
Juventus e Milan, ovvero due delle squadre più importanti d'Europa. Aver giocato con entrambi non è certo roba da tutti, ma Alessandro Matri c'è riuscito. Carriera iniziata con i rossoneri, risposati nuovamente in seguito. In mezzo i successi con Madama.
Da una parte, la Vecchia Signora, club in cui il 'Mitra', che nel 2020 ha appeso gli scarpini al chiodo, è diventato grande tra i grandi, con in bacheca tre scudetti, due Supercoppe Italiane e una Coppa Italia.
Dall'altra, il Diavolo, che ha avuto il grosso merito di credere nelle potenzialità dell'ex centravanti di Sant'Angelo Lodigiano, tanto da concedergli l'opportunità di esordire in Serie A - il 24 maggio 2003 - in occasione del 4-2 imposto dai padroni di casa del Piacenza a campionato ormai chiuso.
Esperienze che hanno avuto un inizio e una fine. E poi un altro inizio e un'altra fine. Perché Matri la casacca bianconera l'ha sfoggiata dal gennaio 2011 all'agosto 2013, con una rapida ulteriore parentesi nel febbraio 2015. Discorso analogo all'ombra del Duomo, con l'approdo - da giocatore affermato - alla corte di Max Allegri. Un'avventura, però, tutt'altro che entusiasmante.
GettyEsempio di professionalità e abnegazione, Matri ha incarnato alla perfezione lo stile Juve: mai una parola fuori posto e, soprattutto, tanti fatti. Insomma, proprio come piace al presidente Andrea Agnelli, ammiratore in prima linea del suo ex numero 32.
Il 'Mitra' in bianconero ha segnato 31 goal in 92 presenze. Il più delle volte, reti extra lusso. Come quella nella stagione 2014-2015, in finale di Coppa Italia: piattone destro ai supplementari e Lazio battuta. Ma sempre nella stessa edizione, in semifinale, Matri apriva le marcature a Firenze. Vittoria, poi, ottenuta con il punteggio di 0-3.
E poi c'è il match col Milan del goal di Muntari, una clamorosa svista che a un decennio di distanza fa ancora notizia. Partita in cui l'ex centravanti juventino siglava l'1-1 finale. Un lampo importante che, nelle settimane successive, avrebbe significato molto in chiave primo scudetto dell'era Antonio Conte.
Insomma, Matri le sue soddisfazioni se l'è tolte. Eccome. Contribuendo, a suon di reti, a costruire l'egemonia nostrana a strisce bianche e nere. Il tutto, forte della stima di una società che pur di assicurarsi l'ex centravanti lombardo decideva di spendere 18 milioni complessivi.
Musica per le orecchie dell'ex patron del Cagliari, Massimo Cellino, abituato a compiere cessioni da urlo. Ma anche per quelle di Madama, ampiamente ripagata sul campo. E poi Fiorentina, Genoa, Lazio, Sassuolo e tante altre. Fino al ritiro nel maggio del 2020.
"E’ strano come la conclusione di questo turbine di riflessioni sia uscito dalla mia bocca senza che quasi me ne rendessi conto, ma era lì, ed aspettava solo il momento giusto. Voglio ringraziare tutti: i tifosi, le società di calcio, tutte le persone che mi hanno affiancato e voluto bene, i miei procuratori, in particolare il grande Tullio Tinti, i compagni e gli allenatori, che mi hanno fatto sentire la loro presenza durante il mio percorso professionale".
Il resto è storia. Sì, di un attaccante che ha saputo arrivare al successo profondendo sempre e costantemente la massima umiltà. Il modo migliore per decidere infine di dedicarsi a un'altra storia. Ancora tutta da scrivere.




