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Antonio Conte GFXGoal

Antonio Conte calciatore: dalla gioventù con il Lecce a capitano e leader della Juventus

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Tanti conoscono l'Antonio Conte allenatore di successo, molti meno la sua carriera da calciatore, che lo ha visto dapprima giovane di belle speranze con la maglia del Lecce, poi protagonista con quella della Juventus, di cui è diventato il capitano e un leader.

In giallorosso debutta in Serie A a meno di 17 anni e cresce temprando il suo carattere grazie a un maestro come Carlo Mazzone, in bianconero vince praticamente tutto e conquista la Nazionale azzurra, con cui disputa i Mondiali di USA '94.

La sua storia da calciatore è stata segnata anche da alcuni gravi infortuni, che ne hanno messo in discussione il proseguo: uno con il Lecce, due con la divisa bianconera e una con la casacca azzurra della Nazionale. Si è ritirato al termine della stagione 2003/04, all'età di 35 anni, dopo aver giocato in carriera, mettendo insieme le due esperienze di club, 518 partite e segnato 45 reti, certamente non poche per uno che di mestiere faceva il centrocampista. 

DAGLI ESORDI AL LECCE PER 8 PALLONI

Nato a Lecce il 31 luglio 1969, Conte è avviato al calcio da papà Cosimo, ex calciatore dilettante e titolare di un autonoleggio in città, che è un po' il factotum della Juventina Lecce, storico club del capoluogo salentino.

Da bambino, fino ai 10 anni, Antonio la domenica fa il chierichetto e gioca a calcio nel campo dell'oratorio  della parrocchia di 'Sant'Antonio a Fulgenzio', poi grazie a papà entra nei pulcini della Juventina Lecce, dove gioca indossando la maglia bianconera.  

"Come ho iniziato a giocare? È mio padre che ne ha il merito. - rivelerà a 'La Gazzetta dello Sport' - Lui è stato il presidente di una squadra storica della mia città: la Juventina Lecce. Era un po’ tutto. Presidente, allenatore, magazziniere. Sono cresciuto a pane e pallone".

"Mia mamma - aggiungerà - faceva la sarta, ricordo abiti da sposa bellissimi che confezionava lei. Babbo invece noleggiava auto e portava noi bambini a scuola. I miei non mi hanno fatto mai mancare nulla, anche se non navigavamo nell'oro. Il tifo? La mia famiglia tifava Lecce e Juve".

Antonio torna spesso a casa con le ginocchia sbucciate, ma mamma Ada chiude un occhio, di fronte al rendimento molto positivo del figlio a scuola. Frequenta le elementari alla 'De Amicis' fino al quarto anno, poi l’ultimo alla 'Cesare Battisti', quindi i tre anni delle medie al 'Quinto Ennio'.

"Quando eravamo alle medie facevamo insieme la corsa campestre sia sui 5000 che sui 10000 metri. - racconterà Checco Moriero, suo coetaneo e amico - Seminavamo tutti e poi all'arrivo ci presentavamo insieme. Non aveva senso vincere allo sprint".

A 13 anni il Lecce si accorge del giovane talento, e lo porta nel proprio Settore giovanile. 

"Fui comprato dal Lecce assieme a un mio compagno di squadra. - racconterà a 'Sport Mediaset' -  Siamo stati pagati con otto palloni, tre perfino sgonfi. Ma erano costosi e hanno aggiunto anche 200 mila lire".

Lecce 1989/90 Serie AWikipedia

GLI AMICI, MAZZONE, LE SALVEZZE

Mentre  prosegue gli studi iscrivendosi a Ragioneria  cresce nelle Giovanili salentine come centrocampista in grado di abbinare quantità e qualità assieme ad altri giovani talenti con cui si crea grande amicizia: si tratta di Luigi Garzya, Gianluca Petrachi e Francesco Moriero. 

"Con Antonio  - rivela l'ex ala in un'intervista a 'Il Giornale' di aprile 2020 -  eravamo come fratelli. Io, lui, Gigi (Garzya, ndr) e Gianluca (Petrachi, ndr) vivevamo insieme. Eravamo una grande famiglia: Antonio già all’epoca era un capitano-allenatore.  Studiava gli avversari e sapeva tutto: ci riempiva di informazioni e consigli, era preparatissimo. Poi voleva sempre vincere: non ci stava a perdere neanche in allenamento.  Per noi il calcio era tutto: non c'era una lira e volevamo sfondare per dare un futuro alle nostre famiglie”.

Con Conte, poi, Moriero ama ricordare sempre un gustoso aneddoto.

"Quando avevo 17 anni mi ero fatto prestare una Porsche. - racconta - Andiamo in giro tutto il giorno e la sera quando torniamo a casa Antonio mi dice: ‘Checco, ma tu ce l’hai la patente?’. Ero minorenne, non potevo averla. Quando gli dissi di no, non vi dico la sua incazzatura... Mi gelò con uno sguardo truce dei suoi e mi urlò: 'Ma si pacciu?' ('Ma sei pazzo?'). Ho rischiato grosso quella sera (ride, ndr)”.

Benché giochi regolarmente con la Primavera, è il secondo dei 4 amici a debuttare fra i professionisti dopo Garzya nella stagione 1985/86. L'esordio arriva  il 6 aprile 1986, a 16 anni e 8 mesi, al Via del Mare  contro il Pisa.  Conte gioca  gli ultimi 10 minuti di gara subentrando a Rodolfo Vanoli.  La partita termina con il punteggio di 1-1. Nella giornata seguente, con i salentini impegnati in trasferta al Senigallia contro il Como, il tecnico Eugenio Fascetti lo schiera addirittura titolare: saranno però i lariani a imporsi 2-0.

Antonio Conte Lecce Serie AWikipedia

Il Lecce chiude il campionato di Serie A al 16° posto e retrocede in Serie B. In panchina arriva Carlo Mazzone e Conte, assieme ai suoi tre grandi amici, è aggregato in pianta stabile alla Prima squadra nella stagione 1986/87.  Il tecnico romano ha un ruolo fondamentale nella formazione del carattere e del temperamento del giovane centrocampista.

Conte gioca 2 gare di Coppa Italia, poi, nel 1987, la sfortuna gli tende la prima trappola: frattura della tibia. Ma Antonio reagisce con grinta e mostra voglia di recuperare e di arrivare. Nel 1987/88 ritrova il campo il 23 agosto contro la Juventus, in Coppa Italia. Gara vinta nettamente dai bianconeri per 3-0. Nel torneo colleziona un'ulteriore presenza con il Catanzaro, e partecipa al campionato della promozione in Serie A con 3 presenze. Inoltre consegue il Diploma di ragioniere.

Nel 1988/89 Mazzone inizia a dargli più spazio, visto che saranno 21 le presenze totali, 19 in campionato, 2 in Coppa. Gioca come centrocampista centrale con compiti difensivi. Ma l'anno della svolta è per lui il 1989/90.  Il tecnico romano lo lancia infatti come titolare, e Conte lo ripaga con 28 presenze e il suo primo e unico goal segnato nei suoi 6 anni di Lecce: lo segna il 5 novembre 1989 nella sconfitta per 3-2 contro il Napoli di Maradona.

Arrivano i complimenti e i primi soldi veri, che in parte Antonio spende per comprare la Golf usata che gli vende Giuliano Terraneo, il portiere-poeta che chiude la sua lunga carriera proprio a Lecce nel 1990. Il suo nome inizia a interessare i grandi club. Conte gioca un altro campionato di A da titolare con Boniek che prende il posto in panchina di Mazzone, ma dopo due salvezze consecutive, i giallorossi retrocedono di nuovo in Serie B.

Conte inizia anche la stagione 1991/92 con la squadra della sua città, tuttavia in autunno arriva la chiamata che non si può rifiutare: la fa Giampiero Boniperti, perché Giovanni Trapattoni lo vuole alla Juventus. Dall'altra parte della cornetta a rispondere è mamma Ada.

"Immagino quanto le costerà rinunciare a un figlio che si trasferisce a 1.000 chilometri. - dice lo storico presidente bianconero - Ma voglio tranquillizzarla, alla Juve troverà un’altra famiglia che saprà crescerlo e aiutarlo nei momenti difficili".

ALLA JUVENTUS CON TRAPATTONI

Il trasferimento si concretizza nel novembre 1991: la Vecchia Signora versa 7 miliardi di Lire nelle casse del Lecce e Conte, dopo 99 presenze e un goal con il Lecce, arriva a Torino in una giornata di nebbia. È il terzo leccese a indossare la maglia bianconera dopo Causio e Brio. Boniperti gli mostra le scarpe indossate a Wembley e tutti i trofei vinti dai bianconeri. Poi il nuovo acquisto fa la conoscenza della squadra.

"Ricordo bene il giorno che arrivai a Torino. - dirà a 'Hurrà Juventus' - Per l’emozione non spiaccicai una parola. C’erano campioni come Roberto Baggio, mi venne istintivo dare del 'lei' a tutti. Anzi, del 'voi', perché sono leccese e dalle mie parti si usa così. Pensai: 'Qui non duro a lungo, sono di passaggio, non posso permettermi un salto così lungo, dalla B in Puglia alla squadra più forte d’Italia' ".

Invece ci resterà 13 anni e diventerà un simbolo del club e della filosofia juventina. Successivamente Conte viene presentato ufficialmente e l'avvocato Gianni Agnelli lo invita a casa sua.

"Volle sapere come stavo e qual era la mia storia. - racconterà Conte - Quando mi chiese quanti goal avevo segnato fino ad allora, io mentii dicendo che 3-4 goal a stagione ero sempre riuscito a farli. Avevo ancora il timore che si fossero sbagliati e non volevano in realtà acquistare me. La cosa bella fu che con la maglia della Juve riusciì sempre ad assicurare quella media di goal a stagione".

Conte entra così in punta di piedi nel mondo bianconero. La prima volta in campo è in amichevole a Montecarlo con il Monaco. Forse per l'emozione, Conte sbaglia un retropassaggio e propizia il goal avversario. Il giorno dopo la stampa lo crocefigge.

"Eravamo contro il Monaco, - ha ricordato il centrocampista a 'DAZN' - io sbagliai un retropassaggio a Tacconi e perdemmo 1-0. Ricordo che il titolo sulla Gazzetta ( 'Nel principato sbaglia il Conte' ) mi uccise dal punto di vista psicologico. Il giorno dopo, mi trovai di fronte Trapattoni che mi tranquillizzò e mi disse di non pensare più all’errore del giorno prima".

"Mi prese a cuore, sotto tutti i punti di vista. - ha proseguito - Per me è stato come un secondo papà, senza di lui difficilmente avrei avuto una carriera così lunga. Ogni fine allenamento mi teneva per un tempo extra insieme a Sergio Brio per migliorare la mia tecnica individuale. Lui è una di quelle persone che ti conquistano, perché è una persona che ha vinto tutto in carriera e in allenamento ancora perde tempo con il primo ragazzino. Sono cose che ti danno una forza incredibile, ti fanno sentire importante. Se una persona di quel calibro perde il suo tempo con te, vuol dire che ti ritiene importante".

L' esordio ufficiale con la nuova maglia arriva il 17 novembre 1991, quando, alla decima giornata di campionato, entra nei minuti finali del Derby con il Torino (vittoria per 1-0) al posto di Schillaci. Dopo aver collezionato  21 presenze nel 1991/92, di cui 15 in campionato e 6 in Coppa Italia,  dal 1992/93 diventa un titolare e una pedina inamovibile della squadra.

Juventus lineup Serie A 1992/93Getty Images

Il 16 settembre 1992 condisce con un goal ai ciprioti dell'Anarthosis Famagosta il suo debutto europeo in Coppa UEFA, in una gara che la squadra di Trapattoni vince per 6-1. Gioca sempre da centrocampista centrale, fa un gran lavoro nelle due fasi e alle buone prestazioni si uniscono i primi goal in campionato. Li firma i l 10 aprile 1993 nel Derby di ritorno contro il Torino, con una doppietta che regala i 2 punti alla Vecchia Signora. Festeggia con una corsa pazza che lo consegna per sempre nel cuore dei tifosi. 

Si inizia a parlare di lui come l'erede di Furino e Bonini. Trapattoni lo sottopone a sedute supplementari di tattica e tecnica, lui ha voglia di imparare e cresce continuamente. La seconda stagione all'ombra della Mole si conclude con 47 presenze e 3 goal e porta in dote il primo trofeo della carriera del giocatore salentino: la Coppa UEFA, che Madama si aggiudica battendo nella doppia finale il Borussia Dortmund. Conte gioca da titolare la gara di andata e resta in panchina in quella di ritorno, ma sul suo apporto al successo continentale ci sono pochi dubbi.

"Antonio era una forza della natura, - dirà di lui Trapattoni - sia in fase difensiva che offensiva. Non è un caso che sia diventato allenatore: giocando in quella posizione capiva le dinamiche di tutta la squadra".

Il 1993/94 segna la fine dell'era Trapattoni in bianconero: Conte si conferma, con un bottino personale di 41 gare e 4 goal, suo massimo realizzativo fino a quel momento, ma non ci sono successi per la Vecchia Signora. L'anno seguente il rinnovo societario e l'arrivo in panchina di Marcello Lippi segna un ulteriore passo avanti per Conte. Il nuovo tecnico lo schiera dove serve, non soltanto da interno: gioca anche da mediano puro e da esterno destro, facendo sempre il suo dovere ma non sempre dimostrando di gradire le consegne del suo allenatore.

"Il nostro rapporto - dirà al 'Guerin Sportivo' nel 2001 -  era uguale a quello tra padre e figlio, del tipo che ogni tanto sfocia in litigi e frasi forti dette in faccia. Ecco, io e Lippi ci siamo sempre detti tutto, senza ipocrisie".

Anche a causa di alcuni problemi fisici, Conte termina il primo anno della nuova gestione con 32 presenze e 3 goal, di cui 2 in Coppa UEFA e uno in campionato. Quanto basta per contribuire alla vittoria del suo primo Scudetto e della Coppa Italia. 

CAPITANO E LEADER BIANCONERO

La stagione 1995/96 è ancora più entusiasmante: la Juventus, infatti, dopo aver conquistato la Supercoppa italiana ad agosto (vinta 1-0 sul Parma) approda in finale di Champions League dopo 10 anni.  Conte è uno dei protagonisti della cavalcata fino alla gara di Roma contro l'Ajax. Al suo debutto in Champions League, il 13 settembre 1995, indossa per la prima volta la fascia da capitano sul braccio destro contro il Borussia Dortmund, e bagna la serata magica con un goal che arriva con uno dei suoi inserimenti letali, su colpo di testa in tuffo.

La stagione 'monstre' del centrocampista bianconero si chiude con 41 presenze e 7 goal, un bottino che Conte mai aveva raggiunto prima, di cui 5 in campionato e 2 in Champions League (il secondo a Torino, sempre nella fase a gironi, con i Rangers di Glasgow). 

Il 20 aprile 1996 a San Siro nel derby d'Italia indossa per la prima volta la fascia di capitano in campionato, trovando nuovamente il goal, e non uno casuale: il suo guizzo vale infatti il successo per 2-1 dei suoi.

Il 22 maggio 1996 è regolarmente in campo nella finalissima contro l'Ajax di Van Gaal, ma ancora una volta è la sfortuna a tenderli un nuovo tranello. In un contrasto con il coriaceo Davids, suo futuro compagno di squadra, si fa male alla coscia, che gli gonfia a dismisura. Deve lasciare il campo, dando spazio a Jugovic, e mentre i suoi compagni battono ai rigori gli olandesi, lui vive tutto dagli spogliatoi. 

"Quella sera, - racconterà a 'Hurrà Juventus' - provai la soddisfazione più grande e l’amarezza più intensa. Pochi giorni dopo, i miei compagni partivano per gli Europei ed io ero in un letto di ospedale con una coscia gonfia e dolorante".

Antonio Conte Juventus Serie A 1995Getty Images

Per Conte c'è comunque la conquista della Champions League. Ma la malasorte lo perseguita, visto che ad ottobre, in Nazionale, si rompe il legamento crociato del ginocchio sinistro. Il centrocampista deve operarsi e star fuori a lungo. Guarda da spettatore la squadra vincere la Supercoppa europea (contro il PSG) e la Coppa Intercontinentale contro il River Plate. Ha un ruolo marginale nella conquista del secondo Scudetto dell'era Lippi, totalizzando 10 presenze e un goal (nel Primo turno di Coppa Italia alla fine di agosto del 1996). Perde, senza scendere in campo, la finale di Champions League contro il Borussia Dortmund.

La riscossa per il salentino arriva nel 1997/98, quando ritrova la miglior condizione. La stagione 1997/98 si apre con il successo per 3-0 sul Vicenza nella Supercoppa Italiana: Conte sigla la rete del definitivo tris, che simboleggia anche il suo pieno recupero. In campionato il duello con l'Inter di Ronaldo e Gigi Simoni si risolve a favore dei bianconeri, che festeggiano il terzo Scudetto dell'era Lippi.

Il salentino si ripete alla prima di campionato, il 31 agosto, con la rete del 2-0 a spese del Lecce, sua ex squadra. Al Via del Mare il capitano bianconero si lascia andare ad un'esultanza esagerata, che non passa inosservata: gli ultras giallorossi non glielo perdoneranno. Conte 'cancella' l'annus horribilis della sua carriera con 44 presenze e 6 goal. L'anno si chiude però con la delusione della sconfitta nella finale di Champions League, la seconda consecutiva per i bianconeri: un goal di Mijatovic fa far festa al Real Madrid.

I tifosi eleggono Conte come loro beniamino e gli regalano una fascia da capitano personalizzata, con la scritta:  "Senza di te non andremo lontano. Antonio Conte è il nostro capitano".

"Penso che i tifosi apprezzino il mio modo di essere dentro e fuori dal campo. - commenta il centrocampista pugliese - Con me sono sempre stati davvero fantastici. Nei momenti più difficili mi sono stati vicini, dimostrandomi calore e simpatia".

La stagione 1998/99 è inizialmente difficile per il leccese: perde infatti posizioni nelle gerarchie di Marcello Lippi, che decide di affidare la fascia da capitano a Del Piero. Quando è ufficializzato il prossimo passaggio del tecnico viareggino all'Inter l'anno seguente, la dirigenza decide di rimuoverlo dall'incarico, affidando la panchina a Carlo Ancelotti. Si chiude così il suo primo ciclo vincente alla Juventus. Con il suo successore, Conte, riportato nel ruolo di interno di centrocampo, ritrova la sua centralità nel gruppo e la stessa fascia. 

Il leccese eguaglia a livello di prestazione l'annata precedente, con 7 goal segnati in 37 presenze, fra cui 3 in Champions League. Ma la squadra, persa in agosto la Supercoppa italiana con la Lazio, si piazza soltanto 6ª in campionato, perdendo anche lo spareggio UEFA con l'Udinese, mentre in Champions League cede in semifinale al Manchester United.

Antonio Conte Juventus Serie A 03031999Getty Images

POCA FORTUNA IN AZZURRO

L'avventura di Antonio Conte con la maglia azzurra inizia quando il futuro Ct. è ancora un giocatore del Lecce. Il 7 febbraio 1991 debutta infatti con l'Italia Under 21 contro i pari età della Grecia, gara amichevole vinta dagli Azzurrini 1-0. Resterà quella anche l'unica partita del centrocampista con la Nazionale giovanile. 

Una volta passato alla Juventus, tuttavia, si apriranno per il giocatore salentino le porte della Nazionale maggiore.  Arrigo Sacchi lo valuta per i Mondiali di USA '94 e lo fa esordire nell'amichevole contro la Finlandia il 27 maggio 1994. Ne resta favorevolmente colpito e decide di convocarlo fra i 23 che partecipano al torneo negli Stati Uniti.

Conte dà il suo apporto per il raggiungimento della finale da parte della squadra: è titolare nei quarti di finale contro la Spagna, mentre subentra nella ripresa nella semifinale con la Bulgaria. Non è impiegato, invece, nella finalissima di Pasadena contro il Brasile.

Sembra l'inizio di un bel cammino anche in Nazionale, ma gli infortuni gli impediranno di avere continuità. Quello alla coscia nella finale di Champions con l'Ajax gli impedisce di partecipare ad Euro '96, poi nell'ottobre del 1996 la rottura del crociato nella gara di qualificazione a Francia '98 contro la Georgia lo porta ad un lungo stop e fatica a tornare nel giro. 

Ci torna con Dino Zoff Ct., che lo chiama per la trasferta contro la Danimarca del 27 marzo 1999: di testa realizza in quella gara il suo primo goal azzurro.  Partecipa ad Euro 2000, quando dà saggio delle sue qualità nelle due fasi di gioco. Disputa tre gare, realizzando una rete spettacolare in rovesciata nella vittoria per 2-1 sulla Turchia, e andando poi in campo con il Belgio e la Romania. In quest'ultima gara, tuttavia, una brutta entrata di Hagi gli provoca una lesione ai legamenti della caviglia destra, che gli fa concludere anzitempo il torneo. 

Un infortunio, l'ennesimo, che gli lascerà sempre una certa amarezza per il modo in cui è arrivato.

"Noi calciatori professionisti sappiamo come spaccare una gamba a un avversario - affermerà - ed Hagi in quella partita è entrato su di me per far male".

Con quell'infortunio, e un bilancio di 20 presenze e 2 reti, termina, di fatto, l'avventura del Conte giocatore in Nazionale, sicuramente non troppo fortunata.

Antonio Conte Italy Finland 05271994Getty Images

GLI ULTIMI ANNI E IL RITIRO

Con Ancelotti in panchina, la Juventus vince solo il Torneo Intertoto del 1999, ma Conte si conferma ad alti livelli, realizzando 7 goal in 38 presenze anche nel 1999/00.  L'anno seguente, sempre sotto la guida del tecnico di Reggiolo, l'apporto di Conte è di 28 presenze e 3 goal. Ma è dal 2001/02, con l'avvio del secondo ciclo di Marcello Lippi, che inizia la fase calante della sua carriera.

Il 'guerriero' bianconero è comunque prezioso nello spogliatoio e fra i protagonisti della vittoria di altri due Scudetti e altre 2 Supercoppe italiane, che portano a 13 i titoli conquistati in carriera da protagonista, 15 complessivi, tutti con la maglia della Juventus. In mezzo la terza finale di Champions League persa, stavolta ai rigori, il 28 maggio 2003, a Manchester, contro il Milan dell'ex Ancelotti.

In questa sfida sfiora il goal della vittoria per i suoi colpendo la traversa con un colpo di testa. Conte potrebbe cambiare aria e trovare più spazio in un'altra squadra, ma sceglie di restare fedele ai colori bianconeri.

"Vorrei terminare la mia carriera con due sole maglie, quella della Juventus e del Lecce. - spiega - Mi rendo comunque conto che sarà alquanto difficile, visto com’è cambiato il calcio"

Il 4 aprile 2004 gioca la sua ultima partita, il Derby d'Italia contro l'Inter, valevole per il campionato, che vede vincere 3-2 i nerazzurri. Il club gli offre il rinnovo, ma lui, a 35 anni, declina e dice basta. Fiero di aver scritto la storia della Juventus con 418 presenze e 43 goal.

"Durante la mia carriera ho avuto moltissimi infortuni. - dirà in un'intervista a 'DAZN' - Ma mi hanno temprato molto, mi hanno dato la forza di reagire, di far sì che l’evento negativo accumulasse cattiveria, ma una cattiveria di quelle giuste. Sono sempre pronto a superare le difficoltà. Da calciatore ero uno bravo. Ho vinto tutto quello che si poteva vincere, però ho perso anche tanto". 

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