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Aleksei Mikhailichenko URSSGetty Images

Aleksei Mikhailichenko, il 'motore' di Lobanovskyi che vinse uno Scudetto con la Sampdoria

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È stato l'unico sovietico a vincere uno Scudetto in Italia e uno di quelli più vincenti in assoluto della storia. A guardare oggi come giocava Aleksei Mikhailichenko, di lui si direbbe che era 'un tuttocampista' ante litteram, un centrocampista in grado di fare un po' tutto.

Aveva notevole resistenza e mezzi fisici, un piede educato, visione di gioco e lancio lungo, ma si faceva valere sia nei contrasti sia in zona goal, grazie alle indiscutibili doti balistiche dalla distanza e alla sua abilità negli inserimenti offensivi. Il difetto principale era invece una certa fragilità strutturale, che lo costringerà spesso a fermarsi nella seconda parte della sua carriera.

Colonna della Dinamo Kiev del 'Colonnello' Lobanovskyi e dell'Unione Sovietica, dopo la dissoluzione di quest'ultima giocherà anche in Italia, con la Sampdoria, e in Scozia con i Rangers di Glasgow.

Nel suo palmarés figurano 3 campionati sovietici, 3 Coppe e 2 Supercoppe dell'Unione Sovietica, una Coppa delle Coppe, la medaglia d'oro olimpica con l'URSS a Seul '88, lo Scudetto italiano vinto in blucerchiato nel 1990/91 e i 10 titoli vinti in Scozia (5 campionati, 3 Coppe nazionali e 2 Coppe di Lega).

Con l'URSS ha giocato le Olimpiadi di Seul e gli Europei 88', saltando per infortunio i Mondiali di Italia '90, ma in carriera ha rappresentato altre due Nazionali: la Comunità degli Stati Indipendenti, che ha partecipato ad Euro '92, e l'Ucraina, il suo Paese d'origine. Per due anni di fila, nel 1987 e nel 1988, è votato Giocatore ucraino dell'anno, mentre nel 1988, il suo anno magico, è stato anche nominato Giocatore sovietico dell'anno.

GLI ESORDI E LE GIOVANILI DELLA DINAMO

Aleksei Mikhailichenko nasce il 30 marzo 1963 a Kiev, in Ucraina, che all'epoca era una delle 15 Repubbliche di cui si componeva l'Unione Sovietica. Fin dall'infanzia si appassiona al calcio e cerca di ripetere nel giardino di casa le gesta dei calciatori più famosi. I suoi genitori lo incoraggiano a coltivare la sua passione e a 10 anni lo iscrivono nella Scuola calcio della Dinamo Kiev. 

Entrato nel Settore giovanile, Mikhailichenko viene sottoposto fin da giovane a duri allenamenti, secondo il modello in vigore all'epoca nel Paese sovietico. Pur avendo un attitudine indiscubile per il gioco del calcio, il giovane Aleksei è alto e magro, e mantiene una certa fragilità fisica. I suoi primi allenatori sono E. Kotelniko e successivamente Anatolij Byshovets. Gli viene impartita un'educazione severa: talvolta, durante gli allenamenti, viene allontanato dal campo dopo un errore.

Sotto la gestione di Anatoly Fedorovich, che lo allena per 8 anni, avviene la crescita definitiva: Mikhailichenko migliora continuamente e sembra pronto al grande balzo all'età di 18 anni. Nel rigido sistema sovietico, però, deve ancora attendere alcune stagioni, nelle quali gioca con la squadra riserve. L'esordio in Prima squadra arriva nel 1983, con Jurij Morozov in panchina, ma continua a fare la spola fra squadra A e squadra B. 

IL 'MOTORE' DI LOBANOVSKYI

Attorno a metà degli anni Ottanta è portato in pianta stabile nella Prima squadra della Dinamo Kiev da Valeryi Lobanovskyi, tornato alla guida del club. 'Il Colonnello' decide di affidargli le chiavi del centrocampo, e, in una squadra dal gioco meccanico, Mikhailichenko è uno dei pochi, con i suoi piedi buoni, autorizzato a dare brio e inventiva: diventa in breve tempo il 'motore' della Dinamo che vince tutto in patria, 3 Campionati sovietici (1985, 1986, 1990), 3 Coppe dell'URSS e 2 Supercoppe sovietiche (1986 e 1987).

Ma il successo di maggior prestigio è la Coppa delle Coppe del 1985/86, conquistata travolgendo per 3-0 in finale l'Atletico Madrid a Lione. Gara che tuttavia vede il centrocampista non scendere in campo. Anche perché l'anno della sua consacrazione è il 1986: segna ben 12 goal in 20 presenze di campionato, e l'anno seguente diventa un punto fermo della squadra titolare.

Si mette in evidenza anche nella Coppa dei Campioni 1986/87, segnando anche una rete nella semifinale di ritorno contro il Porto. La doppia sfida premierà tuttavia i lusitani. Le prestazioni di primo piano gli fanno guadagnare la maglia dell'Unione Sovietica e la ribalta internazionale. Nel 1988, anche grazie ai risultati ottenuti con l'URSS, è Giocatore sovietico dell'anno e 4° nella classifica del Pallone d'Oro alle spalle dei tre olandesi Van Basten, Gullit e Rijkaard. 

Un giornalista italiano, colpito dalle sue prestazioni, gli chiede quanto guadagna:

"Settecento rubli al mese, - rivela il centrocampista -, il doppio di un chirurgo. Volete che mi lamenti? E poi quando gioco l’ultimo mio pensiero sono i soldi".

Aleksei Mikhailichenko URSS 1989Getty Images

PROTAGONISTA CON L'URSS

Nel 1987 Mikhailichenko debutta anche nella Nazionale sovietica, dove ritrova Lobanovskyi come Ct., subentrando nella gara di qualificazione ad Euro '88 contro la Germania Est. A partire dal 1987/88, diventa il leader del centrocampo dell'URSS che partecipa agli Europei in Germania come grande favorita.

Mikhailichenko gioca su alti livelli, è un giocatore dominante del torneo e va anche a segno nel successo per 3-1 del girone contro l'Inghilterra. In semifinale, contro l'Italia di Vicini, desta enorme impressione per dinamismo e qualità e manda in subbuglio i piani degli Azzurri. Sulla sua strada trova però l'Olanda, che con i goal di Gullit e Van Basten gli toglie la possibilità del trionfo continentale.

A settembre dello stesso anno ci riprova con la Nazionale olimpica che affronta le Olimpiadi calcistiche di Seul. Il biondo centrocampista sarà uno dei grandi protagonisti del torneo.

Nel girone realizza il goal del 2-1 all'Argentina, poi con una doppietta affossa gli Stati Uniti (4-2). I quarti, contro l'Australia, sono quasi una formalità, e Aleksei ci mette ancora la firma, siglando il terzo centro nel secco 3-0 dei sovietici.

Il 27 settembre 1988, a Pusan, contro l'Italia di Francesco Rocca, si ripete la sfida di qualche mese prima agli Europei. Ancora una volta saranno i sovietici a prevalere, e ancora una volta Mikhailichenko sarà uno dei giocatori determinanti, sebbene al termine di una partita ben più combattuta.

Virdis sblocca al 50' per gli Azzurrini, al 77' Rizzitelli fallisce clamorosamente il 2-0 e un minuto dopo Dobrovolskij firma l'1-1. Il match si allunga ai supplementari. Qui i sovietici impongono un ritmo molto elevato, alla lunga insostenibile per gli italiani. Narbekovas fa il 2-1, e al 106' Mikhailicenko ci mette il punto esclamativo: servito nello spazio da Dobrovolsky, il numero 11 raggiunge il pallone sulla sinistra dell'area, e da posizione molto defilata, quando Tacconi gli va incontro nel tentativo di chiudergli lo specchio, lo infila insaccando nell'angolino più lontano. A nulla serve la rete del 3-2 di Carnevale, se non a rendere meno amara la sconfitta.

URSS 1988 Olympics

"Mikhailichenko e Dobrovolskij, alla fine, erano razzi in mezzo alle biciclette", scriverà il giorno seguente Gianni Mura su 'La Repubblica', pur lamentandosi di un arbitraggio non proprio irreprensibile.

Dopo la delusione degli Europei, l'URSS ha così la possibilità del riscatto, e non se la lascia sfuggire. Pur contro una squadra molto forte, il Brasile guidato da Carlos Alberto, che annovera fra le sue fila Bebeto e Romario, ma anche Taffarel, André Cruz e Milton, si aggiudica 2-1, ancora ai supplementari, la finalissima di Seul giocata il 1° ottobre. L'Unione Sovietica di Mikhailichenko è medaglia d'oro, lui ne esce da star con 5 reti segnate.

Ma l'epopea sovietica è destinata a sciogliersi rapidamente quando si sgretola il Gigante dai piedi d'argilla che è lo Stato socialista. Senza Mikhailichenko, infortunato, l'URSS esce ai gironi ai Mondiali di Italia '90, eliminato da Camerun e Argentina. Successivamente i sovietici, nonostante i processi disgregatori già in atto, eliminano l'Italia di Vicini nelle qualificazioni ad Euro '92.

La sfida decisiva del girone si gioca il 30 ottobre 1991 a Mosca. L'URSS ci mette il proprio strapotere fisico, ma gli azzurri tengono botta. Dopo un primo tempo tattico, nella ripresa le occasioni non mancano. Con un protagonista sfortunato su tutti: Ruggiero Rizzitelli, lo stesso che nel 1988 aveva fallito il pareggio.

L'attaccante della Roma, richiamato in azzurro da Vicini per l'occasione, prima al 51' sfiora di testa il palo, poi lo colpisce in pieno al 64', a Cherchesov battuto. "Se quel palo sarebbe andato in goal...", commenterà a caldo, dopo il fischio finale, con un italiano maccheronico, il giallorosso.

Nel dicembre 1991 si completa però la disgregazione dell'URSS, e la squadra si presenta agli Europei come CSI, Comunità degli Stati Indipendenti. Sarà un grande flop. Dopo 2 pareggi con Germania e Olanda, è decisiva la terza partita contro la Scozia, già eliminata. Sulla carta una formalità per gli ex sovietici, invece saranno i britannici a imporsi 3-0 e a segnare la fine dell'URSS nel calcio.

Mikhailichenko chiuderà con 36 presenze e 5 goal con l'Unione Sovietica e 5 presenze nella CSI. Nella parte finale della carriera, tuttavia, si toglierà la soddisfazione di indossare 2 volte anche la maglia dell'Ucraina, il suo Paese natale. 

Aleksei Mikhailichenko URSSGetty Images

CAMPIONE D'ITALIA CON LA SAMPDORIA

Prima dei Mondiali di Italia '90 e dopo il successo in Coppa delle Coppe, la Sampdoria di Paolo Mantovani è alla ricerca sul calciomercato di un rinforzo di qualità a centrocampo in vista della stagione successiva. La scelta si restringe a due nomi: uno è proprio Aleksei Mikhailichenko, il motore del centrocampo della Dinamo Kiev e dell'URSS, l'altro è un giovane argentino di 20 anni, destinato ad una brillante carriera: Fernando Redondo.

"Dissi al presidente che lo sapevamo e ne abbiamo parlato, - dirà Mancini ai suoi compagni dopo aver incontrato il patron, come lui stesso scrive nel libro 'La bella stagione' - e che fra i due Mikhailichenko ci convince di più. Gli ho detto che con il russo, secondo noi, siamo da Scudetto".

Mantovani, che tiene in grande considerazione l'opinione dei suoi giocatori, segue il consiglio e acquista il giocatore sovietico che in più occasioni aveva fatto impazzire l'Italia: l'accordo con la Federazione sovietica è raggiunto e il biondo centrocampista si trasferisce in Italia in cambio di 6 miliardi e mezzo nelle casse della Dinamo Kiev.

Visti i trascorsi e il suo passato recente le aspettative sul nuovo acquisto sono molto elevate, ma alcuni problemi fisici e difficoltà di ambientamento gli impediranno di esprimersi al meglio, pur facendo intravedere il suo talento e contribuendo in maniera decisiva alla conquista dello storico Scudetto 1990/91.

Si raggiunge anche l'intesa per un'amichevole da giocarsi in Italia fra l'Unione Sovietica e la squadra blucerchiata. Il 18 agosto del 1990 è una data storica per Genova: al Ferraris scende in campo infatti il nuovo URSS di Byshovets, che si prepara alle qualificazioni di Euro '92, e sfida i ragazzi di Vujadin Boskov.

La star della serata è proprio Mikhailichenko, che inizia con la casacca numero 7 della Nazionale sovietica. Al 7' però è la Sampdoria a passare in vantaggio: angolo di Mancini e Vierchowod, di origini russe da parte di padre, ex soldato dell'Armata rossa, anticipa i difensori avversari e mette alle spalle del portiere per l'1-0.

La gara è equilibrata ma nella ripresa l'URSS prende campo e perviene al pareggio al 55': Kanchelskis serve dalla destra Mikhailichenko sulla trequarti, il centrocampista prende la mira e dai 25 metri con una bordata col mancino infila Pagliuca, mandando il pallone ad insaccarsi all'incrocio dei pali. 

Una perla di rara bellezza in una partita storica che si chiude all'80' con il cambio di casacca: Boskov richiama in panchina Mancini, proprio lui che ne aveva caldeggiato l'acquisto, e Mikhailichenko indossa la maglia numero 10 della Sampdoria, ormai a tutti gli effetti la sua nuova squadra. 

"Sono solo dieci minuti, - scrivono Vialli e Mancini nel loro racconto nel libro 'La Bella stagione' - ma il pubblico non crede ai propri occhi. Nessuno ha mai visto niente del genere. Da una Nazionale collettiva a un collettivo di giovani talentuosi. Da un impero a una piccola città. Il passaggio di testimone è imponente, carico di mille significati, che emergeranno a poco a poco".

Sampdoria 1990/91 Serie AWikipedia

Il debutto ufficiale di Mikhailichenko in blucerchiato arriva il 5 settembre del 1990 in Coppa Italia: la Sampdoria pareggia 1-1 in casa con il Brescia. In Serie A, invece, l'ucraino salta la prima gara con il Cesena ed esordisce nella 2ª giornata in trasferta con la Fiorentina (0-0) il 16 settembre. 

Il suo impatto sulla squadra è decisamente positivo, gioca da playmaker accanto a Fausto Pari o più avanzato sulla trequarti. Nonostante il suo carattere taciturno e i comprensivi problemi linguistici, si impegna sia in campo, sia fuori, e i risultati si vedono. Già alla terza giornata, contro il Bologna, trova il suo primo goal italiano, finalizzando una bella azione in velocità Mancini-Dossena. La Sampdoria costruita da Mantovani è una squadra in grado di giocarsela con chiunque e che resta nelle prime posizioni della classifica a stretto contatto con le squadre favorite per il titolo.

In autunno la Sampdoria affronta il Milan campione d'Europa nella Supercoppa Europea. L'andata si gioca a Genova il 10 ottobre. Al 31' i blucerchiati passano a condurre: pennellata di Mancini dalla trequarti, Aleksei si inserisce bene nell'area di rigore rossonera, controlla bene con il corpo, beffando Gaudenzi, e con un tocco preciso supera Pazzagli, mettendo in rete nonostante il tentativo di Baresi di salvare in extremis.

Un goal d'autorità, quasi a voler dare un segnale di chi tipo di giocatore era. Che festeggia correndo verso la panchina con il dito alzato, inseguito dai suoi compagni. Evani pareggerà qualche minuto dopo e al ritorno a Milano, il 29 novembre, il successo per 2-0 regalerà il trofeo ai rossoneri. 

Mikhailichenko fa il suo, e l'11 novembre al Ferraris, contro il Pisa, segna l'1-0 nei minuti iniziali su assist di Mancini, contribuendo ad una preziosa vittoria interna per 4-2. Si guadagna i complimenti di Pari al rientro negli spogliatoi nell'intervallo. I compagni lo chiamano spesso 'russo', mentre Vierchowod li ammonisce ripetutamente: "Non è russo", strappandogli un sorriso.

Grande prestazione dell'ucraino anche contro il Napoli al San Paolo il 18 novembre: i blucerchiati travolgono i campioni d'Italia 4-1 e sul 2-1 per gli ospiti Mikhailichenko esce dal traffico con un delizioso lob in verticale, assist perfetto per lo spettacolare goal di Vialli al volo che vale il 3-1. 

"Che cazzo di goal hai fatto, eh? Che cazzo di goal? - urlano i compagni a Luca, mentre lo abbracciano. - E lui si lascia abbracciare, li prende tutti e poi va dal biondo centrocampista di Kiev per ringraziarlo per la geniale giocata". 

Un gran goal 'offuscato' soltanto da quello ancora più bello segnato con un gran tiro al volo da Roberto Mancini qualche minuto più tardi. Ma fino a quel momento nessuno ha dubbi a Genova e in Italia sul fatto che l'acquisto di Aleksei da parte di Mantovani sia stato azzeccato. Ma a dicembre qualcosa cambia e segna l'inizio di mesi difficili per il centrocampista. 

Prima di Natale si scopre che a rendere triste il timido ucraino non sono né il rapporto con la moglie, né quello con i compagni, bensì la battaglia che sta combattendo con la burocrazia sovietica. Per la Federazione socialista sono infatti mesi molto difficili, che culmineranno con la disgregazione del Paese e la creazione degli Stati nazionali.

"Il problema, impacchettato in carte, bolli, ingiunzioni, comunicazioni, telefonate scricchiolanti, ambasciate e così via, è legato alla sorella di sua moglie, Irina, - rivelano Mancini e Vialli in 'La Bella Stagione' - che ha 12 anni e ormai da mesi aspetta il visto per poterli raggiungere in Italia. Sono andati a prenderla all’aeroporto di Milano, ma alla bambina è stato impedito di uscire da Linate. Anzi: le è stato imposto di imbarcarsi sul primo volo di ritorno a Mosca. Mikha era dovuto andare a casa del console, parlare, spiegare, e in qualche modo aveva ottenuto un visto provvisorio, ma era stremato, esausto, e con i nervi a fior di pelle".

Scudetto Sampdoria 1991

Boskov prova a ricaricarlo, ma la grande tensione che ha addosso si riflette nell'espulsione che rimedia nello scontro diretto contro l'Inter il 30 dicembre: Bergomi gli riserva un trattamento 'speciale', lui perde le staffe e gli tira una gomitata. L'arbitro vede tutto e lo espelle. 

Mentre Mikhailichenko è già sotto la doccia, i compagni lo assolvono: "Non è colpa del russo". E Vierchowod di nuovo a puntualizzare: "E comunque non è russo...". La squadra ligure si compatta.Berti illude l'Inter pareggiando a inizio ripresa, ma la Samp reagisce e si impone 3-1. È l'inizio di una cavalcata vincente che porterà ad uno storico Scudetto. 

Quanto ad Aleksej, si riprende e a febbraio trova il suo 3° goal in campionato, ancora con il Bologna. Essendo sempre stato abituato a giocare un campionato solare, da gennaio a ottobre, Mikhailichenko accusa però a marzo un calo sensibile di forma. In campo sembra appannato e Boskov decide spesso di lasciarlo in panchina, facendo giocare al suo posto Ivano Bonetti. Giocando poco, subentra anche qualche problema fisico.

Il 19 maggio, al Ferraris, battendo 3-0 il Lecce, la Sampdoria si laurea matematicamente campione d'Italia. Mikhailichenko partecipa alla festa entrando al 71' al posto di Cerezo, il cui rientro negli ultimi mesi era stato fondamentale, e diventa il sovietico più vincente in Italia. Chiude la stagione italiana con 39 presenze e 4 goal, 24 e 3 reti considerando il solo campionato. Nonostante gli alti e bassi, aveva scritto per sempre il suo nome nella storia blucerchiata.

LA RINASCITA IN SCOZIA

Con il calo degli ultimi mesi, qualche tifoso pensa che l'ex pilastro della Dinamo, ormai ventottenne, abbia smarrito lo smalto dei tempi migliori. Qualcuno sostiene addirittura che sia diventato lento. Le parole di Mancini, che lo aveva definito "Un giocatore indispensabile" per la Sampdoria appaiono lontane. Succede così che, nonostante un contratto di 3 anni, nell'estate 1991 Mikhailichenko finisca sul mercato e venga ceduto agli scozzesi dei Glasgow Rangers per 4 miliardi di Lire.

In Scozia, nonostante un avvio tribolato per via degli infortuni, riesce a ritagliarsi il suo spazio e a dare il suo apporto alla conquista di ben 10 trofei. Dal 1991/92 al 1995/96 i Rangers vincono 5 campionati consecutivi, cui si aggiungono 3 Coppe di Scozia (1991/92, 1992/93 e 1995/96) e 2 Coppe di Lega (1992/93 e 1993/94), realizzando il 'treble' nel 1993. Diventato un idolo dei tifosi dei Gers, Mikhailichenko totalizza 20 goal in 110 presenze nel solo campionato.

Poco prima di compiere 33 anni, nel 1996, il centrocampista ucraino decide di ritirarsi e di lasciare il calcio giocato. Consapevole di aver scritto pagine importanti nella storia del calcio.

Alexei Mikhailichenko Rangers Scottish Premiership 1992Getty Images

MIKHAILICHENKO ALLENATORE

Chiusa l'avventura da calciatore, Mikhailichenko studia da allenatore e diventa dal 1997 il vice del 'Colonnello' Lobanovskyi, colui che era stato il suo mentore, alla Dinamo Kiev. Quando il suo maestro muore, nel 2002, ne prende il posto come primo allenatore della squadra. Realizza subito il 'double' Campionato-Coppa d'Ucraina nel 2002/03, meno positiva è la seconda stagione, dove comunque conquista ancora una volta il titolo. 

Fa giocare alla squadra un calcio di qualità, veloce e offensivo, ma nell'agosto del 2004 viene licenziato dal club. La Federazione lo nomina Ct. dell'Ucraina Under 21. Ricopre l'incarico fino al 2008, quando diventa il Ct. della Nazionale maggiore ucraina. Subentra a Blochin e firma un biennale, ma nel 2009 è esonerato. Dopo qualche anno, nel 2012 fa ritorno alla Dinamo Kiev, facendo il Direttore sportivo e per 4 gare l'allenatore ad interim.

Nel 2019/20 svolge il duplice ruolo di D.s. e allenatore, vincendo un'altra Coppa d'Ucraina. Il 24 maggio 2021 è stato infine nominato vice-presidente del club. La Dinamo resta senza dubbio la sua casa, ma in cuor suo Mikhailichenko non ha mai dimenticato la stagione genovese.

Così quando si è presentato al Ferraris nel 2009, il glaciale sovietico si è lasciato prendere dall'emozione.

"È stato bello tornare in questo stadio, - ha dichiarato - quando sono entrato ho provato tanta nostalgia".

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