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TrapattoniGetty/GOAL

Trapattoni al Benfica: vittoria del titolo, maledizione spezzata e addio immediato

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Uno, due, forse tre anni. Spingendo fino a cinque, se proprio si vuole tirare la corda. Ma oltre il limite, nel baratro delle illusioni, non sembra esserci nessun appiglio alla realtà. Pensate ad un Real Madrid o un Barcellona incapace di vincere la Liga per un decennio. Sì, c'è un famoso slogan per cui Impossibile is Nothing, ma pensarci, nel nuovo millennio, si avvicina a confutarlo.

In Portogallo il campionato è ancor più chiuso. Dagli anni '30, dai primi anni del torneo lusitano, solo il Belenenses del 1945 e il Boavista del 2001 sono riuscite a spezzare il dominio della stretta oligarchia: Sporting Lisbona, Porto e Benfica. Oltre, il nulla. Le squadre di Oporto e Lisbona hanno schiacciato ogni possibile contendente, perdendo la rotta nel mare dei trionfi in due sole uscite.

Il trio del potere, però, si guarda in cagnesco e non collabora. Ognuno vuole il massimo e quando è stato possibile, ha instaurato un clima di terrore, tradotto in cinque o sei campionati di fila. Basti pensare al Porto degli anni '90, al Benfica dei '60.

Nel 2004, il Benfica ha però superato di gran lunga il suo precedente digiuno consecutivo degli anni '50 (quattro titoli dello Sporting Lisbona). Non sembra più esserci spazio per la regina del paese, avvicinata dalle due rivali.

In un clima di terrore sportivo, da cui non si riesce ad uscire, a Lisbona sbarca Giovanni Trapattoni. Lo specialista delle vittorie. Il maestro del calcio all'italiana. L'artefice della storia.

  • RITORNO ALL'ESTERO

    Trapattoni ha appena chiuso la sua prima avventura con una Nazionale, quella azzurra. L'Europeo 2004, così come il Mondiale 2002, non ha riportato un titolo importante alla formazione italiana, eliminata da 'coreani italiani' e biscotti in scatole danesi.

    Mentre Lippi comincia il cammino che lo porterà due anni dopo a usare gli White Stripes come base del po-po-po a Berlino e al Circo Massimo, Trapattoni torna al suo unico grande amore: i club.

    Parliamo dell'allenatore con più Scudetti conquistati, capace di accettare sfide come quella di Cagliari e diventare mito da social prima che i social esistessero ai tempi del Bayern Monaco.

    Trapattoni è ciò che serve al Benfica per tornare a vincere. Il Porto di Jardel non sembra avere limiti. Fa dell'attacco atomico la sua forza. Forse, per battere chi sembra implacabile, occorre usare un'altra tattica: quella figlia dell'estero, della regola madre per cui è meglio non prenderle piuttosto che darle.

    Al Benfica, Trapattoni troverà la giusta via di mezzo tra le proprie idee e le abilità dei locali: difesa ferrea e attaccanti rapidi, per un mix senza record: quello che porta a vincere, senza preoccuparsi di segnare più reti o passare alla storia come miglior difesa di tutti i tempi.

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  • TrapattoniGetty

    "QUI PER VINCERE"

    Perché usare giri di parole o evitare di dirlo? Trapattoni sa che la società e i tifosi contano su di lui per un solo motivo: spezzare il decennio di secondi e terzi posti. Sembra quasi che la maledizione di Bela Guttmann sia giunta anche in campionato, non più unico tabù europeo ma trasferitosi anche in Primeira Liga.

    Trapattoni lo sa. Parla, diretto:

    "Sono qui per vincere, Questa squadra ha tutte le carte in regola per puntare al titolo portoghese. Sono qui con lo stesso entusiasmo che avevo da giocatore ventenne. Non avrei mai immaginato di allenare la squadra che 41 anni fa fu l'avversaria nella mia prima finale di Coppa dei Campioni".

    Già, tra le prime delusioni europee del Benfica, quelle che nessuno pensava realmente potessero durare decenni, alimentando così la leggenda della macumba di Guttmann, c'è anche Trapattoni, centrocampista di quel Milan 1963 che depositerà per la prima volta nella bacheca rossonera il più importante trofeo europeo.

    Dal trentesimo titolo del Benfica targato 1994, il Porto ha vinto sette titoli, lo Sporting due, mentre il Boavista uno. Quest'ultima è avuto modo di finire sul podio due volte, per poi scomparire. Trapattoni conosce tutto alla perfezione. Sa quali saranno le contendenti:

    "Il Porto e lo Sporting Lisbona sono due formazioni molto forti, ma noi non siamo inferiori ai nostri avversari. Dissi che prima degli Europei non avrei preso in considerazione nulla. Ora è un onore in più dopo che l'Italia non è andata avanti, aver avuto la conferma da loro".

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  • Lele Adani InterGetty

    IDEE: ADANI E RUI COSTA

    Per vincere e ricominciare ad essere il Benfica, e non solo una squadra fuori dal tempo e dalla storia creata nei decenni precedenti, serve una commistione di fattori. Serve l'apporto dei senatori, ma anche delle operazioni in entrata per sistemare problemi e difetti.

    Trapattoni ha sempre evidenziato di guardare dvs, e prima vhs, per analizzare nel minimo dettaglio ciò che va e specialmente ciò che non va. Una parte dei problemi può essere sotterrata grazie alla sua esperienza, ma nel grande disegno occorre anche l'aiuto dei giocatori. O tutti con Trap o niente gloria.

    "Mi aspetto almeno tre rinforzi. Ho indicato alcuni nomi ai dirigenti. Ho ricevuto tutte le garanzie che avevo chiesto: il club si impegnerà per portare al Benfica gli uomini necessari".

    Nella lista di Trapattoni c'è anche Lele Adani, difensore dell'Inter entrato nel giro della Nazionale prima degli Europei, ma alla fine escluso per la forte concorrenza. Ora, però, il Trap ha intenzione di trattare il suo acquisto, sicuro possa essere un buon innesto per il campionato portoghese.

    Se Adani sembra un acquisto fattibile, riportare a Lisbona il grande ex Rui Costa è impresa titanica. Dopo aver conquistato Champions League e Scudetto, il portoghese non è ancora pronto per il ritorno a casa. Arriverà solo due anni dopo, per cominciare l'avventura che lo porterà a chiudere la carriera con i suoi amati colori, per poi divenire direttore sportivo ed infine presidente.

    Nè Rui Costa nè Adani, i vecchi pupilli, si trasferiranno in Portogallo. A Lisbona sbarcheranno tra gli altri Karadas, Quim, Everson, Nuno Assis. Un mix tra seconde scelte di Trapattoni e opzioni che il tecnico italiano imparerà ad apprezzare.

  • "AMBIENTE VIZIATO". INVERNO.

    Anche con il domino Porto e i costanti inserimenti dello Sporting Lisbona, il Benfica è sempre il Benfica. La squadra di Trapattoni non fatica ad entrare tra le migliori della classifica nei primi turni, ottenendo quattro vittorie nei primi cinque turni.

    Se in Primeira la squadra corre, la tifoseria storce il naso per l'immediata eliminazione dai playoff di Champions, che retrocederanno la squadra in Europa League, allora Coppa UEFA. Un evento che sembra confermare la maledizione non solo continentale, ma anche quella genrale che neanche Trapattoni sembra poter spezzare.

    Ve l'avevo detto, urlano sicuri di sè i disfattisti, quando nel sesto turno il Benfica perde il primo grande match di campionato, contro il Porto. Sembra essere ancora la squadra più forte, quella contro cui gli Encarnados non sembrano poter più nulla.

    Quando arrivai io a Lisbona non vincevano il titolo da 11 anni: era un ambiente viziato, che viveva nel passato, continuavano a pensare al Benfica di quando giocavamo io e Eusebio” ha raccontato di recente Trapattoni.

    Ma Giovanni è una velha raposa, una vecchia volpe. Sa che deve staccare le menti del popolo dalla tradizione e trasportarle in un mondo reale, in cui per vincere serve dimenticare il passato: pensare al risultato, non al gioco. O almeno, non in maniera ossessiva.

    "Cosa portai? Un certo pragmatismo. Spettacolo, certo, ma tenendo ben in mente il risultato. Qualche critica c’'è stata, qualche incomprensione coi tifosi pure. Ogni nazione ha la propria cultura calcistica e hanno avuto difficoltà a capirmi e a mettere in pratica le mie direttive tecniche. Sono abituati a giocare tutti avanti e basta".

    Allontanare, anche in maniera ridotta, una radicata idea di decenni non sarà facile per Trapattoni. Dovrà resistere ad un'inverno in cui le scorte basteranno per tenerlo in sella, nonostante una fame al limite: eliminato dalla Coppa UEFA, tra dicembre e gennaio cadrà quattro volte, anche contro lo Sporting Lisbona. Due scontri diretti, due sconfitte. Poi, però, il Benfica capirà.

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  • Trapattoni BenficaGetty

    VITTORIA E NOSTALGIA

    La sconfitta interna contro il Beira-Mar del 22 gennaio cambierà la storia. I giocatori, da Nuno Gomes a Luisao a Geovanni (tutti rappresentanti già in squadra prima di Trapattoni) si renderanno conto di dover indietreggiare verso il gioco italiano per poter vincere, abbandonando quell'idea di calcio spettacolare portoghese almeno in parte.

    Soffrire, ma per il bene della medaglia d'oro. Cinque gare senza subire reti nelle successive dieci, tre vittorie di misura, il pareggio contro il Porto e la complicata e spettacolare presa dei tre punti contro il Maritimo a ricordare come il desiderio di show forse ancora insito in Simao (capocannoniere) e compagni, diretti però solamente verso l'idea del titolo.

    Un titolo che arriverà sul gong con il pareggio contro il Boavista. Tre punti di distanza dal Porto e quel titolo promesso da Trapattoni in bacheca. L'unico, visto il k.o nella Coppa nazionale contro il Setubal.

    Il trionfo del campionato sarà soddisfacente per la città e i tifosi, per aver dimostrato di saperci ancora fare dopo gli anni in azzurro. Ma il Trap è stanco.

    "L'appetito vien mangiando, però ho anche voglia di starmene a casa mia, con la mia famiglia, in mezzo alle mie cose di sempre, ai miei amici, e non trascorrere le ore in albergo, in un Paese che non sento mio" dirà a Il Giornale. "E poi è doveroso che si sappia quanto mi è costato questo titolo vinto col Benfica, perché la sofferenza per un campionato vinto in un’altra nazione è doppia rispetto all'Italia".

    Intervistato prima della finale persa contro il Setubal, ancora dubbioso se continuare o meno, ancora attaccato all'idea di poter essere felice in Portogallo, Trapattoni non avrà più dubbi dopo la sconfitta in coppa.

    Già dopo il campionato vinto, aveva del resto riferito al club di voler lasciare. La parola data, i dubbi, prima della decisione finale:

    "Proposte? Certo, più di una ma devo valutare bene, anche per una forma di rispetto nei confronti del Benfica che vorrebbe restassi per fare la Champions. Qui ho ancora un anno di contratto, ma ho già inviato una lettera per annunciare che me ne andrò".

    Finirà proprio così, con l'addio da vincente. Da eroe della maledizione spezzata. Da chi è stato capace di far capire che il calcio non è solo tutti avanti, ma necessità anche di difesa, compattezza e vie di mezzo.

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