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Ryan Bertrand 2012Getty

Ryan Bertrand si ritira: fu campione d'Europa col Chelsea all'esordio in Champions League

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Nel calcio moderno si tende ad utilizzare troppo spesso dei termini che dovrebbero rappresentare eccezione. L'oggettività e la soggettività si mischiano, senza dare una certezza netta, quando si parla di fuoriclasse, leggende, campioni, icone, miti e simboli. Sembrano esserlo tutti, come quando si urla al capolavoro cinematografico e musicale. Devono essere rispettati dei canoni, da cui si può più discutere riguardo il gusto personale. Un discorso lunghissimo.

Di certo si è un po' persa l'eccezionalità dell'aver fatto qualcosa unico, di aver rappresentato realmente nel proprio insieme o nell'intero pianeta calcistico qualcosa mai fatto prima o non replicato. La storia diRyan Bertrand è di fatto unica soggettivamente, ma narra di un'unicità oggettività:nessuno, nell'era della moderna Champions League con svariati club per ogni nazione è riuscito ad esordire nella competizione giocando direttamente la finalissima. Lui sì, unico e solo.

Non solo Bertrand ha ascoltato per la prima volta la musichetta (nananananana Die Meister, Die Besten e così via) al centro del campo dopo aver sorpassato la coppa, ma è riuscito anche a vincere la Champions League immediatamente. Il suo allenatore, Roberto Di Matteo, non è passato alla storia come colui che ha schierato titolare un giocatore esordiente che ha influito sulla sconfitta della squadra, ma bensì come intuitivo maestro del riconoscere le possibilità del giovane Ryan.

  • IL CASO GILLINGHAM

    La storia di Di Matteo e quella di Bertrand ha molti aspetti simili. La grande somiglianza tra il tecnico italo-svizzero e l'esterno inglese è sicuramente l'aver vissuto una primavera che si è trasformata presto in autunno, mai più così in fiore. Hanno sfruttato l'occasione di quel maggio europeo di dieci anni fa per passare alla storia.

    Entrambi hanno ottenuto la medaglia d'oro, uno giovane terzino, l'altro mister di poco oltre i quaranta che si era affacciato al mondo da un paio di stagioni. Le stesse in cui si stava confrontando anche il classe 1989 londinese. Uno di quelli per cui viene utilizzata quella parola abusata (ci risiamo): predestinato. Il destino, in realtà, sembrava dilatato in un tempo infinito, attesa per il momento e la rivelazione della sua forza.

    A 17 anni viene spesso convocato in prima squadra, pochi mesi dopo essere stato strappato al Gillingham, società che dopo la vittoria della Champions da parte del ragazzo avrà un'espressione facciale tirata, a metà tra orgoglio e rabbia.

    Nel 2005, il passaggio al Chelsea divenne un caso portato in tribunale: Paul Scally, presidente del piccolo club, accusò i Blues di averlo prelevato ad un prezzo ridotto rispetto a quello concordato, ottenendo circa 150.000 euro di risarcimento. Una cifra irrisoria rispetto al talento del ragazzo e agli iniziali accordi, nuovamente sulle prime pagine dopo notizie, foto e video di Bertand con le orecchie (non le sue) al cielo.

    Bertrand ha saputo sfruttare al meglio le occasioni avute, aiutando la fortuna ad agire. Il trasferimento al Chelsea si è concretizzato nonostante tutto, ha fatto parte della prima squadra e della finale di Champions al momento giusto, dopo aver rischiato di essere uno dei tantissimi giocatori attratti dalle promesse Blues, senza però realizzare i propri sogni sotto il cielo di Londra.

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  • PIANETA A PARTE

    Non è un segreto. Se c'è una squadra in Premier League che porta a sè tantissimi giovani interessanti, senza però poter quasi mai dar loro la possibilità di esordire, nè tanto meno giocare nel lungo periodo in prima squadra, quella è il Chelsea. Solo alcuni talenti prescelti riescono a compiere il passo della conferma, immediatamente, o straordinariamente dopo anni di prestiti. Bertrand c'è riuscito, non un caso unico come il suo esordio in finale di Champions League, ma sicuramente limitato.

    Il primo trasferimento temporaneo - senza possibilità di riscatto - è quello al Bournemouth, in terza serie. Un campionato che Bertrand avrà modo di conoscere anche nell'annata successiva, la 2007/2008, giocando con più continuità indossando la maglia dell'Oldham Atheltic. E' in Championship, però, che Ryan ha il primo salto di qualità, tra i 19 e i 20 anni. Viene ceduto al Norwich, dove si abitua alla squadra e alla città da gennaio a maggio, per poi essere confermato nell'intera annata successiva. Gioca praticamente ogni match, acquisendo il soprannome di Plastic, in virtù del cantante belga Plastic Bertrand.

    Veloce, tecnico, duttile, ha un contratto di lungo termine con un Chelsea che non ha però nessuna intenzione di riportarlo a casa. Troppo presto, troppa concorrenza sulla sua corsia mancina. I prestiti continuano anche al Reading e al Nottingham Forest, da cui viene richiamato, cinque anni dopo.

    Nel 2011, finalmente, esordisce con la prima squadra dei Blues, chiudendo la prima parte della sua vita, allontanando l'idea di essere l'ennesimo ragazzo senza possibilità. Almeno per un po', perchè la sola gara giocata contro il Birmingham non è certo sicurezza di una conferma. Nè di un nuovo arrivederci. Il treno si ferma nella sua vecchia stazione: non ci sono nuove destinazioni.

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  • PENSIERO STUPENDO

    La cessione di Zirkov libera un posto sulla fascia sinistra, che Bertrand è felice di occupare. Certo, è il vice Ashley Cole, ma le sue capacità offensive lo rendono possibile sostituto anche di Malouda o Kalou, esterni mancini nelle mani di Villas-Boas, tecnico lusitano che cerca di essere il nuovo Special One in quel di Londra. Nessuno spoiler, visto il già citato ruolo del sostituto Di Matteo: non ci sarà riuscirà.

    Per Bertrand le occasioni sono poche, ma essere riuscito a fuggire dal destino del prestito-prestito-prestito-riscatto-addio definitivo è già di per sè non un traguardo, ma un obiettivo raggiunto: il modo per mettersi in mostra e confermarsi al Chelsea, con piano B che porta ad un nuovo club d'elite.Coleè imprescindibile e stakanovista: la panchina è una nemica che conoscerà fin troppo bene, riuscendo comunque a farsi trovare pronto durante l'infortunio del connazionale.

    Di Matteo lo schiera sulla fascia sinistra per le gare contro Wigan, Fulham e soprattutto Arsenal. Nel derby londinese terminato 0-0 ha annullato Walcott, folgorando i tifosi e il tecnico, pronto a proporlo titolare anche nelle ultime sfide di campionato in virtù di un Cole non al meglio, alla ricerca di un recupero totale dall'infortunio alla coscia in vista della finale di Champions League nel frattempo raggiunta dal Chelsea. Bertrand non solo è tra i migliori, ma è anche una freccia di indubbia duttilità. Quando si ricicla come esterno alto sulla fascia mancina, un pensiero comincia ad apparire.

    Se Cole è pronto per la finale di Champions League, non è invece totalmente recuperatoMalouda. Kalou è stato invece dirottato sulla destra, in una posizione in cui si sente a suo agio. Chi schierare dunque a sinistra? Nei giorni precedenti alla sfida di Monaco di Baviera, in cui il Bayern finalista giocherà in casa, Di Matteo ha provato anche la soluzione Bertrand, utilizzata solamente per qualche minuto in campionato. Basta e avanza secondo l'idea del mister. Cammina sulla linea tra la genialità e la pazzia.

  • RE A CASA DEGLI ALTRI

    Di Matteo disegna il suo Chelsea con il 4-2-3-1, in cui Lampard e Obi Mikel difendono una linea a quattro davanti a Cech composta da Cole, Cahill, David Luiz e Bosingwa. Kalou è confermato sulla destra, insieme a Mata, Drogba e Ryan Bertrand, il 21enne che fa il suo esordio in Champions League giocando la finale. A Monaco di Baviera. Contro il Bayern. I Blues hanno ancora in mente lo scivolone di Terry nell'unico ultimo atto giocato quattro anni prima. Una finale, una sconfitta ai rigori. Ribaltiamo.

    Bertrand ha di fronte Robben e Lahm, una catena di montaggio perfetta: tecnica, velocità, ingranaggio perfetto. Ryan, però, non ha mostrato segni di cedimento mentale. La sua mano è ferma, il suo sguardo vigile. Ha capito che è veramente arrivato il suo momento, da non lasciarsi scappare. I tifosi inneggiano a lui e alla sua unicità. Lui, carico fuori ma con il cuore a mille, non guarda la coppa. La gusta, mentalmente.

    La finale contro il Bayern non è un capolavoro di tecnica, ma di necessità.Si lancia sugli avversari e sul pallone come può, cerca di mettere in moto il carattere più che la tecnica. Fatica a creare occasioni, più propenso a difendere che attaccare, ma fa quel che può con carattere e costanza fino ad una sostituzione necessaria e di routine al minuto 73. Malouda entra per l'ultima parte di gara, in cui prima Muller e Drogba fisseranno il risultato sul pari, allungando la finale ai supplementari prima e ai rigori poi. Una lotteria che regalerà al Chelsea la Champions e a Bertrand il doppio unico record di aver esordito in finale e averla vinta.

    In un trentennio di moderna Champions League, solo Bertrand. Nella vecchia Coppa dei Campioni, invece, furono altri due inglesi ad esordire in finale alzando la cielo la coppa: non un Re unico nel torneo in cui a partecipera erano effettivamente i soli conquistatori del campionato. Nel 1979 Trevor Francis del Nottingham e nel 1982 Nigel Spink.

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  • UN NUOVO BERTRAND, POI IL RITIRO

    La vittoria della Champions e il salto in avanti mentale derivante del successo daranno maggiore spazio a Bertrand, che riuscirà comunque a giocare con i Blues solamente un altro anno e mezzo, prima di lasciare Londra. Una decisione sofferta, ma necessaria per provare ad essere veramente protagonista, senza pressioni e ansie continue.

    "Ho lasciato per me stesso"dirà Bertrand anni dopo aver firmato con il Southampton, nel 2014."Volevo sentirmi un calciatore e non mi sentivo tale al Chelsea. È stato emozionante fare parte della storia dopo essere cresciuto con loro".

    "C'era l'attaccamento emotivo, ma quando ero lì ogni volta che ho avuto la possibilità di giocarenon ho mai sentito il pieno supporto per rilassarmi e godermi il mio calcio.Era come un'audizione. E questo non è mai salutare. Da giovane giocatore, vuoi che il club sia abbastanza stabile da dire: 'Ci fidiamo di te, esci e gioca' Non vuoi far sentire un giovane giocatore al limite".

    Bertrand giocherà in Champions in sole tre occasioni dopo la finale vinta contro il Bayern, più qualche apparizione in Europa League con il Chelsea prima e con il Southampton poi, club con il quale ha militato tra alti e bassi - sia personali, sia di classifica -chiudendo al Leicester dove ha indossato la maglia delle Foxes dal 2021 al 2023. Ora lo stop, col ritiro a 34 anni.

    Le poche presenze con i Blues nella seconda competizione continentale basteranno per un nuovo dorato riconoscimento: l'Europa League.

    Tra il 2011 e il 2013 Bertrand ha giocato nove gare tra Champions League ed Europa League, vincendole entrambe. Definirlo unico per questo dato farebbe crollare il castello costruito fin qui. La sua unicità, che regge tutt'oggi, l'ha del resto raggiunta quel 19 maggio 2012 a Monaco di Baviera.