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Ofori QuayeGOAL

Ofori-Quaye, il più giovane marcatore della Champions: un record durato 22 anni

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Quando il 10 dicembre 2019 Ansu Fati ha segnato la rete del 2-1 definitivo del Barcellona in un match di Champions League contro l'Inter, al pari del più giovane talento della cantera la tendenza sul web era quella di cercare chi fosse Peter Ofori-Quaye.

Ansu Fati aveva rispettato la legge della ciclicità degli eventi, portando il suo predecessore ad essere riscoperto in giro per il mondo. Il 17enne del Barcellona era diventato il più giovane marcatore nella storia della Champions Lague, portando il pianeta ad interessarsi di lui. Un ragazzo, Anssumane, capace di segnare un goal nella competizione più importante d'Europa ad appena un mese e mezzo dal compimento dei 17 anni.

Ma interessandosi ad Ansu Fati, la catena della curiosità portò il pianeta a rendere realmente famoso a livello planetario - dopo una timida scoperta a fine anni '90 - un uomo, Peter, che a fine 2019 stava per chiudere gli -enta per lasciar spazio, nel 2020 ai temibili -anta.

Peter Ofori-Quaye era passato alla storia come marcatore più giovane nella storia della Champions League, ma a cavallo tra fine anni '90 e inizio 2000 non era stato mai realmente famoso. Una statistica dimenticata, una chicca che neanche gli appassionati di dati calcistici sembravano ricordare.

Almeno fino a quando Ansu Fati ha sì superato Peter, permettendogli però di uscire dall'ombra, mentre lo stesso aveva già intrapreso una nuova parte della sua vita. Ancora nel calcio, lontano dai tacchetti.

  • IN GRECIA A 15 ANNI

    Se ci sono dei giovani giocatori capaci di entrare nel calcio professionistico prima della maggiore età, quelli sono i ghanesi. Ad Accra e dintorni le opportunità per 15enni e 16enni nel massimo torneo locale, la Premier League, non mancano.

    Peter, a metà anni '90, è uno di loro. Veloce, tecnico, con una rapidità di pensiero superiore a coetanei e colleghi navigati. Quelli che lo chiamano Pee, bonariamente.

    Pee, Ofori-Quaye, guadagna la massima serie ghanese quando gli anni nel passaporto sono appena 14. Gioca per i Ghapoha Readers, segna per i Ghapoha Readers.

    Nonostante la precocità e nonostante nelle strade di Accra non si parli altro che del ragazzino che gioca come un adulto e sorride come fosse un tutt'uno con il pallone, la prima delusione è cocente: non viene selezionato per la Coppa del Mondo FIFA Under 17 del 1995 in Ecuador, dicendosi stupefatto per la mancata chiamata.

    Una mancata chiamata che non permetterà a Ofori-Quaye di festeggiare il titolo di categoria, conquistato ai danni del Brasile. Un Ghana, quello del '95, composto da giocatori che non riusciranno a sfondare in Europa, ad eccezione fatta di Stephen Appiah, volto noto in Italia a cavallo tra quel decennio e quello successivo.

    Il Mondiale no, ma l'Europa sì. Ofori-Quaye non verrà lasciato a casa per favorire i coetanei d'oro in Ecuador, bensì chiamato in Grecia durante l'autunno successivo: a farsi avanti sarà il Kalamata.

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  • Ofori-QuayeGetty

    SOTTO L'ALA DI JOHNSON

    Il club bianconero, nato appena trent'anni prima, sta puntando forte sui connazionali di Ofori-Quaye, tanto che a Kalamata sono arrivati Sam Johnson, Afo Dodoo ed EB Hagan. Nessuno di loro però è un adolescente schiacciato da una nuova vita che sta correndo più veloce di quanto faccia lui. E non è certo facile.

    Anche loro sono arrivati in città pochi mesi prima di Ofori-Quaye, ma nessuno sta avendo i problemi - abbastanza ovvi - di Peter:

    “All'inizio è stato molto difficile. Ero troppo giovane e vivevo da solo in una casa con 4 camere da letto. Erp molto solo - racconterà a Citysportonline - Sono grato a Sam Johnson ed Afo Dodoo perché mi hanno aiutato a sistemarmi. Sono arrivato a un punto in cui volevo tornare in Ghana, ma Johnson mi ha chiesto di venire a stare con lui, quindi ho lasciato il mio posto per andare a vivere con lui".

    Samuel Johnson ha sette anni più di Peter e ha fatto esperienza con gli Hearts of Oak, in patria. Sa gestirsi, ha ormai imparato come fare. Ora, nonostante non sia certo un 35enne, bensì un 22enne, prende Ofori-Quaye sotto la sua ala protettiva, da fratello maggiore:

    "Ha cambiato tutto perché sono diventato più a mio agio e di solito mi diceva che se qualcuno mi avesse affrontato duramente, si sarebbe vendicato per mio conto".

    A 15 anni, dopo essere entrato nelle grazie di Sam, Peter riesce ad ambienarsi sempre più. Grazie all'amicizia dei connazionali e non dal lato sportivo, vista la regola dei soli tre stranieri contemporanei e la necessità di scegliere tra Johnson, Dodoo - entrambi intoccabili -, Eb Hagan, favorito giornata dopo giornata, e lo stesso Ofori-Quaye.

    Per Peter la grande occasione arriverà suo malgrado con il trasferimento del fratello-maestro-guida, Johnson, ai belgi dell'Anderlecht nel 1996. Una svolta che l'allora quasi 16enne sfrutterà, cominciando a segnare con regolarità, tanto da ottenere anche la convocazione - stavolta sì - al Mondiale U20 1997.

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  • IL RAGAZZO PRODIGIO

    La seconda stagione a Kalamata convince il più grande club del paese, l'Olympiakos, a mettere sul piatto circa 4 milioni di euro per strapparlo ai bianconeri. Per il club e il giocatore si tratta di un'offerta irrinunciabile e Peter prende la via del Pireo. La sua grande opportunità.

    L'Olympiakos del resto gioca la Champions League e per Ofori-Quaye è semplicemente un sogno che si avvera. Un sogno che assume dimensioni sempre più grandi, quasi oniriche.

    A 17 anni, 6 mesi e 7 giorni, partecipa dalla panchina alla scoppola rimediata sul campo del Rosenborg, segnando l'unica rete greca dopo l'ingresso in campo ed entrando di diritto nella storia della Champions come marcatore più giovane.

    “È stata la mia partita d'esordio con l'Olympiakos - ricorda Ofori-Quaye - Faceva così freddo che non riuscivo a sentire i miei piedi o le mie mani. Infatti, durante il riscaldamento, ho dovuto chiamare un compagno di squadra per aiutarmi ad allacciarmi la scarpa perché non potevo piegare le dita per farlo".

    Ofori-Quaye è consapevole delle proprie qualità, ma anche della propria maturità. Dopo aver segnato l'unico goal dell'Olympiakos (5-1 finale, rete greca per il 4-1 momentaneo), Peter non esulta.

    Scosso dalla delusione della goleada, colpisce col destro con un diagonale che si insacca all'angolino, ricevendo il cinque dei compagni. Senza nessun sorriso. Di chi vuole di più: vuole vincere e non solo essere una statistica.

    "Sapevo che avrei segnato e ho continuato a dirlo all'allenatore per tutta la sera: quando mi ha messo in campo, ho colto l'occasione".

  • Ofori-QuayeGetty

    DOLORE E GHIACCIO

    Ofori-Quaye avrà comunque il modo di esultare in quella stagione di Champions League, andando a rete anche contro Lione e Deportivo la Coruna, legittimando il suo status di giovane del futuro. Forte, talentuoso, maturo, ma anche 'troppo buono'.

    Dopo la già citata mancata convocazione al Mondiale Under 20 del 1995, e il quarto posto del 1997, Ofori-Quaye può straordinariamente partecipare ancora ad un'altra edizione del torneo: gli anni sono ancora 19, del resto.

    Età in cui molti cominciano e che per il ragazzo, invece, sarà già l'inizio della fine. Ofori-Quaye subirà un infortunio ai legamenti del ginocchio, ma contro le indicazioni dell'Olympiakos di riposarsi e lasciare il torneo, il ragazzo preferirà dare tutto per il bene del suo paese. Troppo grande l'amore per il Ghana e la consapevolezza di essere la stella più lucente.

    “Volevo servire il mio paese. Ho giocato tutto il torneo con iniezioni e ghiaccio avvolto intorno al ginocchio. Dopo ogni partita era impossibile camminare. Il mio ginocchio si gonfiava e ricordo che Stephen Appiah mi diceva sempre di superare il dolore. Guardando indietro, giocare con quell'infortunio è stato il più grande errore della mia carriera".

    Inutile nasconderlo: Ofori non riesce ad osservare le pieghe del tempo e restare indifferente. L'avere giocato quel Mondiale (chiuso tra l'altro ai quarti) rovinerà per sempre il suo ginocchio, con cui dovrà fare i conti con il resto della carriera.

    Aveva iniziato il torneo alla grande segnando quattro goal in cinque reti. Si sentiva invincibile, ma non lo erano né lui né la sua Nazionale, eliminata dalla Spagna in terra nigeriana.

    Nonostante una buona media realizzativa di un goal ogni tre gare, Ofori-Quaye sarà sempre limitato da quel ginocchio ballerino e dalla consapevolezza di poter rischiare settimana dopo settimana uno stop definitivo.

    La sua carriera proseguirà tra Grecia e Ghana, passando per Israele e Cipro. Nel 2012, a sette anni dal record di Ansu Fati, chiuderà al Bechem United.

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  • UNA NUOVA VITA

    A 32 anni, dopo gli ultimi due anni in continua discesa, Ofori-Quaye dice basta:

    “Ho dovuto ascoltare il mio corpo. Volevo solo smettere di giocare e godermi la vita, lasciare il calcio per sempre e riposarmi un po".

    Almeno in quello giocato, perché dopo l'iniziale rifiuto a rimanere nel calcio, Peter verrà assorbito dal mondo del pallone sull'altro lato:

    “Non volevo rimanere nel calcio, ma un giorno un compagno dalla Grecia mi ha chiamato e mi ha detto di usare il mio occhio tecnico per cercare nuovi talenti. Questo è quello che sto facendo ora".

    Ofori-Quaye è stato una stellina del calcio, ma rispetto a tanti colleghi che si sono persi per le troppe aspettative e i paragoni, è finito nell'altro mucchio: quello dei giovani fermati dagli infortuni. Per essere stato troppo generoso e aver provato in tutti i modi ad aiutare il proprio paese. Nonostante la mancata convocazione del 1995, ma per fare ciò che Sam Johnson aveva fatto con lui: aveva supportato la persona che aveva più bisogno con i mezzi a propria disposizione.

    Peter Ofori-Quaye ci ha provato al Mondiale Under 20 del 1999, cambiando per sempre la sua vita calcistica. Scendendo pian piano nel girone dei dimenticati. Prima dell'arrivo sulla scena di Ansu Fati e del meritato giro per andare a cercare chi fosse il ragazzo che da vent'anni teneva stretto il record di precocità.

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