prima squadra, finché nel 1970/71 è promosso allenatore dall'inizio della stagione e in 4 anni riesce a portare l'Ascoli dalla Serie C alla Serie A.

Resta alla guida della squadra bianconera anche nella prima storica apparizione nel massimo campionato nella stagione 1974/75, in cui ottiene la prima delle tante salvezze della sua carriera. L'exploit gli vale l'anno seguente la chiamata della Fiorentina.

GLI ANNI ALLA FIORENTINA

Nel 1975 Carletto, dopo 7 anni di Ascoli, passa così alla guida dei viola. L'impatto è subito importante, perché nel suo primo anno con i gigliati, questi ultimi vincono la Coppa di Lega Italo-Inglese, battendo con un doppio 1-0 il West Ham.

La stagione 1976/77 è importante nella carriera del tecnico romano: Mazzone consegna infatti la fascia di capitano a un giovane ventenne, Giancarlo Antognoni, e la squadra vola al 3° posto, conquistando la qualificazione in Coppa UEFA nella stagione successiva. Anche in questo caso non resterà l'unica.

"Con Mazzone ho giocato tre anni, - racconta a 'Radio Bruno' Ennio Pellegrini, giocatore di quella Fiorentina - con il mister avevo un gran rapporto. Una volta mi chiamò da una parte e mi chiese chi venisse a vedermi alle partite. ‘Mio zio’, risposi, e lui disse: ‘Ah Ennio, nun te la prenderai allora se il capitano lo faccio fare ad Antognoni, vengono 50.000 persone a vederlo’. Per me è sempre stato un orgoglio dare la fascia a Giancarlo".

La stagione successiva, tuttavia, le cose non vanno bene per i toscani e Mazzone paga gli scarsi risultati con l'esonero dopo 11 giornate. 

Carlo Mazzone

DAL CATANZARO AL LECCE: I MIRACOLI DI SOR MAGARA

La carriera da allenatore di Mazzone riparte dalla Provincia e dal Sud. Carletto va al Catanzaro e nel 1978/79 conquista la sua seconda storica salvezza e diventa per tutti Sor Magara. Alla vigilia di una difficile sfida contro la Juventus, il giornalista romano, Alberto Marchesi, suo amico, inviato del 'Corriere dello Sport', va in Calabria ad osservare gli allenamenti delle Aquile del Sud.

"Carlo, la tua squadra va proprio forte, ma sai che la Juve la potete mettere in difficoltà?", gli dice. E Mazzone risponde laconico: "Speriamo di riuscirci. Magari!".

Marchesi osserva anche un secondo allenamento, quello del Venerdi, e resta ancora più sorpreso dalla squadra di Palanca e Orazi. Così al termine della seduta va ancora da Mazzone e gli dice:

"Ma sai che siete proprio bravi. Secondo me con la Juve potete pure vincere". Carletto si illumina e parte la battuta: "Magara!".

"Magara - spiegherà - in romano significa 'magari', ma un 'magari' che dici di fronte ad una prospettiva davvero bella".

Tornato a Roma, Marchesi scrive il suo articolo per 'Il Corriere dello Sport', e fin dalle prime righe chiama l'amico Mazzone 'Er Magara'. Il suo Catanzaro bloccherà sullo 0-0 la Juventus e quel soprannome da quel momento in poi lo accompagnerà per il resto della sua carriera.

Lasciato anticipatamente il Catanzaro nel corso di una seconda annata in Serie A travagliata, negli anni successivi Mazzone torna al suo primo amore, l'Ascoli, che salva consecutivamente in Serie A per 4 anni. Un vero miracolo per una società piccola come quella marchigiana in un campionato difficile come quello italiano nei primi anni Ottanta.

Ma nel 1984/85 un avvio stentato gli costa l'esonero dopo 7 giornate da parte del 'Presidentissimo' Rozzi. Nonostante il cambio in panchina e l'arrivo di Boskov, al termine di quell'annata, l'Ascoli finirà in Serie B.

Va in Serie B, al Bologna, senza riuscire a centrare la promozione (6° posto finale), poi al Lecce, di nuovo al Sud. Qui riesce ad avviare un nuovo importante ciclo. Subentrato nella primavera del 1987 a Santin, chiude al 3° posto, sfiorando subito la storica ascesa. Sor Magara porta i salentini in Serie A l'anno seguente, il 1987/88 (2° posto finale). 

Quindi migliora se stesso, cogliendo due salvezze consecutive nel 1988/89 e nel 1989/90. Allena fra gli altri gli argentini Barbas e Pasculli, Pietro Paolo Virdis, che chiude in giallorosso la sua gloriosa carriera e i giovani Antonio Conte e Francesco Moriero.

Cagliari 1992-93 Serie AWikipedia

CAGLIARI: IL CAPOLAVORO E IL SOGNO INTERROTTO

Salutato il Lecce, Mazzone negli anni Novanta cerca nuovi stimoli. Dopo una breve parentesi al Pescara, in Serie B, arriva per lui la chiamata del Cagliari dei fratelli Orrù, che gli affidano la panchina rossoblù dopo l'esonero di Massimo Giacomini. Con i sardi è amore ricambiato a prima vista: nell'isola bisoliil tecnico romano si rileva grande allenatore e grande gestore di uomini.

Parte subito con un pareggio contro l'Inter, che interrompe una serie negativa di 5 sconfitte consecutive, e dà il là alla cavalcata salvezza. Il Cagliari chiude 13° e si prepara al cambio di proprietà, con il club che nell'estate 1992 è ceduto dagli Orrù al giovane imprenditore sardo Massimo Cellino.

Quest'ultimo, nonostante la cessione di Fonseca al Napoli, sceglie di affidarsi ancora a Mazzone e ne sarà ampiamente ripagato. Arrivano nell'isola giocatori come Luìs Oliveira dall'Anderlecht e Francesco Moriero dal Lecce, il difensore Francesco Bellucci dal Bari, Marco Sanna dal Tempio. Torna dopo 10 anni Vittorio Pusceddu. A loro si unisce  la meteora Marcelo Tejera, giovane uruguayano che viene ingaggiato come 4° straniero. 

La squadra rossoblù vive una stagione esaltante, e Mazzone, che riesce a tirar fuori il meglio dal fuoriclasse Enzo Francescoli, la conduce magistralmente a un 6° posto finale che vale una storica qualificazione in Coppa UEFA dopo 21 anni di assenza dall'Europa.

Dopo un roboante 5-0 sul Torino in trasferta, partita in cui 'Principe' di Montevideo dà spettacolo, è il 6 giugno 1993 a sancire l'impresa del tecnico romano. In un Sant'Elia tutto esaurito, il Cagliari supera 4-0 il Pescara e al fischio finale esplode la festa per le vie cittadine.

"Sono felice di aver dato la Coppa UEFA a questa gente di Cagliari e della Sardegna, - commenta un commosso Mazzone - perché è gente eccezionale. In tribuna è venuta a vederci anche mia moglie. Io non ci indovino mai: una volta che vado in UEFA adesso vado via”.

Il futuro di Mazzone è infatti già deciso: l'exploit gli vale la chiamata del presidente Sensi per guidare la sua Roma. Non sarà però l'unica esperienza in Sardegna di Sor Magara: ci tornerà per riconoscenza nella stagione 1996/97. Subentrato a Gregorio Perez, prova a salvare il Cagliari, riuscendo a portarlo allo spareggio. Ma a Napoli, in uno spareggio passato alla storia, la vittoria del Piacenza sancisce la retrocessione dei rossoblù e l'amaro addio del tecnico.

"A 60 anni ho avuto una stagione sofferta, e ho bisogno di staccare un pochino. Per la nuova stagione servono motivazioni. L'ho detto al presidente e ai miei giocatori. Mi dispiace lasciare così. Ho un grande rapporto con il pubblico di Cagliari e mi sarebbe piaciuto andar via lasciando un bel ricordo".

Carlo Mazzone Roma Serie A

GLI ANNI ALLA ROMA

Fra la prima e la seconda avventura al Cagliari c'è il periodo, per Mazzone importantantissimo, che lo ha visto guidare la sua Roma. Con i giallorossi conquista un 7° e 2 quinti posti. Si toglie la soddisfazione, ribaltando i pronostici che davano la Lupa già spacciata, di battere con un sonoro 3-0 la Lazio nel derby, passato alla storia, del 27 novembre 1994. 

Segnano Balbo, Cappioli e Fonseca, e al fischio finale il tecnico sfoga la sua gioia e scarica la grande tensione accumulata in settimana con una corsa sotto la Sud, indicando ai tifosi i 3 goal segnati ai biancocelesti. Durante la sua permanenza in giallorosso ha inoltre il merito di lanciare in pianta stabile in Prima squadra Francesco Totti, che, dopo l'esordio sotto la gestione Boskov, continuerà con Carletto la sua crescita e a lui resterà sempre molto legato, diventando per lui come un figlio.

"Quando lo vidi per la prima volta - ricorda Mazzone in un'intervista a 'gianlucadimarzio.com' - non sapevo nemmeno chi era ma feci in fretta a notarlo. ‘Ma chi è?’, chiesi al mio staff. ‘Mister, un certo Totti’. ‘Mannaggia! Questo ci fa prima prima divertire e poi vincere’, esclamai. Entrammo subito in sintonia e cercai di farlo integrare più rapidamente possibile anche chiedendogli semplicemente 'Come va? Come stai? Salutami la famiglia ogni giorno”.

"Pensavo tra me e me: ‘Questo sa giocà, ma bene bene! C’abbiamo avuto na fortuna… Ma non diciamogli niente, lasciamolo tranquillo che nun se sa mai’. Aveva una tecnica ed una rapidità di pensiero fuori dal comune già a quell’età. Più che altro, cercavo di essere spiritoso ed usare anche terminologie simpatiche con lui. ‘Bravo Francè, bello. Se il pallone fosse un giovanotto apprezzerebbe enormemente la tua delicatezza nel toccarlo’. Secondo me lui e il pallone si stavano simpatici a vicenda".

Il rapporto fra maestro e giocatore sarà sempre forte, tant'è vero che quando Totti avrà problemi a fine carriera con Spalletti, lui non esiterà a difenderlo a spada tratta.

"Col tempo - rivelerà Mazzone - ho capito sempre più quanto Francesco sia una persona ammirevole: merita che tutti i suoi sogni possano realizzarsi. E vi dirò di più: non lo dimenticherò mai così come non dimenticherò mai tutte le immense soddisfazioni che abbiamo condiviso. Non meritava di essere maltrattato. Sono rimasto scioccato, amareggiato. Dispiaciuto, sì, perché cosa bisogna fare nella vita calcistica più di quanto fatto da Totti? Per voi questo è un trattamento degno? Lui ci ha fatto divertire, ci ha fatto vincere e questo è il ringraziamento?”. 

Carlo Mazzone Perugia Serie AGetty Images

DAL FLOP AL NAPOLI ALL'ULTIMA IMPRESA

Dopo la mancata salvezza col Cagliari nel 1997, Mazzone guida per un breve periodo il Napoli, rassegnando le dimissioni dopo 4 giornate, poi fa il suo ritorno al Bologna per un anno, dove trova Beppe Signori e vince la Coppa Intertoto, guidando i felsinei alle semifinali di Coppa UEFA e Coppa Italia.

Fa quindi un'esperienza nel Perugia di Gaucci, riuscendo ad essere fra i pochi a concludere un'intera stagione alla guida della squadra umbra. Dal 2000 al 2003 vive un altro periodo molto bello per lui al Brescia, dove ha modo di allenare un altro campionissimo, Roberto Baggio, oltre al futuro tecnico del Barcellona, Pep Guardiola. I due resteranno sempre molto legati all'allenatore e fu proprio Mazzone a caldeggiare l'arrivo del Divin Codino alle Rondinelle.

"Un giorno - racconterà Mazzone - apro il giornale e leggo che la Reggina sta trattando Baggio. Telefono a Cesare Metori, un amico di Roberto, una cara persona che non c’è più e gli chiedo: 'Ti chiedo un piacere, chiamalo e fammi parlare con lui'. Baggio mi disse che era vero ma che non era convinto perché non voleva allontanarsi dalla famiglia. Colsi al volo l’opportunità e gli chiesi 'Ti piacerebbe giocare a Brescia?'. Roberto rispose 'Magari'. Saltai in macchina, andai nell’ufficio del presidente Corioni e gli proposi 'Perché non portiamo Baggio a Brescia?'. Corioni ci pensò un attimo e rispose 'Baggio è come il cacio sugli spaghetti'. Roberto stava allenandosi a Caldogno, con il suo preparatore personale".

"Mi raccontò 'Dribblo il mio preparatore e davanti ho il deserto'. Questa è la storia dell’emarginazione di Roberto Baggio. Dicevano che era rotto. Un paio di allenatori importanti gli avevano fatto terra bruciata. Cattiverie... Da anni Roberto aveva un ginocchio che lo faceva tribolare, ma si curava. Si presentava agli allenamenti un’ora prima per fare fisioterapia e potenziamento ed era l’ultimo ad abbandonare il campo. E poi le partitelle con lui diventavano poesia..."

"Che cosa ha rappresentato Baggio nella mia carriera? Mi ha reso bello il finale. Sono stato un allenatore fortunato: vivere il tramonto della mia professione con lui è stata una magnifica esperienza. Gestire Robi è stata una passeggiata. Era silenzioso, educato, rispettoso, umile. Non ha mai fatto pesare la sua grandezza. Era un amico che mi faceva vincere la domenica... Baggio è stato uno dei più grandi calciatori italiani di sempre. Ma è stato più grande come uomo. Sì, lo posso dire: l’uomo supera il giocatore...".

Grazie anche ai goal e alla classe di Baggio, il Brescia di Mazzone disputa campionati importanti in Serie A, salvandosi sempre senza grossi problemi: coglie un 8°, un 13° e un 9° posto.

Sempre al Brescia, Mazzone ha una delle sue geniali intuizioni, e dopo averlo fatto con Giannini alla Roma, arretra Andrea Pirlo in posizione di regista. 

"È accaduto tutto durante un’amichevole. - racconta Mazzone a 'Grandhotelcalciomercato.com' - Dissi ad Andrea di provare a spostarsi un po’ più indietro. Andrea stesso aveva qualche dubbio, ma non ne volli sapere e gli chiesi farmi sapere alla fine. Terminata la partita, si avvicinò per confermarmi che si era trovato benissimo. 'A posto, da adesso cominci a stare lì', gli risposi”. 

Carlo Mazzone Brescia Atalanta Embed OnlySocial

Nella storia è rimasta anche la sua corsa sotto la Curva dell'Atalanta, il 30 settembre 2001, che gli costerà 5 giornate di squalifica. Il Brescia sta perdendo 3-1 contro gli storici rivali, Mazzone è bersagliato dai cori degli ultras orobici che offendono lui e la sua famiglia. Dopo il momentaneo 3-2, il tecnico pregusta il colpo grosso: "Se famo er tre pari vado sotto la curva dell’Atalanta". 

Baggio alla fine pareggia i conti e Carletto, incontenibile, festeggia di corsa sotto la curva dei rivali. Un’immagine che i tifosi del Brescia difficilmente dimenticheranno. Uno sfogo istintivo di cui presto si pentirà, rendendosi conto che un allenatore deve essere un esempio: "Quello non ero io, - dirà - ma il mio gemello".

Dopo Brescia, torna ancora al Bologna, con cui nel 2004/05 arriva la retrocessione in Serie B dopo lo spareggio salvezza con il Parma. L'ultima impresa la fa alla guida del Livorno. Nel 2005/06, subentrato in corsa a Donadoni, Sor Magara conduce i toscani in Coppa UEFA, chiudendo la stagione al 6° posto. L'ennesima 'prodezza' di un allenatore leggendario, amato tantissimo dai campioni che ha allenato. 

Lo stesso Pep Guardiola, nel 2009, dopo aver vinto la Champions League, avrà un pensiero speciale per mister Mazzone, che aveva voluto in tribuna allo Stadio Olimpico regalandogli i biglietti per la finale. 

"Vorrei fare una dedica per questa vittoria al calcio italiano e al mio maestro Mazzone: sono orgoglioso di averlo avuto come tecnico".  

Mazzone si è spento il 19 agosto 2023 a 86 anni. A lui, nel 2019, è stata intitolata la nuova Tribuna Est dello Stadio Cino e Lillo Del Duca. Nel 2012 è stato introdotto nella Hall of Fame del calcio italiano.

Diventato anche bisnonno, grazie ai suoi nipoti era approdato su Twitter e Facebook con un profilo ufficiale, nel quale riceveva quotidianamente l'affetto dei suoi tanti estimatori. Che lo hanno ammirato come allenatore, ma prima di tutto come uomo.

Pubblicità