Alessio Secco sa bene cosa significhi lavorare alla Juventus. E sa bene, nel dettaglio, cosa significhi fare la gavetta. Addetto stampa, team manager, direttore sportivo. Tre ruoli che hanno visto protagonista per tredici anni un professionista che, nel bene e nel male, ci ha sempre messo la faccia.
In prima linea nel pieno di Calciopoli, il manager torinese s'è caricato sulle spalle - nel ruolo di direttore tecnico - il peso della rinascita bianconera. Tra costi proibitivi e tagli dolorosi. Il tutto, allestendo e pianificando un nuovo corso che avrebbe dovuto crescere esponenzialmente su un piano progettuale.
Secco, inoltre, ha avuto un ruolo determinante nella riconferma del blocco storico: Del Piero, Nedved, Buffon, Camoranesi e Trezeguet. Rimasti anche grazie all'operato dell'ex dirigente zebrato che, con calma e determinazione, ha saputo evitare la smobilitazione. Una parola qua, un confronto là. Facendo leva, così, sulla stima conquistata in un'altra veste con la Triade.
Un solo rimpianto, probabilmente, dal nome Zlatan Ibrahimovic. Proprio come spiegato da Secco nel corso degli anni:
"Provammo a tenerlo. Poi fu l'anno della B, conoscendo il carattere di Ibra, conoscendo che l'anno dopo sarebbe scaduto il contratto, conoscendo anche quello che lui aveva in mente per rinegoziarlo, eravamo consapevoli di non essere in grado in quel preciso momento storico di assecondarlo. Quindi abbiamo deciso di venderlo all'unica società che ufficialmente ha presentato un'offerta, al di là poi di tutta la letteratura che vogliamo fare a riguardo, l'unica società che si è presentata concretamente con un'offerta è stata l'Inter".
Il resto, invece, è storia. Con quella di Secco, in qualità di diesse, iniziata nel migliore dei modi: il rientro in A, la scelta oculata di Claudio Ranieri, il mercato estivo del 2009.
Già, perché seppur indirettamente, Diego e Felipe Melo hanno segnato indelebilmente le sorti dell'ex dirigente juventino. Insomma, acquisti da urlo sulla carta ma piuttosto deludenti nel rendimento. Con il tecnico dell'epoca, Ciro Ferrara, a non trovare minimanente il bandolo della matassa.
Spazio, quindi, alla rivoluzione caratterizzata dall'avvento di Andrea Agnelli, con conseguenti arrivi di Beppe Marotta e Fabio Paratici. Dunque? Titoli di coda per Secco che, dal canto suo, non ha mai fatto mistero di non aver apprezzato il modo in cui gli sia stata indicata la porta.
Archiviata l'avventura juventina, il tuttofare piemontese s'è rimesso in gioco: diventando il direttore generale del Modena e, successivamente, ricoprendo la carica di direttore sportivo al Padova. Esperienze formative, indubbiamente, ma che al tempo stesso hanno portato Secco a intraprendere un'altra doppia strada, ovvero sia quella da intermediario di mercato sia quelle di agente, con tanto di iscrizione alla Football Association.
Un esempio? La regia nel recente passaggio di Diego Laxalt dal Milan al Celtic. Chiaro segnale, questo, di come la competenza sia stata premiata nel tempo. Da un'altra angolatura, sicuramente, ma non meno importante. Quantomeno dal punto di vista personale, con Secco alle prese con un altro tipo di carriera. E il meglio, probabilmente, deve ancora venire.


