
La storia del calcio non è fatta soltanto da grandi campioni, ma anche da buoni giocatori che con il loro impegno e la loro passione hanno raggiunto nella loro carriera grandi risultati. Fra questi ultimi c'è senza dubbio Andrea Pazzagli, di mestiere portiere, che con la sua professionalità e dedizione è passato in pochi anni dai campi di provincia a laurearsi campione del Mondo con il grande Milan.
LA CARRIERA
Pazzagli nasce a Firenze il 18 gennaio 1960 e inizia la sua carriera nelle Giovanili della Fiorentina, la squadra della sua città per cui fa il tifo.Come accade spesso in quegli anni, tuttavia, quando arriva il momento di poter debuttare in Prima squadra, nel 1976/77 è ceduto alla Sestese, club di Sesto Fiorentino con cui gioca a 16-17 anni fra i Dilettanti.
Andrea ha una struttura fisica importante, è alto un metro e 91 centimetri per 85 chilogrammi, e le lunghe leve e la reattività gli consentono di coprire bene tutta la porta. Nel 1977 su di lui mette allora gli occhi il Bologna, ma in rossoblù trascorre un'intera stagione in cui gioca sempre soltanto con la Primavera. L'anno seguente eccolo quindi andare in prestito all'Imola, che gioca in Serie D.
Dopo 15 presenze torna alla casa madre, ma anche nel 1979/80 è di fatto il 4° portiere e in Prima squadra non gioca mai. Per l'atteso debutto in Serie A occorre allora aspettare la stagione successiva. Gli emiliani cedono Pazzagli in pretito all'Udinese, che parte con Marino Perani, ex tecnico che lo ha conosciuto a Bologna, in panchina.
Il giovane portiere a 20 anni parte titolare, ma l'esordio, il 14 settembre 1980, è da incubo: allo Stadio Friuli arriva infatti l'Inter Campione d'Italia di Eugenio Bersellini. L'Udinese è travolta in casa e Pazzagli vede per 4 volte il pallone finire alle sue spalle.Dalla seconda giornata fra i pali dei bianconeri gioca il più esperto Dalla Corna,con Pazzagli che diventa il suo vice e gioca una seconda gara, curiosamente di nuovo contro l'Inter, stavolta a San Siro.
I nerazzurri vincono nuovamente 2-0 ma l'estremo difensore toscano si toglie comunque la soddisfazione di scendere in campo in uno stadio che qualche anno più tardi gli diventerà molto familiare. Pazzagli continua comunque a cambiare maglia, sempre a titolo temporaneo: nel 1981/82 scende in Serie B, al Catania, collezionando una sola presenza con i siciliani, poi torna per la 2ª volta al Bologna, sempre fra i cadetti, ma trova una serrata concorrenza e anche stavolta non gioca mai.
La svolta nella sua carriera arriva nel 1983/84, stagione in cui, trasferitosi a titolo definitivo alla Rondinella-Marzocco Firenze, gioca spesso da titolare in Serie C1. Dopo 26 apparizioni totali con i toscani, nel 1984/85 affronta il suo primo torneo da titolare in Serie B con il Perugia. Con gli umbri Pazzagli resta due stagioni, giocando praticamente sempre e diventando un punto fermo della squadra.
WikipediaAl termine della stagione 1985/86, tuttavia, i Grifoni retrocedono in Serie C1 e Pazzagli cambia nuovamente maglia. A puntare su di lui è il patron dell'Ascoli,Costantino Rozzi, che gli affida la porta dei marchigiani, neopromossi in Serie A. Il portiere toscano non delude le attese, e dal 1986 al 1989, per 3 stagioni consecutive, è uno degli attori principali della squadra che stupisce tutti e conquista la salvezza nel massimo campionato.
Nel 1986/87 si toglie anche la soddisfazione di assopare l'Europa, vincendo con la squadra bianconera la Mitropa Cup, dopo aver battuto gli jugoslavi dello Spartak Subotica in semifinale e i cechi del Bohemians in finale. Pazzagli para tanto e bene, e si toglie la soddisfazione di fermare campioni come Maradona e Gullit.
"Una volta parai un calcio di punizione a Maradona. - racconterà - Mentre ero ancora a terra qualcuno mi baciò la testa. Pensai fosse stato un compagno per congratularsi, invece era lui, Diego, che mi disse: 'Sei stato grandissimo', ed un complimento fatto dall'avversario è qualcosa di veramente bello".
All'inizio del 1988 diventa un vero e proprio incubo per il Milan di Arrigo Sacchi. Negli ottavi di finale di Coppa Italia, nella gara di andata in casa il 6 gennaio cala la saracinesca e consente ai suoi di imporsi 1-0 con goal di Flavio Destro, e al ritorno al Meazza, il 20 gennaio, dopo l'1-0 per il Diavolo nei tempi regolamentari (rete in avvio di Virdis) è grande protagonista nei calci di rigore.
I marchigiani sbagliano soltanto un tiro dal dischetto con Casagrande, Virdis calcia fuori per i rossoneri e Pazzagli para il tentativo di trasformazione di Donadoni. Quando il solito Destro realizza il 5° tiro per gli ospiti, a San Siro esplode la festa dei marchigiani. Ma anche in campionato, il 14 febbraio, i rossoneri sono costretti al pareggio per 1-1 al Del Duca soprattutto grazie alle parate del portiere fiorentino, e vedono allungarsi a 5 punti il distacco in classifica dal Napoli, che sarà tuttavia poi superato al termine di un'entusiasmante rimonta.
Sacchi si segna il suo nome, e, quando il dodicesimo Pinato è ceduto al Monza, nel 1989, chiede alla società di puntare su di lui e portarlo a Milanello. Per Pazzagli è l'occasione che da tanto tempo aspettava. Nella prima stagione, il 1989/90, si alterna in difesa della porta rossonera con Giovanni Galli, come lui toscano e fiorentino, con cui nasce una bella amicizia. In campionato è l'ex portiere azzurro a partire titolare.
Galli gioca sempre nelle prime 10 giornate, ma dopo la sconfitta al Del Duca contro l'Ascoli (ancora i marchigiani) con un goal di Casagrande, Pazzagli si prende il posto a partire dalla sfida con la Juventus (vittoria per 3-2) e non lo lascia più, saltando soltanto la gara di ritorno con i bianconeri. In tutto totalizza 23 presenze, cui si sommano una partita in Coppa Italia e, soprattutto, una gara in Coppa dei Campioni, competizione in cui Sacchi sceglie invece di schierare il suo collega come titolare.
Da dodicesimo, il 7 dicembre 1989 Pazzagli vince la Supercoppa Europea (1-1 e 1-0 contro il Barcellona), il 17 dicembre 1989 la Coppa Intercontinentale a Tokyo contro l'Atletico Nacionál (1-0 con punizione vincente di Evani ai supplementari) e il 23 maggio del 1990 la Coppa dei Campioni (1-0 sul Benfica targato Rijkaard).
WikipediaNel 1990/91, quando Giovanni Galli si trasferisce al Napoli, Pazzagli diventa il portiere titolare del Milan, nonostante l'acquisto di Sebastiano Rossi dal Cesena. Vince così da numero 1 la sua 2ª Supercoppa europea contro la Sampdoria (1-1 a Genova, 2-0 per i rossoneri a San Siro) e il 9 dicembre 1990, a Tokyo, è fra i migliori in campo nella spettacolare prestazione della squadra di Sacchi contro i paraguayani dell'Olimpia di Asunción. Il Diavolo si impone 3-0 e per Pazzagli arriva anche la 2ª Coppa Intercontinentale della sua carriera.
Sono mesi felici per l'estremo difensore toscano a Milanello, ma alle sue spalle cresce e scalpita Rossi e il mese di marzo del 1991 segnerà la fine dell'idillio. Pazzagli è in campo nel doppio confronto con il Marsiglia che segna la fine dell'era Sacchi.
Dopo il pari sofferto all'andata a San Siro (1-1), al ritorno il 20 marzo i rossoneri vanno sotto 1-0 per un goal di Waddle, poi Galliani, dopo il guasto ai riflettori dello stadio, decide di ritirare la squadra dal terreno di gioco del Velodrome. Le conseguenze saranno la sconfitta a tavolino per 3-0 e la squalifica di un anno dei lombardi dalle Coppe europee.
In mezzo alle due gare, il 17 marzo, in campionato, Pazzagli si fa trovare impreparato su un colpo di testa di Evair che lo sorprende e determina una pesante sconfitta nel derby contro l'Atalanta. Sacchi decide di cambiare e dal Derby della Madonnina con l'Inter della settimana successiva lancia come titolare Sebastiano Rossi, che fino a quel momento aveva giocato soltanto in Coppa Italia.
L'avventura in rossonero di Pazzagli può considerarsi praticamente terminata lì, dopo 25 gare di A, 3 in Coppa dei Campioni, 2 nella Supercoppa Europea ed una nella Coppa Intercontinentale, per un totale di 56 partite e appena 33 goal subiti. Pazzagli fa le valigie, senza troppi rimpianti, e riparte da quel Bologna che in passato non gli aveva mai dato fiducia: 3° ritorno in Emilia della sua carriera e finalmente lo spazio che cercava.
In rossoblù vive due stagioni di Serie B (49 presenze), poi una nuova chance in Serie A con la Roma di Carlo Mazzone, in cui fa da dodicesimo a Fabrizio Lorieri e di fatto non gioca mai. A 34 anni, nell'estate del 1994 decide di riavvicinarsi a casa e sceglie di trasferirsi al Prato in Serie C1. Totalizza 20 presenze in due stagioni, prima di mettere il punto su una carriera che gli ha regalato grandi soddisfazioni.
UN PORTIERE CANTAUTORE
Già quando gioca, Pazzagli oltre al calcio ha un'altra grande passione: la musica, e intrattiene i compagni di squadra nello spogliatoio con canzoni e barzellette.
"Ho sempre avuto fin da bambino una dote nel raccontare le barzellette, - spiegherà - non sono un uomo di spettacolo però. Nella musica invece, che ritengo un mio hobby, il riconoscimento da parte della gente fa sicuramente piacere".
Chiusa la carriera da professionista del pallone, il portiere compone, suona la chitarra e si trasforma in cantautore. Realizza così due album, per il primo dei quali, 'Spero che esistano gli angeli', dedicata a Nicolò Galli, figlio del suo amico e suo compagno di squadra Giovanni, tragicamente scomparso in un'incidente stradale in motorino nel 2001, a riceve in premio per i contenuti un diploma dal Cet, la scuola di Mogol, che lui stesso gli consegna.
"Ho sempre suonato la chitarra fin da ragazzo. - rivela - Sono un autodidatta, non ho mai studiato, sono sempre andato ad orecchio, avevo un amico che suonava e grazie a lui ed allo studio degli accordi ho iniziato a strimpellare e poi mi sono appassionato allo strumento, perfezionandomi negli anni per poter eseguire brani più complessi. Mai mi sarei immaginato di ricevere un premio di tale valore,anche perché consideriamo che si tratta del primo riconoscimento in 20 anni di Scuola del grande Mogol".
"Quella canzone nacque dal profondo dolore, - spiega a 'La Gazzetta dello Sport' - ma anche dal vedere Giovanni e sua moglie Anna che dalla tragedia ebbero la forza di aiutare altre persone. Niccolò non c’è più, ma la sua Fondazione aiuta altre persone a non soffrire".
Non mancano nemmeno le esibizioni dal vivo, come quella sul palco del Mandela per l'Antognoni Day. Nei testi dei suoi pezzi emerge la sensibilità che lo ha sempre contraddistinto anche da calciatore. Scrive, fra le altre, anche canzoni sul calcio, come 'Diego', dedicata proprio a Maradona, o 'Rettangolo verde', sul tema della nostalgia per i tempi in cui giocava.
"Appese le scarpe al chiodo, ho scritto 'Rettangolo verde'. - racconta - Tutti mi dicevano che era bella e ho continuato. Sono partito da melodie semplici, rime scontate, e pian piano mi sono perfezionato. Avrò un'ottantina di brani. Credo di sintetizzare bene ciò che provo. E a volte mi commuovo a cantare le canzoni, anche se le ho scritte io. Una che mi piace molto è 'Forse neanche il mare', dedicata a mia moglie e alle donne".
IL RITORNO NEL CALCIO DA PREPARATORE
Oltre a dedicarsi alla musica, Pazzagli resta nel mondo del calcio specializzandosi come preparatore dei portieri. Lavora per il Milan durante la gestione di Terim, poi con la Fiorentina. Infine, entrato a far parte dello staff della Federazione, dal 2001 con le Nazionali giovanili Under 16, 17, 18 e 19.
Nel 2009 scrive anche una sua autobiografia, 'Una vita da Pazz...agli".
LA MORTE IMPROVVISA
Sposato con l'amata Isabella, Andrea ha tre figli, Camilla, Edoardo e Riccardo.La sua vita si è interrotta all'improvviso in un triste mattino dell'estate 2011. È il 31 luglio, e Pazzagli si trova in vacanza a Punta Ala con la sua famiglia.
L'ex portiere accusa un malore verso le 7.30.È un infarto, e non c'è niente da fare. La morte a soli 51 anni lascia un vuoto profondo anche fra gli amici e fra gli ex compagni di squadra, nonché grande commozione fra la gente comune che ne aveva apprezzato il lato umano.
"Era un compagno straordinario", dichiara Franco Baresi.
"È stata una tragedia improvvisa, che ha colpito una persona che avevo visto l'ultima volta due mesi fa in stato di salute ottimale. - dice Gigi Buffon - Quello che è successo fa capire quanto la vita vada apprezzata minuto per minuto".
Il pomeriggio del 2 agosto si tengono i funerali nella Chiesa di Santa Maria a Monte a Firenze. Alla cerimonia funebre, oltre alla moglie e ai suoi figli, partecipano anche tanti rappresentanti del mondo del calcio. Ci sono gli ex compagni di squadra Demetrio Albertini, in quel momento vicepresidente della FIGC, Giancarlo Antognoni, il caro amico Giovanni Galli, il suo ex allenatore Arrigo Sacchi, diventato all'epoca coordinatore della Nazionali giovani azzurre, Alberigo Evani, Paolo Rossi, Bruno Giordano e alcuni giocatori della Fiorentina di quella stagione, come Stevan Jovetic, Alessandro Gamberini e Michele Camporese. Presenti anche il Ds. viola Pantaleo Corvino e l'amministratore delegato Mencucci.
L'Inter, la Roma e l'Assocalciatori, inoltre, mandano i loro vessilli.
"Spero che esistano gli angeli, se trovi nei guai siano sempre con te e non ti lascino mai".
Le note e le parole della sua canzone risuonano a inizio e fine liturgia. Poi il feretro e accompagnato al cimitero di Ponte a Ema, alle porte di Firenze, dove riposa.
Prima delle amichevoli Italia-Spagna e Italia-Svizzera Under 21, le squadre osservano un minuto di silenzio in memoria di Andrea.
Suo figlio Edoardo ha provato a ripercorrere le orme del papà, diventando un discreto portiere. Cresciuto nelle Giovanili della Fiorentina, ha giocato in Serie C1 con Perugia, Ascoli, Pistoiese e Lucchese, e in Serie D con la Massese. Papà Andrea, da lassù, avrà sicuramente applaudito e sorriso.
