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Nené, l'acquisto "sbagliato" della Juve diventato leggenda a Cagliari

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Arrivato in Italia per fare il centravanti della Juventus, e frettolosamente bocciato dopo una sola stagione, si affermerà in Sardegna dapprima come ala e poi come mezzala, diventando una leggenda del Cagliari e della Serie A.

Nené Claudio Olinto de Carvalho, per tutti semplicemente Nené, ai successi in Sudamerica con il Santos aggiungerà lo storico Scudetto del 1969/70 vinto con il Cagliari di Scopigno. In pochi, come lui, potevano vantarsi di aver giocato nella sua carriera con Pelé, Sivori e Gigi Riva.

Divenuto una bandiera rossoblù, lascerà il calcio giocato nel 1976 da recordman di presenze dei sardi in Serie A (venendo superato solo molti anni dopo da Daniele Conti), dedicandosi in seguito alla carriera da allenatore, ruolo in cui si dimostrerà particolarmente abile a lavorare con i giovani. Fra i suoi allievi anche Walter Mazzarri e Claudio Marchisio.

  • IL SOGNO DI UN BAMBINO E L'APPRODO NEL SANTOS

    Nato a Santos, nello Stato di San Paolo, in Brasile, il 1° febbraio 1942, colui che per semplicità chiamano Nené ("Bambino") è quello che può essere definito un figlio d'arte. Suo padre, infatti, Olindo Herminio de Carvalho, è stato un terzino del Santos che ad un certo punto ha lasciato la carriera da calciatore per lavorare in maniera più redditizia come elettricista.

    Claudio, però, come tanti bambini, ha un sogno nel cassetto: quello di diventare un giorno un calciatore professionista. Inizia a giocare a calcio scalzo per strada nelle partite di quartiere, poi all'età di 15 anni entra nel Senador Fejo.

    Sua madre, Ruth de Jesus Ribeiro da Silva, vorrebbe che intraprendesse lo stesso mestiere di suo padre e lasciasse perdere il pallone.

    "Guarda tuo padre, mi ripeteva, ha giocato, gli piaceva, pensava tanto al calcio. Tuo padre era generoso, ma il calcio con lui non lo era. Allora diventa elettricista come tuo padre...".

    Claudio, invece, coltiverà il suo sogno. Segnalato da uno scout del 'Peixe', come viene soprannominato il club della sua città natale, un giorno del 1956 si presenta con un compagno al provino per entrare nel club alvinegro e lo supera.

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  • I GRANDI TRIONFI CON PELÉ: 11 TITOLI IN 3 ANNI

    Nené entra così a far parte del Santos, il club di colui che sta per diventare 'O Rei', Pelé, che è oltre un anno più grande di Claudio. Dopo alcuni anni nelle Giovanili, il 15 settembre1960, all'età di 18 anni, ha l'occasione di debuttare in Prima squadra con quello che all'epoca era un grande club (ci giocavano anche Pepe, Zito, Dorval, Coutinho, Mengalvio, Lima e Sormani).

    Nella sfida del Campionato Paulista contro la Juventus di San Paolo, Claudio subentra a Nei e all'88' ha l'occasione per bagnare il suo esordio con un gran goal, che lui stesso ricorderà spesso:

    "A un certo momento scatto sulla sinistra, Pelè mi segue, io gli do il pallone, lui me lo ridà con tocco morbidissimo e io mi trovo davanti al portiere. Il goal è stato facile, poteva farlo lui, invece l’ha fatto fare a me. Pelè è stato buono e generoso, Pelè è sempre stato prima un uomo e poi un giocatore. Tutti in Brasile volevamo diventare come lui".

    Il Santos vince quella gara per 5-2 e il giovane Nené è festeggiato da Pelé e dagli altri compagni di squadra. Dal 1960 al 1963 anche per Claudio si apre così un periodo di grandi successi: a volte è proprio la riserva del grande Pelé, a volte agisce a suo supporto da rifinitore o centravanti arretrato, indossando la maglia numero 9 o la 11.

    Conquista con il Santos 3 Campionati paulisti consecutivi (1960, 1961, 1962), poi un Torneo Rio-San Paolo (1963), 2 Campionati brasiliani (1961, 1962), 2 Coppe del Brasile (1961/62), 2 Coppe Libertadores e la Coppa Intercontinentale del 1962 (vinta sul Benfica di Eusebio, in due gare in cui il futuro rossoblù resta sempre in panchina). In tutto la bellezza di 11 titoli in appena tre anni, conditi da 24 goal in 54 partite disputate.

    Non solo: le sue prestazioni gli valgono nel 1963 la convocazione del Brasile per i Giochi Panamericanivinti dai verdeoro e disputatisi a San Paolo.

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  • IL PASSAGGIO ALLA JUVENTUS E L'EQUIVOCO TATTICO

    Nel giugno del 1963 il Santos di Pelé e di Nené fa una tournée in Italia e il 26 gioca a Torino un'amichevole di lusso contro la Juventus di Enrique Omar Sivori. È la seconda volta, dopo quella del 1961 (0-2 per i brasiliani) che 'O Rei' sfida 'El Cabezón'.

    Per i piemontesi è la gara del rompete le righe della stagione 1962/63. Nell'attacco bianconero gioca un francese, Yvon Douis, in prova e molto referenziato, che potrebbe essere acquistato dalla Vecchia Signora l'anno seguente.

    Ma contrariamente alle aspettative, Douis non convince, nonostante la Juventus di Amaral si aggiudichi la partita per 5-3 con un Sivori, autore di una tripletta, da applausi. Ad attirare le attenzioni è però dall'altra parte un ragazzo dalla pelle color ebano. Ha 21 anni e gioca con il numero 8. È alto, velocissimo, tecnico e duetta a meraviglia con Pelé.

    Si tratta, appunto di Nené, che nel 'Peixe' agisce da centravanti di manovra-rifinitore. Giampiero Boniperti, divenuto dirigente dopo aver smesso i panni del calciatore, chiede informazioni ai dirigenti del Santos. I bianconeri, che nel 1961 ci avevano provato concretamente per Pelé, sentendosi dire "no" dal campionissimo, ora cercano sul mercato il sostituto di John Charles.

    "È la riserva di Pelé - gli dicono -, ma rispetto a 'O Rei' è più centrocampista".

    Boniperti e il tecnico Amaral sono convinti che il brasiliano possa giocare da centravanti di manovra (un po' come lui da giovane) e contatta Claudio e poi lo segue in Brasile. C'è da vincere la ritrosia della famiglia, in particolare della madre, ma Nené alla fine dice sì e nell'estate del 1963 si trasferisce a Torino. Inizia per lui l'avventura italiana.

    Il suo sorriso, la sua affabilità e i suoi modi gentili conquistano tutti fin dal ritiro estivo di Cuneo, in particolare i tifosi, di cui diventa presto un beniamino. L'unico un po' sul chi va là resta capitan Sivori, che guarda sempre con diffidenza i calciatori brasiliani.

    "Incominciai il periodo del noviziato a Torino in un albergo - racconterà Nené -. Devo dire che, in principio, non mi ambientai affatto. Io non parlavo l’Italiano, nessuno mi capiva. Poi Carlo Mattrel mi ospitò in casa sua e trovai un po’ di calore umano. Conobbi anche la ragazza che è diventata mia moglie".

    In campo, con gli arrivi di Dell’Omodarme e Menichelli, l'allenatore Amaral vara per la Juventus un 4-2-4 di stampo brasiliano, e dispone il nuovo acquisto nel ruolo di centravanti di manovra accanto a Sivori. Il modulo fa discutere, ma gli inizi sono incoraggianti.

    Il 15 settembre 1963 Nené debutta in Serie A al Comunale contro la SPAL, e i bianconeri vincono 3-1. Segue un passaggio a vuoto fuori casa con il Modena (1-0 per i Canarini), ma la 3ª giornata sembra la sublimazione degli schemi del tecnico brasiliano: secco 4-0 casalingo della Vecchia Signora al Bari.

    Il 3° dei 4 goal è anche il primo di Nené in Italia: il brasiliano è autore di una bella azione personale, conclusa con un dribbling sul portiere e il pallone depositato docilmente in fondo alla rete. Nella 4ª giornata nuova vittoria bianconera: apre Sivori, chiude Nené con un colpo di testa degno di Charles.

    Il momento fortunato del brasiliano prosegue alla 5ª giornata, nella quale firma il provvisorio vantaggio sulla Fiorentina, che poi impatta il risultato sull'1-1. Ma l'idillio fra Amaral e la dirigenza juventina, cui non piace il 4-2-4 del tecnico brasiliano, si esaurisce e si apre la crisi tecnica che sfocia nell'avvicendamento in panchina con Eraldo Monzeglio il 4 ottobre 1963. La serie d'oro di Claudio comunque continua con la Roma: doppietta, con Sivori squalificato che applaude in tribuna, e vittoria bianconera per 3-1. Ma la gara che fa entrare definitivamente Nené nel cuore dei tifosi della Juventus è la seguente, il Derby di andata contro il Torino.

    La Vecchia Signora si impone nettamente per 3-0 e il primo dei 3 goal porta nuovamente la firma del ragazzo arrivato da Santos. In mezzo, il 2 ottobre, prima dell'arrivo di Monzeglio, anche il debutto europeo in Coppa delle Fiere dal goal contro l'OFK Belgrado. In tutto fanno 7 reti in 12 gare, certamente un bel bottino per un'esordiente nel calcio italiano.

    Ma dopo qualche settimana Monzeglio torna al gioco tradizionale e Nené deve adattarsi ad agire da vero centrattacco d'area di rigore. Un ruolo che certamente non gli apparteneva e che, nonostante le buone prestazioni fornite, determinerà alla lunga la sua bocciatura da parte della società torinese.

    Nené va a segno nel 2-2 di San Siro contro il Milan il 24 novembre: su un traversone dalla sinistra, il suo stacco di testa precede l’intervento di Barluzzi e Maldini e spedisce la palla nell’angolo alto alla sinistra del portiere.

    Successivamente gioca molto bene nel rotondo 4-1 del Comunale contro l'Inter prima di Natale, propiziando 2 dei 4 goal. Ma poi finirà per perdersi, e nel girone di ritorno troverà la via del goal soltanto quattro volte: in trasferta con il Mantova (1-1), 2 volte in casa con il Vicenza (4-1) e nella penultima giornata nella sfida casalinga col Catania (4-2).

    La Juventus chiuderà la stagione al 5° posto, a pari merito con la Fiorentina quarta, ma con un quoziente reti sfavorevole, e otterrà la qualificazione alla Coppa delle Fiere, competizione in cui era uscita ai quarti di finale con il Real Saragozza.

    Alla fine i goal segnati da Nené nel suo primo anno in Italia giocando da attaccante saranno in tutto 12 in 35 presenze totali, di cui 11 reti in 27 partite in campionato, 6 presenze e un goal in Coppa delle Fiere e 2 presenze in Coppa Italia.

    Numeri di tutto rispetto per un giocatore al suo primo anno nel campionato italiano, che aveva peraltro dimostrato grande duttilità e spirito di adattamento, ma che contrariamente alle sue aspettative, non porteranno alla sua conferma. Forse anche per volontà di Sivori.

    "Alla Juventus cercavano un centravanti; io non lo ero. Per via delle mie lunghe leve ero molto veloce in progressione; prediligevo partire da lontano per poi, giunto sul fondo, crossare verso i compagni piazzati in area di rigore".

    Nené passerà dunque alla storia come "l'acquisto sbagliato" della Vecchia Signora, che alla disperata ricerca dell'erede di John Charles, aveva deciso di puntare su un centravanti che centravanti effettivo non era. Finendo per creare, soprattutto dopo il cambio in panchina, un equivoco tattico.

    "La Juventus non poteva aspettarmi, non aveva pazienza - commenterà Nené anni dopo -. Ci sono rimasto un anno, un solo anno, anche se ho fatto un po' di goal. Quando ho iniziato a capire il calcio italiano a Torino mi hanno ceduto".
  • IL CAGLIARI E LA CONSACRAZIONE COME CAMPIONE

    Nell'estate del 1964Nené viene così ceduto al Cagliari, neopromosso in Serie A, in un'operazione di mercato destinata ad entrare nella storia, come racconterà lo stesso calciatore brasiliano. I rossoblù, infatti, non possono permettersi di pagare il costo elevato del cartellino, valutato 600 milioni di vecchie Lire. Così i due club, grazie all'abilità del vicepresidente e uomo mercato isolano, Andrea Arrica, trovano una soluzione inedita.

    "Passai al Cagliari e non tutti sanno che sono stato il primo calciatore al mondo venduto a rate - racconterà il brasiliano -. Prima un 25%, l’anno dopo un altro 25% e così via...".

    La cessione al club rossoblù sarà perfezionata infatti con il pagamento di quattro rate annuali, un po' come facevano gli operai in quel periodo per acquistare un'utilitaria FIAT come la Bianchina. Approdato in Sardegna, Nené trova ad aspettarlo il tecnico rossoblù Arturo Silvestri, noto 'Sandokan'.

    "Ragazzo, su con la vita, questo è un buon posto, qui c’ è del buon calcio - gli dice vedendolo giù di morale -. Ribellati, fai quello che sai fare. Ricordati che sei brasiliano e hai giocato nel Santos di Pelé".

    Il lavoro psicologico di Silvestri funziona e spostato sulla fascia destra Nené si rivela un giocatore devastante con le sue caratteristiche. Claudio, che fa il suo esordio il 13 settembre 1964 fuori casa contro la Roma, impiegato in un ruolo a lui congeniale, in campo sa fare un po' tutto: fraseggiare, alzare la testa e pescare con lanci lunghi i compagni con morbida precisione.

    Uno su tutti: Gigi Riva, che lui chiama in lingua portoghese "Luisão"(pronuncia "Luisón"), con cui stabilisce da subito un rapporto speciale.

    "Quando me la lanci, oggi - gli dice 'Rombo di Tuono',gesticolando con le mani- falla girare così, non così".

    Claudio invece, come ricorderà spesso Tomasini, altro suo grande amico, approdato in rossoblù nel 1968, ha una sua teoria su come trattare il pallone:

    "La palla è di cuoio - spiega spesso - il cuoio è la pelle della vacca, la vacca cosa mangia? L'erba. Quindi la palla vuole l'erba, deve viaggiare sempre rasoterra".

    Quello che poi gli riesce sempre benissimo, è correre con le lunghe leve che si ritrova (è alto un metro e 82 centimetri per 78 chilogrammi). Passa alla storia in tal senso una sua prestazione all'Olimpico contro la Roma il 3 dicembre 1967.

    La gara è sull'1-1, quando al 30' Nené accelera, scarta secco al limite dell'area lasciando sul posto Cappelli e infila il portiere all'incrocio dei pali: 1-2 per il Cagliari. Ma non è finita perché nella ripresa l'ex Santos, raccolto appena fuori dall'area un rinvio corto della sua difesa, si invola a grandi falcate in contropiede, semina nell'ordine Taccola, Ferrari, Carpenelli e Robotti e arrivato all'altezza dell'area di rigore mette in mezzo un pallone basso facile da insaccare per Riva: 1-3. La gara finirà poi 2-3 per i rossoblù.

    Il tutto mentre il pittoresco tecnico giallorosso, Oronzo Pugliese, prova a inseguirlo lungo la fascia laterale del campo, urlando nei suoi confronti: "Passala a me, passamela a me!", per provare a distrarlo. Con il Cagliari Nené resta ben 12 stagioni consecutive, trovando nella Sardegna e nei sardi, che tanto affetto gli dimostrano, una sua seconda casa.

    Pur non trovando più la doppia cifra realizzativa, gioca campionati di altissimo livello e contribuisce con la sua classe e l'intelligenza calcistica a portare il Cagliari nel gotha del calcio italiano degli anni Sessanta.

    Il 4 dicembre 1968, il Cagliari è impegnato a Vienna nel Primo turno della Mitropa Cup contro il Wiener Fc. La partita è dura e difficile (il Cagliari perderà 1-0), e ad un certo punto succede l'inaspettato.

    "Giocavamo col Wiener - ricorderà Gigi Riva -. Un tifoso salta la barricata e comincia a picchiare Nené. Molto probabilmente era un razzista. A quel punto è partita tutta la squadra proprio in difesa di Claudio e io ho avuto la fortuna di trovare quello che lo stava maltrattando. Mi veniva incontro. E gli ho dato un cazzotto...".

    Quando nel 1969 i rossoblù prelevano dall'Inter Angelo Domenghini, Nené gli cede la fascia destra, diventando una delle mezzali più complete della Serie A e trovando in questo ruolo la sua consacrazione. Risulta infatti sempre fra i migliori nelle classifiche di rendimento.

    La stagione più bella è il 1969/70, al termine della quale, sotto la guida di Manlio Scopigno, Nené e compagni conquistano uno storico Scudetto. Il brasiliano è una pedina fondamentale del centrocampo sardo, composto anche, nell'undici titolare, da Greatti e Brugnera, quando dopo l'infortunio di Tomasini, Cera va a ricoprire il ruolo di libero.

    Claudio contribuisce al Tricolore con 28 presenze e 3 goal, tutti di pregevole fattura: segna all’Amsicora di testa contro l’Inter battendo in elevazione Burgnich, quindi contro la Roma dribblando all’interno dell’area, e infine contro il Palermo con una potente sassata dal limite dell’area.

    Il 12 aprile del 1970, giorno dell'ufficialità dello Scudetto, anche "il brasiliano di Sardegna", come qualcuno lo aveva ribattezzato, si lascia andare a grandi festeggiamenti con i compagni. Lui che di solito nello spogliatoio era solito strimpellare la chitarra.

    "Lo Scudetto è stato il trionfo dell'amicizia. Eravamo un buon gruppo, unito, allegro, vivevamo in un condominio. Prendevo in mano la chitarra, strimpellavo, a volte facevo finta. Cantavo canzoni brasiliane. Era un divertimento, cominciato col grande Scopigno. Hanno detto che era un mago e poi un filosofo. Scopigno era un democratico, civile, tollerante amico. Lui apprezzava la nostra allegria. Voleva giocatori e uomini genuini. Noi eravamo genuini e abbiamo costruito grandi vittorie".

    Sono momenti belli e spensierati, cui seguiranno anni meno fortunati ma che comunque lo consegneranno per sempre al mito. Nené chiuderà la sua avventura da calciatore in rossoblù nel 1976, dopo un'ultima stagione in cui ha giocato poco ed è stato spesso impiegato anche da mediano o da libero, e che ha portato la prima amara retrocessione in Serie B.

    In tutto 30 goal in 390 partite, che ne fanno ancora oggi lo straniero con più presenze in assoluto nella storia del Cagliari. Di queste 311 (con 23 goal) le ha giocate in Serie A, cifre che lo rendono anche lo straniero più presente dei sardi in Serie A.

    A lungo è stato l'alfiere rossoblù in Serie A, finché Daniele Conti non lo ha superato di recente. Nelle statistiche del brasiliano con i sardi spiccano 4 presenze e un goal in Coppa dei Campioni al Saint-Etienne nella stagione post Scudetto.

    Fra le sue prodezze, anche un calcio di punizione da 40 metri con cui il brasiliano ha fatto goal all'Inter nel 1967, beffando un portiere esperto come Sarti. La prima rete rossoblù era arrivata l'11 ottobre 1964 con il Mantova (2-2 in trasferta), l'ultima invece l'ha segnata il 16 febbraio 1975 alla Ternana (2-0).

    Nel suo percorso calcistico deve rinunciare a vestire la maglia della nazionale maggiore del Brasile soltanto per un'assurda regola: quella che impediva, all'epoca, ai giocatori che non giocavano in patria, di indossare la casacca verdeoro.

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  • LA CARRIERA DA ALLENATORE

    Appesi i proverbiali scarpini al chiodo, Nené intraprende la carriera da allenatore. Inizia dando una mano all'amico Gigi Riva nella Scuola calcio che porta il suo nome, poi si diploma al Supercorso di Coverciano e diventa allenatore della Primavera della Fiorentina, ottenendo subito risultati importanti.

    Fra il 1979 e il 1980 alla guida dei giovani Viola conquista Scudetto, Coppa Italia e Torneo di Viareggio. Fra i giovani allenati nell'esperienza fiorentina c'è anche Walter Mazzarri, che sarà conosciuto più come allenatore.

    Arriva così per Claudio il momento di misurarsi con i grandi, ma le esperienze in Serie C non vanno particolarmente bene: retrocessione nel 1982/83 in Serie C1 e fallimento della società Quartu Sant'Elena l'anno successivo in C2.

    Decide di stabilirsi in Sardegna in modo stabile e torna a lavorare per il Cagliari, dove guida dal 1984 al 1988 le formazioni Primavera e Giovanissimi.

    "Quello è stato il periodo più bello della nostra vita - dirà il figlio Ruben al giornalista Luca Telese nel libro 'Cuori Campioni' -, e non solo perché ero piccolo. Papà era circondato da sentimenti di amore, devozione e gratitudine, e anche noi, di riflesso, eravamo investiti da questa luce, nelle grandi cose, ma anche nelle piccole, che erano le più belle".
    "Se in casa si rompeva un tubo, prima ancora che lui tornasse dal campo il tam-tam era partito, arrivava qualcuno con la borsa degli attrezzi e il guasto veniva riparato. Papà si arrabbiava perché voleva pagare, ma l'idraulico, chiamato dal vicino, gli diceva: 'O Claudio! E quello che avete fatto voi, per noi? Quello chi lo deve pagare?'. Lui amava questo rapporto con la Sardegna, e se ci invitavano ad una festa con porcetto non diceva mai di noi, la sera ritornava in città felice".

    Nel 1988 il suo nome, come rivelerà il figlio Ruben, è accostato alla Prima squadra del Cagliari, che nel frattempo è caduto in disgrazia e retrocesso in Serie C1.

    "Lo chiamò il presidente Orrù e gli chiese: 'Te la senti, Claudio?'. Lui toccò il cielo con un dito, era rientrato a casa felice: lo ricordo raggiante mentre ci dava l'annuncio. Ma all'ultimo momento, poco prima che iniziasse la stagione, e per motivi che io non ho mai saputo, il nome scelto dal presidente era cambiato. In panchina, quell'anno, sarebbe andato un giovane allenatore destinato ad una carriera straordinaria: Claudio Ranieri".

    La delusione è grande per Nené, che allora decide di trasferirsi a Torino per allenare le Giovanili della Juventus, la squadra con cui aveva iniziato l'avventura italiana. Guida Berretti e Allievi Nazionali, lavorando anche come osservatore e allenando fra gli altri Claudio Marchisio, che di lui ricorderà su Twitter:

    "Ho avuto la fortuna di averti come allenatore. Mi hai insegnato a calciare con tutti e due i piedi".

    Le ultime apparizioni pubbliche lo vedono come commentatore radiofonico assieme alla Gialappa's Band per i Mondiali di USA '94 e Francia '98.

  • LA SCOMPARSA A 74 ANNI DOPO UNA LUNGA MALATTIA

    Sposato e con due figli, Ruben e Giada, la vita non gli fa sconti e dopo il calcio iniziano i problemi: anima buona e fragile, Claudio deve fare i conti con dispiaceri, malattie e difficoltà economiche. Tornato a Cagliari, si ritrova solo nel momento più difficile della sua vita, ma i vecchi compagni di squadra, fra cui Tomasini e Riva, per lui come fratelli, e gli amici di sempre, non lo abbandoneranno mai, sostenendolo in ogni occasione.

    L'ultima grande reunion con i compagni dello storico Scudetto avviene nel 2010 per i 40 anni dell'impresa. È un momento di grande festa, emozioni e ricordi. Poi le condizioni di salute peggiorano, Claudio deve trascorrere i suoi giorni in strutture sanitarie specialistiche, prima a Monserrato, poi a Capoterra. L'amico Sandro Camba gli farà da tutore e se ne occuperà come un padre nei confronti di un figlio. Gli ex compagni continueranno a fargli visita.

    Il 3 settembre 2016, mentre sta dormendo, una crisi respiratoria si porta via per sempre il sorriso di Claudio, brasiliano di Santos divenuto gigante in Sardegna. I funerali vengono celebrati due giorni dopo nella basilica di Bonaria, in un clima di grande commozione. Presenti i grandi campioni del Cagliari del 1970, ma anche gli amici, i tifosi e tanta gente comune.

    "Senza di lui, difficilmente il Cagliari avrebbe ottenuto quei risultati - dirà Gigi Riva -. È un gran dolore, per un grande uomo e calciatore. Aveva grinta e sapeva fare tutto: attaccare, persino marcare l'uomo più pericoloso. Va ringraziato per quanto ha fatto per tutti noi".
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