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Boban 'eroe' croato: la ginocchiata al poliziotto e gli scontri di Dinamo Zagabria-Stella Rossa

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Aveva vinto da protagonista i Mondiali Under 20 in Cile nel 1987, e c'erano tutti i presupposti perché si prendesse la scena anche in quelli di Italia '90 con la Nazionale maggiore. Ma i Mondiali italiani, Zvonimir Boban non li potrà giocare, perché in una giornata che lo vedrà drammaticamente protagonista, il 13 maggio del 1990,  il giovane centrocampista passerà dall'essere l'astro nascente della Jugoslavia a essere considerato  un eroe nazionale croato e al contempo un oppositore della Jugoslavia unita.

L'ANTEFATTO: GLI ULTRAS MILITARIZZATI

Per comprendere quanto accade quel 13 maggio, bisogna inquadrare bene il periodo storico. Il tutto comincia al Campo dei Merli, dove il presidente del Partito Socialista Serbo, Slobodan Milosevic, fa un famoso discorso nel quale esalta il nazionalismo serbo e annuncia di fatto la guerra. Tramite personaggi di dubbia fama, quali Zeliko Raznatovic, che diventerà tristemente noto come 'La Tigre' Arkan, cerca quindi di reclutare una sorta di esercito privato.

E lo fa, tramite Arkan, arruolando gli ultras da stadio. Tramite Jovica Stanisic, che era un dirigente molto importante della Stella Rossa Belgrado, e agiva da raccordo fra la società e la tifoseria, lo mette a capo degli ultras. Arkan dà loro un'impostazione militare: niente alcol, capelli rasati a zero e obbedienza al loro leader. Da ultras pian piano questi si trasformano in un vero e proprio esercito e sono favorevoli al nazionalismo di Milosevic.

In Croazia succede nel frattempo una cosa analoga anche se meno reclamizzata. Franjo Tudjman, ex presidente del Partizan Belgrado e leader del partito HDZ, ovvero Hrvatska demokratska zajednica, tradotto Unione Democratica Croata, cavalca gli stessi nazionalismi, ma in chiave croata, dipingendo la Jugoslavia come "un inferno comunista sotto l'egida dei serbi".

Attacca dunque il centralismo di Belgrado e il centralismo del Partito Socialista jugoslavo, e cerca a poco a poco di risvegliare il nazionalismo croato. Addirittura arriva a giustificare il regime fascista di Ante Pavelic e a negare alcuni crimini commessi dagli Ustascia. Questi fatti avvengono circa un anno prima di quel 13 maggio del 1990. 

Zeljko Arkan RaznatovicGetty Images

DINAMO ZAGABRIA-STELLA ROSSA: LA GUERRA COMINCIA AL MAKSIMIR

Sulla carta la partita fra Dinamo Zagabria e Stella Rossa non ha alcuna importanza e potrebbe anche non giocarsi o essere considerata alla stregua di un'amichevole. La Stella Rossa, infatti, è già campione di Jugoslavia, mentre la Dinamo, che è stata la sua principale antagonista, è già certa del 2° posto e della qualificazione alla Coppa UEFA.

Fatto sta che la domenica prima, il 6 maggio, in Croazia si tengono le elezioni parlamentari e trionfa il Partito nazionalista e indipendentista di Franjo Tudjnam. Questi continua a cavalcare il nazionalismo croato, anche se in maniera meno evidente di quanto stava accadendo in Serbia con Milosevic.

Anche lui sfrutta gli ultras da stadio e non c'è occasione migliore, ai suoi occhi, di Dinamo Zagabria-Stella Rossa per dargli ulteriore rinonanza. Sia da parte serba, sia da parte croata, dunque, la partita viene caricata di un significato politico molto forte.

"Quanto accade il 13 maggio al Maksimir - spiega in esclusiva a Goal l'autore di 'Footballslavia', Danilo Crepaldi, che in questi mesi sta scrivendo la biografia di Dragan Stojkovic - non è qualcosa di casuale. Contrariamente a quanto scriveranno i giornali nei giorni seguenti, era tutto già preparato: gli ultras della Dinamo Zagabria, i Bad Blue Boys, avevano nascosto dei bastoni, delle bombe carta e delle armi all'interno dello stadio, dall'altra parte gli ultras della Stella Rossa, i Delije, guidati da Arkan, erano venuti consci che sarebbe accaduto qualcosa".

"Questi ultimi, più che hooligans, sembravano un vero e proprio esercito che si muoveva con precisione militare. I loro striscioni ed i loro cori iniziarono ben presto ad esaltare il nazionalismo serbo ed i treni su cui viaggiavano ad essere sfasciati. Il grido 'La Croazia è Serbia' accompagnava la loro marcia. Una volta raggiunta la città, anche le vetrine dei negozi fecero la stessa fine dei vagoni".

"Mentre la Stella Rossa si spostava da Belgrado per raggiungere Zagabria, della situazione erano stati informati anche i giocatori. Durante il viaggio della squadra,  un uomo con una giacca in pelle fece il suo ingresso nel vagone riservato ai giocatori della Stella Rossa di Belgrado, Stojkovic non si stupì e capì immediatamente che si trattava di un agente dell'OZNA, la polizia segreta jugoslava. 'Buongiorno ragazzi... - attaccò l'uomo squadrando i presenti per poi continuare - Domani a Zagabria la situazione sarà più tesa di 2 mesi fa a Belgrado.  I Bad Blue Boys faranno qualcosa di ecletante, cercano vendetta, ed i compagni della Repubblica confederata croata, sono lì e non attendono altro, verrete aggrediti. Qualsiasi cosa succeda dovrete scappare, rifugiarvi negli spogliatoi li potremmo proteggervi meglio. 'In che senso proteggerci?', domandò ingenuamente il tecnico Sekularac. L'uomo rise, una risata sguaiata e poi aggiunse: 'I Bad Blue Boys vogliono la testa di uno di voi' ".

Il bersaglio degli ultras croati sarebbe stato niente meno che Dragan Stojkovic.

"Quell'uomo si rivolse poi a me in particolare. - rivela lo stesso Stojkovic a Danilo Crepaldi 30 anni dopo quei fatti - 'Piksi (mi chiamò così) lei è il simbolo della Stella Rossa e abbiamo informazioni che è la sua testa che vogliono, Sarebbe meglio lei tornasse a Belgrado!'. Non gli credetti, dissi che dovevo giocare, era il mio lavoro. Lui scosse la testa, comunque sì, anche se non ne ho conferma, i tifosi della Dinamo volevano uccidere un nostro giocatore, io in quanto capitano ero il bersaglio numero 1!".

Arrivate al Maksimir, le due squadre entrano negli spogliatoi. Sugli spalti da una parte ci sono gli ultras della Dinamo Zagabria, dall'altra i Delije della Stella Rossa. In totale gli spettatori sono circa 20 mila. A un certo punto i serbi cominciano a provocare i tifosi avversari con i soliti cori: "Zagabria è Serbia" e "Croazia è Serbia".

Dall'altra parte rispondono a tono, quando all'improvviso la situazione degenera. Gli ultras della Stella Rossa iniziano a staccare i cartelloni pubblicitari e a lanciarli sul campo, e cercano di invadere il settore dei tifosi della Dinamo. Questi reagiscono, con la polizia jugoslava che inizialmente sembra intenzionata a non intervenire. Ma ad un certo punto è costretta a farlo e scatena gli idranti.

Si rompono le recinzioni e gli ultras delle due squadre invadono la pista di atletica ed entrano sul terreno di gioco dello stadio, nel cui nome, curiosamente, è contenuta la parola 'pace' ('mir'). In quel momento le due squadre sono appena entrate in campo, e mentre i giocatori della Stella Rossa scappano negli spogliatoi, quelli della Dinamo Zagabria, capitanati dal giovane Zvonimir Boban, restano sul campo.

Zvonimir Boban youngGetty

LA GINOCCHIATA DI BOBAN E LA SQUALIFICA

La polizia sembra prendersela con i tifosi della Dinamo Zagabria e attacca i Bad Blue Boys. A un certo punto Boban, che reagisce alle cariche della Milicija jugoslava, vede un poliziotto che colpisce con delle manganellate un giovane tifoso croato. Non ci vede più, va dal poliziotto, lo strattona e gli urla:

"Vergognatevi, state massacrando dei bambini!".

L'uomo allora gli sferra due manganellate e gli fa:

"Brutto figlio di puttana. Sei come tutti gli altri!".

Il numero 10 della Dinamo reagisce d'istinto, e lo colpisce con una ginocchiata volante, spaccandogli la mascella. Poi si dilegua e scappa. Nel frattempo i giocatori della Stella Rossa sono chiusi dentro gli spogliatoi e guardano dalle grate quanto accade. Ne usciranno fuori soltanto dopo mezzanotte, per tornare a Belgrado questa volta in pullman. Gli scontri all'interno dello stadio si protraggono per 70 minuti. 

Zvonimir Boban.

Nel parapiglia è un miracolo se non ci scappa il morto: i più esagitati degli ultras croati giungono alla curva opposta e riescono ad impossessarsi degli striscioni della tifoseria belgradese, che sventolano come trofei di guerra tra il tripudio dello stadio. I poliziotti rispondono lanciando i lacrimogeni, e facendo intervenire i goffi e vetusti veicoli antincendio di cui sono dotati. I Delije, spaventati, tornano nel loro settore: riusciranno a lasciare il Maksimir, scortati, soltanto verso le 23

I Bad Blue Boys, inferociti e più numerosi, alimentano la guerriglia contro le forze di polizia, che ai loro occhi rappresentano il Governo centrale di Belgrado e per estensione la Serbia. È di fatto inevitabile che qualcuno si faccia male, e la battaglia fra gli ultras croati e la polizia continua anche in città.

Alla fine il triste bilancio è di 59 feriti fra i tifosi e 79 fra gli agenti della Milicija, 17 tram e alcune decine di auto in sosta devastate, e 147 persone arrestate. La partita viene usata da Tudjman per rafforzare la sua visione nazionalista contro Belgrado, di cui la polizia era vista come rappresentante.

dinamo crvena zvezda 1990

Anni dopo si scoprirà che la polizia aveva agito in quel modo proprio per evitare che quanto era stato pianificato dai Bad Blue Boys, ovvero l'assassinio di un giocatore della Stella Rossa. Per quanto riguarda Boban, il giocatore croato subisce  un processo per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, se non che i suoi legali riescono a trovare un'altra videocassetta con immagini diverse, che dimostrano che il suo intervento è avvenuto in difesa di un giovane che era stato preso di mira dalla polizia, riducendo la pena ad una sanzione pecuniaria.

La stangata vera arriva dalla Giustizia sportiva, perché la Federcalcio jugoslava lo squalifica un anno . In quel preciso momento  Boban diventa un eroe nazionale croato , l'uomo che ha difeso la Croazia dagli attacchi della Serbia, il simbolo di una nazione che lotta per l'indipendenza. Sui muri del centro di Zagabria è realizzato anche un murales che lo ritrae sferrare la ginocchiata al poliziotto.

Pochi giorni dopo, sempre al Maksimir, il 3 giugno 1990, prima dei Mondiali, si gioca Jugoslavia-Olanda. È la famosa partita che i plavi perdono 2-0, in cui l'inno jugoslavo viene fischiato e al grido "Croazia, Croazia", si sovrappone quello "Boban, Boban". 

La squalifica impedisce a 'Zorro' di essere in campo contro gli Arancioni e successivamente ai Mondiali. Il futuro milanista era considerato dal Ct. Osim l'uomo fondamentale del centrocampo della Jugoslavia. Miljan Miljanić, presidente della Federcalcio jugoslava, nei giorni immediatamente precedenti il torneo italiano fa di tutto per fargli togliere questa squalifica. La risposta è però: "No, perché con quello che ha fatto, se non si interviene in maniera dura, ci saranno altri episodi come questo e bisogna dare l'esempio".

I croati si sentono presi di mira, e il nome di Boban è sulla bocca di tutti, anche di chi non si interessa di calcio. Zvone diventa il simbolo della Croazia sottomessa che si sta ribellando. Alla vigilia di Argentina-Jugoslavia, l'ultima partita dei plavi in un Mondiale, il presidente sloveno Kučan e quello croato Tudjman si incontrano, chiedendo a Belgrado, inascoltati, maggiori autonomie. In campo, invece, Maradona e compagni, ai calci di rigore, eliminano la squadra di Osim nei quarti di finale.

Milosevic, con un referendum, toglie l'autonomia al Kosovo e la questione kosovara alimenta ulteriormente il nazionalismo in Slovenia e in Croazia. Il 26 Settembre 1990, durante Hajduk-Partizan Belgrado, gli ultras croati invadono il campo, ammainano la bandiera jugoslava, cui viene dato fuoco, e la sostituiscono con quella croata.

In tutta risposta Milosevic, in un discorso intriso di odio e nazionalismo, mette in guardia i serbi dal 'pericolo croato' e il 10 ottobre la guardia di Stato serba giura fedeltà ad Arkan e alla repubblica serba e dichiara guerra a tutti i non serbi di Jugoslavia.

Boban, la cui squalifica è alla fine ridotta a 6 mesi, torna a giocare con la Dinamo Zagabria e l'Italia lo conosce in una partita di Coppa UEFA contro l'Atalanta il 3 ottobre 1990. La Dinamo Zagabria è sotto 1-0 e lui segna un grande goal su punizione e gioca una partita sontuosa. Il suo nome oltrepassa i confini della Jugoslavia.

Zvonimir Boban Croatia 1998Getty

BOBAN EROE CROATO: I MONDIALI '98 E IL PERDONO

Il Milan è interessato a Boban, il centrocampista piace anche alla Juventus e sembra che il giovane croato faccia gola anche al Manchester United di Sir Alex Ferguson. La storia del giovane centrocampista diventa famosa. Per lui la spunta il Milan, che lo paga 10 miliardi di lire e lo gira in prestito al Bari, sia per fargli fare esperienza, sia perché i rossoneri hanno le tre caselle degli stranieri già occupate da Gullit, Rijkaard e Van Basten.

Proprio mentre Zvonimir si accinge ad approdare in Italia, circa un mese dopo la Champions League vinta dalla Stella Rossa, il 25 giugno 1991 Slovenia e Croazia proclamano la loro indipendenza dalla Jugoslavia.  Se l'8 luglio la Slovenia fuorisce ufficialmente dalla Jugoslavia con gli accordi di Brioni, la Jugoslavia non riconosce l'indipendenza della Croazia e ne nasce una sanguinosa guerra.

Il 4 Agosto la Croazia ritira quindi tutti i suoi atleti dalle varie rappresentative nazionali jugoslave, fondando federazioni indipendenti, e  l'8 ottobre 1991, il giorno del 23° compleanno di Boban, il Parlamento croato scioglie ogni residuo legame con le autorità federali jugoslave e proclama quella giornata come 'Giorno dell'indipendenza croata'.

A Bari Boban gioca a sprazzi, e dopo esser retrocesso con i Galletti, approda al Milan, consacrandosi campione e vincendo tanto: una Champions League nel 1994, 4 Scudetti, l'ultimo nel 1999 con Alberto Zaccheroni in panchina, 3 Supercoppe italiane e una Supercoppa europea. Negli anni della guerra, che si protrae fino al 1995, si professa sempre antijugoslavista e a favore della Croazia indipendente.

"Per la maglia della Jugoslavia ho dato tutto - dichiarerà -  l'ho rispettata, ma mai amata. Per quella della Croazia sarei stato pronto a morire!".

Il serbo Vujadin Boskov di lui dirà:

"Io non approvo le idee di Boban, ma rispetto l'uomo, perché è uno che ci ha messo la faccia".

Conclusa la guerra nei Balcani, Boban è il capitano della Croazia che prima si qualifica ad Euro '96 uscendo ai quarti contro la Germania, poi è protagonista di un'entusiasmante cavalcata a Francia '98, con il 3° posto finale. Il sogno si interrompe in semifinale contro la Francia, quando, proprio dopo una palla sanguinosa persa da 'Zorro' sulla propria trequarti, i Bleus pervengono al pareggio con Thuram. 

Se l'errore fosse stato fatto da qualsiasi altro calciatore, i tifosi e tutti i croati l'avrebbero aspramente criticato. Invece, essendo stato Boban a sbagliare, anche quello scivolone gli sarà perdonato. La ginocchiata volante del Maksimir, infatti, lo aveva reso un mito vivente per il suo popolo, una sorta di 'Garibaldi croato'.

2018-10-09-zvonimir-boban(C)Getty images

Fra l'altro si scoprirà anni dopo che  il famoso poliziotto cui Boban aveva rotto la mascella non era nemmeno un serbo, bensì un bosniaco, ovvero un bosniaco di religione musulmana. Questi, tornando sul celebre episodio, dirà:

"Perdóno Boban perché in quel momento nessuno sapeva cosa stava facendo. Erano tempi difficili e perse la testa".

Il fatto in sé smentisce che la polizia presente al Maksimir fosse a prevalenza serba, come teorizzato spesso dai croati. E conferma che da quella che doveva essere una partita di calcio di fine stagione nacque il conflitto europeo più sanguinoso dalla Seconda guerra mondiale. 

Dopo la guerra del Kosovo, la Rappresentativa di Serbia e Montenegro, che ancora si chiamava Jugoslavia, sfidò al Marakana di Belgrado per la prima volta la Croazia il 18 agosto 1999 per le qualificazioni ad Euro 2000. I croati furono accolti dai fischi al grido di "ustascia". Dopo 5 minuti, andò via l'illuminazione, e per diverso tempo non si vide altro che i puntatori a infrarossi dei fucili dei cecchini.

Temendo per l'incolumità del ragazzo, Boskov, che allora era il Ct. della Jugoslavia, si affrettò ad abbracciare Boban in mezzo al campo. Il rossonero era stato, infatti, come prevedibile, il principale bersaglio dei cori dei serbi. In campo fortunatamente non successe nulla finché non tornò la luce.

Il clima politico, rispetto al 1990, era cambiato. La Serbia era stanca e allo stremo dopo anni di guerra e dopo aver subito i bombardamenti degli aerei della Nato e le pesanti sanzioni. Coperti dal buio, proprio i tifosi che occupavano la curva dove un tempo c'erano i Delije, intonarono per la prima volta cori contro Slobodan Milosevic.

"Milosevic come Saddam! Milosevic maiale!". 

Il tiranno serbo era individuato dal suo popolo come grande responsabile della situazione del Paese, e in generale di un decennio di guerra e devastazione, e il suo regime sarebbe caduto ufficialmente il 5 ottobre 2000.

Dieci anni prima i fatti del Maksimir avevano anticipato il conflitto nei Balcani e privato la Nazionale jugoslava di una delle sue stelle. E ancora oggi, quando sono trascorsi più di 30 anni da quei drammatici eventi, nella mente degli amanti del calcio risuona una domanda senza risposta: dove sarebbero potuti arrivare i plavi a Italia '90 con Boban regolarmente in campo?

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