Antonio Torrisi - Va bene, Aurelio De Laurentiis non è certamente il più simpatico tra i presidenti. Ma chi ha detto che un presidente debba necessariamente essere simpatico? Ok, di alcune dichiarazioni di Aurelio De Laurentiis avremmo piacevolmente fatto a meno, nel corso degli anni. Ma anche questo rientra nel suo personaggio, in fondo, no? Sì, Aurelio De Laurentiis non è sempre stato lineare, calcisticamente parlando. Ma se è vero (e su questo, cari tifosi azzurri, direi che sia arrivato il momento di mettere un punto fisso) che Aurelio De Laurentiis è il Napoli, perché Aurelio De Laurentiis è il Napoli, è vero anche che Aurelio De Laurentiis si sta dimostrando uno, se non "il", presidente migliore della storia recente della Serie A.
E qualcuno dirà, già lo leggo: "Andrea Agnelli giocava a bocce". "Silvio Berlusconi non viene contato, giusto?". "Massimo Moratti escluso, vero?". E invece no. Perché sono i presupposti a pesare, in questo caso. È il punto di partenza a fare la differenza.
Andrea Agnelli ha riscritto la storia del campionato italiano: lo ha fatto con una Juventus che difficilmente qualcuno riuscirà a raggiungere, in termini di dominio assoluto. Quella squadra non solo non aveva rivali, ma era quasi perfetta (in quel "quasi", ovviamente, trova spazio la mancata vittoria di una Champions League che avrebbe consacrato il suo progetto ricoprendolo sostanzialmente di eternità). Di Silvio Berlusconi non c'è bisogno di dire molto: 8 Scudetti, 5 Champions League. Tanti altri trofei. Prima di lui il Milan di Coppe dei Campioni ne aveva vinte 2: oggi, nonostante siano passati 19 anni dall'ultimo successo di Atene, è ancora il secondo club col maggior numero di Champions vinte. What else? Per Massimo Moratti parla il Triplete dell'Inter, un'impresa mai riuscita ad alcuna squadra italiana e che, ripensandola più volte e più attentamente, assume i tratti di qualcosa di epico.
Ma allora perché Aurelio De Laurentiis può essere considerato il miglior presidente della stoia moderna della Serie A? Perché né Agnelli, né Berlusconi, né Moratti hanno preso la squadra dalle macerie. E non le macerie tecniche di un settimo posto, né quelle di un progetto sportivo sbagliato. Certo, direte voi, Berlusconi ha salvato il Milan dal fallimento. Ma non lo ha preso dalla Serie C. Non ha preso il Napoli, fallito, dalla terza serie calcistica italiana. Non ha dovuto fare i conti con i problemi che, quasi da sempre, attanagliano lo sport al Sud. Sia quelli strettamente legati al campo che quelli extracampo e legati ai costi, alle strutture, alla fame di calcio che spesso si trasforma in fretta di tornare ai massimi livelli.
De Laurentiis ha fatto un mezzo miracolo. Nonostante tutte le critiche che sono state mosse contro di lui, pure con epiteti poco carini che eviteremo, nel corso degli anni. Ha vinto due Scudetti in tre anni, portato a Napoli i migliori giocatori e allenatori, e pazienza se non c'è più Diego Armando Maradona. De Laurentiis ha dimostrato che si può fare calcio anche dimenticandosi, per una volta, che il più grande di tutti è passato da quelle parti, tanti, ma tanti anni fa. È il momento di pensare al presente, adesso, fortunatamente. Ecco, questo gli altri non lo hanno fatto. Lui sì. Ci è riuscito.